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martedì 30 novembre 2010

Dubbi sui miliardi per i caccia
bombardieri JSF35

Pacifisti, militari, governo e parlamento chiamati ad un serio confronto su una scelta militare che può essere strategica in diversi modi.
Carlo Cefaloni
Fonte: Città Nuova - 25 novembre 2010

Anche il governo statunitense tentenna davanti ai costi di un uno dei più grandi investimenti in armi che coinvolge direttamente il colosso Lockeed Martin, con sede in Bethesda, nel Maryland. Secondo fonti accreditate come il Blomberg Business Week, il programma, già ad aprile del 2010, prevedeva l’aumento di oltre 51 miliardi di dollari su un preventivo già lievitato di 328 miliardi approvato dal Congresso statunitense. Si tratta dell’acquisto di sofisticati caccia bombardieri Joint Strike Fighter 35 (JSF35) destinati anche a trasportare armi nucleari. Un prodotto che ha interessato tutti i governi italiani in carica dal 1994 in poi.
Come ha recentemente riconosciuto l’ex ministro della Difesa, Arturo Parisi, «in questo settore non si possono avere ambiguità, né sentimenti diversi quando si è all’opposizione e quando si è al governo. Le spese per i sistemi d’arma di cui parliamo sono state individuate nell’ambito di programmi decennali».   Parisi rivendica alla «scelta collegiale» del governo di centrosinistra di aver riportato «la spesa per la difesa da 17 a 21 miliardi, e a raddoppiare in due anni gli stessi programmi per investimenti».

A dire il vero, però, ci son sempre stati dei dubbi, anche nel mondo militare, sull’opportunità del programma Jsf35, come testimonia uno studio indipendente commissionato nel 2005 dal Centro militare di studi strategici (Cemiss) che dipende dallo stesso ministero della Difesa.
Ad ogni modo qualcosa è cambiato da quando il 7 febbraio 2007 il sottosegretario Lorenzo Forcieri ha sottoscritto a Washington il “memorandum” di adesione dell’Italia al programma di sviluppo dei nuovi aerei da combattimento. La crisi economica ha interessato tutti i governi che hanno deciso di fare dei tagli significativi anche alle spese militari. Alcuni Paesi (come Norvegia, Canada, Danimarca, Olanda e Gran Bretagna) hanno sospeso o ridotto la
partecipazione al progetto dei cacciabombardieri Joint Strike Fighter, mentre diversi esponenti del governo italiano hanno ribadito l’intenzione di concludere il contratto d'acquisto già previsto per ben 131 aeroplani da combattimento. Una spesa di 15 miliardi di euro. Secondo la pubblicistica del settore si tratterebbe di una grande opportunità per la capofila Finmeccanica, gruppo tecnologico d’eccellenza sotto controllo statale, che potrebbe generare un volume d’affari complessivo di oltre 20 miliardi di euro. In Italia si verrebbe, infatti, a stabilire il centro di assemblaggio e manutenzione del caccia bombardiere per tutta l’area europea, che ricomprende anche parte del Medio Oriente. Già 800 milioni di euro sono stati stanziati per un nuovo complesso industriale distribuito su 124 mila metri quadrati posizionati nell’aeroporto di Cameri, in provincia di Novara. Una localizzazione piemontese ma molto vicina a Milano e a quel gruppo di aziende che storicamente, soprattutto nel varesotto, hanno segnato la storia dell’industria militare italiana.

Mentre i primi comunicati nel 2006 parlavano di 10 mila nuovi posti di lavoro creati in tutta Italia, adesso i numeri sono molto più contenuti: 1816 addetti, secondo Il Sole 24 ore. Non si tratta tuttavia di nuove assunzioni ma di trasferimenti da aziende del Gruppo Finmeccanica che stanno adottando significative misure di riduzione del personale. Un dato che appare incomprensibile considerando l’aumento vertiginoso del fatturato e dei ricavi del gruppo italiano che, sin dal 2000, ha optato per il graduale aumento della produzione militare rispetto a quella civile.
Novara è anche la sede di una diocesi che ha sciolto ogni riserva e ha espresso un vivace e argomentato dissenso su queste scelte di politica industriale orientate verso la produzione di mezzi di distruzione. Argomenti che si accompagnano alle proteste sulla scelta di investire non su urgenti necessità, dalle scuole senza sicurezza ai dissesti idrogeologici, ma su sistemi d’arma dalla dubbia utilità, se non per le aziende interessate. Questioni che rimettono al centro l’interpretazione dell’articolo 11 della Costituzione e la definizione del nuovo modello di difesa a livello europeo, al centro del dibattito del vertice Nato di Lisbona.

La Rete italiana disarmo (Rid) ha proposto mercoledì scorso un confronto pubblico in Piazza Montecitorio, a Roma, tra parlamentari, governo e associazioni con il titolo «Cacciabombardiere F35: volano gli aerei o i costi?».
Gli interventi sono stati di Massimo Paolicelli (presidente dell’Associazione obiettori nonviolenti), di don Renato Sacco (Pax Christi), di Giulio Marcon (coordinatore di Sbilanciamoci!) e Francesco Vignarca (coordinatore della Rete italiana per il disarmo) a confronto con i parlamentari Umberto Veronesi e Savino Pezzotta (primi firmatari di una mozione contro l’acquisto dei caccia Jsf35), il generale Claudio De Bertolis (vicesegretario generale della difesa e degli armamenti) e il rappresentante del governo, il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto. I dati del confronto nelle interviste correlate.


Note:

lunedì 29 novembre 2010

In tutta Italia sta partendo una iniziativa eccezionale, un gigantesco flash mob:







TUTTI davanti alla televisione lunedì 29 novembre, a guardare l'ultima puntata di VIENI VIA CON ME.






E' una importante occasione per fare un piccolo gesto, che può diventare un grande segnale:






- per dire che questa Italia non è completamente assopita e indifferente al suo degrado e vuole dire basta


- per dimostrare alla Rai, con un picco di audience, che questi programmi vanno incentivati, che la cultura in tv è possibile e seguita


- perché Fazio e Saviano e gli altri autori e chi ha partecipato ci ha messo la faccia


- per dire a loro che il loro sforzo è condiviso e apprezzato


- per dire a chi spera che tutto torni nel silenzio che gli italiani vogliono continuare, anzi ricominciare, a prendersi cura del proprio paese


- per dire ai politici che gli italiani ne hanno abbastanza delle loro beghe di casta, che esigono un rinnovamento






Se saremo 15, 20 milioni davanti alla tv, avremo dato un grande segnale alla politica






E' un piccolo gesto, ma Fazio e Saviano se lo meritano. E se lo merita anche l'Italia che vuole fermare il degrado.






Se credi in questa iniziativa, diffondi questo messaggio a tutti i tuoi contatti.

domenica 28 novembre 2010





La Manomissione delle parole


Le parole servono a comunicare e raccontare storie. Ma anche a produrre trasformazioni e cambiare la realtà. Quando se ne fa un uso sciatto e inconsapevole o se ne manipolano deliberatamente i signifi cati, l’effetto è il logoramento e la perdita di senso. Se questo accade, è necessario sottoporre le parole a una manutenzione attenta, ripristinare la loro forza originaria, renderle di nuovo aderenti alle cose. In questo libro, atipico e sorprendente, Gianrico Carofi glio rifl ette sulle lingue del potere e della sopraffazione, e si dedica al recupero di cinque parole chiave del lessico civile: vergogna, giustizia, ribellione, bellezza, scelta, legate fra loro in un itinerario concettuale ricco di suggestioni. Il rigore dell’indagine – letteraria, politica ed etica – si combina con il gusto anarchico degli sconfi namenti e degli accostamenti inattesi: Aristotele e don Milani, Cicerone e Primo Levi, Dante e Bob Marley, fi no alle pagine esemplari della nostra Costituzione. Ne derivano una lettura emozionante, una prospettiva nuova per osservare il nostro mondo. Chiamare le cose con il loro nome è un gesto rivoluzionario, dichiarava Rosa Luxemburg ormai un secolo fa. Ripensare il linguaggio, oggi, significa immaginare una nuova forma di vita.




Chi è Gianrico Carofiglio
Gianrico Carofiglio (Bari 1961), magistrato e scrittore (parlamentare dal 2008), dopo numerose pubblicazioni giuridiche e di settore esordisce nel 2002 nella narrativa con Testimone inconsapevole, pubblicato da Sellerio. Il romanzo, che introduce il personaggio dell'avvocato Guido Guerrieri, incontra l'immediato favore dei lettori e dei critici ottenendo diversi riconoscimenti riservati alle opere prime, tra cui il Premio del Giovedì "Marisa Rusconi", il premio Rhegium Iulii, il premio Città di Cuneo e il Premio Città di Chiavari. Nel 2010 il libro raggiunge la cinquantatreesima edizione.
Sempre con protagonista Guerrieri, da Sellerio seguono nel 2003 Ad occhi chiusi, premio Lido di Camaiore, premio delle Biblioteche di Roma e "miglior noir internazionale dell'anno" 2007 in Germania secondo una giuria di librai e giornalisti, e nel 2006 Ragionevoli dubbi, premio Fregene e premio Viadana nel 2007, premio Tropea nel 2008.
Nel 2004 da Testimone inconsapevole e Ad occhi chiusi vengono tratti due film tv, prodotti da Palomar.
Nel 2004 Rizzoli pubblica il romanzo Il passato è una terra straniera, premio Bancarella 2005, da cui è tratto l'omonimo film prodotto da Fandango nel 2008.
Nel 2007 Carofiglio pubblica per Rizzoli con il fratello Francesco il graphic novel Cacciatori nelle tenebre, premio Martoglio. Nello stesso anno escono da Sellerio il saggio L'arte del dubbio e da Emons la versione in audiolibro di Testimone inconsapevole, con la voce dello stesso autore.
Nel 2008 gli viene conferito il Bremen Prize dalla radiotelevisione della città stato di Brema e il premio Grinzane Cavour Noir. Laterza pubblica Né qui né altrove, primo romanzo nella storia della casa editrice, in testa per mesi alle classifiche di vendita, ed Emons propone l'audiolibro di Ad occhi chiusi, sempre con la lettura dell'autore.
Nel 2009 Nottetempo pubblica il dialogo Il paradosso del poliziotto.
Nel gennaio 2010 torna l'avvocato Guido Guerrieri nel nuovo romanzo Le perfezioni provvisorie, l'editore è Sellerio. Il libro è per otto settimane al primo posto assoluto nelle classifiche di vendite, con dieci edizioni e una tiratura totale di 450.000 copie. A marzo, la lettura di Carofiglio nella versione audiolibro di Emons.
A maggio Rizzoli pubblica Non esiste saggezza, una raccolta di racconti con l'inedito "Il maestro di bastone", che arriva in pochi mesi a quindici edizioni, con una tiratura di oltre 220.000 copie. A ottobre, sempre per Rizzoli, esce La manomissione delle parole, una riflessione sul potere della lingua e sulle lingue del potere e della sopraffazione, attraverso l'analisi di cinque parole chiave del lessico civile: vergogna, giustizia, ribellione, bellezza, scelta.
I libri di Gianrico Carofiglio, che superano in Italia i tre milioni di copie vendute, sono tradotti in francese, spagnolo, inglese, tedesco, giapponese, greco, portoghese, turco, russo, polacco, olandese, brasiliano, catalano, rumeno, svedese, danese.


Gianrico Carofiglio (Bari 1961) ha esordito con il romanzo Testimone inconsapevole (2002), a cui sono seguiti Ad occhi chiusi (2003), Il passato è una terra straniera (2004) e Ragionevoli dubbi (2006). Nel 2007 pubblica il saggio L'arte del dubbio e, insieme al fratello Francesco, il graphic novel Cacciatori nelle tenebre. Il 2008 è l'anno di Né qui né altrove, mentre nel 2009 esce il dialogo Il paradosso del poliziotto. Nel 2010 pubblica il romanzo Le perfezioni provvisorie, la raccolta di racconti Non esiste saggezza (Rizzoli) e il saggio La manomissione delle parole (Rizzoli).
Nota mia:
confesso che di Carofiglio conoscevo, mea culpa, solo il nome. L’avevo visto qualche volta in televisione, ma nulla più. Poi, mia figlia per il mio compleanno mi ha regalato il volume di cui sopra. Ho solo un consiglio: leggetelo! Perché è bello, perché fa pensare, perché cita don Lorenzo Milani (e di questi tempi non è poco), perché vi fa sentire pirla che non vi siete (ci siamo) ribellati abbastanza a questo stato di cose, cretino, insulso e ingiusto.
Editore: Rizzoli (2010)

Collana: La Scala

Pagine: 180

Prezzo: 13,00 Euro



ISBN: 1704368





venerdì 26 novembre 2010

Lo so che ne ho già parlato di questo libro. Però chi mi legge sa che far un dispiacere alla lega è per me un vero piacere...ma c'è di più: questa volta il libro l'hanno recapitato a casa del senatur, il quale, sicuramente, lo leggerà alla trota la sera, prima che si addormenti...

COMUNICATO STAMPA

Politica, Lega Nord, "Inganno padano" recapitato a casa di Umberto Bossi

Palermo, 26 novembre 2010 - Gli scheletri nell’armadio del Carroccio bussano alla porta di Umberto Bossi. “Inganno padano. La vera storia della Lega nord”, il libro scritto dai giornalisti Fabio Bonasera e Davide Romano, è stato recapitato in questi giorni al domicilio privato del Senatùr. Pubblicato dalla casa editrice palermitana La Zisa, il documento, che si fregia della prefazione di Furio Colombo, svela diversi retroscena della politica leghista, per anni rimasti sotto silenzio.
Si tratta di un’inchiesta che costituisce un unicum nel panorama editoriale italiano, tracciando una sorta di cronologia dell’evoluzione della Lega, dagli albori ai nostri giorni, evidenziandone l’ambiguità dovuta alla sua perdurante veste di partito di lotta e di governo al contempo.
  In libreria: "Inganno Padano. La vera storia della Lega Nord" di Fabio Bonasera e Davide Romano, Prefazione di Furio Colombo, Edizioni La Zisa, pagg. 176, euro 14,90 (www.lazisa.it)
 Da oltre vent’anni la Lega Nord fa parte stabilmente del panorama politico italiano. Tutti ne conoscono i principali leader, i programmi, le parole d’ordine, la balzana simbologia. Sono pressoché ignoti, invece, taluni aspetti poco virtuosi che la pongono sullo stesso piano delle peggiori consorterie politiche della cosiddetta Prima Repubblica. Questo libro racconta alcuni retroscena volutamente sottaciuti attraverso le testimonianze di coloro che hanno creduto, all’inizio, alle idee moralizzatrici di Umberto Bossi, per staccarsene successivamente quando dalla propaganda si è passati alla gestione del potere. Diventano altresì chiare le ragioni di fondo che stanno alla base del patto d’acciaio che unisce la Lega al partito-azienda di Silvio Berlusconi.


  Fabio Bonasera (Messina, 1971), giornalista professionista. Gli esordi professionali nella sua città natale, al Corriere del Mezzogiorno, dopo qualche breve esperienza in alcuni periodici locali. Successivamente, il trasferimento in Veneto, al Corriere di Rovigo, prima di approdare alla corte de Il Gazzettino, dove rimane per diverso tempo, occupandosi prevalentemente di cronaca bianca e politica. Attualmente, è direttore responsabile del mensile di Patti (Me) In Cammino.

Davide Romano (Palermo, 1971), giornalista pubblicista. Ha lavorato per molti anni nell’ambito della comunicazione politica. Ha scritto e scrive per numerose testate ed è stato anche fondatore e direttore responsabile del bimestrale di economia, politica e cultura Nuovo Mezzogiorno e del mensile della Funzione Pubblica Cgil Sicilia Forum 98. Ha pubblicato, tra l’altro: Nella città opulenta. Microstorie di vita quotidiana (2003, 2004), Piccola guida ai monasteri e ai conventi di Sicilia (2005), Il santo mendicante. Vita di Giuseppe Benedetto Labre (2005), Dicono di noi. Il Belpaese nella stampa estera (2005); La pagliuzza e la trave. Indagine sul cattolicesimo contemporaneo (2007). Ha curato il saggio inedito del dirigente comunista Girolamo Li Causi, Terra di frontiera. Una stagione politica in Sicilia 1944-60 (2009).

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giovedì 25 novembre 2010

Rete disarmo-Tavola della pace:
presidio al Senato e appello per salvare la 185
Davanti al Senato presidio dei presidenti e referenti delle due organizzazioni contro la Delega al Governo per il cambio della Legge sull’export militare
Fonte: Rete Italiana per il Disarmo - 23 novembre 2010
E' tempo di mobilitarsi. Soprattutto a fronte di un governo che, con una manovra di sottobanco, intende riformare la legge 185/1990 che da vent’anni regola l’esportazione di armamenti italiani. Dopo aver approvato un disegno di legge col quale chiede la delega al parlamento per riscrivere la normativa, il governo Berlusconi l'ha anche inserito all'interno della "Comunitaria 2010" sulla quale solitamente chiede la fiducia. Rete Disarmo e Tavola della Pace terranno oggi un presidio davanti al Senato e hanno lanciato un appello a governo e parlamento per chiedere di rinunciare alla legge delega e lo stralcio della norma.

La legge 185 del 1990, ottenuta grazie ad una vasta mobilitazione della società civile per mettere sotto controllo l'export italiano di armi, sta per essere smantellata dal Governo che pretende una delega di modifica dal Parlamento.
In questi giorni il Senato e poi la Camera dei Deputati saranno chiamati a votare una legge che consegnerà al Governo la possibilità di rilanciare la vendita di armi italiane nel mondo: per “snellire le procedure” si riducono fortemente anche i limiti e i controlli sulle esportazioni di armamenti. Per ottenere questa delega il Governo ha nascosto il disegno di legge dentro un’altra legge (la cosiddetta “Comunitaria 2010” di ratifica di disposizioni europee, sulla quale sembra intenzionato a porsi potrebbe anche porre il voto di fiducia).

Bisogna mobilitarsi quanto prima, per questo chiediamo a ciascuno di sottoscrivere il seguente appello ed inviarlo ai Senatori e Deputati della propria regione.

“Onorevole Senatore, onorevole Deputato

sono venuto a conoscenza che nei prossimi giorni Lei dovrà votare la Legge Comunitaria 2010, al cui interno è stato inserito un dispositivo che delega il Governo a modificare la legge 185/90 sul commercio di armamenti.

In questo modo il Governo potrà intervenire su una materia estremamente  delicata senza alcun confronto democratico riducendo i controlli e la trasparenza sull’esportazione di armi italiane nel mondo.

Per questo, Le chiedo di ascoltare l’appello promosso dalla Rete Italiana per il Disarmo e dalla Tavola della Pace e votare per lo stralcio di tale emendamento e per il non utilizzo dello strumento di legge delega per la modifica della normativa sull’export di armi”

“In tempi di insicurezza internazionale e di forte instabilità in molte nazioni del mondo le esportazioni di armamenti devono essere sottoposte a controlli ancor più efficaci e trasparenti: chiediamo al parlamento italiano di non permettere al governo di riformare una legge rigorosa come la 185 del 1990 per mezzo di una legge delega per di più inserita di soppiatto nella legge Comunitaria 2010” - affermano Francesco Vignarca (coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo) e Flavio Lotti (coordinatore nazionale della Tavola della Pace). “Non vi è alcuna pregiudiziale di principio da parte nostra – sottolineano i due coordinatori – a rivedere la normativa attuale: ma questa attività è una prerogativa del parlamento non del governo e la società civile non può essere messa ai margini per compiacere alle sole richieste dell’industria militare”.
I due rappresentanti delle principali organizzazioni della società civile italiana impegnate sui temi della pace e del disarmo, denunciano lo strumento scelto dal governo (la legge delega presentata al Senato il 25 ottobre scorso con l'Atto Senato n. 2404) ) e soprattutto l’inserimento del provvedimento in un emendamento alla Legge Comunitaria 2010. “I due provvedimenti – spiega Vignarca – intendono rispondere ad una decisione dell’esecutivo, annunciata nel Consiglio dei Ministri del 17 settembre scorso, per recepire nella nostra legislazione una direttiva europea (la Direttiva 2009/43/CE) intesa a semplificare le modalità e le condizioni dei trasferimenti all’interno dell’Unione europea dei prodotti per la difesa. La riforma proposta dal governo, invece, va ben al di là delle esigenze della direttiva europea tanto che la legge delega prevede un’ampia riorganizzazione delle strutture deputate al rilascio di tutte le autorizzazioni all’esportazione e sui controlli attraverso la creazione di un nuovo sportello unico”.
Voler riformare questa materia, che riguarda direttamente la politica estera del nostro paese, attraverso una legge delega per di più inserita nella Legge Comunitaria è l’ennesimo sfregio di questo Governo al ruolo Parlamento.
In considerazione della delicatezza della materia – sottolinea Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace – che riguarda direttamente la politica estera e di difesa italiana, e della forte sensibilità della società civile su questi argomenti, riteniamo che lo strumento della “legge delega” sia il meno adeguato per affrontare – come si intende fare – un “riordino della normativa” a fronte di uno scenario internazionale, sociale e industriale ampiamente mutato rispetto agli anni Ottanta. Non vi è, infatti, da parte delle associazioni della società civile che rappresentiamo alcuna pregiudiziale sulla necessità di una revisione della normativa anche alla luce delle recenti direttive europee: ciò che chiediamo è che questo processo sia condotto nei tempi previsti per il recepimento delle direttive comunitarie attraverso il necessario lavoro parlamentare ed il dialogo con le associazioni della società civile e soprattutto mantenendo i necessari controlli e fornendo – come attualmente avviene – un’adeguata e trasparente documentazione pubblica in materia anche sulle attività bancarie che vanno autorizzate e monitorate con attenzione”.
La Rete italiana per il disarmo e Tavola della pace nei giorni scorsi hanno inviato una lettera a tutti i parlamentari di Camera e Senato per chiedere di non votare a favore della delega al Governo e di adoperarsi invece per presentare al più presto un Disegno di legge di iniziativa parlamentare per un’adeguata riforma della materia, aprendo un confronto con le associazioni della società civile attente ai temi del controllo del commercio degli armamenti.
Ma è urgente che si mobilitino con forza tutte le associazioni della società civile impegnate nei settori della promozione della pace, del disarmo, della tutela dei diritti umani, nella cooperazione internazionale e nel volontariato per fare in modo che una legge additata come esempio a livello internazionale non venga stravolta da un Governo che giorno dopo giorno mostra segni di asfissia e di autoreferenzialità quando non risponde a logiche di tipo lobbistico lontane da un'autentica rappresentanza delle necessità e delle istanze della popolazione.


Vedi anche
Carlo Tombola
ControllArmi
Martedì 23 davanti al Senato presidio dei presidenti e referenti delle due organizzazioni contro la Delega al Governo per il cambio della Legge sull’export militare
ControllArmi
Il business è in crescita: nel 2009 più 60% di autorizzazioni alla vendita. Rete per il disarmo e Tavola per la Pace pronte a protestare contro il provvedimento
Carlo Brambilla


http://www.disarmo.org/

Il Giardino dei Pensieri - Studi di Storia della Filosofia
Aprile 2000
Erika Panaccione
Introduzione allo studio di Michel Foucault
Indice guidato
Prima sintesi: Foucault 1954-1961  
Lungo i sentieri del sogno e della follia: un cammino che incontra e supera la fenomenologia

In questa sintesi si analizzano i primissimi lavori di Foucault, addirittura precedenti la Storia dalla follia, risalenti agli anni 1954-1961 circa. Particolare attenzione viene data alle influenze filosofiche e culturali che a quel tempo hanno condizionato maggiormente Foucault: la fenomenologia, soprattutto quella di Merleau-Ponty, la psicologia e la psicanalisi esistenziali, sviluppate, tra gli altri, da Binswanger, fino all’incontro, non ancora pienamente maturo a quest’epoca, con l’epistemologia di Canguilhem. I temi conduttori sono il soggetto, letto in una chiave esistenzialista, la malattia psicologica, una prima critica al razionalismo.
1. Il sogno e l’esistenza
Viene sviluppata l’analisi del sogno come dimensione a-logica dell’esistenza umana e, proprio per questo, privilegiata, in grado perciò di rivelare quei contenuti simbolici ed esistenziali più importanti per la comprensione da parte dell’uomo della propria natura più autentica. Notiamo qui una prima lettura critica della psicanalisi freudiana.

2. La malattia mentale
L’analisi qui si sposta sul tema della malattia mentale, vista non tanto come devianza patologica, ma piuttosto come una particolare modalità di esistenza, carica comunque di potenzialità, di originalità e creatività. Si tratta di un approccio ancora una volta esistenzialistico alla malattia, in polemica con il tradizionale approccio scientifico-medico.

3. La lezione di Canguilhem
Vengono messi in evidenza alcuni degli strumenti di analisi che Foucault ha elaborato a partire dall’epistemologia ‘storica’ di Canguilhem, in particolare relativi ai concetti correlati di ‘normale’ e di ‘patologico’, in seno al pensiero scientifico.

4. La folliaViene brevemente presa in considerazione una delle opere più note di Foucault, Storia della follia, e si cerca di tracciare le coordinate teoriche che la caratterizzano, in quanto opera di passaggio, rispetto ai lavori precedenti e a quelli immediatamente successivi.

Seconda sintesi: Foucault 1961-1968Lo sguardo che scruta oltre l'immediatamente visibile. Il corpo nella storia della medicina
Questa seconda sintesi prende in considerazione le opere foucaultiane degli anni Sessanta, in cui l’influenza dello strutturalismo gioca un ruolo piuttosto rilevante, senza però mai diventare adesione totale. L’attenzione è stata concentrata sull’analisi del percorso che la medicina ha seguito nel processo di conoscenza del corpo umano, della malattia, della salute e della morte; sul concetto di episteme delle varie epoche storiche.
1. Saperi e discorsi
Viene trattata l’analisi dei saperi e dei discorsi che, nella prospettiva foucaultiana, hanno la caratteristica di modificare e addirittura creare gli ‘oggetti’ che studiano, sprofondati come sono, al pari delle altre pratiche umane, nelle coordinate concettuali di una determinata epoca storica.

2. Dal segno alla funzione
Il percorso di analisi foucaultiano parte dal periodo compreso tra ‘600 e ‘700 circa e analizza l’episteme che organizza l’intera struttura conoscitiva di questa epoca.

3. Dalla funzione al tessuto
L'’epoca successiva è quella che prosegue fino all’Ottocento e fa riferimento alla nascita dell’anatomia patologica e alle forme e ai significati che il corpo assume in questa prospettiva.

4. L’Uomo, una creazione recente
Un accenno al concetto di Uomo e Umanesimo, ne Le parole e le cose.


Terza sintesi: Foucault 1969-1979
Il potere: il corpo immerso nella disciplina

In questa siontesi viene ripercorso il cammino di Foucault dalla fine degli anni Sessanta e la fine dei Settanta, quello al cui centro sta la complessa riflessione sul potere - e di qui sulla costituzione del soggetto moderno e della corporeità: come il meccanismo delle relazioni di potere forma e utilizza il corpo; come il soggetto viene continuamente attraversato e costruito dalla rete del potere.
1. Nietzsche e la genealogia
Si tratta di un paragrafo introduttivo che mette in luce l’importante influenza esercitata su Foucault dalla lettura di Nietzsche, in particolare per quanto riguarda la concezione della genealogia come fondamentale strumento metodologico, del corpo, del soggetto.

2. La disciplina della punizione
Dal supplizio alla prigione: la riflessione di Foucault sulle ‘istituzioni totali’ ha qui inizio con la genealogia dell’istituzione punitiva, il cui modello disciplinare si riproduce nelle altre principali istituzioni quali l’esercito, la scuola, l’ospedale, la fabbrica.

3. Il sapere e la norma
Lo stretto rapporto che lega il sapere - la conoscenza - e il potere è uno dei punti caldi in cui si incentra la riflessione di Foucault. Viene qui ripreso ancora una volta Canguilhem, relativamente a quel dualismo tra normale e a-normale che regola le pratiche e i sistemi di pensiero delle società occidentali.

4. Devianza e resistenza
Il concetto di ‘resistenza’ - resistenza all’ordine che il potere costituisce - si pone come principale correlato del potere, correlato ad esso opposto ma allo stesso tempo paradossalmente complementare.

5. Sesso e sessualità
La sessualità viene rappresentata non come elemento naturale del patrimonio esistenziale dell’essere umano, ma come dispositivo storico delle società disciplinari, in aperta polemica con le correnti psicanalitiche di stampo marxista (Reich, Lacan, ecc).


Quarta sintesi: Foucault 1980-1984
La "svolta filosofica" dell'ultimo periodo: la scoperta dell’ethos

L’ultima sintesi si propone di interpretare la fase finale del percorso foucaultiano - improvvisamente interrotto dalla morte - come una fondamentale svolta filosofica, contrariamente alle più frequenti interpretazioni della critica, che leggono questa fase in chiave sostanzialmente continuista. Foucault scopre qui una dimensione etica che non troviamo mai nei suoi precedenti lavori; inoltre vi è una reinterpretazione del soggetto, non più soltanto sottomesso e plasmato dal potere, ma attivamente consapevole e capace di auto-costruirsi. Vengono utilizzate, per questa parte, non tanto le opere sistematiche, quanto piuttosto un buon numero di interviste e conferenze risalenti a quegli stessi anni.
1. La genealogia del soggetto morale
Il soggetto rimane anche in questa fase un qualcosa che si costruisce e non un substrato naturale impostato una volta per tutte; tuttavia esso assume ora caratteristiche positive: la capacità di autocostruirsi attraverso un complesso lavoro di perfezionamento di stessi, una paidéia fisica e spirituale, inaugurata da Socrate e chiamata cura di sé.

2. Sulla "morte dell’uomo"
Ancora richiamandosi a Nietzsche, Foucault ipotizza la fine di quelle forme di soggettività - sottoposte all’incessante opera del potere - che hanno caratterizzato la nostra epoca a partire dal ‘700. E’ ora - dice Foucault - di esplorate nuove forme di soggettività. Emerge una prospettiva di libertà e di creatività del tutto nuova.

3. La filosofia e l’Aufklärung
Foucault, in questi anni, rilegge Kant e l’Illuminismo secondo una nuova ottica, che inaugura la direzione e il compito che la filosofia riveste nell’epoca contemporanea: è la riflessione critica su se stessi e sul proprio presente storico.



Tratto da http://www.ilgiardinodeipensieri.eu/storiafil/erika-0.html, sito a cui rimando per la ricca bibliografia

mercoledì 24 novembre 2010

MARONI LEGGA QUESTO ELENCO,

SE NE HA IL CORAGGIO !

Maroni legga, davanti a dieci milioni di telespettatori, questo elenco di insulti di vario tipo dei leghisti nei confronti del genere umano, se ne ha il coraggio. Ecco L'elenco:


Gli immigrati bisognerebbe vestirli da leprotti per fare pim pim pim col fucile. (Giancarlo Gentilini, vice sindaco di Treviso)


Meglio noi del centrodestra che andiamo con le donne, che quelli del centrosinistra che vanno con i culattoni. (Umberto Bossi, ministro delle Riforme per il Federalismo)


Quegli islamici di merda e le loro palandrane del cazzo! Li prenderemo per le barbe e li rispediremo a casa a calci nel culo! (Mario Borghezio, europarlamentare)


Agli immigrati bisognerebbe prendere le impronte dei piedi per risalire ai tracciati particolari delle tribù. (Erminio Boso, europarlamentare)


La civiltà gay ha trasformato la Padania in un ricettacolo di culattoni. (Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione Normativa)


Gli omosessuali devono smetterla di vedere discriminazioni dappertutto. Dicano quello che vogliono, la loro non è una condizione di normalità. (Flavio Tosi, sindaco di Verona)


Nella vita penso si debba provare tutto tranne due cose: i culattoni e la droga. (Renzo Bossi, consigliere regionale della Lombardia)


Gli omosessuali? La tolleranza ci può anche essere ma se vengono messi dove sono sempre stati… anche nelle foibe. (Giancarlo Valmori, assessore all’ambiente di Albizzate)


A Gorgo hanno violentato una donna con uno scalpello davanti e didietro. E io dico a Pecoraro Scanio che voglio che succeda la stessa cosa a sua sorella e a sua madre. (Giancarlo Gentilini, vice sindaco di Treviso)


Carrozze metro solo per milanesi. (Matteo Salvini, eurodeputato)


Sono stato, sono e rimarrò un razzista secondo le ultime direttive UE poichè credo, e aspetto smentita da quei pochi che mi leggono, che certe notizie riportate solo da Il Giornale definiscano chiaramente che tra razza e razza c’è e ci deve essere differenza. (Giacomo Rolletti, assessore all’ambiente di Varazze)


Gli sciacalli vanno fucilati. Bisogna dare alle forze dell’ordine l’autorità di provvedere all’esecuzione sul posto. Ci vuole la legge marziale. (Leonardo Muraro, presidente della provincia di Treviso)


Darò immediatamente disposizioni alla mia comandante affinché faccia pulizia etnica dei culattoni. (Giancarlo Gentilini, vice sindaco di Treviso)


I disabili nella scuola? Ritardano lo svolgimento dei programmi scolastici, più utile metterli su percorsi differenziati. (Pietro Fontanini, presidente della provincia di Udine)


Siamo in un Paese libero, o no? E poi la cosa che mi fece più arrabbiare non furono le botte, ma gli insulti. Ebreo. A me. Capito? (Mario Borghezio, eurodeputato)


E’ un reato offrire anche solo un the caldo ad un immigrato clandestino. (Luca Zaia, presidente della regione Veneto)


Viva la famiglia e abbasso i culattoni! (Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione Normativa)


Rispediamo gli immigrati a casa in vagoni piombati. (Giancarlo Gentilini, vice sindaco di Treviso)


Finché ci saremo noi, i musulmani non potranno pregare in comunità. (Marco Colombo, sindaco di Sesto Calende)


Vergognati, extracomunitario! (Loris Marini, vicepresidente della sesta circoscrizione di Verona)


Se ancora non si è capito essere culattoni è un peccato capitale. (Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione Normativa)


Parcheggi gratis per le famiglie, esclusi stranieri e coppie di fatto. (Roberto Anelli, sindaco di Alzano)


Voglio la rivoluzione contro i campi dei nomadi e degli zingari: io ne ho distrutti due a Treviso. (Giancarlo Gentilini, vice sindaco di Treviso)


E’ proprio per questo che invito ad assumere trevigiani: i meridionali vengono qua come sanguisughe. (Leonardo Muraro, presidente della provincia di Treviso)


Se non ci sarà il federalismo, ci potrà essere la secessione. (Roberto Castelli, vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti)


Noi ci lasciamo togliere i canti natalizi da una banda di cornuti islamici di merda. (Mario Borghezio, eurodeputato)


Le nozze miste, in linea di massima, durano poco e producono più danni che fortune. (Marco Rondini, deputato)


L’immigrato non è mio fratello, ha un colore della pelle diverso. Cosa facciamo degli immigrati che sono rimasti in strada dopo gli sgomberi? Purtroppo il forno crematorio di Santa Bona non è ancora pronto. (Piergiorgio Stiffoni, senatore)


Siamo stanchi di sentire in tv parlare in napoletano e romano. (Luca Zaia, presidente della regione Veneto)


Se dovessimo celebrare in Friuli Venezia Giulia i 150 anni dovremmo issare sul pennone la bandiera austro-ungarica. (Edouard Ballaman, presidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia)


Fermiamo per un anno le vendite di case e di attività commerciali a tutti gli extracomunitari. (Matteo Salvini, eurodeputato)


E’ inammissibile che anche in alcune zone di Milano ci siano veri e propri assembramenti di cittadini stranieri che sostano nei giardini pubblici. (Davide Boni, capodelegazione nella giunta regionale della Lombardia)


I gommoni degli immigrati devono essere affondati a colpi di bazooka. (Giancarlo Gentilini, vice sindaco di Treviso)


DOBBIAMO FARE IL MODO CHE QUESTO ELENCO VENGA LETTO NELLA PROSSIMA PUNTATA DI "VIENI VIA CON ME", IO HO GIA' INVIATO UNA MAIL AI REDATTORI DELLA TRASMISSIONE, FATELO ANCHE VOI. ECCO IL LINK PER MANDARE LA MAIL ALLEGANDO L'ELENCO:


http://www.vieniviaconme.rai.it/dl/portali/site/articolo/ContentItem-726c63a2-596e-44f9-8cda-bf32d03bd0bc.html



da una mail di Giovanni Falcetta

martedì 23 novembre 2010

Cari/e amici e amiche,


Come DisarmiAmoLaPace di Varese vi chiediamo di unirvi a noi nel lanciare un "mail-bombing" sui parlamentari per dire No ai 131 cacciabombardieri d'attacco (anche con capacità nucleare) F35 che il Governo vuole acquistare.


Il loro costo è esorbitante (oltre 15 miliardi di euro) e rappresenta risorse che saranno distratte da altri settori davvero più utili e da impegni verso soggetti che sono nel bisogno, in questa situazione di grave crisi economica.



Il link da utilizzare è questo:  http://www.peacelink.it/nosoldiaF35    

Esso serve per far pervenire ai parlamentari, in automatico, una mail che chiede di non votare per il finanziamento all'F35.



Per farlo è sufficiente accedere al sito e cliccare su adesioni di singoli o di associazioni e riempire il modulo proposto e confermare per l'invio della mail.

Vi chiediamo, inoltre, di girare l'invito anche a persone o associazioni, gruppi che conoscete.


Grazie


Elio Pagani


per DisarmiAmoLaPace di Varese

E' USCITO IL NUMERO ZERO DI CUORE E CRITICA

Riporto di seguito l'editoriale di Ugo Tombesi, apparso
sul numero 0 della nuova rivista savonese Cuore e critica

CUORE E CRITICA


N° zero



Rivista di studi e discussioni di vario argomento


pubblicata da alcuni scrittori eccentrici e solitari




Quattro amici al bar














Fool! Tris di poltrone (Presidenza Carisa, Direzione Unione Industriali, Presidenza Camera di Commercio) e coppia di progetti (Centrale Tirreno Power e Piattaforma Maerks). E con l'accordo ossequioso delle parti sociali, Bellezza.!


A Savona e provincia, non da oggi, si gioca a poker con le cariche prestigiose (tanto lui ha detto a chi timidamente obiettava che forse erano troppe, che sempre di economia si tratta) si profitta dell'assuefazione dei cittadini (mitridizzazione) che il signor B ha, con profitto, sperimentato in sedici anni su tutti gli italianuzzi.


Se poi il livello di indignazione si mantiene alto ed è sul punto di aggregare gli indignati (agli inquieti c'è già chi ci pensa) ecco che quattro o poco meno persone rispolverano sfacciatamente l'ottocentesca testata di Cuore e Critica, fondata a Savona dal repubblicano Arcangelo Ghisleri (destinata a diventare la Critica Sociale del socialista Filippo Turati) con il medesimo entusiasmo, e soprattutto senza soldi, per cercare di diventare, fra i tanti, strumento, perchè no, di passione politica e di impegno. C'è chi lo dovrebbe fare per statuto o per obbligo istituzionale, ma troppo spesso alla marxiana coscienza di classe è subentrata la coscienza del posto (Pearlman sociologia americana).


Forse è un atto immodesto, forse abbiamo bisogno di qualche numero,meno unico di questo, per passare dalla protesta alla proposta (come oggi si dice anche a sinistra) per dire cosa concretamente fare con le energie alternative e rinnovabili, senza più subire il ricatto del carbone o riflettere se sia ragionevole edificare una piattaforma grande come 16 campi di calcio davanti a Vado Ligure. Forse è ora di domandarci se il carbone (qualcuno ha proposto di bruciare nella centrale vadese la spazzatura o giù di lì[sic] ) è una soluzione ancora accettabile per la Provincia di Savona, visto che anche il suo Presidente Vaccarezza è d'accordo e poi Loano è sufficientemente distante da Vado Ligure.


Serve dunque un po' si cuore (parlo dall'alto dei miei tre by pass) e soprattutto il risveglio della capacità critica, naturalmente costruttiva. Basterebbe , per un attimo, anche a Savona, fare come fanno (udite udite), le Fondazioni bancarie lombarde quando investono quattrini nell' edilizia popolare, che non ha istituzionalmente più soldi. Basterebbe, come già fanno sensibili e illuminate minoranze, indignarsi per la colata di cemento e a ricordarcelo sono Preve e Sansa nel loro volume. Basterebbe non essere grandi architetti barcellonesi per dire, con un po' di buonsenso e di modestia, che esteticamente il padiglione Noceti del Santuario è più bello del Crescent.


E infine anche per non trovare in cartellone al Teatro Chiabrera il Don Pasquale per altri anni.


Prosit!






ugo tombesi e-mail: tombesi@libero.it 


(Da: Cuore e Critica, numero zero)

lunedì 22 novembre 2010






Il migrante dell’anima.



Ovunque e in nessun luogo

 di  Laura Tussi

L’avventura del conoscere è implicita nella concezione nomade, errante e migrante dell’esistenza, nel viaggio senza fine e senza meta dell’essere, dove assume importanza il soggetto e non il suo possesso.
Il sé e l’altro, nell’aprirsi alla diversità e alla dialogicità del confronto tra realtà identitarie, aboliscono il superfluo dettato dall’avere, a discapito dell’essere e ingenerano volontà di comprensione e solidarietà, dove il diverso è inteso come antistante e compensatore, nell’interazione dialogica. Il nomade irrequieto che peregrina in ciascuno di noi è fonte di disagio emotivo, di travaglio interiore e ci espone inermi agli altri che temiamo opposti e contrari.

Il pellegrino dell’anima è un inesausto conoscitore dei nostri disagi esistenziali e stanziali, delle emotività implicite, delle reazioni alla monotonia del quotidiano dove l’essere spazia alla ricerca di soggetti pensanti, aperti all’alterità e proiettati a esportare la propria interiorità in molteplici ibridazioni e commistioni relazionali nella pluriappartenenza emotiva al mondo circostante, tra le cesure e le discontinuità dell’esistenza.

Così il migrante della nostra anima si apre al pensiero, alla curiosità del sapere, alla volontà di conoscere, nel viaggio itinerante di incontri, dialoghi, rapporti, progetti da ripartecipare nei contesti comunitari, negli ambiti di impegno e di partecipazione attiva e militante, nella promozione di una cultura che alimenti la pace e apra ai diritti di libertà, uguaglianza ed equità sociale.

Il nomade irrequieto conosce, comprende e pensa nel suo viaggio itinerante, attraverso i luoghi del mondo e gli anfratti inesplorati del proprio sé, in inconsce sfaccettature emotive di intimistiche evasioni che lo proiettano in altrove distanti, remoti, dove i luoghi lontani si avvicinano con il pensiero dell’esperienza e si rendono prossimi nell’anelito al dialogo e al confronto con il volto dell’altro. L’erranza itinerante dei nostri pensieri traspira in molteplici alchimie ed intime sonorità e amenità emotive, dove l’altro si rifugia nel conforto di un approdo, di un riferimento, per affrontare il disagio della civiltà, nella diversità e nelle difficoltà del quotidiano intrise di scontri, disaccordi, negatività. Il rifugio nell’altro, per superare il sentimento di estraneità che ci preclude tra simili, come appartenenti ad una realtà umana comune, è l’atto che riconosce la propria somiglianza con gli altri, nel rispetto delle differenze che rivendicano ragioni, diritti e aspirano alla pace planetaria.

L’erranza del soggetto è un pensiero di pace che travalica i limiti, i confini, le frontiere, in un sentire umanitario che coinvolge le differenze, le prerogative, i caratteri di ciascuno, dove la certezza e il presupposto dogmatico vengono smussati dal confronto dialogico, in un’ottica orientata ad una cultura e ad un’esperienza del conoscere, volta al bene comune e alla realizzazione piena di un’umanità orientata alla pace, oltre le intolleranze e le discriminazioni, dove tutti riconoscano il nomade e migrante che è in ciascuno di noi, in ogni dimensione spaziale e temporale. L’errante dell’umanità accomuna le latitudini del pianeta e le dimensioni del tempo, perché anche i nostri padri erano migranti, così come nell’attualità anche noi diventiamo nomadi del nostro essere, dell’esistere che accomuna tutti come fratelli e sorelle, donne e uomini, artefici di progetti comuni di pace, giustizia, libertà e solidarietà, oltre il primato dell’individualismo e dell’economico, del prosaico e dell’effimero, senza l’intolleranza e l’aggressività che il sistema sociale attuale impone con il consumismo e il capitalismo portati all’eccesso.

Un destino comune di pace oltre le restrizioni imposte dai nazionalismi, dagli sciovinismi, dai settarismi, oltre le guerre e conflitti per un futuro aperto all’accoglienza del più debole, dell’emarginato, dell’ultimo.

Il pensiero errante riflette il bisogno del diseredato, la necessità di colui che chiede senza ricevere e che mendica comprensione, accettazione e accoglienza, perché ognuno di noi vive nell’altro e nell’altrove. La diatriba tra il sé e il confine dell’altro si apre alla riflessione dell’ignoto in percorsi itineranti del sentire comune, proiettato verso un futuro di pace e accoglienza, in percorsi aperti al sapere della storia e delle memorie individuali, collettive e condivise, dove il ricordo del tempo funge da monito per il presente, nella costante interazione dialettica tra passato e futuro, per non dimenticare gli errori della storia, nell’impegno verso la realizzazione di una società che abbia come valore fondante la pace, nell’uguaglianza dei diritti sociali e civili e nella differenza propria di tutti e di ciascuno, da tutelare come prerogativa identitaria comune.
da http://www.educationduepuntozero.it/community/migrante-dell-anima-ovunque-nessun-luogo-3079565096.shtml
Ricevo e pubblico quest'articolo sulla scuola dall'amico Arturo Ghinelli, che ringrazio


UN’ALTRA SCUOLA E’ POSSIBILE?

Sembrerebbe proprio di no. Numerosi e accaniti tentativi di riformare la scuola degli ultimi decenni hanno dimostrato che non è possibile un’altra scuola. Perché?
Bisognerebbe essere in grado di spiegare per bene le cause di questa impotenza per provare almeno a superarla. Ma non ci sono esperti in grado di evidenziare le ragioni di questo fenomeno. I politici hanno già dato e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma loro dovrebbero venire dopo, al momento di indicare proposte per possibili soluzioni o vie d’uscita. Prima dovrebbero esserci i pedagogisti,toccherebbe a loro aiutarci a capire il senso della situazione e le sue cause ,ma in giro di pedagogisti non se ne vedono. Gli ultimi che hanno detto qualcosa di sensato e di nuovo lo hanno fatto alla fine degli anni ’60 (Lettera a una professoressa è del 1967, La ricerca come antipedagogia del ‘69)e agli inizi degli anni ‘70(Il paese sbagliato è del 1970, La scuola fuori del 1973)e poi è il deserto che vive. Anche la sociologia, dopo” Le vestali della classe media” e la bellissima raccolta di saggi “Scuola, potere e ideologia” curata da Barbagli o “La macchina del vuoto” (’74), non si è più tanto occupata di scuola. Eccezion fatta per la seconda indagine IARD (2000) che fece scalpore perché gli insegnanti intervistati, pur lamentandosi del loro lavoro, dichiaravano che sarebbero stati pronti a ricominciare, e per “Colletto bianco, grembiule nero”(’94) di Marcello Dei sugli insegnanti elementari italiani tra l’inizio del secolo e il secondo dopoguerra, eccellente indagine socio-storica che invece è stata lasciata cadere nel silenzio, perché delle maestre si sapeva già tutto.
Eppure lo spessore delle parole di quei pedagogisti e il senso delle analisi di quei sociologi hanno prodotto forse l’unica vera riforma della scuola italiana e i loro effetti si sono fatti sentire molto a lungo in modo molto positivo. Io sono convinto che dentro la scuola le cose migliori le abbiamo fatte quando abbiamo preso sul serio le dichiarazioni degli studiosi e ci siamo creati uno spazio di vero insegnamento come se la nostra scuola fosse davvero quello che aveva dichiarato di essere:la scuola della Costituzione che aveva l’obiettivo di far avere il successo formativo a tutti,garantendo anche la piena soddisfazione di noi professionisti perché ,alla fine,i risultati arrivano. L’unica certezza è sempre stato l’ottimismo pedagogico:fare questo mestiere vuol dire credere che gli uomini sono educabili,che anche i piccoli progressi quotidiani alla fine si sommano e il nostro intervento risulta efficace,che la volontà degli uomini non è mai separata dall’intelligenza.
Troppo tempo è passato, i sogni pedagogici sono come un vecchio film neorealista in bianco e nero e le analisi sociologiche descrivono un paese che non c’è più e soprattutto una scuola e degli insegnanti che non ci sono più. Che fare?
Resistere e opporsi agli attacchi alla scuola pubblica,andare in contro tendenza e sperimentare degli spazi autonomi di insegnamento riportandolo in cima ai nostri pensieri e se del caso”sedersi dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti sono occupati”. Una preghiera ai politici in vista delle prossime elezioni”smettetela di mettere la scuola al primo posto del programma!”. Preferiamo raccontarcelo tra noi insegnanti e lavorare come se la scuola fosse davvero al primo posto nei pensieri di tutta la società, perché sappiamo che è importante come il nostro mestiere.   
 Rilancio una proposta, che mi risulta sia già stata praticata in qualche scuola:
chiedere ai genitori di dare il 5Xmille alla scuola dei propri figli. Mi piace perché oltre a finanziare le attività didattiche in presenza dei tagli ai bilanci, sarebbe un modo concreto di rilanciare il valore della scuola e i suoi valori.
 Tanto che si potrebbero copiare gli slogan della CEI per i sacerdoti:
“Sugli insegnanti puoi sempre contare. Ora sono loro a contare su di te.”
Se poi le regioni si decidessero ad assumersi la responsabilità degli organici ,come prevede da anni il Titolo V della Costituzione,le scuole avrebbero garantite le due condizioni minime indispensabili per poter concentrarsi sull’insegnamento: le spese di funzionamento e il personale(esattamente quello che il centrodestra ci ha tolto) .
Insegnanti stabili e di valore che sanno di poter contare sul 5Xmille dei genitori cos’altro possono fare se non dedicarsi con passione all’insegnamento?
E non dite che vi pare poco….

Arturo Ghinelli

domenica 21 novembre 2010

MACERIE DI DEMOCRAZIA. SOLO A L'AQUILA?

"Sos L'Aquila chiama Italia". I cittadini abruzzesi lanciano la loro richiesta d'aiuto perchè questa terra non venga dimenticata

Oggi all'Aquila c'è una manifestazione nazionale promossa dall'assemblea cittadina a cui hanno aderito tra gli altri l'università dell'Aquila, il comune, i sindacati, le associazioni dei commercianti e delle piccole imprese, l'Arci, il WWF, tutti i comitati dei terremotati, e moltissime altre associazioni.
Le richieste di questa manifestazione, che sta passando del tutto sotto silenzio (anche il 16 giugno scorso sfilarono in 10.000 e i tg non ne parlarono praticamente), sono assolutamente ragionevoli, anzi gridano vendetta, soltanto che sfidano la vulgata propagandata dai media e dal Governo secondo la quale L'Aquila sarebbe stata già ricostruita, e in tempi record! (guardando anche solo google news, della manifestazione ne danno notizia unicamente siti di media locali).
Elenco alcune assurdità di cui nessuno sa nulla (salvo chi ha visto Draquila, oppure la puntata di Iacona dedicata al terremoto, o qualche servizio di inchiesta sparuto, o i libri di denuncia di Antonello Caporale di Repubblica o Manuale Bonaccorsi di Left).
Dal primo gennaio gli aquilani ricominceranno a pagare il mutuo (e tutte le tasse) sulla propria casa, anche se distrutta dal terremoto! (in tutti i terremoti precedente le tasse sono state sospese per anni).
Il centro storico dell'Aquila è ancora chiuso e presidiato dai militari. Secondo Legambiente solo per togliere le macerie al ritmo attuale non si finirà prima del 2079.
Gli albergatori dove risiedono ancora 3000 sfollati sono pagati con ritardi di mesi, tanto che sono arrivati a dover minacciare uno sciopero nell'assistenza agli sfollati.
La ricostruzione delle case è ferma per mancanza dei soldi promessi.
La gestione del territorio è affidata a ordinanze della Protezione civile di Bertolaso e fra poco dell'ex capo dei servizi segreti Gabrielli che gli succederà nell'incarico ora che si è dimesso (le ordinanze sono varate da Berlusconi, nessun controllo del Parlamento, nessuna revisione della Corte dei conti, possibilità di derogare alle leggi ordinarie, come quelle sugli appalti, sull'ambiente, sulla pianificazione urbanistica).
Su 48.545 persone rimaste senza casa nel Comune e nella Provincia dell'Aquila, le persone alloggiate nelle abitazioni appositamente create dal governo sono 14.315. Mentre il doppio degli sfollati, circa 30.000 persone, si trovano in una situazione precaria, tra alberghi, sistemazione autonoma con contributo statale di circa 300 euro al mese (25.844 persone), affitti calmierati e alloggio nelle caserme.
Ecco le richieste:
- trattamento fiscale come per gli altri territori colpiti da calamità (Umbria, Marche, Friuli) - sospensione di mutui, prestiti, versamenti tributari irpef, contributi previdenziali
- garanzie per i disoccupati, cassintegrati e precari - sostegno alle attività economiche e commerciali
- ricostruzione certa, fine della logica dei commissari e delle ordinanze in deroga; ricostruzione attraverso leggi e finanziamenti certi - rinascita dei centri storici dell’Aquila e del cratere - risarcimento 100% con adeguamento sismico, anche delle case E
Queste sono solo slogan di protesta, ma gli aquilani le hanno trasformate nella proposta di un disegno di legge di iniziativa popolare per una ricostruzione certa, su cui inzierà proprio il 20 la raccolta delle firme in tutta Italia!

tratto da www.fai.informazione.it
 


Nota mia:

La manifestazione si è tenuta ieri e lo striscione che apriva il corteo recitava, non a caso, "Macerie di democrazia". La tragedia del terremoto che ha distrutto L'Aquila è dienuta una tragica rappresentazione della situazione in cui si trova il nostro paese. Dopo vent'anni di berlusconi, berlusconidi e berlusconismo, di grandi opere, grandi eventi e protezioni civili, quella che doveva rinascere quasi fosse la nuova capitale del regno di bengodi, dove il governo del fare realizzava i sogni, restaurava i danni del terremoto, ecc. ecc. è invece ancora piena di problemi irrisolti. a riprova della distanza che c'è tra la classe politica e la realtà...
ma le macerie di democrazia -sarà anche democrazia borghese, ma è megli che niente, ahimè- rischiano di travolgere non solo il governo berlusconi, già scassato per conto suo, ma l'intero paese. se è vero che negli ultimi 15 anni ci siamo impoveriti (e non solo dal punto di vista economico...).