Pagine

domenica 27 febbraio 2011

SENZA PAROLE...

Che dire? In poco tempo, pover'uomo ha perso tre amici: Ben Ali, Mubarack e Gheddafi...Gli rimangono Putin e chi altri?
Ah, caro il 'mio' Presidente del Consiglio, sono un insegnante della scuola pubblica...a buon intenditor, poche parole...

Sul sito www.pavonerisorse.info, c'è una simpatia antologia delle risposte che gli sono arrivate...
(la foto è tratta dal sito www.rainews24.it)

PS: il pragmatismo del soggetto è da far paura. Come dimenticare che un mese prima, travolgendo un leggio -messo apposta dai comunisti, sicuramente- aveva dichiarato al mondo intero il suo amore per G.W. Bush per poi 'innamorarsi' di Obama.  A settembre scorso aveva accolto Gheddafi con tutti gli onori (e le Amazzoni) a Roma: baci e abbracci...ora scopre di essere col popolo libero in lotta per la democrazia...come diceva Totò, "ma mi facci il piacere!"

sabato 26 febbraio 2011

L'Italia nel 2009 ha triangolato 79 milioni di euro di armi leggere alla Libia di Gheddafi


Le armi italiane sono arrivate in Libia via Malta nel 2009
senza alcuna autorizzazione ufficiale del nostro Governo

24 febbraio 2011

Fonte: Rete Disarmo - Tavola della Pace - 24 febbraio 2011

Nel 2009 l’Italia ha triangolato attraverso Malta al regime del Colonnello Gheddafi oltre 79 milioni di euro di armi leggere ad uso militare della ditta Beretta, secondo alcune fonti europee. E’ anche con queste armi che l’esercito di Gheddafi sta sparando sulla popolazione. Questa la denuncia documentata dalla Rete Italiana per il Disarmo e dalla Tavola della Pace che chiedono al governo Berlusconi di rispondere urgentemente in merito. Si tratta di armi che – come ha confermato direttamente a Rete Disarmo un funzionario del Ministero degli Esteri di Malta sono “di provenienza italiana, e non hanno mai toccato il suolo maltese”. Anche perché (conferma la stessa fonte) nel piccolo stato insulare non sono presenti fabbriche di armi e munizioni.
Il Ministero degli Esteri maltese ha precisato poi che “come confermato dall’ambasciata italiana a Tripoli, il destinatario finale della consegna era il Governo libico” e siccome nel 2009 non erano attive forme di sanzione verso il regime di Gheddafi “le autorizzazione al trasferimento - comprese quelle doganali - sono state rilasciate senza problemi”. Ma dalle Relazioni della Presidenza del Consiglio italiano sull’export di armamenti non risulta alcuna autorizzazione all’esportazione di quelle armi né a Malta né alla Libia, creando quindi un buco impressionante in termini di controllo.
“La notizia è certa e documentata” – afferma Giorgio Beretta di Unimondo e analista della Rete Disarmo. Il Rapporto dell’Unione Europea sull’esportazione di armamenti pubblicato nel gennaio scorso riporta per l’anno 2009 autorizzazioni e consegne da Malta verso la Libia di 79.689.691 di euro. Si tratta di armi della categoria ML 1 e cioè armi ad anima liscia di calibro inferiore a 20 mm, altre armi e armi automatiche di calibro 12,7 mm (calibro 0,50 pollici) e accessori e componenti appositamente progettati)”.
Da nessun rapporto ufficiale della Presidenza del Consiglio (quelli dovuti per la legge 185 sull’export di armamenti militare) si evince che ci sia stata una qualche autorizzazione in merito. Anche i dati dell'ISTAT (che riportano tutte le esportazioni di armi italiane ad uso civile) non segnalano per il 2009 alcuna esportazione di quel valore né a Malta né alla Libia; per quell’anno si parla solo di 390.584 di euro di Armi, munizioni e loro parti ed accessori per Malta e per la Libia solo 8.171.698 di euro di forniture.
“E allora i casi sono due: o una ditta italiana ha esportato queste armi senza l’autorizzazione del Governo italiano (ma allora avrebbero dovuto essere bloccate dalle dogane maltesi) o – come è più probabile – vi è stata un’autorizzazione da parte di qualche ufficio del Governo italiano che però non è stata mai notificata né nelle Relazioni al Parlamento né all’Unione Europea” – conclude Beretta.
Un valore così alto di armi leggere potrebbe significare (lo testimoniano i controvalori di forniture simili recentemente fatte proprio verso la Libia) centinaia se non migliaia di fucili e pistole, oltre a possibili forniture anche di munizioni e granate. In pratica proprio le armi protagoniste maggiormente delle uccisioni in questi giorni di rivolta. Secondo quanto dichiarato ad EU Observer da una fonte diplomatica dell’Unione europea (esperta delle documentazioni di autorizzazione per l‘export militare) tratterebbe di armi provenienti dalla Fabbrica d’armi Pietro Beretta di Gadone Valtrompia (Brescia). La ditta italiana ha però rifiutato qualsiasi commento affermando che “non risponde nel merito dei singoli trasferimenti”
“I fatti che oggi denunciamo sono di una gravità inaudita – afferma Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. Se ancora ieri chiedevamo al Governo e al Parlamento di fare chiarezza e di bloccare la vendita di armi italiane alla Libia oggi non possiamo che provare un grande senso di vergogna e di dolore. Il Governo deve dare subito delle spiegazioni su una situazione così problematica. Com’è potuto accadere? Chi sapeva? Chi ha taciuto? In quanti altri traffici siamo coinvolti? Il Parlamento deve intervenire subito. Mi auguro che nessun telegiornale, in particolare della Rai, il nostro servizio pubblico, si permetta di censurare questa denuncia e al contrario decida di chiedere conto ai principali responsabili della politica italiana” – conclude Lotti.
Questo caso di triangolazione, su cui chiediamo che sia fatta piena luce a breve, non è l’unico esempio di passaggio di armi leggere verso la Libia attraverso il nostro paese. “Nello stesso 2009 come ricostruito da un’inchiesta di Altreconomia poi rilanciata da altri organi di stampa - aggiunge Francesco Vignarca coordinatore della Rete Disarmo- la Magistratura italiana aveva bloccato un possibile traffico di centinaia di migliaia di Kalashnikov di produzione cinese che trafficanti italiani volevano vendere all’esercito di Gheddafi”. Anche in quel caso si utilizzava (in maniera però pienamente illegale) la triangolazione verso paesi terzi e la gestione del trasporto attraverso società con sede estera per coprire la fornitura alla Libia di armi leggere.
“Qui invece ci troviamo di fronte o ad un’autorizzazione rilasciata con leggerezza e in qualche misura schermata dal passaggio a Malta (tanto è vero che anche i dati europei nei sono stati tratti in inganno) oppure una vera e propria omissione per favorire il regime di Gheddafi, considerato ormai amico e funzionale alla nostra politica estera”. Quello che sicuramente si evince da questo caso è la necessità di un controllo ferreo su tutte le forniture di armamenti come Rete Italiana per il Disarmo chiede da anni al Governo: “controlli che non devono ridursi a procedure formali ma devono essere sostanziali e ponderati, con prese di posizione forti anche negando contratti di vendita, perché qui ci troviamo di fronte ad armi e non caramelle. Armi che poi sono responsabili delle uccisioni e dei massacri che tutti vediamo e condanniamo in questi giorni”.
Rete Italiana per il Disarmo e Tavola della Pace esprimono quindi la loro preoccupazione anche per quanto riguarda la possibile modifica della nostra legge sull’export di armi a seguito del recepimento di alcune Direttive Europee (alcune di queste procedure sono ora in discussione al Parlamento inserite nella “legge Comunitaria”). “Non vorremo che con le nuove regole ed autorizzazioni ed una procedura di controllo ancora più debole quando si tratta di fornire armi attraverso partner europei (come ad esempio Malta) l’esempio di triangolazione di armi leggere verso la Libia sia solo il primo di tutta una serie di trasferimenti problematici di armi italiane” - commenta infine Giorgio Beretta.


Note:

DATI DI APPROFONDIMENTO

Analisi di Unimondo sulle forniture italiane di armi alla Libia http://www.unimondo.org/Notizie/Italia-primo-fornitore-europeo-di-armi-alla-Libia

Analisi di Unimondo del Rapporto UE sulle forniture di armi http://www.unimondo.org/Notizie/UE-record-di-40-miliardi-di-export-di-armamenti-nel-2009

Inchiesta di Altreconomia sul traffico di armi verso la Libia sventato dalla Magistratura italiana http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=1825

Articoli di stampa (Maltesi ed europei) che hanno rilanciato per primi l’ipotesi di triangolazione http://www.timesofmalta.com/articles/view/20110223/local/malta-exported-79m-in-small-arms-to-libya
EU Observer: http://euobserver.com/9/31863

Comunicati Rete Disarmo - Tavola della pace: “Stop agli aiuti militari ai paesi del Nord Africa” e “Stop fornitura armi in Libia” http://www.disarmo.org/rete/a/33427.html http://www.unimondo.org/Notizie/Rete-disarmo-Tavola-della-pace-Stop-agli-aiuti-militari-ai-paesi-del-Nord-Africa

L’Italia detiene il primato mondiale di export di piccole armi http://www.unimondo.org/Notizie/Italia-primato-mondiale-dell-export-di-piccole-armi-e-riforma-della-legge-185-90

Rete Disarmo e Tavola della Pace per la trasparenza sull’export di armi http://www.disarmo.org/rete/a/32782.html

Legge Comunitaria discussa al Senato e in discussione alla Camera http://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede/Ddliter/testi/35780_testi.htm

venerdì 25 febbraio 2011



Martedì 1° marzo 2011 - Ore 11

Facoltà di Scienze della formazione
Corso Podestà 2 – Genova
Aula Magna

Presentazione del libro

Nuove lettere persiane
Sguardi dall’Italia che cambia


Intevengono:
Alessandra Ballerini, Mayela Barragan, Domenica Canchano
Andrea Macciò, Salvatore Palidda

Modera:
Luca Guzzetti


--
Prof. Luca Guzzetti
Facolta' di Scienze della Formazione
DISA - Universita' di Genova
Corso Podesta’ 2
I-16128   Genova
Tel. +39 010 209 53731
Fax  +39 010 209 53741
E-Mail:
luca.guzzetti@unige.it

LIBIA: FERMATE LA REPRESSIONE!

Cari amici,

Le forze armate della Libia stanno usando mitragliatrici e caccia da combattimento contro i manifestanti pro-democrazia: migliaia di loro sono stati ammazzati e senza un'azione internazionale immediata la repressione potrebbe tramutarsi in un bagno di sangue nazionale.

L'Unione europea e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si sono riuniti d'emergenza sulla Libia. Hanno condannato la violenza, ma se riusciremo a farli passare dalle parole ai fatti, affinché si accordino per istituire una zona di non sorvolo sulla Libia, il congelamento dei beni di Gheddafi e dei suoi generali, sanzioni mirate contro il regime e l'avvio di un procedimento presso i tribunali internazionali per tutti gli ufficiali militari coinvolti nella repressione, ciò potrebbe fermare i bombardamenti aerei e dividere la struttura di comando di Gheddafi.

Non abbiamo tempo da perdere: le persone in Libia sono massacrate dal loro stesso governo. Clicca per mandare un messaggio direttamente a tutti i delegati del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, ai Ministri degli esteri dell'UE e all'Alto Rappresentante dell'UE per fermare la violenza, e fai il passaparola con tutti. Sproniamo l'ONU e l'UE ad agire ora inondandoli di messaggi:
http://www.avaaz.org/it/libya_stop_the_crackdown_eu/?vl

Il colonnello Gheddafi ha comandato il paese da tiranno per 42 anni, senza parlamento né costituzione. E' il dittatore più longevo di tutta l'Africa e del Medio Oriente. Nessun giornalista straniero è potuto entrare in Libia, e il governo ha chiuso internet e la rete dei telefoni cellulari nel tentativo di nascondere la brutale violenza in corso. Ma i manifestanti, che chiedono il cambiamento del regime e i diritti fondamentali, dicono che migliaia di persone sono ancora per le strade nonostante migliaia di loro siano state massacrati. Il commissario ONU per i diritti umani Navi Pillay ha detto che gli attacchi da parte del governo "potrebbero essere considerati crimini contro l'umanità".

Sconvolti dalle atrocità, i diplomatici libici e alcuni alti comandanti dell'esercito hanno già disertato dal regime. Sia il Consiglio di Sicurezza dell'ONU che l'UE hanno chiesto la cessazione immediata della violenza, ma nessuno dei due finora ha agito. Se l'UE e l'ONU alzassero la pressione su Gheddafi e la sua corte - confiscando le loro ricchezze e minacciando di processarli - quelli che ora danno l'ordine di uccidere potrebbero ripensarci e fermare il bagno di sangue.

Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU si tiene ora in Brasile, un governo fortemente impegnato nei diritti umani nei confronti del quale Avaaz ha costruito una reputazione solida di impegno e attivismo. Non ci rimane molto tempo per convincere l'ONU e l'UE: inondiamo le loro e-mail di messaggi da tutto il mondo! Invia un messaggio e fai il passaparola con tutti i tuoi amici e la tua famiglia:
http://www.avaaz.org/it/libya_stop_the_crackdown_eu/?vl

Le persone in Libia vengono ammazzate perché chiedono libertà, salute, educazione e un salario decente: bisogni primari che tutti noi condividiamo. Oggi alziamo le nostre voci da ogni angolo del mondo come comunità globale per condannare questi massacri vergognosi e insieme agiamo per fermare il bagno di sangue e sostenere il giusto appello al cambiamento dei libici. 

Con speranza e determinazione,

Alice, Ricken, Pascal, Graziela, Rewan e tutto il team di Avaaz

FONTI

Libia, commissario Onu: necessaria inchiesta crimini contro l'umanità
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Libia-commissario-Onu-necessaria-apertura-inchiesta-crimini-umanita_311719265270.html

"In Libia diecimila morti e cinquantamila feriti". A Tripoli si scavano le fosse comuni
http://www.corriere.it/esteri/11_febbraio_23/libia-cronaca_1938f84a-3f45-11e0-ad3f-823f69a8e285.shtml

UE, ONU e USA a Gheddafi: "Basta violenze":http://www.ilgiornale.it/esteri/ue_e_onu_gheddafi_basta_violenze/politica-libia-gheddafi-proteste-ue-onu-violenza-genocidio/21-02-2011/articolo-id=507460-page=0-comments=1

Aggiornamenti in diretta sulla Libia su Repubblica e BBC:http://www.repubblica.it/esteri/2011/02/23/dirette/libia_23_febbraio-12794693/?ref=HREA-1
http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-12307698


Sostieni il nostro lavoro!Avaaz.org è un’organizzazione no-profit indipendente che non riceve finanziamenti da governi o grandi imprese, quindi la tua donazione è di fondamentale importanza per il nostro lavoro. -- clicca qui per fare una donazione.


CHI SIAMO
Avaaz.org è un'organizzazione no-profit e indipendente con 7 milioni di membri di tutto il mondo, che lavora con campagne di sensibilizzazione in modo che le opinioni e i valori dei popoli del mondo abbiano un impatto sulle decisioni globali. (Avaaz significa "voce" in molte lingue.) Avaaz non riceve fondi da governi o aziende ed è composta da un team internazionale di persone sparse tra Londra, Rio de Janeiro, New York, Parigi, Washington e Ginevra. +1 888 922 8229

Clicca
qui per avere maggiori informazioni sulle nostre campagne.

Non dimenticare di andare a vedere le nostre pagine:
Facebook, Myspace e Bebo.


Ricevi questo messaggio perché hai firmato la campagna "
BALENE IN PERICOLO!" il 2010-04-25 usando l'indirizzo gliamicidelmediterraneo@hotmail.it.
Per essere sicuro di ricevere i messaggi di Avaaz aggiungi l'indirizzo
avaaz@avaaz.org alla tua rubrica. Per cambiare la tua e-mail, lingua o altri dati, https://secure.avaaz.org/act/index.php?r=profile&user=c43d1643f4fd199138133a9672f4be1a&lang=it, oppure cancella il tuo indirizzo.

Non rispondere a questo messaggio. Per metterti in contatto con Avaaz scrivi a
info@avaaz.org oppure invia una lettera al nostro ufficio di New York: 857 Broadway, 3rd floor, New York, NY 10003 U.S.A. Se incontri difficoltà tecniche vai al sito http://www.avaaz.org/it.


giovedì 24 febbraio 2011

ATTIVITA' DEL CENTRO CULTURALE VALDESE

Cari amici e amiche,
vi ricordiamo che a partire da lunedì 28 febbraio il corso di trasmissione orale in patouà e francese attraverso il canto e la narrazione, dopo le prime cinque lezioni in Val Pellice, si trasferisce in Val Germanasca, presso la Scuola Latina di Pomaretto, dove proseguirà per tutti i lunedì di marzo.
Le cinque serate in Val Germanasca saranno curate da Pier Paolo Massel (Gruppo Corale Eiminâl) e si terranno il lunedì alle ore 20,30 presso la Sala Incontri della Scuola Latina, in via Balziglia 103 a Pomaretto.
Come sapete le serate sono aperte a tutti: fatelo sapere.

Saluti cordiali.

Ines Pontet

Segreteria generale
Fondazione Centro Culturale Valdese
Via Beckwith 3
10066 Torre Pellice (To)
tel. +39 (0) 121 93 21 79
www.fondazionevaldese.org

Dall'amico Paolo bertagnolli ricevo e pubblico:

Carissime/i,
come non condividere quanto scrive don Aldo; purtroppo ci fermiamo a parlare dello sfruttamento della prostituzione di Berlusconi e soci, ma sarebbe ancora più importante farlo dimettere per la sua inesistente politica estera, una politica che, per lui, significa fare affari per allargare ancor più i suoi interessi economici. Per quanto riguarda frattini, da tempo sono convinto sia il peggior ministro degli esteri che l'Italia abbia avuto dalla sua fondazione: balbetta e non sceglie, barcamenandosi in una apparente equidistanza tra un dittatore sanguinario e un popolo che chiede libertà e dignità, due termini a lui, evidentemente, sconosciuti
Paolo



From: ednran@teletu.it
To: ;
Subject: Nero pesto
Date: Thu, 24 Feb 2011 08:02:39 +0100


Il sole che sorge riempie di nuova vita le stanze del mio appartamento.
Un sole che illumina di primavera, fredda primavera, tutta la piana del Fucino.
Quel sole che manca nella politica di questo paese affossatto nella bulimia del consumo del potere e nel narcisismo del godimento del proprio rachitico benessere.
Il dittatore nostrano, di fronte al genocidio del popolo libico, non sa fare altro che "complimentarsi con i giovani che bussano alla porte della modernità"!
Pensate! C'è in atto uno sterminio di massa e lui si gingilla in complimenti da mentecatti; nel contempo si mostra preoccupato non di quello che accade ma di quanto potrebbe accadere se subetrasse un movimento legato all'integralismo islamico...!
Il ministro degli Esteri italiano (non il nostro ministro), da parte sua, invece di porsi la domanda urgente del "che fare", si preoccupa per le possibili ripercussioni in termini di sbarchi clandestini!
Nero pesto.
Assente il sole della responsabilità, domina, grigio e impudente, il senso della paura: non la responsabilità per gli altri ma la paura per se stessi!
Cosa li differenzia, questi gheddafi caserecci, rimasugli museali dell'autralopiteco, dall'impostura sanguinaria del dittatore "puro sangue", loro fratello siamese?
Nero pesto.
Loro vivono nelle lande del tramonto.
Il sole sorge dalla parte opposta!
Buona giornata a tutte e tutti.
Aldo

postilla
c'è solo una differenza: l'australopiteco ha rappresentato una fase importante nella lunga e travagliata storia dell'evoluzione umana...

mercoledì 23 febbraio 2011

ITALIA PARTNER DI GHEDDAFI

Da: segreteria@centropacecorrie.it
Data: 23-feb-2011 12.19
A:
Ogg: Italia partner di Gheddafi

Il Centro per la Pace e la Nonviolenza “Rachel Corrie” aderisce alla  richiesta di Rete Disarmo e Tavola della Pace, che chiedono il blocco immediato della   vendita di armi e ogni altra forma di collaborazione militare con la Libia.

L’Italia è il principale fornitore di armi alla Libia: al regime di Tripoli  sono stati vendute diverse tipologie di armamento (aerei e veicoli  terrestri, sistemi missilistici e sistemi di protezione e sicurezza) per un mercato di 93 milioni di euro nel 2008 e 112 milioni nel 2009. Un vero e proprio boom degli ultimi due anni favorito dalla firma del “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia” avvenuta nel 2008……
“Non riesco a sopportare l’idea che armi italiane stiano facendo strage di  civili in Libia” ha dichiarato Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace. “Così come non posso sopportare l’idea che l’Italia
continui a sostenere anche in queste ore il regime di Gheddafi. C’è da vergognarsi. Ci vuole un sussulto di dignità. Basta con il silenzio e le complicità dell’Italia. Questo è il momento di rompere con il passato. Noi chiediamo al Parlamento di compiere un gesto chiaro e immediato: imporre il blocco della vendita delle armi e la sospensione di ogni forma di cooperazione militare con la Libia e con i paesi che non rispettano il diritto di manifestare liberamente e pacificamente.”…
Tavola della Pace e Rete Italiana per il Disarmo hanno già chiesto nei giorni scorsi la cessazione di ogni sostegno politico-militare verso Algeria, Egitto e Tunisia e a maggior ragione vista la situazione attuale in Libia richiedono con forza al Governo e al Parlamento italiano, oltre al congelamento di ogni collaborazione sul piano commerciale-militare con il regime di Gheddafi un deciso orientamento a favore di una restrizione e maggior controllo dell’export bellico italiano per evitare l'uso di tali armi per la repressione del dissenso in qualsiasi teatro di conflitto mondiale.

Leggi l’intero articolo su http://www.disarmo.org/rete/a/33427.html



Centro per la Pace e la Nonviolenza “Rachel Corrie”
P.zza Cereseto 7, 15076 Ovada (Al)
tel. 0143 835206
www.centropacecorrie.it
e-mail: segreteria@centropacecorrie.it

martedì 22 febbraio 2011

RIVOLUZIONI E NONVIOLENZA

Riporto alcune mail sulle rivoluzioni in atto nei paesi arabi…

Mi scrive Giuliano Pontara, da Stoccolma:
Quanto alle rivolte non-violente in Medio oriente: ritengo ( con Gandhi)  che a livello  di massa non si possa plausbilmente sperare molto di più: ma quello che succede non è poco.
Un abbraccio
Giuliano
*
Ciao, Enrico

Cautela sul carattere genuinamente nonviolento delle rivoluzioni arabe
Sei anni fa, stimolato da osservazioni attente, pubblicavo questo articolo (allegato e in calce) che metteva in guardia dal valutare come "nonviolente" certe rivoluzioni "rosa".
    Oggi, senza affatto sminuirne il valore, il coraggio, le prospettive, bisogna dire lo stesso delle rivoluzioni arabe.
    Forse, si può dare atto giustamente, per lo più, che si tratta di rivoluzioni "non-violente", cioè "senza-uso-di-violenza": in altre parole si tratterebbe di "nonviolenza pragmatica", o "tattica", ma non di "nonviolenza di principio", o "strategica".
    Quando le armi non si hanno, o non conviene usarle perché fanno un disastro maggiore, si usano mezzi "non-violenti", ma la genuina "nonviolenza" è la ben diversa scelta di non usare la violenza quando sarebbe possibile e potrebbe dare speranza di efficacia.  Le ragioni della genuina nonviolenza sono quelle della più alta qualità umana, non quelle della rapida efficacia.
    Obama, l'11 febbraio, riguardo all'Egitto, ha mandato un messaggio (che io ho diffuso molto) bello e giusto, forse anche troppo entusiasta. L'idealismo ci deve orientare, ma i singoli passi e valutazioni devono essere saggi e prudenti.
    Ora ci sono voci di influenze del "metodo Sharp" nelle vicende del Medio Oriente. Potrebbe essere che una politica di influenza mondiale, cambi strumenti di controllo: non più dittatori divenuti impresentabili, ma democrazie manipolate, influenzate.
    Non giudichiamo, ma vigiliamo.
    Enrico Peyretti, Torino

Mezzi e fini     
Nonviolenza violenta ?
(pubblicato su il foglio n. 319, febbraio 2005, www.ilfoglio.info)

Tutto serve. Tanti anni fa, in Spagna, lessi su un muro «Los guerrilleros de Cristo Rey, somos la ley». Gesù guerrigliero, di estrema destra. A quando Gandhi alfiere dell’impero? Nella pubblicità, come Gesù, è già stato ripetutamente usato. Anche i suoi metodi possono servire a tutto, secondo l’articolo Nell’ombra delle “rivoluzioni spontanee”, di Régis Genté e Laurent Rouy, su Le Monde Diplomatique (gennaio 2005, p. 6). Nel ’99 in Jugoslavia, falliti i bombardamenti della Nato, si organizzano, e si finanziano bene, potenti manifestazioni popolari nonviolente e Milosevic (il quale se lo merita pure) cade. Serbia, Georgia, Ucraina: funziona! Il metodo è quello delle grandi rivoluzioni nonviolente dell’89 nell’Europa orientale. Certo, non è solo manipolazione, c’è una vera insorgenza popolare contro autoritarismi e dittature. Ma il metodo serve a qualunque scopo.

Aggiustare le elezioni
Dove un potere deve un po' aggiustare le elezioni per legittimarsi - ma questo non è successo, almeno nel 2000, anche negli Usa, modello di democrazia da esportazione forzata? - si infiltrano – secondo gli autori dell’articolo - organizzazioni e fondazioni americane. Una, il National Democratic Institute, è presieduta da Madeleine Albright, quella che disse che le vittime della guerra del Golfo «valevano la pena». Un’altra, Freedom House, è diretta da James Woolsey, ex capo della Cia, già attivo in Serbia nel 2000. Vanno in aiuto a parti interne che «volevano far crollare il regime più che avere libere elezioni», come dice Gia Jorjolani, del Centro per gli studi sociali di Tbilisi, Georgia.
I media e i movimenti studenteschi (Otpor, Resistenza, in Jugoslavia) vi hanno grande parte. Seminari di “formazione per formatori” sono tenuti anche a Washington (9 marzo 2004), pare con la presenza di Gene Sharp, teorico della lotta nonviolenta e autore di un classico manuale in tre volumi, Politica dell’azione nonviolenta (edizioni Ega, Torino), molto usato anche dai nonviolenti italiani.
Quelle rivoluzioni nonviolente in Serbia e Georgia, a detta degli stessi politici che hanno preso il potere, sono state sostenute da forze contrarie ai precedenti regimi. Nelle recenti elezioni contestate e ripetute, sotto pressione popolare, in Ucraina, hanno avuto parte evidente la Polonia e l’Unione Europea. Personaggi ivi emergenti fanno parte della nomenklatura arricchitasi con le privatizzazioni. Non sempre ci guadagna la democrazia: un anno dopo la “rivoluzione delle rose” in Georgia, una militante per i diritti umani, Tinatin Khidasheli, scrive «La rivoluzione delle rose è appassita» (International Herald Tribune, Parigi, 8 dicembre 2004).
La politica estera americana, dunque, si servirebbe oggi non solo della guerra, ma anche di questi movimenti, non veramente spontanei, anche se attecchiscono grazie ai difetti, e a volte i crimini, dei regimi contestati. Pare che, oltre l’area ex-sovietica, punti ora ad applicare il metodo a Cuba, mentre nel Medio Oriente le possibilità sono scarse, anche per l’odio che gli Usa si sono guadagnati.

Democrazia metodo e fine
Che dire, da parte di chi crede nella nonviolenza come metodo giusto per fini giusti? Anzitutto, proprio questo: non solo i mezzi devono non essere violenti, ma anche i fini. La Germania nazista e l’antisemitismo fascista, cominciarono la persecuzione degli ebrei, diretta allo sterminio, col boicottaggio economico, che in sé è un tipico mezzo nonviolento contro le economie ingiuste. Usare mezzi giusti per fini ingiusti è tanto ingiusto quanto usare mezzi ingiusti per fini giusti. La nonviolenza gandhiana è una speranza per l’umanità spinta sull’orlo della distruzione totale dalla ideologia della violenza: manipolarla per fini di dominio, uguali a quelli che si cercano con la guerra e la violenza, è falsificare un valore umano. La nonviolenza non è solo una tecnica utile, ma la cultura del rispetto dell’umanità in ogni persona e popolo. Come insieme di tecniche può servire al dominio incruento e sottile, ma non meno ingiusto. Come cultura e spiritualità non può farsi strumentalizzare dall’ingiustizia del dominio. Perciò, la ricerca della nonviolenza non può essere semplice attivismo, ma educazione morale profonda. Su di ciò i nonviolenti devono vigilare e approfondire il loro lavoro. Si sono già viste anche da noi forze politiche sbandierare Gandhi e poi rendersi utili ai potenti e persino alla guerra.
Certo, puntare al potere con la demagogia incruenta è qualcosa di meglio che con una guerra o un golpe sanguinario,  mezzi usati senza scrupoli da chi ora si serve della nonviolenza, ma mai da Gandhi, da Luther King, da Badshah Khan. Così, la democrazia, ovviamente, è meglio della dittatura. Ma essa è vera se e quando le persone si educano a decidere secondo giustizia, e non soltanto perché si contano le teste invece di tagliarle. Non c’è vera democrazia là dove le teste decidono liberamente di tagliarne altre, o di opprimerle, o tacitarle. La democrazia che elegge Hitler è falsa democrazia, forma senza sostanza. Non c’è vera democrazia dove il principio di maggioranza instaura una dittatura della maggioranza, come sta accadendo in Italia. La democrazia è un metodo, ma soprattutto un fine: farci tutti più rispettosi della comune umanità. Perciò la nonviolenza dei mezzi e dei fini è l’aggiunta e il completamento della democrazia.
Enrico Peyretti (22 gennaio 2005)
Sull’articolo di Le Monde diplomatique ho sentito il parere di Jean-Marie Muller, che mi risponde: «Io sarei forse meno reticente di te nel salutare l’azione nonviolenta degli ucraini. Ma hai ragione nel chiamare alla vigilanza per essere sicuri che i mezzi giusti della nonviolenza siano messi al servizio di un fine giusto» (e. p.)


lunedì 21 febbraio 2011

carissimi/e, propongo di inviare SUBITO questo APPELLO



che trovate qui allegato


a tutti i numeri di fax e email indicati. Io ho appena provato e le linee sono libere:


NOI non siamo oscurati, possiamo comunicare.


Facciamolo subito, passate parola ai vostri amici e amiche, un abbraccio


annalisa



----------------------

All'ambasciata di Libia in Italia


fax 06 86320951






Al Consolato di Libia a Milano


fax 02 805000393






e p.c.


Al Ministro degli Affari Esteri


Franco Frattini


fax 06 3236210






All'ambasciatore d'Italia a Tripoli


Vincenzo Schioppa


fax +218 213331673


email: ambasciata.tripoli@esteri.it






NOI CITTADINI ITALIANI


Chiediamo


che cessi subito ogni violenza e repressione contro la popolazione civile IN LIBIA






che vengano rispettati i diritti umani,






il diritto di manifestazione






il diritto di parola e di informazione






del popolo libico.


DEMOCRAZIA E LIBERTA'


PER TUTTI NEL MONDO






FIRMATO...........................






LUOGO E DATA.............

domenica 20 febbraio 2011

Mutilazioni Genitali Femminili



Ci sono tanti modi di fare violenza su una donna.


Alcuni sono addirittura legali.


Le Mutilazioni Genitali Femminili sono una pratica crudele che ogni giorno fa 8000 giovani vittime.


Ora dipende anche da te.


Puoi lasciare che quest’orrore continui oppure puoi firmare perché una risoluzione ONU nel 2011 metta al bando queste mutilazioni, per sempre.






APPELLO PER UNA MESSA AL BANDO UNIVERSALE DELLE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE NEL 2011.


Noi sottoscritti cittadini di tutto il mondo e militanti per i diritti umani, riuniti oggi dopo anni di lotta affinché le mutilazioni genitali femminili siano riconosciute e condannate come violazione del diritto all’integrità della persona e coscienti che un divieto delle Nazioni Unite rafforzerà e apporterà un nuovo slancio agli sforzi che sono ancora necessari per eliminare a pratica ovunque nel mondo:


- chiediamo all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di adottare una risoluzione per mettere al bando le mutilazioni genitali femminili ovunque nel mondo.


- chiediamo ai nostri governi, così come a tutte le organizzazioni internazionali e regionali, di sostenere e promuovere l’adozione di questa risoluzione nel 2011.


- invitiamo i cittadini di tutto il mondo a sostenere e firmare questa petizione per mettere al bando questa violenza generalizzata e sistematica commessa contro le donne e le bambine in violazione del loro diritto fondamentale all’integrità personale.






Firma sul sito: http://www.noncepacesenzagiustizia.org/
“il foglio”, mensile di alcuni cristiani di Torino (www.ilfoglio.info) sul 17 marzo

Il 17 marzo 1961, per i festeggiamenti del centenario dell'unità, non ci fu festa né vacanza. Per tutto l'anno ci furono celebrazioni a Italia '61 – un intero quartiere costruito ex novo a Torino – che, come possiamo ancora constatare, esaltava soprattutto il lavoro (art. 1 della Costituzione) e il progresso tecnico e sociale. Ci fu però la visita della regina Elisabetta e le dichiarazioni di Kennedy sull’«antica Torino».
Vacanza o no, festeggeremo anche noi il 17 marzo, senza speciale solennità né entusiasmo. Vediamo perché. Festeggiamo quel giorno perché dall’Italia e dalla sua storia abbiamo ricevuto molto, in bene e in male, di ciò che siamo, e perché per il bene di questo nostro paese siamo da sempre impegnati. Senza troppa solennità, perché non è la più bella o la più importante delle date storiche nazionali.
Del 17 marzo 1861 rimane la bandiera tricolore, che è anche nella Costituzione. Non c’è più il regno, né i Savoia, né terre «irredente», né leggi discriminanti tra italiani, né suffragio elettorale ristretto, né religione di stato. Grazie a Dio.
Quell’evento fu opera di qualche azione popolare, ma soprattutto delle armi dei Savoia, dei francesi, dei prussiani e di Garibaldi (avversari-alleati), e dei maneggi di Cavour, a spese dei soldati-contadini costretti (2000 morti di colera in Crimea), e di borghesi idealisti e nazionalisti. Eppure fu anche un seme, un iniziale evento di libertà, tutta da realizzare nella vita quotidiana dei più poveri e sprovveduti.
Le date più importanti, vergognose o gloriose, che ci fanno cara l’Italia, sono altre. La vera unità d’Italia è il 1° gennaio 1948, quando entrò in vigore la Costituzione, l’opera più civile e umana della nostra storia, nel concerto degli altri popoli. Anche questo è un evento-promessa-impegno, è il dovere profondo del nostro popolo, sotto tutti i tradimenti, le barbarie, le ignoranze, le trame, le cadute e le riprese di questi 63 anni.
La festa della Repubblica e della Costituzione (questo deve essere il nome intero di quel giorno) è tradizionalmente fissata al 2 giugno, festa del primo voto popolare. Questa è la festa italiana più grande e più bella. Dunque festa disarmata, che non deve vedere parate militari, come le armi devono stare lontane dai seggi elettorali, da quel 2 giugno 1946, elezione della saggia, umana, civile, pacifica, progressista Assemblea Costituente, fino ad oggi. E anche perché il simbolo più alto dell’Italia democratica non sono le triste armi, ma la partecipazione di ognuno alla vita del proprio popolo, cioè la politica di tutti e il voto consapevole di tutti, che orienta le scelte, alla luce dei valori costituzionali.
Poi, dietro l’importanza primaria, ogni anno, del 2 giugno, abbiamo – a grandissime linee – anche altre memorie: alcune fauste, memorie di vita, altre infauste, memorie di lutto e pentimento nazionale.
La luttuosa guerra civile (detta «del brigantaggio») che inaugurò il Regno d’Italia, frutto di ignoranza e imposizione, di una politica dedita a proteggere latifondi e a costruire caserme più che scuole e ospedali.
Il 20 settembre 1870, quando, dopo la guerra del 1866 (guerra inutile in quanto l’Austria aveva offerto all’Italia il Veneto in cambio della neutralità) anche Roma avrebbe potuto congiungersi all’Italia senza brecce, né spari, né morti (19 soldati papalini, che dovevano manifestare la resistenza del papa, e 49 soldati italiani), se il papato nei secoli avesse conosciuto Cristo più di Costantino.
Il 4 novembre 1918, quando, con l’«inutile strage» (parola cristiana di papa Benedetto XV), un immenso spreco di sangue del popolo (mentre col mantenere la neutralità si sarebbe ottenuto il "parecchio" di Giolitti), furono prese non solo terre di lingua italiana, ma anche terre austriache, nel mito balordo della superiorità latina, come ancora proclama la stupida scritta sull’arco della vittoria a Bolzano.
L’Italia fu mezza morta il 28 ottobre 1922, e il 3 gennaio 1925, e fu tutta morta il 10 giugno 1940. Fu mezza rinata l’8 settembre 1943 (non «morte della patria», ma inizio di rinascita: tradimento giusto sebbene fiacco dell’alleanza criminale col nazismo); rinacque molto con la Resistenza popolare, la lotta dei partigiani, la fermezza dei 600.000 militari internati (che rifiutarono una libertà condizionata alla collaborazione col Reich); e fu tutta rinata il 25 aprile 1945.
L'Europa fu la più grande novità del dopoguerra, il vero superamento degli ombelichi nazionalistici, francesi e tedeschi, la riduzione dell'onnipotenza e sovranità dello stato (superiorem non recognoscens). L’Europa è prolungamento ideale della nostra Costituzione (art. 11): Europa tanto negletta ora che c'è, ma tanto importante allora che non c'era.
Dopo i giorni chiari e le notti oscure di questi decenni, oggi l’Italia lotta contro un’infezione del sangue, molto grave: spaccio a distesa di illusioni, parole accuratamente false per ingannare, miti facili per abbindolare, che fiaccano e corrompono gli spiriti, potenza che si vanta della propria impunità, impero delle apparenze, ogni bene e valore ridotto a merce di scambio e di consumo. Questi e altri virus hanno diffuso un individualismo antisolidale: proprio il rovescio dell’unità celebrata.
Ma l’Italia non è morta. Qualcosa in lei combatte per guarire.
[  ]

post scriptum mio:
mi permetto di rinviare i lettori a quanto scrive don Lorenzo Milani nella Lettera ai Giudici....

venerdì 18 febbraio 2011

C'E' UN LIMITE A TUTTO....o no?

Nel mercimonio di onorevoli che escono dal pdl entrano in fli, poi ritornano al pdl, c'è una vicenda umana che mi ha colpito. Quella dell'onorevole piemontese Rosso (che, nonostante il cognome, è di destra, anzi liberale, come dice lui). Ora, il Rosso in questione è pronipote di don Bosco, fondatore dei Salesiani. Ora, pur essendo non credente, ho sempre avuto simpatia per don Bosco (una sorta di don Milani dell' '800, che viveva per gli ultimi, combattendo ostinatamente con loro, contro le gerarchie e contro il governo savoiardo) e anche per i salesiani. Chi è di Savona e, ahimè non più giovanissimo, ricorderà come me don Primo Campion e il suo Cinema d'Essai...
Orbene, questo Rosso ha dichiarato di voler tornare con Silvio I perchè quest'ultimo -come lui- è un fervente salesiano (risatina).
Ora basta! Questo è veramente troppo: Berlusconi salesiano.
Eppoi? cosa avremo? un berlusconi-che guevara, un berlusconi-gandhi, un berlusconi-petrarca? e via ad libitum. Inmsomma, al peggio non c'è mai fine! Ma Berlusconi è un uomo o un trasformer?
E' uscito il numero 181 di "Una città" di cui riportiamo, di seguito, il sommario.
E' possibile farsi un'idea della rivista (mensile di interviste e foto, di 48 pagine, senza pubblicità) andando al sito http://www.unacitta.it o richiedendo copia saggio a mailing@unacitta.org.

Da oggi gli abbonati online possono sfogliare o scaricare il pdf dell'ultimo numero della rivista, cliccando in alto a destra nell'homepage ("accedi al servizio") e inserendo i dati richiesti.
Per abbonarsi all'edizione online (20 euro):
http://www.unacitta.it/newsite/abbonamentinew.asp

Nel sito è consultabile gratuitamente  anche l'intero archivio di interviste di "Una Città" (2000 circa).
Se non vuoi più ricevere avvisi di questo tipo scrivi a mailing@unacitta.org

LA GENERAZIONE DI BEN ALI. In un paese ingessato da anni, dove i democratici, anche a causa del silenzio dell'Europa, sono stati isolati e repressi, le donne e i giovani impossibilitati a esprimersi, il drammatico suicidio del giovane Mohamed Bouaziz ha innescato una tanto inattesa quanto inarrestabile sollevazione popolare che ha portato alla fuga del dittatore Ben Ali; la speranza e la gioia per un possibile nuovo inizio. Intervista a Latifa Lakhdar (da pag. 3 a pag. 5).

LETTERA DALLA TUNISIA, di Micol Briziobello (pag. 5).

UNIONIZED, NOT UNIONIZED. L'espulsione della Fiom dalla Fiat, peraltro ottenuta paradossalmente grazie a un articolo dello Statuto dei lavoratori, è una novità dirompente non solo in Italia, ma in tutta Europa; nel sistema di rappresentanza sindacale americano, di cui tanto si parla, non esistono contratti di categoria, ma solo aziendali, e per legge il sindacato entra solo se votato dal 50% più uno; il rischio che la Fiom, negando l'asimmetria lavoro-capitale e pretendendo di discutere tutto con l'azienda, si riduca a essere un sindacato "poco sindacato", restio cioè a firmare accordi; la macro flessibilità, di cui la Fiat si è fatta paladina, non può che comportare un'immane perdita di peso dei lavoratori. Intervista ad Aris Accornero (da pag. 6 a pag. 9).
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=2108

IL FATTORE RIPOSO. Vittorio Rieser e Gianni Marchetto discutono di modelli di organizzazione del lavoro e partecipazione a partire dall'intervista a Luciano Pero comparsa nel n. 178; la convinzione che il toyotismo non sia più umano e sostenibile del taylorismo, perché il dispotismo del mercato è più pesante di quello del vecchio piano di fabbrica fordista; il rischio che i lavoratori possano partecipare in realtà solo al loro autosfruttamento; l'importanza di raccontare le esperienze positive, ma anche la delusione per un sindacato incapace di fare proposte concrete e di sollevare lo sguardo sull'Europa (da pag. 10 a pag. 13).

IL CONFLITTO CHE NON C'E'. Un appunto di Alessandro Cavalli sull'errore di considerare contribuenti ed evasori due categorie con interessi opposti e antagonisti (pag. 13).

LA SOCIALITA’ CHE LEGA TUTTO. L'incredibile esperienza di Varese News, giornale online della provincia di Varese, nato nel 1997, quando in Italia c'erano solo 256 domini "punto it" e che oggi conta 604.000 visitatori unici al mese; il rapporto con la Lega, che va improntato a un confronto, anche critico, e non stigmatizzata come un partito xenofobo; l'ambizione di usare la rete per ricostruire una comunità, per tornare a mettere insieme le persone. Intervista a Marco Giovannelli (da pag. 14 a pag. 16).
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=2109

CINESI VERSO L'AFRICA. Un appunto di Massimo Livi Bacci su un fenomeno, quello dei cinesi in Africa, che al di là delle "sparate giornalistiche", resta ancora tutto da indagare (pag. 17).

QUEI QUATTRO ETTARI. Quattro ettari di terra acquistati da un sindaco ex-bracciante perché operai specializzati licenziati per motivi politici potessero mettersi in proprio; inizia così l'epopea del Villaggio artigiano  di Modena che tanto ha contribuito all'eccellenza nel mondo del distretto della meccanica modenese. Intervista a Beppe Manni (da pag. 18 a pag. 21).

EREDITA' IMBARAZZANTI. Stephen Bronner traccia una breve storia della violenza politica in America (pag. 22).

CENTRALI. Per "luoghi": l'area industriale di Giugliano, Napoli, dove da oltre vent'anni convivono, faticosamente, una cinquantina di imprese, alcune d'eccellenza, e 600 rom.

IL VISO DI PAKAL. I ricordi del fratello diversi dai propri, ognuno che rivive il passato per giustificare se stesso: quello che succede nella vita personale succede all'archeologo e allo storico per la vita di un popolo; la cerimonia, il glutine di una comunità; il turismo di massa sarà pure una piaga ma è pacifico. Intervista a Alberto Ruz Buenfil (da pag. 27 a pag. 29).

UN POMERIGGIO A JAFFA. Il casuale incontro con Rifaat Tourq, "il più grande calciatore palestinese della storia di tutti i tempi" in un bar di Jaffa, diventa l'occasione per ascoltare la sua storia di impegno, ma anche quella dello sfortunato quartiere Ajami di Tel Aviv, dove, in nome della riqualificazione dell'area, è in atto una progressiva espulsione dei palestinesi; di Mariangela Gasparotto (pag. 30-31).

IL SECONDO E’ FRANCESE. Giovanna Vandoni e Vittorio Parma discutono di cosa significhi essere italiani all'estero, di come la scelta di lasciare l'Italia sia stata dolorosa, ma anche foriera di gratificazioni forse impossibili in patria; il complicato rapporto con i figli che dismettono l'italiano con l'arrivo di un fratello e a cui pure si vorrebbe trasmettere qualcosa della propria cultura; la speranza che presto l'Europa diventi una dimensione identitaria (da pag. 32 a pag. 34).

LO SPECCHIO DEL PAESE. La crisi fiscale italiana è sempre stata imputata al malfunzionamento dell'Irpef, quando invece è l'Iva che, debitamente monitorata, potrebbe diventare il punto di forza del fisco, come già avviene in altri paesi; gli effetti perversi del sistema delle compensazioni dei crediti Iva, che di fatto ha prodotto una nuova forma di evasione; il dubbio funzionamento degli studi settore e l'uso di Gerico come fosse un videogioco, da parte dei commercialisti; il problema, endemico, dell'evasione, che però è sbagliato affrontare come fosse una questione morale; la convinzione che la battaglia oggi è innanzitutto culturale. Intervista a Roberto Convenevole (da pag. 35 a pag. 38).

LETTERA DALL'INGHILTERRA, di Belona Greenwood (pag. 39).

L'ESSENZA DEL PATRIARCATO. La memoria della Guerra in Algeria resta in un limbo, tra ricordi personali e storia pubblica; all'epoca gli algerini erano sedotti non dalla Francia coloniale, ma da ciò che la Francia offriva in patria; l'errore di non aver fatto proprio il "capitale", soprattutto linguistico, della colonizzazione; l'emancipazione femminile, al cui centro c’è la questione dell'eredità, condizione imprescindibile affinché le cose cambino; la nostalgia per gli anni in cui l'Algeria sembrò vicina all'imboccare la strada della modernità. Intervista a Mohammed Harbi (pag. 40-41).
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=2110

FOTORICORDO. Immagini di uno sciopero di cinquant’anni fa al Cotonificio Valle Susa (pag. 42-43).

LETTERA DALLA CINA, di Ilaria Maria Sala (pag. 45).

APPUNTI DI UN MESE. Si parla dell'economia che ruota attorno alla carne halal in Francia, del piccolo Egitto di New York, della vecchiaia e degli anni di invalidità che aumentano, di suicidi in carcere, di come internet stia diventando la "seconda opinione" medica, di come il matrimonio omosessuale sia entrato nelle presidenziali in Perù, di come i sistemi di sorveglianza vengano ormai usati più per controllare i dipendenti che contro i furti, della catastrofica siccità che ha colpito l'Amazzonia nel 2010, di madri cinesi, di un'applicazione Ipad per confessarsi, eccetera eccetera (da pag. 44 a pag. 47).

HO RIVISTO MUSSIA. “Maria era senza fiato: ‘Se verrete a sapere che sono stata mandata a Vorkuta saprete che cosa significa...’”; per il "reprint" dell'ultima pubblichiamo un testo di Suzanne Leonhard, attivista clandestina e spartachista, che fuggì dalla Germania nel 1935 per riparare in Urss dove fu arrestata nel 1936 e condannata a cinque anni di campo. Inviata a Vorkuta vi rimase anche dopo il termine della pena sino al 1945.

COPERTINA. Dedichiamo la copertina a tutti i giovani, le donne, i democratici, che dal Marocco alla Giordania, allo Yemen, stanno guardando con speranza alla lotta del popolo egiziano per la democrazia.

giovedì 17 febbraio 2011

VERGOGNA! VERGNONA! VERGOGNA!

 Federalismo, 'feeling' tra Lega e Pd. Bersani ospite su La Padania
Il Carroccio apre alla porposta di un patto a due per una "vera riforma"

15 febbraio, 11:54
*di Giuliana Palieri* (e, in calce, un commento mio)

ROMA, 14 FEB - Nella giornata in cui si e' registrata una certa
freddezza tra la Lega e il Pdl, a sorpresa in serata si e' saputo di un insolito 'feeling' tra lo stesso Carroccio e il centrosinistra di Pier Luigi Bersani. Il segretario del Pd ha infatti trovato ospitalita' sul quotidiano leghista La Padania che lo ha intervistato su federalismo e immigrazione. E Bersani non ha tradito le attese leghiste: dopo giorni di intenso corteggiamento a distanza, durante i quali ha ammonito il partito di Bossi che con Berlusconi non avrebbe mai realizzato il vero federalismo (al Cavaliere - e' stato il leit motiv di Bersani - servite solo come stampella per tenere in piedi il governo), il segretario del Pd ha teso la mano al senatur direttamente dalle pagine del quotidiano verde. Bersani ha in sostanza sfidato la Lega a realizzare un 'patto a
due' (Lega e Pd) per realizzare il 'vero federalismo'. Con la
pregiudiziale per la Lega di staccare la spina del governo Berlusconi ('non si puo' sacrificare tutto, ossia la riforma chiave, in nome di Ruby', ha osservato Bersani). ''Facciamo un patto per il federalismo'' e' proprio il titolo con cui la Padania presenta l'intervista. Il segretario del Pd parla di un ''patto tra forze popolari'' per cambiare l'Italia. E l'invito che Bersani fa a Bossi e' quello di ''guardare oltre Berlusconi e nel contempo preservare la prospettiva autonomista, perche' in queste condizioni rischiamo di fare un cattivo federalismo''.. ''Pur con posizioni diverse - aggiunge il segretario del partito democratico - e anche alternative, ci sono due vere forze autonomiste nel nostro Paese: il Pd e la Lega''. Ed e' il Carroccio ''a tenere attaccata oggi la spina del governo Berlusconi''. ''Le forze politiche - dice Bersani - forniscano una larga disponibilita'. Va anche bene che il Governo rimanga nell'ambito del centrodestra. Assicureremo
un'opposizione propositiva. Ripeto, garantisco personalmente per me e per il mio partito: il processo federalista deve andare avanti e giungere a compimento''. Musica per le orecchie leghiste. Ma non basta, Bersani e' stato oltremodo generoso e, affrontando l'emergenza immigrazione ha fatto sapere (rivolto direttamente a Maroni) che il Pd appoggera' il ministro dell'Interno ''nella sua richiesta di maggiore condivisione europea di fronte all'emergenza in Nord Africa''. ''So che
la Lega non e' razzista - ha detto un suadente Bersani - e appoggeremo Maroni nella sua richiesta di maggiore condivisione europea di fronte all'emergenza''. La sirena-Bersani, dunque sta solleticando le orecchie leghiste, allarmando il premier e la sua compagine, tanto piu' che nelle ultime ore si e' registrata una certa accelerazione del dibattito sul voto anticipato (in cui si e' inserito anche il Colle). E si sa che le
opposizioni stanno mettendo a punto la loro strategia per un fronte comune a favore delle urne. Mentre la lega appare sempre combattuta tra l'incasso elettorale subito e la realizzazione del federalismo. Di certo pero' in giornata si e' registrata una certa freddezza tra Carroccio e Pdl: mentre Berlusconi pronosticava soddisfatto un imminente allargamento della maggioranza a 325 parlamentari alla Camera, la Lega (che peraltro ha taciuto tutto il giorno) si e' fatta sentire con Roberto Calderoli solo per raffreddare l'entusiasmo del premier: 325? meglio 330 cosi' blindiamo anche tutte le commissioni e non corriamo rischi, altrimenti - ha sentenziato il ministro - meglio andare al voto.

Capisco la voglia di mandare a casa Silvio I, ma corteggiare la lega, a me farebbe un po' senso...d'accordo che fa ilpaio con quella 'geniale' intuizione di D'Alema (la lega è una costola della sinistra, ricordate?), ma mi sembra che tra puttane e puttanate, ci si dimentichi che il paese crolla (e non solo a Pompei)...