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domenica 30 settembre 2012

STATI UNITI Una suora 82enne entra in una base nucleare e crea il panico



da una mail a disarmo@peacelink.it



Notizia del 30/09/2012

Un'azione eclatante che ha provocato una sorte di terremoto nella gestione della sicurezza del sito.

OAK RIDGE - Una suora di 82 anni, assieme ad alcuni militanti ambientalisti sono riusciti a fare irruzione all'interno di un deposito di testate nucleari a base di uranio super sorvegliato, a Oak Ridge, nel Tennessee.
Un'azione eclatante che ha provocato una sorte di terremoto nella gestione della sicurezza del sito. La National Nuclear Security Administration, l'agenzia federale del ministero dell'Energia che si occupa della salvaguardia di questi luoghi, ha immediatamente rotto ogni rapporto contrattuale con la Babcock Wilkox, una compagnia specializzata nel mettere in sicurezza questi siti.
Questa organizzazione è stata già al centro di molte polemiche per aver gestito, secondo molti osservatori in modo inadeguato, la sicurezza alle ultime olimpiadi di Londra. La suora, Megan Rice, e altri due pacifisti, sono infatti riusciti a tagliare le recinzioni esterne all'impianto e arrivare sul muro dietro il quale viene immagazzinato l'uranio arricchito.
Dopo l'irruzione il sito è stato chiuso temporaneamente. Le indagini attorno a questa incredibile vicenda hanno dimostrato che le telecamere a circuito chiuso erano rotte da almeno sei mesi. Da qui la decisione di licenziare cacciare i responsabili della sicurezza.

ATS

venerdì 28 settembre 2012

SULL'ORA DI RELIGIONE...

* - Politica Italiana - Chiese e Religioni - Scuola e educazione -*


politica italiana - chiese e religioni - scuola

Il ministro Profumo potrebbe degnamente condidarsi nel PD. Un giorno, senza clamore, firma un accordo con il Cardinale Bagnasco sull'insegnamento della religione nelle scuole. Il giorno dopo, con enorme clamore, dice che è contrario all'insegnamento della religione. Della serie "lo faccio ma non lo dico", anzi, "lo faccio ma dico tutto il contrario".

**La libertà a occhi aperti**

Articolo di Adriano Prosperi pubblicato su la Repubblica, il 26/09/12

L’Avvenire per la penna autorevole di Giuseppe Dalla Torre l’ha definita «sorprendente»: e ha fatto presente che il ministro aveva appena firmato un accordo col presidente della conferenza episcopale italiana cardinal Bagnasco relativo proprio a tale insegnamento.
Questo porrebbe il problema di quello che i ministri pensano come singoli e quello che fanno come ministri: un problema che non è certo limitato a questo tema ma che è troppo vasto per essere affrontato qui. Ricordiamo che, mentre leggiamo l’esternazione del ministro Profumo, si avanza nelle viscere del Parlamento la legge sul fine vita: e che da tempo l’Europa attende misure fiscali adeguate per i beni della Chiesa in Italia.
Quando questo governo è nato ci si è posti la domanda se fosse il governo dei cattolici seri, scesi in politica per rimediare ai disastri provocati dal collateralismo della Chiesa gerarchica e della Santa Sede col governo Berlusconi. Oggi abbiamo molti elementi per rispondere: e non possiamo dire che la risposta sia positiva. Ma intanto all’argomento dell’Avvenire – che l’insegnamento della religione è “l’anima d’Italia”, quell’anima che dovremmo imporre soprattutto ai figli degli immigrati, la risposta la dà lo
spettacolo offerto in questi giorni dal governo della Regione Lazio: un governo nato dalla battaglia contro il rischio della vittoria di una esponente radicale, Emma Bonino, vista di malocchio e variamente osteggiata dai politici cattolici e cinici d’ogni partito, spaventati dalla semplice possibilità che la città del Papa vedesse all’opera un governatore dichiaratamente e fattivamente laico.
Allora si scelse la salvezza dell’anima d’Italia: e quell’anima si è rivelata nel suo fondo clerico fascista e nell’immoralità impudente e contenta di sé di cui abbiamo quotidianamente tante fiorite esternazioni. Davanti a cui perfino il cardinal Bagnasco si è stracciato le vesti e ha gridato all’urgenza di un risanamento morale della classe politica.
Ma intanto l’esternazione del ministro ha offerto una zattera ai naufraghi del defunto berlusconismo: la Lega ha tuonato che l’ora di religione non si tocca, il ciellino Maurizio Lupi ha detto che bisogna difendere gli italiani dal pericolo del relativismo (rieccola la bestia nera della Chiesa ratzingheriana, a deludere chi sperava che le parole di apertura e di tolleranza del discorso papale in Libano valessero anche per l’Italia). Insomma la difesa dell’ora di
religione ricompone lo scenario e ridà parvenza di unità ai brandelli di quello che fu un partito. Vorremmo mettere in guardia il mondo cattolico dal cadere ancora in questa trappola: soprattutto perché troviamo intollerabile la condizione di totale assenza di informazione religiosa e di consapevolezza dello stato del mondo che segna chi attraversa i percorsi scolastici avvalendosi
dell’insegnamento suddetto. E riteniamo che nella confusione tra religione e morale e nella zuppa della religione scolastica fatta di buoni sentimenti e di ignoranza dell’esistenza e delle ragioni di altre culture stia una radice non minore dell’immoralità rampante e impunita e del malgoverno della cosa pubblica in Italia. Basterà richiamare l’opera di uomini come Piero Calamandrei e Arturo Carlo Jemolo, che partendo da una profonda sensibilità verso il fatto religioso si batterono per il rispetto della libertà di ogni individuo e per un’educazione all’integrità morale dei cittadini contro la tradizione di dominio di un’unica Chiesa accampata nello spazio pubblico italiano, preoccupata di ogni finestra spalancata sul mondo, sulle fedi altrui, sulla ricchezza di altre culture. La battaglia per la libertà religiosa è stata la prima in ordine di tempo e resta la prima in ordine d’importanza nel processo di nascita dell’Europa moderna. L’Italia uscita dall’abiezione del fascismo non riuscì a liberarsi dall’assuefazione a considerare “religione” la scipita minestra unica distribuita nelle scuole sotto controllo dei vescovi. Di fatto i principi di uguaglianza e di pari dignità degli italiani espressi nella Costituzione repubblicana furono invalidati col semplice inserimento dei Patti Lateranensi: da quella porta come da un cavallo di Troia entrarono nella vita del paese continue e sistematiche lesioni di quei diritti. E l’insegnamento della cosiddetta religione nelle scuole pubbliche è nello stesso tempo la radice e la bandiera degli abusi. Vogliamo forse dimenticare lo statuto alieno degli insegnanti di religione, nominati col placet dell’autorità ecclesiastica? Si tratta di una specie di “fuori sacco” del corpo docente, un’infrazione al principio
fondamentale che governa dal ’700 in poi la selezione e la promozione dei capaci e meritevoli nel moderno sistema dei diritti.
Quanto al fantasma dell’identità italiana evocato dall’Avvenire, fino ad ora ha trovato corpo soltanto in una normativa sulla cittadinanza che non è definibile se non col termine di razzismo, fondata com’è sulla successione di sangue.
Ma si aprano gli occhi sul mondo una buona volta: si guardi a come l’ultimo fascicolo di “Le Monde des religions” in edicola in questi giorni informa l’opinione pubblica di un paese laico sullo stato delle religioni nel mondo, sui fantasmi dell’islamismo politico, sui progressi di culti e devozioni nell’universo di un cristianesimo sempre più florido in Africa e sempre più asfittico e demotivato in Europa. E pensare che tra ’500 e ’600 fu un autore
italiano, Giovanni Botero, a informare i lettori di tutta Europa sullo stato delle religioni nel mondo. A noi oggi, testimoni dello stato morale del Paese, non resta che masticare fra i denti le parole di un altro italiano: quel Niccolò Machiavelli che accusò la Corte di Roma di aver reso gli italiani: «Sanza religione e cattivi».

Avvenire, 25 settembre 2012

LA SINGOLARE ESTERNAZIONE DEL MINISTRO

Quell’insegnamento che offre a tutti l’anima d’Italia

Ha ancora una ragione l’insegnamento di religione cattolica nelle scuole? L’interrogativo nasce a seguito di una sorprendente esternazione del ministro dell’Istruzione, secondo il quale tale ragione sarebbe sostanzialmente venuta meno col volgere della nostra società nelle forme della multietnicità, e quindi del pluralismo religioso, seguente al consistente fenomeno immigratorio che
caratterizza la nostra storia più recente.
L’esternazione è sorprendente non solo, e non tanto, perché dinnanzi ai molti e gravissimi problemi che assediano il Paese, e anche il dicastero governato dal ministro Profumo, la questione dell’ora di religione appare davvero del tutto marginale; non solo, e non tanto, perché lo stesso ministro ha appena firmato un accordo con il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale
Bagnasco, relativo proprio a questo insegnamento; non solo, e non tanto, perché la questione investe profili di diritto internazionale, che quindi esulano dalle competenze del Ministero della Istruzione. Si tratta di una esternazione che in particolare sorprende per almeno due ordini di ragioni. La prima riguarda i contenuti e i destinatari dell’insegnamento. Al riguardo occorre ricordare che esso, previsto dall’articolo 9 del Concordato, non è catechesi, non ha la finalità di preparare alla recezione di sacramenti, come il battesimo, la comunione, la cresima o il matrimonio; non presuppone un atto di fede da parte dei destinatari e non è, quindi, riservato ai credenti. Esso ha invece lo scopo di presentare oggettivamente ciò che il cattolicesimo crede e professa, con una precisa finalità culturale. Tanto è vero che l’insegnamento di religione cattolica è offerto a tutti, seppure la disposizione concordataria garantisca
il diritto di scegliere se avvalersene o non avvalersene.

La seconda ragione è di profilo più propriamente culturale. Nel senso che, ancorché investita dalla secolarizzazione, la nostra società – per usare la nota espressione di Croce – non può non dirsi cristiana: basti pensare alla nostra storia, alle opere d’arte sacra disseminate nel Paese, alle tradizioni locali, ai nomi che portiamo o alle feste che celebriamo. Qui si radica la nostra identità. E senza questo 'alfabeto' non si legge nel profondo l’Italia e non si intendono appieno neanche le sue bellezze artistiche. Allora, come si va a sostenere che sarebbe inutile ai nostri studenti si facciano conoscere le radici da cui vengono?, si rappresentino i caratteri di una istituzione molto presente nel
Paese?, si dia ragione delle ragioni che spingono porzioni consistenti della società alla solidarietà?, si presenti ciò che costituisce il nucleo della religione che ha costruito le basi della nostra unità culturale? In una società etnicamente pluralista, come insegnano, una consapevole identità è assolutamente necessaria. E per i piccoli venuti anche da lontano a vivere da noi e con noi, e che domani potranno e dovranno essere cittadini italiani, è proprio indifferente
avere proposta una conoscenza di questi elementi identitari? Non li si rende più estranei, marginalizzati, dunque poveri, facendo ignorare loro elementi essenziali della realtà sociale e culturale in cui si trovano? Nonostante siano passati ventotto anni dalla revisione concordataria e nonostante le modificazioni profonde verificatesi in tale arco di tempo nella società, le opzioni per l’insegnamento di religione cattolica appaiono ancora altissime; esse comprendono, quindi, anche scelte di non cattolici o non cristiani. Qui è la riprova che l’ora di religione ha una ragione e che la multietnicità sembra aver inciso assai marginalmente.
Giuseppe Dalla Torre


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martedì 25 settembre 2012

FONDAZIONE DON MILANI

Vorrei iniziare una piccola ricerca sul web per indicare i siti dedicati al Priore.
Confesserò ai lettori che ieri sera, richiamato dalla moglie e dalla figlia, ho visto una trasmissione condotta da Pippo Baudo (!!!) in cui c'era un piccolo spazio dedicato a don Lorenzo e alla Scuola di Barbiana.  Temevo che fosse una sciocchezza e invece devo ammettere che è stata una trasmissione, tenera e semplice, alla portata di tutti. Forse come avrebbe voluto don Lorenzo. L'unica pecca è che si trattava di una parte immersa in altri servizi, più o meno intelligenti...
Inizio dal sito della Fondazione don Milani. Nei prossimi giorni esploreremo altri siti.
Buona lettura...
Giuliano

Esterno della Scuola

Gli scopi della Fondazione


La Fondazione non ha fini di lucro ed ha lo scopo in nome e nella memoria dell’opera educativa e pastorale di don Lorenzo Milani:

1 - promuovere la conoscenza e la divulgazione dell’insegnamento e dell’opera di Don Lorenzo Milani;
2 - raccogliere, conservare e facilitare la consultazione di tutti i documenti che riguardano:
a) l’opera di don Lorenzo Milani;
b) le iniziative che si ispirano al suo magistero;
3 - custodire i luoghi legati all’attività di don Milani, al di là di una logia puramente conservativa. Si cercherà, infatti, di ripensarli in chiave propositiva e vitale, perchè diventino strumenti funzionali per:
a) una strategia e un’azione comunicativa;
b) un’offerta formativa a partire dal pensiero di don Milani.
4 - Sviluppare la ricerca su:
a) gli aspetti caratterizzanti la dimensione religiosa e l’attività pastorale di don Lorenzo;
b) l’originalità del suo modo di valorizzare l’importanza dell’individuo in rapporto all’esperienza globale;
c) la scuola e l’attività formativa;
d) il contesto ecclesiale, polito e culturale in cui si è svolta la sua esistenza e la sua opera;
e) il suo rapporto con figure particolarmente significative della Chiesa fiorentina e del mondo laico;
f) il rapporto fra cultura e potere, fra comunicazione e libertà.

5 - Monitorare e documentare le iniziative che abbiano come riferimento l’opera di don Milani, ed al precipuo fine di raccogliere e gestire intanto, provvisoriamente, ogni fondo e dotazione che potesse essere nel frattempo reperito e per l’organizzazione di ogni iniziativa consona agli intendimenti precisati in premessa, nonché la realizzazione ed organizzazione di ogni manifestazione ed iniziativa, utilmente volta al concreto raggiungimento degli scopi detti.

6 - Collaborare con tutte le Istituzioni culturali, altre Associazioni intestate a don Lorenzo Milani e con gli Enti pubblici e privati con cui si ravvisa la necessità di una stretta cooperazione al fine del conseguimento degli obiettivi fissati dalla Fondazione stessa.

7 - Offrire al pubblico interesse il percorso scolastico educativo e pastorale nelle scuole popolari don San Donato e di Barbiana.

Nonché quanto altro occorre fare per raggiungere i fini di cui ai precedenti punti.

fonte: http://www.donlorenzomilani.it/la_fondazione/scopi.php



voci del sito:
News
Percorso didattico
Eventi e Convegni
Mostra Fotografica Itinerante
Ci hanno scritto
Verranno a Barbiana
Il sentiero della costituzione

sabato 22 settembre 2012

BALDUCCI-TUROLDO: DUE UOMINI A CONFRONTO



Martedì 25 settembre dalle ore 16, Fondazione Il Fiore (via San Vito 7, Firenze)

Ernesto Balducci e David Maria Turoldo: a venti anni dalla loro morte (rispettivamente 25 aprile e 6 febbraio 1992), i due religiosi e letterati legati da una profonda amicizia, vengono messi a confronto in una tavola rotonda organizzata dalla Fondazione Il Fiore insieme alla Fondazione Ernesto Balducci all’interno delle iniziative nel ventennale della sua morte
( www.ventennalebalducci.it ).


Alla tavola rotonda, introdotti dal direttore della Fondazione E. Balducci Andrea Cecconi e dalla presidente della Fondazione il Fiore Maria Giuseppina Caramella, interverranno Carmelo Mezzasalma, Marco Marchi, Francesco Stella, Giorgio Luzzi ed Alfredo Jacopozzi.

Le letture di brani di padre Balducci e padre Turoldo sono curate dall’attore Massimo Tarducci e dalla dott.ssa Maria Giuseppina Caramella.

Alle 20 si terrà un buffet e a seguire la proiezione del film-documentario su p. Balducci e p. Turoldo “Oltre l’ombra dei profeti” di Massimo Tarducci e Andrea Bigalli



Informazioni:
Tel. 055.224774

E' disponibile il dvd del docu-film "Oltre l'ombra dei profeti"

Informazioni:
tel. 055.599147
Fax 055.599240

giovedì 20 settembre 2012

Offese all'islam e reazioni violente



Davanti agli ultimi avvenimenti (offese malevole all'islam e reazioni violente di alcuni musulmani)

ho dissentito con forza da chi ritiene violento in se stesso l'islam (e così di nuovo lo offende);

ho condiviso la giusta valutazione che le agitazioni nell'islam non hanno una origine razzistico-religiosa, ma nascono dalla lunga frustrazione storico-politica (anche per opera dell'occidente), che esaspera l'identità tradizionale e religiosa;

so che la libertà occidentale è anche libertà di critica, ma non dà il diritto di offendere i sentimenti più intimi;

vedo che le primavere arabe, pur nelle incerte evoluzioni, hanno manifestato una volontà di diritti umani, giustizia, democrazia e nonviolenza;

so che la genuina spiritualità islamica, sia quella popolare sia quella colta, è pacifica e tende alla giustizia;

so che la nonviolenza attiva, analoga a quella gandhiana, è ben presente nella spiritualità e nella storia dell'islam, come sa chi vuole conoscere la relativa pubblicistica ormai disponibile (v. in rete: Difesa senza guerra, bibliografia storica, parte I, n. 15);

ho letto religiosamente il Corano, che rispetto come libro di rivelazione divina, mentre resto cristiano convinto, amico ed estimatore dell'islam;

sappiamo bene che gruppi violenti usano l'arma ideologica della religione islamica come altri violenti usano altre religioni;

so che anche i cristiani oggi sono offesi nei sentimenti (in occidente) e altrove anche nella vita e nella libertà;

so che i cristiani come i musulmani non devono rispondere alle offese con l'odio, col disprezzo, con la violenza vendicativa, con l'omicidio;



Enrico Peyretti, 20 settembre 2012

lunedì 17 settembre 2012

APPELLO PER LA CESSAZIONE IMMEDIATA DELLA PARTECIPAZIONE ITALIANA ALLA GUERRA AFGANA

LETTERA APERTA AL MINISTRO DELLA SALUTE


"NON UN GIORNO DI PIU'"

APPELLO PER LA CESSAZIONE IMMEDIATA DELLA PARTECIPAZIONE ITALIANA ALLA GUERRA AFGANA

Signor Ministro della Salute,

quante risorse finanziarie sono sottratte alla sanita' pubblica in Italia perche' sono criminalmente gettate nella fornace della guerra afgana?

Non e' mostruoso?

Lo stato italiano scelleratamente sperpera una montagna di soldi pubblici per fare la guerra in Afghanistan, ovvero per la morte della popolazione afgana (poiche' la guerra di questo consiste: dell'uccisione di esseri umani), e quelle risorse potrebbero e dovrebbero invece essere utilizzate per la vita della popolazione italiana.

Non e' abominevole?

Le chiediamo allora, signor ministro, di cessare di essere complice di questo crimine e di battersi nel consiglio dei ministri, affinche' cessi immediatamente la partecipazione italiana alla guerra afgana; ed attraverso questo preliminare e sostanziale atto di civilta' si possa avviare finalmente, credibilmente, adeguatamente un impegno concreto e coerente del nostro paese per la pace, il disarmo e la smilitarizzazione; per il rispetto della vita, della dignita' e dei diritti umani di tutti gli esseri umani; un impegno autenticamente umanitario che per essere tale deve essere rigorosamente non armato e nonviolento.
*

Solo la pace salva le vite.
E le ingentissime risorse pubbliche italiane risparmiate recedendo dalla guerra siano utilizzate come e' giusto per la vita e il benessere delle persone.

Distinti saluti,

Il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo

Viterbo, 15 settembre 2012

Mittente: "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it  e centropacevt@gmail.com  , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/  

mercoledì 12 settembre 2012

LE NOSTRE BRACCIA. METICCIATO E ANTROPOLOGIA DELLE NUOVE SCHIAVITU'



di Andrea Staid



Non esiste una purezza originaria, siamo tutti meticci.

Dalla prefazione di Bruno Barba

Le nostre braccia al lavoro. Le braccia dei migranti che formano le fila dei nuovi schiavi, non sono semplicemente i cardini sui cui poggia il benessere delle società privilegiate. Sono ossa e muscoli di africani, sudamericani, asiatici, sono nervi e cervelli di donne e uomini che viaggiano per cambiare la loro vita. Le barriere vengono aggirate, gli ostacoli rimossi a fatica, gli individui s’incontrano e si mescolano in una babele di lingue e culture. Il meticciato è l’elemento fondamentale per oltrepassare la nozione stessa di identità, la principale minaccia che si contrappone alla riscoperta della ricchezza delle differenze. In un mondo scosso da tensioni epocali, l’impatto di questo fenomeno è crescente, studiarne le dinamiche significa comprendere le crisi e le possibilità della civiltà contemporanea in cui, mai come adesso, è necessario il dialogo, l’apertura allo scambio, l’interazione positiva, il cambiamento.

Attraverso l’analisi antropologica Andrea Staid decostruisce il modello multiculturale caro ai media progressisti (o presunti tali), verificando le proprie tesi in decine di interviste a lavoratori migranti da cui sono stati selezionati ed elaborati i racconti più significativi di muratori, badanti, manovali, contadini e attivisti politici.



Andrea Staid è nato nel 1982 a Milano. Storico e antropologo, redattore di elèuthera, scrive per diverse riviste tra cui “A” e “Libertaria”. È autore de Gli arditi del popolo ed è tra i curatori di A cerchiata.



176 pp. - illustrato



ISBN 978-88-95029-56-6


http://www.agenziax.it/?pid=56&sid=30









lunedì 10 settembre 2012

L'operazione-anestesia sul cardinal Martini


di Vito Mancuso

in “la Repubblica” del 9 settembre 2012

Con uno zelo tanto impareggiabile quanto prevedibile è cominciata nella Chiesa l’operazione anestesia verso il cardinal Carlo Maria Martini, lo stesso trattamento ricevuto da credenti scomodi come Mazzolari, Milani, Balducci, Turoldo, depotenziati della loro carica profetica e presentati oggi quasi come innocui chierichetti.
A partire dall’omelia di Scola per il funerale, sulla stampa cattolica ufficiale si sono susseguiti una serie di interventi la cui unica finalità è stata svigorire il contenuto destabilizzante delle analisi martiniane per il sistema di potere della Chiesa attuale. Si badi bene: non per la Chiesa (che anzi nella sua essenza evangelica ne avrebbe solo da guadagnare), ma per il suo sistema di potere e la
conseguente mentalità cortigiana. Mi riferisco alla situazione descritta così dallo stesso Martini durante un corso di esercizi spirituali nella casa dei gesuiti di Galloro nel 2008: “Certe cose non si dicono perché si sa che bloccano la carriera. Questo è un male gravissimo della Chiesa, soprattutto in quella ordinata secondo gerarchie, perché ci impedisce di dire la verità. Si cerca di dire ciò che piace ai superiori, si cerca di agire secondo quello che si immagina sia il loro desiderio, facendo così un grande disservizio al papa stesso”. E ancora: “Purtroppo ci sono preti che si propongono di diventare vescovi e ci riescono. Ci sono vescovi che non parlano perché sanno che non saranno promossi a sede maggiore. Alcuni che non parlano per non bloccare la propria candidatura al cardinalato. Dobbiamo chiedere a Dio il dono della libertà. Siamo richiamati a essere trasparenti, a dire la verità. Ci vuole grande grazia. Ma chi ne esce è libero”.

Quello che è rilevante in queste parole non è tanto la denuncia del carrierismo, compiuta spesso anche da Ratzinger sia da cardinale che da Papa, quanto piuttosto la terapia proposta, cioè la libertà di parola, l’essere trasparenti, il dire la verità, l’esercizio della coscienza personale, il pensare e l’agire come “cristiani adulti” (per riprendere la nota espressione di Romano Prodi alla vigilia del referendum sui temi bioetici del 2005 costatagli il favore dell’episcopato e pesanti conseguenze per il suo governo). È precisamente questo invito alla libertà della mente ad aver fatto di Martini una voce fuori dal coro nell’ordinato gregge dell’episcopato italiano e a inquietare ancora oggi il potere ecclesiastico. Diceva nelle Conversazioni notturne a Gerusalemme: “Mi angustiano le persone che non pensano, che sono in balìa degli eventi. Vorrei individui pensanti. Questo è l’importante.

Soltanto allora si porrà la questione se siano credenti o non credenti”. Ecco il metodo-Martini: la libertà di pensiero, ancora prima dell’adesione alla fede. Certo, si tratta di una libertà mai fine a se stessa e sempre tesa all’onesta ricerca del bene e della giustizia (perché, continuava Martini, “la giustizia è l’attributo fondamentale di Dio”), ma a questa adesione al bene e alla giustizia si giunge solo mediante il faticoso esercizio della libertà personale. È questo il metodo che ha affascinato la coscienza laica di ogni essere pensante (credente o non credente che sia) e che invece ha inquietato e inquieta il potere, in particolare un potere come quello ecclesiastico basato nei secoli
sull’obbedienza acritica al principio di autorità. Ed è proprio per questo che gli intellettuali a esso organici stanno tentando di annacquare il metodo-Martini. Per rendersene conto basta leggere le argomentazioni del direttore di Civiltà Cattolica secondo cui “chiudere Martini nella categoria liberale significa uccidere la portata del suo messaggio”, e ancor più l’articolo su Avvenire di Francesco D’Agostino che presenta una pericolosa distinzione tra la bioetica di Martini definita “pastorale” (in quanto tiene conto delle situazioni concrete delle persone) e la bioetica ufficiale della Chiesa definita teorico-dottrinale e quindi a suo avviso per forza “fredda, dura, severa,
tagliente” (volendo addolcire la pillola, l’autore aggiunge in parentesi “fortunatamente non sempre”, ma non si rende conto che peggiora le cose perché l’equivalente di “non sempre” è “il più delle volte”). Ora se c’è una cosa per la quale Gesù pagò con la vita è proprio l’aver lottato contro una legge “fredda, dura, severa, tagliente” in favore di un orizzonte di incondizionata accoglienza per ogni essere umano nella concreta situazione in cui si trova. Martini ha praticato e insegnato lo stesso, cercando di essere sempre fedele alla novità evangelica, per esempio quando nel gennaio 2006 a ridosso del caso Welby (al quale un mese prima erano stati negati i funerali religiosi in nome di una legge “fredda, dura, severa, tagliente”) scrisse che “non può essere trascurata la volontà del malato, in quanto a lui compete – anche dal punto di vista giuridico, salvo eccezioni ben definite – di valutare se le cure che gli vengono proposte sono effettivamente proporzionate”. Questa
centralità della coscienza personale è il principio cardine dell’unica bioetica coerente con la novità evangelica, mai “fredda, dura, severa, tagliente”, ma sempre scrupolosamente attenta al bene concreto delle persone concrete.

Martini lo ribadisce anche nell’ultima intervista, ovviamente sminuita da Andrea Tornielli sulla Stampa in quanto “concessa da un uomo stanco, affaticato e alla fine dei suoi giorni”, ma in realtà decisiva per l’importanza dell’interlocutore, il gesuita austriaco Georg Sporschill, il coautore di
Conversazioni notturne a Gerusalemme.
Ecco le parole di Martini: “Né il clero né il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all’interiorità dell’uomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti”. È questo il metodo-Martini, è questo l’insegnamento del Vaticano II (vedi Gaudium et spes 16-17), è questo il nucleo del Vangelo cristiano, ed è paradossale pensare a quante critiche Martini abbia dovuto sostenere nella Chiesa di oggi per affermarlo e a come in essa si lavori sistematicamente per offuscarlo.

giovedì 6 settembre 2012

CI SARA' TEMPO E MODO...ANTONIO SOCCI E LA MORTE DEL CARDINALE MARTINI. L'OPINIONE DI RENATO SACCO

“Ci sarà tempo e modo …”


5 settembre 2012 - L’opinione di… Renato Sacco - www.mosaicodipace.it

Neanche nelle peggiori famiglie, quando muore qualcuno che non è proprio… come dire? ‘simpatico’ ci si accanisce contro così tanto. Almeno nei giorni della morte. Almeno nei giorni in cui la salma è ancora lì, presente. Perché c’è quel minimo di pudore che ancora guida i nostri comportamenti. Conosciamo tutti famiglie che vivono tensioni interne, anche molto pesanti; figli che non parlano con i genitori o viceversa. Ma quando arriva la morte, almeno si fa silenzio. Si tace. Davanti a un mistero grande, che ci invita a riflettere anche sulla nostra vita, non solo sulla vita di chi muore.
Probabilmente non la pensa così Antonio Socci, che su Libero del 2 settembre, mentre la salma del Vescovo è ancora esposta in Duomo pubblica un articolo feroce, e astioso. Pieno di livore nei confronti di una persona (non lo nomino per non mescolarlo in queste polemiche di bassa lega) che è stato per anni il suo Vescovo.
Non era forse il caso di rispettare i morti con un sano silenzio? Se non si vuole parlarne bene (ed è legittimo) non era meglio tacere? Invece, si leggono critiche pesanti contro la persona, non soltanto contro le sue idee. Fino ad arrivare quasi alla presunzione di sostituirsi a Colui che chiederà conto ad ognuno di noi di come abbiamo vissuto.
Pensavo fosse un compito del Padre Eterno. Invece il giornalista Socci, dimostrando profonda conoscenza di come funzionano le cose anche lassù… scrive: “Spero che il cardinale abbia conservato la fede fino alla fine. Le esaltazioni di Scalfari, Dario Fo, ‘Il Manifesto’, Cacciari, gli sono inutili davanti al Giudice dell’universo (se non saranno aggravanti)”.
Perché tanto livore? Perché tanta acredine? Perchè neanche davanti alla morte cercare un po’ di serenità? L’articolo di Socci sembra scritto quasi con spirito di vendetta, da consumarsi il più presto possibile.

Perché?

Quanta amarezza!

“Ci sarà tempo e modo di riflettere sulla sua figura e sulla sua lezione”, scrive sul sito di Pax Christi (www.paxchristi.it) mons Giovanni Giudici, per anni Vicario Generale a Milano e ora Vescovo di Pavia e Presidente Nazionale di Pax Christi. “In queste ore, basti il ricordo della sua attenzione alle ragioni alte della giustizia e della pace, come pure del tratto umano di rispetto per ogni persona… In certo modo l’essersi lasciato lui stesso plasmare dalla Parola di Dio mostra quale è la radice e lo sfondo della sua testimonianza”.
Sì, ci sarà tempo per riflettere, per rimettersi in cammino, per ritrovare serenità e speranza, guidati dalla Lampada che fa luce ai nostri passi.


d. Renato Sacco
Via alla Chiesa 20 - 28891 Cesara - Vb
0323-827120 *** 348-3035658
drenato@tin.it













martedì 4 settembre 2012

Il Dialogo è finito?



Un libro di Brunetto Salvarani

Descrizione dell'opera

«Mai come negli ultimi anni il dialogo, nelle sue diverse declinazioni (interculturale, ecumenico, interreligioso) è stato messo in discussione su più versanti. [...] Scambiato di volta in volta per puro buonismo o per banale sincretismo, schernito come imbelle irenismo o semplicemente scambiato erroneamente per relativismo assoluto, il dialogo viene oggi visto sovente tutt'al più come un argomento comodo per fasciarsi il cuore a uso di anime belle e scarsamente combattive di fronte a quell'irruzione dell'altro, di cui ci ha parlato per primo E. Lévinas e che appare senza dubbio la cifra dominante di questi tempi affaticati non meno che complicati» (dall'Introduzione).

Obiettivo del volume è rendere ragione della crisi del dialogo, interrogandosi su quanto accaduto, ma anche spingersi oltre, per rintracciare piste che aiutino a uscire dallo stallo.

È questo infatti un momento ricco di anniversari: i venticinque anni dallo storico incontro interreligioso di Assisi (27.10.1986), di cui Benedetto XVI farà memoria recandosi nella città francescana il prossimo ottobre, e i dieci anni dalla proclamazione della Charta Oecumenica, stilata a Strasburgo da tutte le Chiese europee (22.4.2001).

Un tempo in cui, più che da festeggiare, c'è molto da riflettere.

Sommario

Introduzione. 1. Ammettiamolo: il dialogo è in crisi… I. VEDERE. DIO STA CAMBIANDO INDIRIZZO. 2. Il novecento: secolo breve, secolo del dialogo. 3. L'uomo planetario, fra incertezza e rischio… 4. Un Dio declinato al plurale. II. GIUDICARE. I CRISTIANI STANNO CAMBIANDO INDIRIZZO. 5. Le religioni, problema o promessa? Sguardi mondialisti. 6. Guardare con occhi diversi il campo di gioco. Nel tempo del cristianesimo globale e nel nuovo scenario della missione. 7. Dialogo sì… ma quale dialogo? III. AGIRE. IL DIALOGO STA CAMBIANDO INDIRIZZO. 8. I nuovi luoghi del dialogare. 9. Contro i laici furiosi, una laicità di addizione. 10. Per una comprensione cristiana del dialogo. 11. Senza concludere… mettere in salvo nella mutazione. Appendici. Indice dei nomi.

Note sull'autore

BRUNETTO SALVARANI da tempo si occupa di dialogo ecumenico e interreligioso, avendo fondato nel 1985 la rivista di studi ebraico-cristiani Qol, che tuttora dirige. Docente presso la Facoltà Teologica dell'Emilia-Romagna, è presidente dell'Associazione italiana amici di Nevè Shalom Wahaat as Salam (NS-WaS) dal 2009 ed è direttore delle riviste CEM Mondialità e Tempi di fraternità. Presso le EDB ha pubblicato: Vocabolario minimo del dialogo interreligioso. Per un'educazione all'incontro tra le fedi. Seconda edizione aggiornata e aumentata (2008).


Martedì 07 Giugno,2011 Ore: 15:10
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lunedì 3 settembre 2012

NOI SIAMO CHIESA: Martini:un magistero che è andato al di là della Chiesa

Comunicato Stampa


Martini:un magistero che è andato al di là della Chiesa, importante per ogni uomo in ricerca, fondamentale per indicare alla Chiesa la strada di un profondo rinnovamento

Il portavoce nazionale di “Noi Siamo Chiesa” Vittorio Bellavite ha rilasciato la seguente dichiarazione:

“Il movimento “Noi Siamo Chiesa” (NSC) partecipa con particolare emozione al cordoglio per la morte del Card. Carlo Maria Martini e informa degli uguali sentimenti dell’International Movement We Are Church (IMWAC), di cui NSC è la sezione italiana.

Ci sembra che il Card. Martini abbia caratterizzato il suo magistero di vescovo e la sua attività di biblista su quattro questioni fondamentali:

1) centralità assoluta della Parola di Dio come fondamento della vita cristiana e della pastorale della Chiesa;

2) rapporto di ascolto e di dialogo con i non credenti e con gli uomini e le donne in ricerca;

3) attenzione alle nuove problematiche poste da nuovi aspetti della convivenza civile, in particolare quelli sollecitati dalla ricerca scientifica, soprattutto in campo bioetico;

4) impegno nel movimento ecumenico perché l’unica Chiesa di Dio si ricomponga dopo le scissioni del secondo millennio.

La diversità di questo magistero da quello consueto è, da tempo, apparsa evidente ben al di là del mondo cattolico, a tutta quella parte dell’ opinione pubblica che è interessata alle grandi questioni esistenziali. Tramite Martini, il messaggio del Vangelo è stato ascoltato da tanti che si sentono lontani dalle strutture ecclesiastiche e dalle loro politiche.

Il Card. Martini non era parte del cosiddetto “cattolicesimo critico” (o del “dissenso”); di esserne espressione fu accusato spesso da ambienti clericali di ogni tipo. Ma resta il fatto che il suo magistero ha indicato, direttamente o indirettamente, il percorso per una vera riforma della Chiesa cattolica, in coerenza con le indicazioni e con lo spirito del Concilio Vaticano II (ne è evidente e clamorosa testimonianza l’ultima sua intervista pubblicata oggi dal “Corriere della Sera”). Egli è stato così un punto di riferimento di grande autorità con posizioni diverse da quelle prevalenti a Roma, e l’ascolto delle sue riflessioni di uomo di fede ha avuto eco in tutto il mondo, non solo tra i cattolici. I suoi testi sono tradotti e letti dovunque.

Ci sembra poi giusto ricordare che il magistero del Card.Martini si sia sempre differenziato da quelle importanti realtà presenti nella diocesi di Milano (“Avvenire”,Università Cattolica, Comunione e Liberazione) che, con diverse forme e contenuti, propongono un cattolicesimo dell’identità e di acritica accettazione di qualsiasi posizione sia proposta dal vertice della Chiesa. Ed è anche inutile ricordare la sua radicale ostilità, etica e culturale, nei confronti del leghismo e del berlusconismo, dominanti a Milano per lunghi anni”.

Roma, 1 settembre 2012

per contatti vi.bel@iol.it  



Comunicato stampa dell’Associazione Italiana degli Amici di Nevè Shalom -Wahat al-Salam sul cardinal C.M. Martini

 L’Associazione Italiana degli Amici di Nevè Shalom - Wahat al-Salam ringrazia commossa, in occasione del suo passaggio a un’altra forma di vita, il cardinale Carlo Maria Martini, che l’ha ripetutamente incoraggiata a proseguire gli sforzi per custodire la profezia del Villaggio della pace fondato da padre Bruno Hussar. Il cardinal Martini ha sostenuto lo sviluppo del Villaggio anche materialmente; è stato buon amico di padre Hussar, nonché estimatore di Renzo Fabris, fondatore della nostra Associazione; e ha operato inoltre instancabilmente in vista della pace fra ebrei e palestinesi, favorendo il dialogo interreligioso e scegliendo di vivere, fin quando ha potuto, a Gerusalemme.

Per ricordarlo, riportiamo le parole che egli volle inviarci in occasione del nostro convegno milanese dello scorso 12 novembre 2011, intitolato “Abbiamo sentito parlare di un sogno. La sfida della convivenza in Israele, Palestina, Italia”: siano per tutti noi un monito e una spinta ad impegnarci sempre di più e sempre meglio nella direzione della risoluzione del conflitto israelopalestinese. Lo dobbiamo, ora, anche alla sua memoria benedetta.

“Come è possibile dimenticare Nevè Shalom - Wahat al-Salam? come è possibile che non abbiano ferito le orecchie ed il cuore di tanti amici, quelle voci che vedevano nella convivialità quotidiana qualcosa di non rimandabile? come è possibile che non risuoni più la voce un po’ incantatrice di P. Bruno Hussar?

La sua visione era certo un po’ idealistica. Mi pare che egli intendesse trasferire il genere di vita del suo villaggio, con le debite attenzioni, nella vita quotidiana. Poi nella pratica divenne soprattutto un uomo di pace, che aveva l'arte di portare la pace nella gente.

Oggi soprattutto bisogna interrogarsi su quali sono quelle forze che spingono la gente a credere nella guerra.

Saluto cordialmente tutti coloro che partecipano al Convegno!

Vostro CMM”

Milano, 1 settembre 2012

Associazione Italiana Amici di NSWAS

Via Buschi 19, 20131 Milano

www.oasidipace.org



sabato 1 settembre 2012

IN MORTE DI CARLO MARIA MARTINI

Riporto il segunte comunicato stampa emesso dalla Comunità Ebraica di Milano a proposito della scomparsa di Martini.
Chi mi conosce sa quanto poco ami le gerarchie, ma Carlo Maria Martini era una persona corretta e giusta. E la sua morte lascia un vuoto incolmabile, per chi, come me, crede nel dialogo tra le fedi e tra i credenti e i non credenti. La sua frase sul fatto che ormai la battaglia non è più tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti è una delle mie preferite. Ancora un'ultima riflessione: secondo la tradizione ebraica, a ogni generazione appartengono trentacinque uomini giusti che giustificano il mondo agli occhi di Dio. Carlo Maria Martini era uno di questi.

Comunicato stampa sulla scomparsa del Cardinal Martini:


La Comunità Ebraica di Milano esprime cordoglio ed enorme dispiacere per la scomparsa di Sua Eminenza il Cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo Emerito di Milano.

Walker Meghnagi e Daniele Nahum, rispettivamente Presidente e responsabile Rapporti Istituzionali della Comunità Ebraica di Milano, hanno dichiarato: "la morte del Cardinal Martini è per tutti gli ebrei di Milano un momento di grande tristezza e di smarrimento. Per noi era un punto di riferimento importante e un amico su cui contare. Fu protagonista del dialogo interreligioso nella nostra città e uomo di pace in Medio Oriente. Ci appelliamo al Comune di Milano affinché dedichi i Giardini della Guastalla , di fronte alla Sinagoga Maggiore di Milano, a quest’uomo nobile, carissimo a noi e alla Città tutta”.

Proponiamo, in memoria del Cardinale, questo luogo altamente simbolico dato che è racchiuso tra la Sinagoga (espressione del dialogo ebraico-cristiano), l’Università Statale(cattedra dei non credenti) e la Chiesa Valdese (espressione del dialogo interconfessionale).