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martedì 29 gennaio 2008

DUE TESTI

Di seguito pubblico due testi diversi, tratti dallo stesso sito, quello della rivista di filosofia Kainòs.
Il primo è il progetto editoriale della rivista stessa, il secondo un breve saggio di Levinas, uno dei filosofi amati dal sottoscritto, il pensatore dell’incontro…
Giuliano

Editoriale

Kainós è un progetto di rivista filosofica che si concretizza nel web, in quanto possibilità e modalità di esplorazione della stratificazione della scrittura e della ricerca filosofica, sia nella direzione del passato che in quella del futuro. Il termine kainós ha a che fare con la dimensione del tempo. Esso indica ciò che è inatteso, là da venire, inconsueto, ma anche ciò che si credeva passato una volta per tutte e che ritorna. Indica quindi un chiasmo, una zona di intersezione tra più dimensioni temporali. Per questo Kainós si sviluppa in ogni numero ritornando su frammenti della ricerca filosofica del Novecento, inediti o da tempo tralasciati, non al fine di una loro nuova collocazione storiografica, ma ripensandone la valenza teorica, sia in termini retrospettivi sia prospettici. Abbiamo, quindi, denominato la sezione che raccoglie tali segni della costruzione della ragione filosofica novecentesca "disvelamenti". Alla confluenza con il passato sedimentato ed il futuro a venire vi è l'attualità, quella di un pensiero che agisce e produce nuovi movimenti in molteplici direzioni. La scelta è stata, quindi, quella di inserire testi inediti che appartengono al dibattito attuale in una sezione intitolata "emergenze". La relazione tra le due sezioni permetterà la creazione di una circolarità che produrrà campi di significati ricchi di potenzialità. La sezione "ricerche" è il conseguente sviluppo delle tematiche e delle problematiche emerse nelle due sezioni precedenti. Ogni testo nasce come proseguimento, riapertura, nuova problematizzazione, con l'intento di produrre pratiche filosofiche tese ad indicare dei territori in cui lo scarto tra il presente ed il passato situa già la possibilità di nuovi concetti.La sezione "forum" è uno spazio aperto alle pratiche discorsive, in cui il confronto di più voci traccia le linee di una ricerca in fieri.Le sezioni "percorsi bibliografici" e "recensioni" offrono strumenti molteplici d'approfondimento delle tematiche di volta in volta affrontate, ora analizzando un singolo testo, ora mettendo a confronto o concatenando testi diversi. Il carattere di apertura della rivista non vuole produrre una proliferazione di discorsi privi di prospettiva e progettualità comune; significa solo che essa non intende sposare nessuna "scuola di pensiero" ma neanche escluderne pregiudizialmente alcuna. Quella di Kainós è una scelta "problematica", che consiste nel partire dall'attualità (e dall'urgenza) di "problemi" che siano innanzi tutto questioni e domande dell'esistere contemporaneo su cui esercitare il lavoro di chiarificazione filosofica. La filosofia, infatti, dipende sempre più dal numero delle questioni urgenti che tormentano questo nostro mondo e dal numero dei discorsi che pretendono di porsi come 'saperi'.Il collegamento tra l'urgenza "vitale" del dibattito teorico con le "tradizioni" filosofiche del Novecento è la cifra, il senso, la possibilità del progetto KainósLa filosofia del'900, nelle sue molteplici tradizioni, ha portato a compimento la pretesa fondatrice della ragione occidentale, spingendola da un lato sull'orlo della sua dissoluzione e, dall'altro, sporgendola sull'oltre (dal Soggetto, dal Fine, e dal Principio). Tuttavia la crisi del modello universale di ragione che, in questo passaggio di secolo sembra epocale ed irreversibile, non deve e non può significare la liquidazione della filosofia dopo la Filosofia.L'obiettivo di Kainós è rivolto alla pratica di un pensiero che esprima aperture storiche dense di innovazione e che, rifiutando l'idea di fine della storia, e allo stesso tempo ogni difesa a priori della "tradizione", assuma la plurivocità e la discontinuità in termini costruttivi, generativi e non semplicemente destrutturanti. Ogni numero della rivista prende le mosse da un tema, arricchendosi di volta in volta di nuovi contributi. La sua pubblicazione in rete, infatti, permette ad esso di "prendere corpo" gradualmente, di non essere immediatamente (e "tipograficamente") "chiuso".
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Il mondo è ciò che vediamo
(M. Merleau-Ponty)
Guardare il mondo con occhi spalancati
(Edith Stein)
La radice di ogni gioia e di ogni dolore puri è che il mondo sia così com’è
(G.Agamben)
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Emmanuel Levinas
Heidegger, Gagarin e noi
Sarebbe urgente difendere l’uomo contro la tecnologia del nostro secolo. L’uomo vi avrebbe persa la sua identità per entrare come un ingranaggio in un’immensa macchina dove ruotano cose ed esseri. Ormai esistere equivarrebbe a sfruttare la natura. Ma nel turbine di questa impresa che divora se stessa non resterebbe alcun punto fisso. Il viandante solitario che passeggia per la campagna con la certezza di appartenersi, di fatto, non sarebbe altro che il cliente di un’industria alberghiera e turistica, consegnato a sua insaputa, ai calcoli, alle statistiche, alle pianificazioni. Nessuno esisterebbe per sé.
In questa declamazione c’è del vero. La tecnica è pericolosa. Essa non minaccia soltanto l’identità delle persone. Essa rischia di far saltare il pianeta. Ma i nemici della società industriale, per lo più, sono dei reazionari. Essi dimenticano o detestano le grandi speranze della nostra epoca. Infatti, mai è stata più forte negli animi la fede nella liberazione dell’uomo. Essa non dipende dalle agevolazioni che le macchine e le nuove fonti di energia offrono all’istinto infantile della velocità; essa non dipende dai bei giocattoli meccanici che tentano l’eterna puerilità degli adulti. Essa fa tutt’uno con lo scuotimento delle civiltà sedentarie, con lo sfaldamento delle gravose stratificazioni del passato, con lo scolorimento dei colori locali, con le incrinature che producono crepe in tutte queste cose ingombranti e ottuse a cui si appoggiano i particolarismi umani. Bisogna essere sottosviluppato per rivendicare tutte queste cose come ragioni d’essere e lottare in loro nome per un posto nel mondo moderno. Lo sviluppo della tecnica non è la causa – esso è già l’effetto di questo alleggerimento della sostanza umana che si svuota delle sue pesantezze notturne.
Penso a una prestigiosa corrente del pensiero moderno proveniente dalla Germania e che inonda i recessi pagani della nostra anima occidentale. Penso a Heidegger e agli heideggeriani. Si vorrebbe che l’uomo ritrovi il mondo. Gli uomini avrebbero perso il mondo. Essi non conoscerebbero più altro che la materia posta davanti a loro, opposta (objectée) in qualche modo alla loro libertà, essi non conoscerebbero altro che oggetti.
Ritrovare il mondo significa ritrovare un’infanzia misteriosamente rannicchiata nel Luogo, significa aprirsi alla luce dei grandi paesaggi, al fascino della natura, al maestoso accampamento delle montagne; significa correre per un sentiero che serpeggia nei campi; significa sentire l’unità che istituisce il ponte che collega le sponde del fiume e l’architettura degli edifici, la presenza dell’albero, il chiaroscuro delle foreste, il mistero delle cose, di una brocca, delle scarpe logore di una contadina, la lucentezza di una caraffa di vino posta su una tovaglia bianca. L’Essere stesso del reale si manifesterebbe dietro queste esperienze privilegiate, concedendosi e affidandosi alla guardia dell’uomo. E l’uomo, guardiano dell’Essere, trarrebbe da questa grazia la sua esistenza e la sua verità.
La dottrina è acuta e nuova. Tutto ciò che da secoli ci appariva come aggiunto dall’uomo alla natura, rilucerebbe già nello splendore del mondo. L’opera d’arte – luminosità dell’Essere e non invenzione umana – fa risplendere questo splendore pre-umano. Il mito si parla nella natura stessa. La natura è installata in questo linguaggio primo che, interpellandoci, fonda il linguaggio umano. Bisogna che l’uomo possa ascoltare e intendere e rispondere. Ma intendere questo linguaggio e rispondergli non consiste nell’abbandonarsi a pensieri logici eretti a sistema di conoscenze, bensì nell’abitare il luogo, nell’esserci. Radicamento. Si vorrebbe riprendere questo termine, ma la pianta non è abbastanza pianta per definire l’intimità con il mondo. Un po’ d’umanità ci allontanerebbe dalla natura, molta umanità ci ricondurrebbe là. L’uomo abiterebbe la terra in maniera più radicale della pianta che ne ricava soltanto i succhi nutritivi. La favola che dice il primo linguaggio del mondo suppone legami più sottili, più numerosi e più profondi.
Eccola quindi l’eterna seduzione del paganesimo, al di là dell’infantilismo dell’idolatria da molto tempo superato. Il sacro che filtra attraverso il mondo – il giudaismo forse non è altro che la negazione di tutto ciò. Distruggere i boschetti sacri – ora comprendiamo la purezza di questo preteso vandalismo. Il mistero delle cose è la sorgente di ogni crudeltà nei confronti degli uomini.
L’insediamento in un paesaggio, l’attaccamento al Luogo, senza il quale l’universo diverrebbe insignificante ed esisterebbe appena, significa la scissione in autoctoni e stranieri. E in questa prospettiva la tecnica è meno pericolosa dei geni del Luogo.
La tecnica sopprime il privilegio di questo radicamento e dell’esilio che vi si riferisce. Essa affranca da questa alternativa. Non si tratta di tornare al nomadismo, altrettanto incapace quanto l’esistenza sedentaria, di uscire da un paesaggio e da un clima. La tecnica ci strappa al mondo heideggeriano e alle superstizioni del Luogo. Appare quindi una chance: vedere gli uomini al di fuori della situazione in cui sono istallati, lasciar brillare il volto umano nella sua nudità. Socrate preferiva, alla campagna e agli alberi, la città dove si incontrano gli uomini. Il giudaismo è fratello del messaggio socratico.
Ciò che è ammirevole nell’impresa di Gagarin, non è certamente il suo magnifico numero da luna-park che impressiona le folle; non è l’impresa sportiva realizzata andando più lontano degli altri, battendo tutti i record di altezza e di velocità. Ciò che conta di più è la probabile apertura su nuove conoscenze e nuove possibilità tecniche, è il coraggio e le virtù personali di Gagarin, è la scienza che ha reso possibile l’impresa e tutto ciò che, a sua volta, ciò suppone di spirito di abnegazione e di sacrificio. Ma forse, ciò che conta sopra tutto, è aver abbandonato il Luogo. Per un’ora un uomo è esistito al di fuori di ogni orizzonte – intorno a lui tutto era cielo, o, più esattamente, tutto era spazio geometrico. Un uomo esisteva nell’assoluto dello spazio omogeneo.
Il giudaismo è sempre stato libero nei confronti dei luoghi. Così esso è rimasto fedele al valore più alto. La Bibbia conosce soltanto una Terra Santa. Terra fantastica che vomita gli ingiusti, terra dove non ci si radica senza condizioni. Quanto è misurato il Libro dei Libri nelle sue descrizioni della natura! - "Paese in cui scorrono il miele e il latte". - Il paesaggio si dice in termini alimentari. In una frase incidentale: "Era allora la stagione della prima uva" (Num. 13,20) brilla per un istante un grappolo che matura alla calura di un sole generoso.
Oh tamerice che piantò Abraham a Bersabea! Uno dei rari alberi ‘individuali’ della Bibbia e che sorge nella sua freschezza e nel suo colore per sedurre l’immaginazione in mezzo a tante peregrinazioni, attraverso tanti deserti. Ma attenzione! Il Talmud forse teme che noi ci lasciamo prendere dal suo canto sotto il vento del sud e che vi cerchiamo il senso dell’Essere. Esso ci strappa ai nostri sogni: Tamerice è un (una) sigla; le tre lettere che sono necessarie per scrivere il suo nome in ebraico sono le iniziali di Nutrimento, Bevanda e Casa, tre cose necessarie all’uomo e che l’uomo offre all’uomo. La terra è per questo. L’uomo è il suo padrone per servire gli uomini. Restiamo padroni del mistero che essa respira. Forse è su questo punto che il giudaismo si allontana maggiormente dal cristianesimo. La cattolicità del cristianesimo integra i piccoli e toccanti dèi familiari nel culto dei santi, nei culti locali. Sublimandola, il cristianesimo conserva la pietà radicata che si nutre dei paesaggi e dei ricordi familiari, tribali, nazionali. Per questo conquista l’umanità. Il giudaismo non ha sublimato gli idoli, ha richiesto la loro distruzione. Come la tecnica, esso ha demistificato l’universo. Esso ha sfatato la Natura. Attraverso la sua universalità astratta esso urta immaginazioni e passioni. Ma esso ha scoperto l’uomo nella nudità del suo volto.
Tratto dal sito http://www.kainos.it/numero3/disvelamenti/levinas-it.html

lunedì 28 gennaio 2008

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO

CARI LETTORI,
QUESTO BLOG NON E' STATO AGGIORNATO PERCHE' GRAZIE A DISSERVIZI DELLA TELECOM SONO STATO ISOLATO TELEFONICAMENTE PER DIVERSI GIORNI.
CONSIDERANDO CHE DALL'INIZIO DELL'ANNO E' LA TERZA VOLTA CHE ACCADE, SONO UN PO' ARRABBIATO CON LA TELECOM...ANCHE PERCHE' LE FATTURE SONO ESTREMAMENTE PUNTUALI...
SCUSATE LO SFOGO...
GIULIANO

ALLE RADICI DELL'EUROPA: MORI, GIUDEI E ZINGARI NEI PAESI DEL MEDITERRANEO OCCIDENTALE

Università degli Studi di Verona - Oficina Cultural de la Embajada de España en Roma
Dipartimento di Romanistica
Dipartimento di Psicologia e Antropologia culturale
Fundación Tres Culturas

Convegno internazionale
Alle radici dell'Europa. Mori, giudei e zingari nei paesi del Mediterraneo occidentale(II Incontro: secoli XVII-XIX)
Verona, 14, 15 e 16 febbraio 2008
programma:
Il Convegno, il secondo di una serie di tre incontri previsti con cadenza annuale (2007, 2008, 2009), ha come oggetto di studio i rapporti che si sono costruiti in Europa occidentale, a partire dal Basso Medioevo, tra le comunità locali maggioritarie e tre importanti minoranze culturali:
gli ebrei, i mori e gli zingari.
Il carattere interdisciplinare degli incontri intende approfondire alcune delle modalità di costruzione delle identità minoritarie, nazionali ed europea, attraverso l'analisi e la riflessione su alcune produzioni letterarie e storico-culturali di diversa tipologia.
L'incontro-scontro tra ebrei, mori, zingari e società maggioritarie sembra, infatti, aver prodotto contemporaneamente fenomeni di resistenza culturale dall'interno e fenomeni di costruzione identitaria dall'esterno: essi hanno favorito sia la costruzione
delle identità minoritarie che di quelle maggioritarie.
La serie di tre convegni vuole contribuire a specificare le caratteristiche peculiari dei singoli incontri-scontri verificatisi nell'Europa sud-occidentale e mostrare come anche tali minoranze abbiano contribuito all'edificazione dell'Europa contemporanea.

inoltrato da:workinprogress http://www.nadiascardeoni.com/

lunedì 21 gennaio 2008

APPELLO CONTRO IL RAZZISMO E PER LA VISIBILITA' DELLE BUONE PRATICHE

Appello contro il razzismo e per la visibilità delle buone pratiche.
Io e gli amici del sito http://www.ildialogo.org/ abbiamo lanciato l' appello che potete leggere di seguito. Spero che abbia una buona adesione...
...e che i lettori del blog divulghino l'informazione a tutti i loro conoscenti.
Grazie dell'aiuto

Giuliano

NESSUNO ESCLUSO.
RENDIAMO VISIBILE L’INVISIBILE

Appello contro il razzismo e la discriminazione

Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto...di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.
Don Lorenzo Milani

Chiunque legga i giornali o ascolti un telegiornale può rendersi conto della virulenza e della pervasività dei nuovi attacchi portati ai diritti di tutti da parte di una destra sempre più becera e violenta. Ovviamente le prime vittime sono i migranti, le fasce deboli, i bambini: da una parte il prosindaco di Treviso definisce gli immigrati un cancro, dall’altra la Moratti vieta l’iscrizione alle scuole materne dei figli degli irregolari (violando circolari, leggi nazionali e Convenzioni internazionali). Ma se la destra attacca, la sinistra istituzionale non solo tace ma si perde in liti e provvedimenti non compresi dalla maggioranza della popolazione. Non solo: anch’essa viola la Costituzione, varando finanziarie di guerra, votando la partecipazione a missioni militari che di umanitario non hanno mai avuto nulla e finanziando il Ministero della Difesa.
Ma anche le religioni sono molto “timide” sull’argomento razzismo, soprattutto quando il razzismo si tinge di odio antireligioso come succede quando viene attaccata in particolare la religione islamica. E’ molto timida, per non dire reticente, la religione di maggioranza nel nostro paese, quella cattolica, che non ha preso alcuna distanza netta dai razzisti che fanno dell’odio contro l’islam la loro bandiera. Ma quando una qualsiasi religione finisce nel mirino dei razzisti, tutte le religioni sono in pericolo. E’ un’esperienza che è già stata fatta in Germania ai tempi del nazismo: dopo gli ebrei sono finiti poi nei campi di sterminio anche moltissimi esponenti di altre religioni, nessuna esclusa, oltre a tutti coloro che i nazisti consideravano “diversi” o “inferiori”. Contro il razzismo tutte le religioni hanno il dovere di essere unite. Occorre ricostruire un movimento popolare d’opposizione che parta dal basso, che faccia suoi gli strumenti della nonviolenza.
Esiste un sommerso sociale che lavora nella direzione contraria di come vanno le cose: persone, comitati e gruppi che si battono per una società giusta, aperta e solidale. Occorre dare visibilità alle buone pratiche che ogni giorno vengono attuate nel nostro paese a favore dei più deboli, a tutte le iniziative che prendono vita nelle città, nei paesi, sui posti di lavoro; a tutte quelle situazioni, ignorate per malafede o per superficialità dai media, in cui c’è dialogo, incontro, partecipazione e condivisione.
Occorre impegnarsi decisamente contro il razzismo dilagante, l’odio xenofobo, le violenze contro gli immigrati e quelli che la cultura “nazista” considera i “diversi”. Il razzismo sta soffocando la nostra cultura, sta avvelenando la nostra società ed occorre che tutti si impegnino nei propri ambiti di vita (famiglia, lavoro, scuola, associazioni, religioni, partiti…) ad opporre un netto rifiuto alle pratiche razziste che si stanno configurando oramai sempre più come aperto nazismo.
Segnaliamo ogni iniziativa di questo genere a blog e siti internet, televisioni, radio, giornali, agenzie di stampa e istituzioni. Che ognuno si renda promotore di un’opera di controinformazione dal basso che riesca a sconfiggere l’intolleranza e l’odio razziale comunque esso si manifesti.

Promotori
Giuliano Falco (http://www.giulianofalco.blogspot.com/)
Giovanni Sarubbi (http://www.ildialogo.org/)

per aderire

APPELLO CONTRO IL RAZZISMO E LA DISCRIMINAZIONE
http://www.ildialogo.org/forum/norazzismo21012008.htm

venerdì 18 gennaio 2008

PER NON DIMENTICARE: 27 GENNAIO 1945 / 27 GENNAIO 2008

LA LEGGE ISTITUTIVA DEL GIORNO DELLA MEMORIA

Legge 20 luglio 2000, n. 211: Istituzione del Giorno della Memoria inricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti (pubblicata nellaGazzetta Ufficiale n. 177, 31 luglio 2000).

*Art. 1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

*Art. 2. In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordinee grado, su quanto e' accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.

PRIMO LEVI: VERSO IL MEZZOGIORNO DEL 27 GENNAIO 1945

[Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I,pp. 205-206]

La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla (...). Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi (...). Non salutavano, non sorridevano, apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà buona sia stata nulla oscarsa, e non abbia valso a difesa.

Tratto da:
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"Numero 136 del 18 gennaio 2008

martedì 15 gennaio 2008

Parte la VI edizione di Internet e storia

Associazione Medioevo Italiano ProjectIS - Internet e Storia 6a edizione 2008, dal 15 gennaio al 15 marzo.http://www.internetestoria.it

Per la prima sessione intervengono:Paolo Manzelli, Arte e Scienza: Estetica e Razionalità nel nuovo corso della storia. Luca Maurino, La Ricerca Medievistica sul web: problemi e possibilità. Luigi M. Reale, L'era del commento: opinionismo e miraggi di Democrazia. Gennaro Tedesco, Tra Doxa e Aleteia.

Il Forum, ideato da Angelo Gambella, è organizzato dal Medioevo Italiano Project e si svolge in collaborazione con la Società Internazionale per lo Studio dell'Adriatico nell'Età Medievale (SISAEM), e con il patrocinio morale del Master di II livello in Storia e Storiografia multimediale - Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Roma Tre, di Società Internet - Sezione italiana di Internet Society e dell'Associazione di Storia Multimediale, con il concorso delle iniziative telematiche Medioevo Italiano, Storiadelmondo, Master a Distanza in Informatica per la Storia Medievale, Osservatorio di Storia Multimediale, StoriaOnline, l'agenzia d'informazione specializzata AGENSU e con il supporto tecnologico della società editrice Drengo Srl. Per iscriversi come relatore è possibile compilare il modulo di autocandidatura. Le proposte devono pervenire entro e non oltre il 1° marzo 2008. Il forum è libero, tutti possono aderire e partecipare al dibattito. La sezione Dossier è basata sull'archivio delle precedenti edizioni, su altri materiali pubblicati in rete e sui volumi della collezione a stampa dei Quaderni del Medioevo Italiano Project.
Gli Atti sono pubblicati annualmente in «Storiadelmondo», periodico telematico di Storia e Scienze umane www.storiadelmondo.com, ed in edizione cumulativa su CD.

***Con preghiera di diffusione.
Cordiali saluti, Angelo Gambella
Medioevo Italiano Project
V.le O. Sinigaglia 48 - 00143 Roma, Italia
www.medioevoitaliano.it

Albenga, immigrazione e integrazione

L'articolo che segue è stato pubblicato da ivg-il vostro giornale (sito: www.ivg.it). Ringraziando ivg per la pubblicazione, devo far presente ai lettori del blog che il titolo (riportato di seguito) non è stato scelto dallo scrivente.

Articolo n° 19877 del 14 Gennaio 2008 ore 15:30

Albenga, riflessioni di Giuliano Falco
su immigrazione e integrazione razziale

Ho letto, con colpevole ritardo, l’articolo (n. 19154) di Fabrizio Pinna apparso su Ivg del 22 dicembre scorso a proposito delle polemiche occorse in seguito alla richiesta da parte del Comitato donne e mamme musulmane di avere un’aula scolastica, fuori dall’orario di lezione per poter insegnare la lingua madre ai bambini arabofoni; contestualmente, la polemica è nata anche in seguito a un’altra richiesta, partita dal Centro Culturale Islamico di Albenga di avere un’area a loro dedicata nel cimitero cittadino. Chi scrive è parte in causa, sia per gli ottimi rapporti che conduce con le due Associazioni citate sia per il duplice ruolo che riveste: quello di essere insegnante elementare presso il II° Circolo (insegnante che si dà da fare per far sì che tutti i bambini, italiani o stranieri che siano,riescano a dare il meglio di loro stessi) e quello di Presidente dell’Associazione di Promozione Sociale Centro Scuola Territorio che, ormai da anni, lavora, con le sue volontarie, nelle scuole per facilitare l’inserimento e l’integrazione dei bambini stranieri.Vorrei offrire al lettore alcune riflessioni sorte leggendo l’articolo di Pinna e le affermazioni di Carlo Tonarelli in esso riportate. Innanzitutto, la destra, in evidente crisi di trasformazione e ristrutturazione degli equilibri è riuscita, anche nella nostra città, a far passare almeno tre pensieri ‘forti’:1. che l’emigrazione sia un problema di ordine pubblico, di sicurezza (in questo inseguita da molta ’sinistra’);2. che l’emigrazione sia solo musulmana (confondendo religione e nazionalità: e allora che fare con i sempre più numerosi italiani convertiti?);3. che i problemi vengano solo dai migranti.Mi spiego meglio: l’immigrazione non è solo un problema di sicurezza, ma un problema di dignità, di condizioni di vita umane, di lavoro per tutti, di accesso all’istruzione e alla sanità, di diritto ad avere una famiglia e, in ultimo ma non meno importante, quello di avere un punto di ritrovo e un luogo di culto degno di questo nome. Se noi non marginaliziamo i migranti, togliamo terreno ai malviventi: in genere, le persone, siano esse straniere o italiane, chiedono solo di poter vivere in pace, di avere una casa degna di questo nome e un lavoro retribuito come si deve.L’emigrazione non è solo musulmana: non è questione di religione. Coloro che vengono qui, in genere vengono per lavorare, non per far proseliti, vengono per vivere, non per sopravvivere. Il musulmano, evidentemente, fa ancora paura, e il Mamma li Turchi! è sempre un ottimo portar l’acqua al proprio mulino elettorale.Personalmente, e vengo al terzo punto, non mi sembra che i problemi vengano solo dai migranti. Vogliamo parlare dei lavoratori rumeni pagati due tre euro l’ora? Vogliamo accennare al fatto delle centinaia di persone che lavorano in nero (e sottopagati) nell’agricoltura? Spesso si ha l’impressione che i migranti debbano esistere solo quando lavorano (e vengono sfruttati) per poi dover sparire e non aver diritti di alcun genere. Sia ben chiaro, tanto per prevenire una facile obiezione: questi sono diritti che devono essere goduti da tutti?tempo fa, sulle pagine di una rivista telematica savonese ho avuto una polemica con un (allora) leghista, Roberto Nicolick: ebbene, questo signore mi ricorda quella parabola biblica della pagliuzza che si vede nell’occhio altrui e non si vede la trave che c’è nel proprio. Mi citava il caso di quel ragazzo marocchino che, qualche anno fa ha ucciso, proprio ad Albenga, due ragazze italiane. È stato un criminale e va punito, senza ombra di dubbio. Ma non è che per le colpe di uno, ci debbano rimettere tutti: è il classico caso in cui fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce.Passiamo oltre. Nell’articolo di Pinna ci sono anche alcune affermazioni di Carlo Tonarelli, il noto portavoce dei Verdi, che riporta dati secondo i quali, gli immigrati contribuiscono per il 5,1% al Prodotto Interno Lordo. È giusto citare questa realtà, ma personalmente, vorrei andare oltre al discorso dell’immigrato come risorsa perché non vorrei che si riducesse tutta l’articolata e complessa problematica dell’immigrazione alla sola sfera economica. Ricalcando, fra l’altro, ancora una volta, la destra che vede l’ingresso nel nostro paese vincolato al lavoro. Ma non possiamo erigere muri verso il sud del mondo: ci sarà sempre qualche falla, qualche mezzo per aggirarli, qualche sistema per oltrepassarli. Non ci sono riusciti gli Stati Uniti con le loro frontiere meridionali segnate da un muro (di cemento o elettronico) e da corpi di guardia che vigilano a bloccare l’immigrazione clandestina, figuriamoci noi?Non solo. Il vero problema è, come ricorda Tonarelli, che non esiste una vera politica dell’immigrazione, e se è vero che bisogna superare l’ottica del volontariato è anche vero che questo supplisce una vacanza, una grave carenza istituzionale, nella scuola come altrove (ma di questo ne parleremo più avanti). Occorre superare la mentalità dell’emergenza, anche perché nella nostra città abbiamo migranti residenti da quasi vent’ anni, che parlano italiano, che pagano le tasse, i cui figli sono nati qui (e quando tornano in Marocco non comunicano più con i nonni: da questa semplice constatazione è nata la richiesta di un corso di arabo ?sia chiaro una volta per tutte: aperto a chiunque voglia iscriversi, italiano o di origine araba che sia). Occorre costituire (e noi come Associazione di Promozione Sociale Centro Scuola Territorio lo stiamo facendo) gruppi composti da persone straniere e italiane che lavorino insieme su tematiche comuni (ovviamente, il nostro terreno privilegiato è la scuola), per aiutarci l’un ‘altro, conoscerci e comprenderci, ognuno restando nella propria diversità. Un’altra proposta, che personalmente porto avanti da anni, è quella di costituire una Consulta dei migranti, composta dalle associazioni, dai centri culturali e da individualità cittadine (ma questa Consulta deve nascere dagli stranieri stessi, noi operatori possiamo collaborare da esterni). Questo organismo deve nascere e darsi una forma giuridica: solo così potrà avere un potere contrattuale con le istituzioni, cosa che del resto accade già da anni altrove.Il buon Tonarelli parla degli alunni stranieri, precisando che “ad Albenga più del 10 % della popolazione è extracomunitaria e in certe scuole quasi il 20 % dei bambini è extracomunitario. *Non si può pensare di lasciare fare al volontariato*” (sottolineatura mia). E bravo! Le forze, pur minime del volontariato, soprattutto nella scuola, suppliscono a una mancanza istituzionale gravissima. Nella nostra provincia, ma si potrebbe fare la stessa affermazione a livello regionale, mancano le risorse, gli aggiornamenti, gli aiuti per attrezzare la scuola a far fronte alle nuove problematiche. E non si tratta solo di problemi linguistici, ma più generali, culturali e inter culturali. Manca una visione d’insieme e nello stesso tempo una progettualità: quelli che frequentano ora le aule delle scuole elementari, un domani non lontano saranno cittadini?Se non ci fosse quel manipolo di volontari che aiuta gli insegnanti, che comunica con i genitori (stranieri e non), che cerca di fare il possibile con scarsi mezzi e risorse, la situazione sarebbe sicuramente peggiore. Certo anche noi vorremmo che lo stato si facesse carico di queste problematiche e, invece di sperperare il denaro pubblico finanziando missioni militari o pagando, più che a peso d’oro, i manager dell’Alitalia o della Tirrenia, investisse nel proprio futuro?ma si sa: l’Italia investe nella formazione lo zero virgola per cento del proprio PIL.E a livello locale? Giro la domanda agli amministratori interessati?Infine, ancora due osservazioni:a) nell’articolo citato, Tonarelli fa un’altra affermazione interessante; ed è quando dice, giustamente, che “Albenga potrebbe diventare una sorta di ‘laboratorio sperimentale’”. Caro amico nel suo piccolo lo è già: a partire dal Gruppo Wissal (formato su sollecitazione dell’Associazione Centro d’Ascolto della Caritas diocesana), che è stato attivo per qualche anno nella nostra città, ed era formato da operatori dei servizi (sociali, sanitari e educativi) e da persone straniere (serbe, albanesi e marocchine) per arrivare allo scorso Natale dove in una scuola elementare donne musulmane (volontarie dell’Associazione di Promozione Sociale Centro Scuola Territorio) e un’insegnante di religione cattolica hanno festeggiato insieme le prime la Festa del Montone (celebrazione musulmana del Sacrificio d’Isacco) il Natale la seconda?e anche il fatto che donne straniere chiedano di fare le volontarie per la medesima associazione, al di là della fede musulmana, mi sembra un buon esempio di cittadinanza attiva;b) in chiusura dell’articolo citato, Pinna riporta alcune domande che Tonarelli si pone. Sono diverse e articolate e i destinatari sono altri; rispondo, per quanto di mia competenza solo ad alcune. Tonarelli si chiede se i musulmani possono essere integrati. Mi sembra di sì, anche perché la comunità islamica ingauna è aperta al confronto e al dialogo; ovviamente possono (e debbono) essere coinvolti nella vita sociale, politica e civile della città a meno che non si voglia costruire una società segregazionista e razzista. Se questo comporta la costruzione di una Moschea, non mi sembra la mote di nessuno, anzi sarebbe un gesto di civiltà (quella che ora viene impropriamente definita Moschea è, con tutto il rispetto, un magazzino freddo (d’inverno) e caldo (d’estate) sempre umido e soprattutto inadatto alle esigenze della numerosa comunità islamica (almeno nominalmente i musulmani di Albenga superano le cinque centinaia). La presenza di una forte comunità implica il fatto che le strutture amministrative devono essere in grado di rispondere alle nuove esigenze ?che vanno anche ad aiutare i cittadini italiani. Ad esempio: se venisse pubblicato un opuscolo plurilingue (italiano, arabo, albanese, ecc.) dove vengono indicati gli uffici che rilasciano i principali documenti, dove si trovano questi uffici, il loro orario, cosa serve per ottenere questi documenti (marche da bollo, fotografie, ecc.) sarebbe di grande aiuto e non solo, lo ripeto, per gli stranieri?Giustamente, anche Tonarelli parla di corsi di aggiornamento per i dipendenti pubblici: è un’iniziativa a mio parere indispensabile ma non dovrebbe essere organizzata in chiave multi culturale ma inter culturale (e non è solo una questione linguistica: il multiculturalismo è stato attuato nei paesi anglosassoni nei quali non c’è stata una reale integrazione (perché di integrazione si tratta ma l’integrazione è un processo a doppio senso, non a senso unico. Dobbiamo integrarci, reciprocamente). Ovviamente, la presenza sempre più massiccia di persone straniere implica anche una modifica dei programmi scolastici. Rischierebbe di essere un discorso molto complicato e che richiederebbe troppo e tempo e spazio. A livello locale si può ricordare che la normativa sull’autonomia scolastica lascia la gestione di una parte del curriculum alle singole istituzioni.Infine vorrei rivolgere un appello ai lettori dell’ ivg: l’Associazione di Promozione Sociale Centro Scuola Territorio di Albenga è alla costante ricerca di volontari. Non viene richiesta una preparazione specifica e l’impegno minimo richiesto è di due ore settimanali.
Per contattare l’Associazione scrive a giulianofalco@gmail.com.
Giuliano Falco

lunedì 14 gennaio 2008

PENA DI MORTE E ABORTO? NESSUNA SOMIGLIANZA: REAZIONI DI CRISTIANI ALLA PROPOSTA RUINI-FERRARA

articolo tratto da www.adistaonline.it Adista notizie n. 5 2008.

Che l'aborto non sia una gran bella cosa, penso che siamo tutti d'accordo. Quello che più di disturba è l'ipocrisia di quanti si schierano contro l'aborto in difesa del diritto alla vita, ma poi non sono contro le guerre, le morti per fame, per sete, per malattie...Allora mi sembra un discorso ipocrita e razzista. Razzista perchè un feto (magari europeo) ha più diritti di 3/4 della popolazione mondiale...

34235. ROMA-ADISTA. "Ho un brutto presentimento: che la gerarchia della Chiesa, nei suoi esponenti più complessati nel campo morale, facciano di tutto per far cadere il governo di Sinistra, provocandolo su alcuni temi su cui è evidente una divisione nei due schieramenti politici. È una sensazione che ho, e che purtroppo si rivela ogni giorno sempre più forte. Era proprio il caso di tirar fuori, proprio ora, il problema della legge 194 che riguarda le ‘Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza’?". Queste parole di don Giorgio Capitani – comparse nel suo blog il 3/1 scorso – ben testimoniano il clima di acceso dibattito che si è creato in seguito alla recente proposta di moratoria sull’aborto lanciata da Giuliano Ferrara in seguito all’approvazione della moratoria Onu sulla pena di morte. "Dopo aver promosso la Piccola Moratoria - spiegava Ferrara nell’ormai celebre editoriale comparso sul Foglio il 20 dicembre scorso - promuoviamo la Grande Moratoria della strage degli innocenti".
Un accostamento da respingere
A "Noi Siamo Chiesa" dell’Emilia Romagna il maldestro tentativo di accostare le due iniziative proprio non va giù. "Ci pare azzardato – si legge nel comunicato del 23/12 – equiparare la moratoria per la pena di morte a quella eventuale per l’aborto. A tale ragionamento sottende anche solo una involontaria colpevolizzazione della figura femminile, che non può mai essere accettata". "Non rendiamo criminale – conclude il comunicato – chi già patisce una scelta sempre e comunque tragica. Saremmo preda di un severo sadismo". Parere simile è espresso anche dalle Comunità Cristiane di Base (CdB) che ritengono "distruttivo e opposto alla cultura della vita colpevolizzare le donne che vivono il dramma dell’aborto, definirle ‘assassine’, accostare l’aborto stesso alla pena di morte, accusare la legge 194 di ‘genocidio’ dei feti" (comunicato dell’8/1). Non si sono sottratte al dibattito in corso le altre Chiese cristiane. Sulla stessa lunghezza d’onda di "Noi Siamo Chiesa" e delle CdB si attesta la vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), Letizia Tomassone, che ha espresso la sua posizione per mezzo del comunicato "Pena di morte e aborto non possono essere accomunati" (Nev, 3/1). "Abolire la pena di morte significa riaprire le possibilità di relazioni umane per gli ex condannati. Riammetterli in quel circuito di comunicazioni in cui la vita non è pura biologia, ma capacità e libertà di decisione. Così anche leggi come la 194, che riconoscono la capacità e la libertà decisionale delle donne, affermano la centralità della relazione. In questa riapertura del dibattito sulla 194 una cosa sola è importante: che si fermi l’attenzione su una educazione libera e critica degli adolescenti e, in modo diverso, delle donne e uomini immigrati, sulla sessualità e sulla decisione di avere figli e figlie". Emerge con forza il suggerimento di concentrare gli sforzi istituzionali non sulla proibizione di un gesto come l’aborto ma sull’educazione alla libertà di scelta, soprattutto per le donne: "Il senso di libertà individuale – spiega la Tomassone –, che è riconosciuto e considerato oggi in Occidente come il fondamento del diritto civile, fa parte della costruzione della dignità femminile. La donna non è un puro contenitore di vita concepita altrove. È un soggetto libero che crea relazione con questa vita. Negare che l’interruzione di gravidanza si inserisca in questo processo relazionale significa riportare le donne a un obbligo biologico che non ci appartiene più". Recupera il legame di stretta parentela tra educazione alla libertà di scelta e rispetto della vita lo stesso don Giorgio Capitani: "Non è con la proibizione legislativa che si educa la gente a rispettare la vita fin dalla nascita. Casomai spetta alla Chiesa educare i suoi credenti a rispettare la vita, non solo agli inizi e alla fine, ma anche lungo tutto l’arco esistenziale".
Un’immagine distorta della difesa della vita
Il 7/1 scorso don Giorgio si è spinto oltre, criticando, sempre dalle pagine del suo blog, le continue incursioni della gerarchia cattolica nel dibattito politico sull’etica: "Forse oggi spetterebbe alla Chiesa fare un serio esame di coscienza: fino a che punto sei la testimonianza del Vangelo radicale? Tu, Chiesa, vuoi dettare norme allo Stato in un campo in cui non è facile legiferare nel rispetto di ogni situazione esistenziale (è facile dettare norme in astratto!), e poi non vuoi capire che ti sei legata anima e corpo ad una concezione che fa del mercato l’idolo imperante. Come puoi difendere Valori quali la vita, sostenendo una cultura che è morte?". Il sostegno sempre più esplicito all’iniziativa di Ferrara, accordato dalla Cei di Bagnasco, da Ruini e da altri esponenti della gerarchia non solo in Italia, non è piaciuto nemmeno al pastore valdese Eric Noffke, che affida le sue critiche ad alcune riflessioni natalizie pubblicate su Riforma il 21/12: "Se il Natale nasce da un amore accettato e da una nascita accolta con amore, se il Dio che ora celebriamo è il Dio della vita (quella scelta e non quella subita!), perché la chiesa cattolica cavalca con tanto ardore questa immagine distorta della ‘difesa della vita’, che in realtà cela solo l’asservimento della donna e della sua volontà? Perché questa visione perversa di una vita che diventa condanna di una madre che diventa tale suo malgrado, magari per violenza?". Nonostante la 194 goda ancora di ottima salute, la provocazione di Ferrara appare a molti l’ennesima occasione per attaccare pregiudizialmente la legge e le forze politiche che la sostengono. Così afferma, ad esempio, don Enzo Mazzi in un articolo scritto per Liberazione l’11/1: "La proposta di ‘moratoria’ dell’aborto si vede lontano un miglio che è una trovata furbesca, strumentale e provocatoria. Non tende a favorire il dialogo ma a generare scontro. Impedisce qualsiasi confronto costruttivo sul tema dell’aborto, sui percorsi per ridurlo ulteriormente e sulle tecniche che lo rendano più rispettoso dell’integrità fisica e psichica della donna. Chi ha un minimo di senso critico e anche chi ha una sensibilità educata dal Vangelo come può dialogare con chi bombarda quotidianamente le coscienze delle donne con messaggi terroristici, da tutte le tribune e usando tutti i mezzi fino ad accostare l’aborto alla pena capitale?". A frenare le speculazioni sulla 194 è comunque il ministro Rosy Bindi che, in un’intervista al Messaggero, ha dichiarato che la provocazione di Ferrara "non ha senso" e sarebbe inutile "infliggere al Paese una nuova lacerazione". Ma il dibattito sulla laicità resta comunque infuocato, tanto in Parlamento (e maggiormente nel centro sinistra), quanto tra i cattolici, sui quali ancora una volta si allarga l’ombra del tradizionalismo oscurantista. "Quando il potere ecclesiastico – si legge in chiusura del comunicato delle CdB – avrà compiuto una riparazione storica facendo finalmente spazio alla maternità che non è solo dare vita in senso biologico ma è cultura, è visione femminile di Dio, della Bibbia, di Cristo, della fede e dell’etica, allora potrà intervenire credibilmente sull’etica della vita. Ma in quel momento si sarà dissolto come ‘potere’. Sarà un bel giorno. Merita lavorare perché si avvicini".

venerdì 11 gennaio 2008

INIZIATIVA A BOLZANO

Mosaico di pace, Centro per la Pace del Comune di Bolzano, Pax Christi Italia


OBIEZIONE E COSCIENZA

BOLZANO 22-24 febbraio 2008

Sala di Rappresentanza del Comune, vicolo Gumer 7

22. 2. 2008

ore 20.30 Uhr

Saluti del sindaco Luigi Spagnolli
Introduzione Luigi Gallo, assessore

IL CORAGGIO DI DIRE NO. La resistenza al nazionalsocialismo

Franz Thaler: obiettore di coscienza al nazismo, venne deportato a Dachau
Albert Mayr-Nusser: figlio di Josef, l’uomo che disse no a Hitler

Leopold Steurer: storico altoatesino si è occupato dei disertori altoatesini
Giampiero Girardi:, storico, ha raccontato in Italia la vicenda di Franz Jägerstätter

Modera: Luigi Gallo


23.02.2008

ore 9.00 – 10.30


L’OBIEZIONE di COSCIENZA TRA NONVIOLENZA e POLITICA

Raniero La Valle:
giornalista, senatore
- Obiezione e Costituzione

Hildegard Goss-Mayr: presidente onorario del Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- La nonviolenza e le sue prassi

Modera: Cornelia Dell’Eva


ore 10.45 -13.00


Luigi Ciotti: fondatore del Gruppo Abele, presidente di Libera
- Obiezione di coscienza ed educazione alla legalità


Hermann Barbieri: Laboratorio di pace e nonviolenza - WeLa – OEW
Fra violenza e nonviolenza. Agire nei conflitti.

Lidia Menapace: senatrice
Tra utopia e politica: quando un ideale fa i conti con la storia: politica, mediazioni, leggi

Modera: Francesco Comina - Moderation


ore 15.30-19.00


DISSENSO NEL MONDO MILITARE

Chriss Capps: giovane militare americano obiettore alla guerra in Afghanistan

Disertore israeliano

Michael J. Sharp: Comitato germanico che difende le cause dei disertori

Phil Rushton: Docente universitario, autore del libro “Riportiamoli a casa”
Presentazione diserzione nel mondo: maggiori problemi, tutele e prospettive

Francesco Martone: senatore
La riconversione dell’industria bellica: prospettive legislative - Die Umrüstung der Waffenindustrie: gesetzliche Perspektiven

Modera: Mauro Castagnaro – Moderation


23.2.2008 ore 21 Auditorium Battisti
Via Santa Geltrude 3

SPETTACOLO TEATRALE

LE STRADE DELL’ACQUA
Storie di predatori, migranti, amanti e sognatori

Drammaturgia: Francesco Comina. Arrangiamenti musicali: Francesco Brazzo.
Attrice: Flora Sarrubbo. Musicisti: Claudia Zadra, Francesco Brazzo, Cristiano Giongo,
Daniele Mistura, Francesco Comina. Luci: William Trentini

Sono le storie dell’acqua. Quelle che bagnano il mondo e che incrociano le strade dei popoli. Nel grande Sud i dannati della terra affondano nella miseria. Nel Nord dominante i tecnocrati delle privatizzazioni hanno già deciso che le guerre di domani saranno combattute per il dominio dei beni essenziali.
Ma se nell’Occidente dominatore predomina il tempo delle “passioni tristi”, la fine delle utopie che hanno determinato il rinnovamento del Novecento, nel grande Sud c’è ancora voglia di sognare e di resistere. E proprio intorno alla guerra dell’acqua i sognatori di un nuovo mondo possibile hanno deciso di organizzare la resistenza di uomini e donne decisi a tutto pur di salvare il diritto alla vita e alla salvaguardia delle risorse naturali.
Da Chico Mendes, il Gandhi dell’Amazzonia ucciso vent’anni fa (22 dicembre 1988) a Teresita che vive fra gli allagados di Bahia, dal rifiuto dei brahimini di immergersi nell’acqua del Gange troppo inquinata ad una bottiglia che cerca un amico sulla strade dell’acqua.
Uno spettacolo di grande intensità e di forte denuncia per dire no alle logiche spietate della privatizzazione dei beni essenziali.


24. 2. 2008

ore 9.00 – 13.00


FINE DELLA LEVA, FINE DELL’OBIEZIONE?

È prevista la partecipazione del ministro per la solidarietà sociale Paolo Ferrero

Diego Cipriani: direttore dell'ufficio nazionale per il servizio civile
Alex Zanotelli: missionario comboniano.
Mao Valpiana: direttore di Azione nonviolenta

Testimonianze / Zeugnisse

Johannes Steger: obiettore di coscienza, ha svolto il servizio civile in Palestina con i Caschi Bianchi subendo violenza da parte di alcuni coloni israeliani
Guido Marini: volontario in servizio civile in Kenya

Modera: Fabio Corazzina- Moderation


TRADUZIONE SIMULTANEA - SIMULTANÜBERSETZUNG

Adesioni e iscrizioni possibilmente entro il 10 febbraio 2008

SEDE ORGANIZZATIVA- ORGANISATION:

Centro per la Pace del Comune di Bolzano
Palazzo Altmann Palais, piazza Gries 18 Platz
BOLZANO- BOZEN
Tel 0471-402382
e-mail: centropacebz@gmail.com

mercoledì 9 gennaio 2008

DA SOCRATE AI NOSTRI GIORNI

In libreria l’ultimo lavoro di Anselmo Palini

TESTIMONI DELLA COSCIENZA.
DA SOCRATE AI NOSTRI GIORNI


Oggi si sente la necessità di scelte operate secondo coscienza, di persone capaci, nelle più svariate circostanze, piccole o grandi, di dire no. Questo monosillabo è una delle più belle, forti e poetiche parole del vocabolario: è con un no, con una contestazione dell’esistente, con un rifiuto della realtà del momento – la quale pretende sempre di essere l’unica possibile e la migliore – che inizia ogni valore.
Questo libro di Anselmo Palini intende proprio proporre un percorso storico con la presentazione di figure esemplari, alcune delle quali pressoché sconosciute, che, in circostanze e situazioni spesso drammatiche, hanno saputo dire no alle pretese del potere, anteponendo le ragioni della coscienza perfino a quelle della sopravvivenza.
Il filo rosso che unisce tutti i personaggi qui presentati è la fedeltà a dei valori e a degli ideali, a dei principi morali assoluti, non negoziabili, che, in un certo momento storico, sono stati ritenuti superiori alle leggi dello Stato.
Accanto a personaggi realmente esistiti – Socrate, Massimiliano di Tebessa, Tommaso Moro, Pavel Florenskij, Franz Jägerstätter, gli studenti della Rosa Bianca e il loro professore Kurt Huber - vi è la figura di Antigone, ossia una creazione letteraria. La presenza di questa protagonista dell’omonima tragedia di Sofocle è dovuta al fatto che in Antigone, per la prima volta nella storia della letteratura, si pone il problema del contrasto fra la legge dello Stato e “le leggi degli dèi”, ossia delle norme sentite come superiori. Dal V secolo a. C. in poi, Antigone ha così incarnato l’idea del diritto naturale, che gli antichi chiamavano legge non scritta, una legge eterna, che nessuno aveva mai letto in un codice, ma che tuttavia si poneva come inviolabile. Antigone obbedisce a quella che ancora non chiama la sua coscienza, ma che ad essa assomiglia molto.
Tutti i personaggi di cui parla Anselmo Palini in questo suo nuovo libro hanno pagato con la vita le proprie scelte e la fedeltà a delle “leggi eterne e immutabili”, quelle che per noi oggi risiedono in quel luogo sacro che è la coscienza individuale.
Il presente testo intende essere preciso e rigoroso, ma non specialistico, ossia non per i soli addetti ai lavori. Ha dunque un carattere divulgativo, in quanto l’obiettivo è quello di permettere a tutti gli interessati di avvicinarsi alle tematiche e ai personaggi qui presentati. Le numerose note che vengono riportate hanno proprio questo scopo: fare in modo che le ricostruzioni biografiche, la contestualizzazione storica e i brani antologici possano essere comprensibili ed accessibili a tutti.
Tutti i personaggi di cui qui si parla pongono un problema ben preciso: il rapporto fra la coscienza e il potere, fra il diritto dello Stato e una norma superiore e definitiva che non ammette eccezioni. Utilizzando le categorie del cristianesimo, il dilemma che si pone è fra ciò che spetta a Dio e a Cesare. Questo problema cessa di essere una disquisizione filosofica e si pone in termini drammaticamente esistenziali quando ci si trova di fronte ad una legge che in coscienza viene ritenuta illegale. “Era chiaro, scrive Tommaso Moro alla figlia Margaret, che giurare era contrario alla mia coscienza” e che “il mio dovere era di non obbedire al mio principe” .
Per superare questo conflitto di coscienza gli Stati oggi prevedono, in certe particolari situazioni, la possibilità dell’obiezione di coscienza: è il caso ad esempio del servizio militare e dell’aborto. Anche la Chiesa oggi afferma la possibilità, o meglio, la doverosità, di disobbedire a delle leggi ingiuste. E’ scritto infatti nel Catechismo della Chiesa cattolica, al n. 2242: “Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d’obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione fra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica”.
Nel passato questa possibilità non era ammessa: gli Stati e le Chiese esortavano sempre all’obbedienza.
I personaggi qui presentati sono dunque a loro modo dei profeti, in quanto hanno anticipato l’idea che in certe gravi situazioni bisogna obbedire alla coscienza, poiché, come ha detto il Presidente della Germania Federale, Richard von Weizsacker, il 13 febbraio 1993 commemorando a Monaco il sacrificio della Rosa Bianca, “ognuno è responsabile per ciò che fa e per ciò che lascia fare”.
Questo libro ci parla dunque, come ha scritto nella prefazione il prof. Franco Cardini, “dell’esemplarità delle scelte di chi persegue una coerenza assoluta rispetto a se stesso: di chi non si arresta a quel ‘necessario e sufficiente’ che ordinariamente ci viene richiesto e sul quale fondiamo di solito la nostra etica comportamentale di persone oneste e, quando si è credenti, di bravi cristiani”.


Anselmo Palini
Testimoni della coscienza.
Da Socrate ai nostri giorni.
Prefazione di Franco Cardini
Editrice Ave, Roma ottobre 2005, pp. 304, euro 13,00

A Brescia il libro “Testimoni della coscienza” lo si può trovare presso la libreria dell’Università Cattolica, alle Paoline, alla libreria Ancora e alla libreria dei popoli del Centro Saveriano.

L’autore
Anselmo Palini, 50 anni, coniugato, tre figli, vive e lavora in provincia di Brescia.
È docente di Materie Letterarie nella scuola media superiore.
Nei suoi studi ha approfondito in particolare i temi della pace, dell’obiezione di coscienza, dei diritti umani e, più recentemente, le problematiche connesse con i totalitarismi nel XX secolo.
Fra i suoi scritti, ricordiamo:
v un approfondito studio, pubblicato nel 1983, con il titolo “I primi cristiani, la guerra, il servizio militare” riportato in Autori Vari, Comunità cristiane per una cultura di pace, Queriniana, Brescia;
v i libri “Aborto dibattito sempre aperto” Città Nuova, Roma 1992 (con la prefazione del prof. Adriano Bausola, già rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore);
v “Bambini e ragazzi nel mondo. I diritti affermati, i diritti negati” Libreria Editrice Vaticana, Roma 2000 (con la prefazione del dott. Piergiorgio Liverani, già direttore del quotidiano “Avvenire”);
v “Le carte dei diritti” editrice La Scuola, Brescia 2003.
Ha pubblicato inoltre articoli, saggi e inserti su varie riviste.

LA VILLA DI ANTIGUA

Poche settimane fa, Barbara Spinelli, dalle colonne de La Stampa, con il parere dei migliori esperti del mondo, ci ricordava che la festa è finita.
Secondo loro, la distruzione in atto dell'ambiente e l'aumento tragico del distacco fra ricchi e poveri avevano dimostrato il fallimento del sistema costruito sul mercato liberista, che dietro le bandiere dell'aumento del PIL si era imposto nell'economia globalizzata.
Per salvare l'umanità dalla distruzione dell'ambiente in cui vive e distribuire con maggiore giustizia le ricchezze, occorre diminuire la produzione, eliminare gli sprechi, pagare più tasse, tornare a una gestione socialista della società e centralista del mercato.
La speculazione dei finanzieri americani, che per rifarsi delle perdite subite con i prestiti per le case, hanno indebolito il dollaro, aumentato il petrolio e invaso il mondo con titoli bancari fasulli, ha dimostrato tempestivamente la fragilità e l'iniquità del mercato confermando la diagnosi illustrata dalla Spinelli.
Alla quale né politici né giornalisti hanno risposto, imbarazzati forse dalle accuse di connivenza con il sistema rivolte loro dalla giornalista.
Non è detto che però che non l'abbiano meditate, primo fra tutti il furbo cavaliere Berlusconi, il quale posto davanti al dilemma di affrontare la guida dell'Italia in un momento di crisi e di ripensamento dei giochi o di lasciare ad altri la partita e di godersi gli ultimi cinquant'anni di vita al sole dei Caraibi, è partito per Antigua a completare la lussuosa villa dove potersi rifugiare in pace.
A noi cittadini dell'occidente ricco i rintocchi della campana a morte diffusi dalle analisi degli esperti hanno finora provocato soprattutto reazioni di difesa e di chiusura.
Anche se avvertiamo la nostra impotenza di fronte a terremoti globali come la crisi economica e quella dell'ambiente, prevale la prospettiva di tenersi più a lungo possibile il benessere raggiunto e di respingere anche con la forza ogni minaccia di cambiamento.
Le sinistre, più aperte alla riflessione, sono travolte da questo clima conservatore, che assume varie vesti nel mondo occidentale, e si veste di nero fascista in un'Italia che ha rifiutato sempre i conti con il suo passato e diffida di una democrazia gestita da corporazioni e mafie corrotte.
La scelta positiva di alcuni in favore della nonviolenza si è fermata alla enunciazione di principio e non ha promosso e organizzato la pratica della rivoluzione nonviolenta, che senza uccidere potrebbe cambiare radicalmente la vita della società e la percezione della realtà, sulle basi di quelle soluzioni ritenute necessarie dalla Spinelli e dai suoi esperti.
Le religioni, che potrebbero dare un notevole apporto alla comprensione dei problemi, oscillano tra le due scelte intraviste da Gramsci all'inizio del '900 e ricordate da Emma Fattorini nel suo intervento al convegno sul politico sardo tenutosi qualche tempo fa a Bari-Turi.
La prima scelta è quella di aprirsi alla società e aggiungere alle iniziative del mondo la ricchezza dei valori di amore, solidarietà, fraternità, comunione presenti nelle radici di tutte.
I cattolici ci hanno provato con don Milani e molti altri, con Giovanni XXIII e il suo Concilio, con i teologi della liberazione.
I protestanti con Martin Luther King, i diritti umani e la nonviolenza.
I musulmani con l'appoggio ai movimenti socialisti fioriti in molti dei paesi arabi.
Gli induisti con Gandhi e la nonviolenza.
La seconda scelta è l'arroccamento nelle posizioni particolari per difendere le istituzioni e i dogmi dalla necessità di confrontarsi con gli altri, di aprirsi, di unirsi per il bene di tutti.
La chiusura e il ritorno alla vicinanza con i potenti del mondo si sono manifestati nei cattolici con il pontificato del Papa tedesco, nei protestanti con l'ascesa dei gruppi conservatori delle chiese più diffuse, nei musulmani con l'avvento dei fondamentalisti e la guerra santa, negli induisti nel ritorno alla violenza e alla repressione verso gli altri culti.
Lo scontro fra le due posizioni continua e noi speriamo che l'apertura alla nonviolenza e alla pace faccia prevalere di nuovo la parte più sensibile alla necessaria costruzione, insieme a tutti, di una società aperta, giusta, amica dell'ambiente, pacifica e unita.

tratto dal blog http://cos.splinder.com/

COSA SONO I CENTRI DI ORIENTAMENTO SOCIALE: per saperne di più.

ASSOCIAZIONE NAZIONALE "AMICI DI ALDO CAPITINI"
via Ulisse Rocchi, 3 06121 Perugia presso la Libreria "L'Altra"
tel. 0755736104 telefax. 075887141
e mail: capitini@tiscalinet.it

per contatti
Per contatti:Lanfranco MencaroniVoc. Campone 6/A06050 Collevalenza PG
Telefono e fax: 075 887141Cellulare: 347 3181349Posta elettronica: l.mencaroni@libero.it

ai siti dedicati a Aldo Capitini, dedicheremo un prossimo numero di link et nunc

giovedì 3 gennaio 2008

iniziativa dei Giovani Musulmani d'Italia

Ricevo dall'amico Abdul Kabir Aliotta il seguente link che riporto volentieri.

Si tratta del link al video della Conferenza tenuta dal dottor Mohammed Baha' el-Din Ghrewati ad un Convegno organizzato dai Giovani Musulmani d'Italia:

http://video.google.it/videoplay?docid=-459410585622960019&hl=it

martedì 1 gennaio 2008

CONTRO LA VIOLENZA

ricevo e pubblico...

MANIFESTAZIONE NAZIONALE
CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE


Care amiche,
è necessario e urgente organizzare quanto prima una manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne.


La vita di molte ragazze e di molte donne continua a essere spezzata, le loro capacità intellettive e affettive brutalmente compromesse. Il femminicidio per ‘amore’ di padri, fidanzati o ex mariti è una vergogna senza fine che continua a passare come devianza di singoli. Il tema continua a essere trattato dai mezzi di informazione come cronaca pura, avallando la tesi che si tratti di qualcosa di ineluttabile, mentre stiamo assistendo impotenti ad un grave arretramento culturale, rafforzato da una mercificazione senza precedenti del corpo delle donne.

I numeri, lo sappiamo tutte, sono impressionanti:
- Oltre 14 milioni di donne italiane sono state oggetto di violenza fisica, sessuale e psicologica nella loro vita.
- La maggior parte di queste violenze arrivano dal partner (come il 69,7% degli stupri) o dall’ambito familiare
- Oltre il 94% non è mai stata denunciata. Solo nel 24,8% dei casi la violenza è stata ad opera di uno sconosciuto, mentre si abbassa l'età media delle vittime:
- Un milione e 400mila ha subito uno stupro prima dei 16 anni.
- Solo il 18,2% delle donne considera la violenza subita in famiglia un ‘reato’, mentre il 44% lo giudica semplicemente ‘qualcosa di sbagliato’ e ben il 36% solo ‘qualcosa che è accaduto’. (dati Istat)


La violenza sulle donne è accettata storicamente e socialmente. Viene inflitta senza differenza di età, colore della pelle o status ed è il peggiore crimine contro l’umanità. Quello di una parte contro l’altra. La politica e le istituzioni d’altro canto continuano a ignorare il tema pubblicamente.

Senza una battaglia culturale che sconfigga una volta per tutte patriarcato e maschilismo, non sarà possibile attivare un nuovo patto di convivenza tra uomini e donne che tanto gioverebbe alla parola civiltà.
Una grande manifestazione nazionale dove tutte le donne possano scendere di nuovo in piazza a fianco delle donne vittime di violenza e per i diritti delle donne, può e deve riportare il tema al centro del dibattito culturale e politico.
Ma è importante sapere quante siamo, perché per farci sentire dovremo essere in molte.
Vi preghiamo di sottoscrivere e di diffondere il più possibile questo appello inoltrando il link del sito ad amiche e associazioni.


Vi invitiamo a seguire gli aggiornamenti sul sito.

Un caro saluto a tutte

www.controviolenzadonne.org
info@controviolenzadonne.org