Una forte autocritica per uscire veramente dal berlusconismo e un passo indietro delle gerarchie: per “Noi Siamo Chiesa” queste sono le precondizioni per un nuovo apporto di valori evangelici alla società italiana
Il cambiamento, prevedibile ma repentino della situazione politica, ha posto il problema di un nuovo possibile ruolo dei cattolici e di cattolici in politica. Se ne sta discutendo molto e questo è un bene, dopo anni in cui, conclusasi finalmente l’unità politica nella Democrazia Cristiana, un esasperato bipolarismo e un protagonismo politico indebito della Conferenza episcopale nei confronti delle istituzioni e della società, hanno messo ai margini la questione.
”Noi Siamo Chiesa” (NSC) si ritiene partecipe da sempre di questa problematica che, nel nostro paese, è fortemente intrecciata con quella stessa della riforma della Chiesa nella linea del Concilio Vaticano II, che di questo nostro movimento ecclesiale è la stella polare.
Il punto di vista di base di NSC è semplice, elementare, parte dalla questione fondamentale:
il fine di ogni credente e della comunità cui appartiene, la Chiesa, deve essere sempre quello della testimonianza del Vangelo, nella vita di fede e nella pratica di vita, per farlo conoscere agli altri coi fatti e in ogni forma, nel pieno rispetto delle altrui coscienze e di ogni altro credo religioso.
Una controtestimonianza
Ciò premesso, la nostra convinzione è che, almeno in questo momento storico e nel nostro paese, le gerarchie ecclesiastiche, salvo qualche rara eccezione, nel rapporto con la politica e con le istituzioni, hanno fornito una controtestimonianza. Troppo spesso il Vangelo di Gesù è conosciuto attraverso il filtro oscurante di interventi e di politiche che appaiono troppo mondane e poco evangeliche, anche se sono coperte da tante parole.
Ci riferiamo a contrapposizioni su questioni identitarie e di principio (il crocifisso nelle scuole, le “radici cristiane dell’Europa”….), a battaglie per la difesa e l’allargamento dello status delle proprie strutture (risorse economiche di vario tipo, in questi giorni sulla questione dell’ICI), a silenzi o semisilenzi o a diffuse coperture nei confronti di situazioni emergenti e drammatiche (politiche di guerra e di riarmo, poteri criminali, problemi dell’immigrazione, della multiculturalità e della presenza sempre più rilevante di altre comunità religiose nella nostra società), ci riferiamo a campagne (le più recenti sono sulla legge n. 40, sui DICO, sul testamento biologico) che poco rispettano la laicità e bloccano ogni dialogo con una vasta area dell’opinione pubblica.
Ma ci riferiamo soprattutto al rapporto di vera e propria alleanza, quasi organica, con il governo di centrodestra, lasciandosi in questo modo coinvolgere nel suo malgoverno e nei suoi clamorosi scandali e avvallandone di fatto le culture pagane e l’abuso delle istituzioni. A ciò si aggiunga la contrapposta e ben nota ostilità nei confronti, a suo tempo, del centrosinistra.
In questa situazione la presenza sociale generosa ed efficace di tante realtà cattoliche di base è spesso oscurata. Questa presenza potrebbe rimediare a una così cattiva propaganda del messaggio evangelico ma viene ostacolata, col favore o nella disattenzione dei media, da una centralizzazione del messaggio della Chiesa che tutto pretende di dire e di rappresentare sulla scena pubblica. L’annuncio del Vangelo viene così obnubilato agli occhi di quanti partecipano dei tanti nuovi fenomeni culturali di questi anni.
Criticare fortemente la linea passata per andare avanti
In questa situazione ci sembra che la discussione su una nuova “identità” dei cattolici o di cattolici nei confronti della politica debba essere preceduta da una profonda riconsiderazione della linea praticata negli ultimi venticinque anni dai vertici ecclesiastici (nei confronti della quale ci sono state reazioni coraggiose, ma faticose ed episodiche, da parte della grande “pancia” del mondo cattolico italiano).
Ci riferiamo, oltre ai punti già elencati, ai pilastri portanti di questa linea, ossia il nuovo Concordato del 1984 e il Progetto culturale gestito dalla CEI dagli anni ’90 in poi. Sul complesso di queste questioni, NSC ha scritto ripetutamente invitando i vescovi a svolgere un approfondimento di ogni questione e a pronunciarsi in modo autocritico, alfine di smentire anche un’opinione diffusa secondo la quale il silenzio dei vescovi, salvo poche eccezioni, da una parte è la conseguenza del metodo con cui essi sono selezionati, dall’altra indica che lo Spirito soffia da altre parti ed ha altre strategie.
L’incontro di Todi
Senza aver fatto alcun percorso di revisione critica del passato, che può essere anche lenta e faticosa, i tentativi di fare progetti, come quelli di cui si è discusso nell’incontro di Todi di metà ottobre, hanno messo in evidenza, a nostro parere, alcuni limiti di fondo.
L’ipotesi di attivare nuove energie è stata pensata scegliendo i cattolici e i movimenti più fedeli, sotto la regia diretta del Card. Bagnasco e ponendo, su tutto, il cappello di una sua relazione introduttiva che ad ogni nuovo intervento sociale vuole premettere la priorità dei “principi non negoziabili”.
Ma la situazione oggettiva dell’attuale bipolarismo rende fumosa ogni concreta prospettiva politica diretta (come ha ricordato Raniero La Valle), mentre la separazione dal centrodestra può avvenire solo avviando una riflessione di fondo sui modi di adesione al messaggio evangelico, che contempla anche la demistificazione della “religione civile” gradita agli “atei devoti”.
Tutto ciò a Todi non è stato fatto. La logica a monte era quella dei contenuti della relazione di Bagnasco e di altri successivi interventi. E’ ben chiaro allora quello che si prepara : si tratta di un coordinamento politico di tanti soggetti che, sulle questioni di fondo, nonostante anche molte buone volontà soggettive, si fanno dirigere dal Vaticano e dalla CEI con l’obiettivo principale di aumentare la pressione sulle istituzioni, di fare forse mediazioni ma con la volontà di imporre sempre una “visione antropologica” di cui si ha da soli le chiavi e di appoggiare ancora ulteriori “campagne”. Alla base ci vediamo anche una diffidenza verso la sinistra e la tradizionale intolleranza verso quella laicità senza aggettivi che ha tante sane radici nella Costituzione.
Il governo Monti, subito benedetto dal Card. Bertone, ci sembra un primo risultato della linea di Todi che vuole uscire dal berlusconismo senza sconfessarlo ma cercando di trarne benefici diretti. in questo momento di vuoto e di disorientamento della politica nazionale. In questo senso la presenza nel nuovo governo di ministri che sono stati definiti “cattolici” è di evidente ambiguità. Sono stati infatti nominati come conseguenza della lobby vaticana? Saranno liberi da una tale eventuale ipoteca ?
Per una linea diversa e alternativa che pratichi “valori evangelici”
Da tempo proponiamo una linea diversa e alternativa a quella che si sta delineando. Si può sintetizzare in questi punti :
-- in ordine all’annuncio del Vangelo è necessario che le strutture principali della Chiesa, a partire dalla Conferenza Episcopale, facciano un passo indietro sulla scena politica sia nazionale che locale per quanto riguarda la gran parte dei tanti problemi sui quali ora intervengono. Le campagne identitarie siano abbandonate, sia quelle sui simboli, sia quelle su pretesi “valori non negoziabili”, sia quelle a difesa di risorse o di previlegi. Bisogna ritornare a quella “scelta religiosa” di ispirazione conciliare che per un certo periodo fu condivisa e in parte praticata da una parte importante del mondo cattolico italiano. Tutto il Popolo di Dio riscopra lo spirito della “Gaudium et spes” e torni ad essere aperto al mondo, giocando il confronto con le altre identità sociali e religiose a partire da una dimensione propositiva e non difensiva;
--i cristiani si impegnino nel mondo, laicamente, senza essere sollecitati più a mobilitazioni di ogni tipo. La ricchezza di base del mondo cattolico si esprimerà, nel quadro della Costituzione repubblicana, con tutta la sua creatività e la sua capacità di proporre e praticare a tutto campo valori di fondo, anche accettando, se del caso, una condizione di minoranza. La dottrina sociale della Chiesa, già in vario modo messa in discussione, non può comunque essere usata strumentalmente come base per aggregazioni di qualsiasi tipo, ricordando sempre che la politica è terreno di confronto e anche di compromesso, in nome di un principio fondamentale chiamato bene comune;
-- si creeranno così le condizioni perché, in ambito politico e sociale, siano meglio testimoniati valori evangelici di cui proviamo a esemplificare i principali : * politica sociale inclusiva a favore dei poveri e degli esclusi e non improntata al tradizionale familismo o magari a un maschilismo nascosto, * legalità, * pratica della nonviolenza attiva, * politica di vero disarmo e abbandono dei teatri di guerra, * nuovo rapporto Nord-Sud nel mondo¸ * politica intransigente per la salvaguardia del creato, * laicità senza aggettivi avendo in mente quanto la povertà della Chiesa e nella Chiesa serva all’annuncio del Vangelo.
In tal modo, siamo convinti che si possa andare nella direzione di tanti credenti che, insieme a non credenti, diversamente credenti o uomini in ricerca, fuori e dentro le istituzioni, senza esibire patenti “cattoliche”di maggiore conoscenza della natura umana o dei problemi affrontati, esprimano un convinto antagonismo nei confronti dei miti e dei poteri indebiti che troppo dominano la nostra società. Ne guadagnerebbe l’attenzione al messaggio evangelico e la sua credibilità.
Roma, 17 dicembre 2011
NOI SIAMO CHIESA
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