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lunedì 26 maggio 2014

Permettete a Jacopo, ragazzo autistico, di continuare a frequentare la propria scuola. Su CHANGE.ORG

Permettete a Jacopo, ragazzo autistico, di continuare a frequentare la propria scuola.

Mi chiamo Laura e sono la madre di Jacopo Bregolato, un ragazzo padovano di 15 anni con diagnosi di autismo grave. L’anno scorso, verso la fine della scuola media, il Collegio Docenti aveva messo per iscritto l’indirizzo orientativo per la scuola superiore, consigliando per Jacopo il Liceo della Grafica 'Valle' che, essendo nel quartiere, avrebbe permesso di continuare il progetto di lavoro sull’autonomia già avviato durante le medie.

Il Liceo 'Valle' ha rifiutato l’iscrizione asserendo di non avere la struttura adatta ad accogliere Jacopo!

Consapevoli delle difficoltà di inserimento di Jacopo in un tradizionale percorso di scuola superiore, abbiamo allora deciso di iscriverlo al Centro di Formazione Professionale Francesco d’Assisi, che accoglie ragazzi svantaggiati, con problemi personali e/o relazionali.

Assurdi ostacoli impediscono a Jacopo di frequentare il Francesco d’Assisi per tutta la settimana: può accedervi solo 3 giorni su 5.

A marzo si è tenuta dunque la riunione plenaria di tutte le Istituzioni coinvolte alla quale la famiglia non è stata invitata. In quella sede si è  risolto il problema con un parcheggio: il prossimo anno scolastico Jacopo dovrebbe frequentare l’Istituto Statale per geometri Boaga.

Questo problema, per il bene di Jacopo e di tutti i ragazzi come lui, deve essere risolto diversamente! Jacopo deve poter frequentare la scuola che lui e la famiglia hanno scelto. Deve poter continuare il prossimo anno al Francesco d’Assisi e frequentare le classi tutti i giorni. Per questo chiediamo che ci sia personale assistenziale e/o educativo, dedicato agli alunni con “particolari necessità” per tutto il tempo di copertura delle attività formative, anche presso i Centri di Formazione Professionale!

I genitori di Jacopo e Autismo Padova Onlus

VAFFAN...BEPPE!

e se ora creassimo noi un bel vaffan...beppe?
Così impara a usare toni fascistici (quasi sempre, tranne che da Vespa), razzisti (vi ricordate cosa diceva sui bambini stranieri e lo jus soli?).

...un grazie a quei milioni di italiani...che non lo hanno votato!

Mi spiace per il risultato della Lista Un'altra Europa per Tsipras...ma dobbiamo ricominciare...

Per una sinistra nonviolenta, pacifista, plurale e antiliberista!


domenica 25 maggio 2014

Martha Heizer: la Chiesa punisce cattolici convinti

di Irene Brickner in “derstandard.at” del 22 maggio 2014 (traduzione: www.finesettimana.org)
 
Martha Heizer è stata scomunicata a causa di messe private.
No, non si sente amareggiata, dice Martha Heizer, presidente del gruppo riformatore critico
romano-cattolico “Noi siamo Chiesa”. Piuttosto, dopo la sua scomunica divenuta ufficiale giovedì,
prova sentimenti contrapposti.
Infatti, afferma la sessantaseienne tirolese pedagogista di materie religiose in pensione, da un lato si
è impegnata come cattolica convinta praticamente per tutta la vita a favore della Chiesa, ha cercato
di rinnovare la Chiesa affinché essa continuasse ad essere attraente: un legame profondo.
Però quando nel settembre 2011 una giornalista di ORF le aveva chiesto se poteva riferire delle
messe private del gruppo di fedeli che si riunivano presso gli Heizer dal 2008, lei e suo marito Gerd
non avevano potuto rifiutare: nascondere questo alla pubblica opinione sarebbe loro apparso
inautentico in quel momento, mentre veniva discusso l' “appello alla disobbedienza”.
Tale appello si poneva tra l'altro il problema relativo al dogma secondo il quale solo ai preti è lecito
distribuire l'eucaristia, la santa comunione [ndr.: il termine “erteilen” usato dalla giornalista
significa “distribuire”]. Ma succedeva proprio questo – e continua a succedere – nell'ambito delle
celebrazioni eucaristiche del gruppo di preghiera ad Absam. Secondo Heizer tale gruppo esiste da
un quarto di secolo: “in un luogo in cui ci troviamo bene”. Prima anche il parroco locale
partecipava, poi però morì, e le messe private continuarono ad aver luogo.
Assolutamente ci si può interrogare sul ruolo del prete, dice la pedagogista e psicologa impegnata
femminista, che prima di andare in pensione ha insegnato per 20 anni presso la facoltà teologica di
Innsbruck istruendo insegnanti di religione delle scuole superiori. I preti creano una “società divisa
in classi” nella Chiesa cattolica, afferma: “Qui il clero, là i fedeli”.
Per questo non è più così decisamente come prima a favore del presbiterato femminile, dice questa
donna sposata da 41 anni e madre di tre figli adulti.
La possibilità che hanno ora a disposizione, di procedere contro la scomunica entro dieci giorni,
Heizer e il marito non la useranno: “Non accettiamo la punizione”. Come può avvenire questo
proprio durante il pontificato di Francesco, che passa per essere un papa riformista? Il procedimento
era in corso già da anni, spiega la Heizer, critica nei confronti della Chiesa da cui è ora bandita:
“Tutto questo rientra nel vecchio sistema”.

Bruxelles, l’odio torna a colpire


Sgomento e cordoglio in tutta Europa per l'attentato antisemita di Bruxelles. Ai familiari delle vittime la solidarietà del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna che, in una nota emessa al termine dello Shabbat, dichiara: "La nostra risposta a questa ennesima violenza deve essere nella coesione di tutti coloro che si riconoscono in quei valori di pace, unità e fratellanza che i nostri nemici, i nemici dell'Europa libera e plurale sorta sulle ceneri di Auschwitz, cercano di mettere una nuova volta sotto attacco. Per raggiungere questo obiettivo non possiamo quindi limitarci a generiche parole di condanna ma impegnarci a fondo in una mobilitazione coordinata a livello internazionale, guidata dalle forze dell'ordine dei diversi paesi, per individuare tutti i gruppi potenzialmente nocivi allo scopo di evitare che episodi simili avvengano in futuro". 

http://moked.it/

DAL SITO http://moked.it/ SOLIDARIETA' ALLA COMUNITA' VALDESE

“Vicini alla comunità valdese”
Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
“A nome di tutti gli ebrei italiani esprimo la più sentita solidarietà alla comunità valdese di Roma per l’episodio intimidatorio a tinte omofobe e razziste caratterizzato dall’azione di ignoti sulla facciata della chiesa di piazza Cavour.
Si tratta di un fatto grave che deve suonare come un campanello d’allarme e che colpisce la coscienza di ogni cittadino che abbia a cuore i valori dell’inclusione, del rispetto e della tolleranza.
Chi colpisce le minoranze, chi imbratta i luoghi di culto, chi lancia messaggi di odio sui muri delle nostre città sappia che le sue speranze sono vane e che non ci faremo mai intimorire”.

http://moked.it/

martedì 20 maggio 2014

TSIPRAS SPRONA L'ITALIA: "SINISTRA PUO' ESSERE TERZA FORZA IN EUROPA"




In occasione del voto alle elezioni europee di domenica “la sinistra può essere la terza forza politica in Europa e l’ostacolo al blocco della coalizione tra popolari e socialdemocratici”. Parola di Alexis Tsipras, candidato alla presidenza della Commissione Europea a capo della lista ‘L’altra Europa con Tsipras’, durante il suo comizio elettorale davanti all’Università Statale a Milano. Tsipras chiede ai suoi elettori uno sforzo “in questi ultimi pochi giorni, per fare una battaglia con passione per mostrare che c’è una sinistra, a Milano e in Italia, che non si compromette e che vuole cambiare il Paese”.
Secondo Tsipras, “oggi ci sono tre grandi blocchi di potere in Europa”. Il primo è “quello delle forze popolari di destra con i socialdemocratici e i liberali che governano con diverse varianti, ma sono molto decisi ad applicare le politiche di austerità”. Il secondo blocco, spiega, “è quello nero dell’estrema destra neonazista che vuole distruggere l’Europa e ci porta delle memorie che danno i brividi”. Infine il terzo “è quello della sinistra alternativa che non vuole distruggere l’Europa, ma cambiarla per portare avanti i bisogni della gente e della democrazia”.
“Do per scontato che in Grecia Syriza sarà il primo partito, ma sono un po’ preoccupato per il risultato della lista qui in Italia, non solo per superare la soglia di sbarramento del 4%, ma anche per la percentuale con cui si entrerà nel Parlamento Europeo, per dimostrare che la sinistra ha messo di nuovo radici in Italia”.
Tsipras si dice “contento per questa battaglia che state facendo in Italia, che è stata nascosta dai mezzi di informazione, ma che noi porteremo fino in fondo”. Dalla Grecia Tsipras porta “un messaggio di vittoria e di rovesciamento delle politiche in Europa, dal più grande comune della Grecia, Atene” dove si sono svolte domenica le elezioni amministrative, che hanno visto la lista di sinistra registrare, secondo gli exit poll, una percentuale tra il 20 e il 25%. In conclusione il leader greco di Syriza sottolinea come “il nostro discorso politico va specialmente ai giovani che, per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, vedranno le loro condizioni essere peggiori di quelle dei loro genitori. E’ impossibile accettare che nei nostri Paesi ci siano percentuali così alte di disoccupazione giovanile”.

articolo pubblicato il 19/05/2014 sul sito:
http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2014/05/19/tsipras-sprona-italia-sinistra-puo-essere-terza-forza-politica-europa_qx4xA5z5A5g7HIbdWrHFvN.html

lunedì 19 maggio 2014

PER IL 25 MAGGIO: PROMEMORIA

Le elezioni sono ormai alle porte. Come al solito sono molto perplesso. Nessuna delle liste in competizione mi soddisfa a fondo. Soprattutto L'Altra Europa con Tsipras: temo che invece di intercettare il popolo dei referendum, abbia intercettato rottami della vecchia sinistra e/o della sinistra degli assessori...Comunque, meglio che niente. Lo so: con questa logica non si va da nessuna parte. Però anche sperare in un movimento autogestito, dal basso, che cambi le cose...Mi accontenterei di arginare la nuova destra come quella di Grillo e la vecchia destra (di Berlusconi, della fiamma tricolore o giù di lì)...oddio, anche i renziani del pd...

Comunque, a chi mi legge faccio tre proposte:

Se siete residenti nel Comune di Ortovero, votate ProgettOrtovero, candidato sindaco Mariagrazia Timo, lista n. 3. 5 anni fa ha sconfitto il centrodestra che si presentava coi simboli ufficiali della lega nord e del popolo delle libertà! Va premiata per il suo coraggio...
www.progettortovero.it

Se siete residenti ad Albenga...la situazione si fa un po' più complessa. Ci sono 6 candidati, con due liste di sinistra, tra cui ALternativa per Albenga, la mia preferita (con tanti miei amici dentro...). Votate questa!

Infine l'Europa. Piuttosto che votare Grillo, PD o altra roba, commetto reato e mi mangio la matita...Voterò L'Altra Europa con Tsipras...anche solo per far incazzare i sondaggisti...



LA LISTA UN'ALTRA EUROPA CON TSIPRAS CANDIDA FRANCESCO GESUALDI!

UNA PROPOSTA

Alle persone amiche che sentono come me l'esigenza di impegnarsi affinche' una persona rappresentativa della nonviolenza come Francuccio Gesualdi possa essere eletto al parlamento europeo, cosa che sarebbe un bene per tutti, propongo di scrivere delle lettere alle persone loro amiche ed ai mezzi d'informazione - i media locali, nazionali, "social" - per segnalare la candidatura di Francuccio Gesualdi.
Allego due modelli di lettera che chiunque puo' utilizzare con le eventuali modifiche che riterra' opportune.
Grazie fin d'ora. Manca una settimana al voto. Facciamo uno sforzo adesso.
La nonviolenza e' in cammino.

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo

Viterbo, 19 maggio 2014

Mittente: "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it e centropacevt@gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

* * *

UN MODELLO DI LETTERA ALLE PERSONE AMICHE

Carissime e carissimi,
vorrei farvi sapere che nella circoscrizione dell'Italia centrale nella lista "L'altra Europa con Tsipras" e' candidato Francuccio Gesualdi.
Francuccio Gesualdi e' stato allievo di don Lorenzo Milani nella scuola di Barbiana, e' animatore del "Centro nuovo modello di sviluppo" di Vecchiano, insieme a padre Alex Zanotelli ha promosso la nascita della "Rete di Lilliput", e' da sempre impegnato in molte iniziative concrete di solidarieta' e di difesa dei diritti umani e dell'ambiente, ha contribuito a far nascere e crescere in Italia la consapevolezza, l'azione e le reti del consumo critico ed etico, del commercio equo e solidale, degli stili di vita sobri e responsabili, dell'impegno per garantire a tutta l'umanita' il diritto al cibo, all'acqua, a un ambiente vivibile, alla dignita'. Ha scritto libri utilissimi come ad esempio il Manuale per un consumo responsabile (1999), Sobrieta' (2005), Le catene del debito (2013).
Vi proporrei sia di votarlo, sia di far circolare l'informazione.
Con Francuccio Gesualdi possiamo portare al parlamento europeo le esperienze, le riflessioni, le lotte e le proposte veramente necessarie.
Grazie dell'attenzione, grazie della solidarieta'.
Firma
Data
Indirizzo del mittente

* * *

UN MODELLO DI LETTERA AI MEZZI D'INFORMAZIONE

Gentili signori,
vorrei farvi sapere che nella circoscrizione dell'Italia centrale nella lista "L'altra Europa con Tsipras" e' candidato Francuccio Gesualdi.
Francuccio Gesualdi e' stato allievo di don Lorenzo Milani nella scuola di Barbiana, e' animatore del "Centro nuovo modello di sviluppo" di Vecchiano, insieme a padre Alex Zanotelli ha promosso la nascita della "Rete di Lilliput", e' da sempre impegnato in molte iniziative concrete di solidarieta' e di difesa dei diritti umani e dell'ambiente, ha contribuito a far nascere e crescere in Italia la consapevolezza, l'azione e le reti del consumo critico ed etico, del commercio equo e solidale, degli stili di vita sobri e responsabili, dell'impegno per garantire a tutta l'umanita' il diritto al cibo, all'acqua, a un ambiente vivibile, alla dignita'. Ha scritto libri utilissimi come ad esempio il Manuale per un consumo responsabile (1999), Sobrieta' (2005), Le catene del debito (2013).
Per informazioni e contatti: Centro nuovo modello di sviluppo, via della Barra 32, 56019 Vecchiano (Pisa), tel. 050826354, fax: 050827165, e-mail: coord@cnms.it, sito: www.cnms.it
Grazie dell'attenzione e distinti saluti.
Firma
Data
Indirizzo del mittente

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La nonviolenza è un cammino
Per iscriversi o cancellarsi dalla lista:
http://www.peacelink.it/mailing_admin.html

martedì 13 maggio 2014

A PROPOSITO DEL RAPIMENTO DELLE RAGAZZE NIGERIANE, E DI TUTTE LE ALTRE DONNE COME NOI.

Ricevo dalle amiche dell'Associazione Donne e Mamme Musulmane l'invito a pubblicare questo loro articolo. Lo faccio volentieri...
Dato che, giustamente, ci hanno chiesto di dire la nostra sulla questione lo facciamo con senso del dovere e di giustizia, che riteniamo fondamentali nella nostra vita di credenti musulmane soprattutto quando ci rivolgiamo pubblicamente a chi non ci conosce.
Ci preme innanzitutto sottolineare che senza ombra di dubbio condanniamo ciò che sta accandendo alle liceali rapite, alle quali doneremo le nostre preghiere, i nostri pensieri, le nostre speranze affinchè vengano liberate il più presto possibile.
Oltre ciò è come minimo doveroso dichiarare ad alta voce che l’Islam con tutto ciò NON HA NIENTE A CHE FARE NELLA MANIERA PIU’ ASSOLUTA. L’Islam vieta il rapimento, la tortura, la violenza, la coercizione, l’obbligo di matrimonio e di conversione nei confronti di chiunque, uomini e donne.
E’ un grave peccato tutto ciò, che non è giustificabile in nessuna maniera e che mai nessun VERO credente musulmano potrebbe mai accettare o tollerare.
Proprio di recente autorità religiose islamiche note a livello mondiale hanno condannato quel che sta avvenendo, dichiarandolo come estraneo ai nobili insegnamenti dell’Islam. Si tratta del mufti (autorità che ha titolo per emettere verdetti giuridici) dell’Arabia saudita Abd El Aziz Al Shaikh, che ha dichiarato i componenti del gruppo Boko Haram come dei “deviati” che infangano l’immagine dell’Islam, di Al Ahzar, Egitto, una delle università islamiche e centro religioso fra i più conosciuti e attivi al mondo e di varie altre realtà.
Detto questo, ci preme però anche ricordare tutte le altre donne che in questo preciso momento a loro volta stanno patendo degli immaginabili soprusi, come le donne siriane, le quali vengono stuprate, torturate, uccise e utilizzate a piacimento come “bottino di guerra” da chi sfrutta la situazione per sfondare il muro della ribellione contro la dittatura di Al Assad.
E le donne palestinesi, oramai “fuori moda” e quasi dimenticate dai media, che però ogni giorno continuano a lottare per la sopravvivenza loro e dei loro figli in un territorio che giorno dopo giorno viene sottratto loro da sotto i piedi, e in case che da un momento all’altro non si ritrovano avere più.
E le donne e ragazze musulmane birmane di etnia Rohingya, che vengono sturpate e torturate, discriminate in quanto minoranza e costrette a diventare buddhiste contro la loro volontà, le quali non sono state nè dimenticate nè messe da parte dai media mondiali: non vengono considerate proprio.
E tutte le altre donne, quelle incarcerate ingiustamente a causa dei loro familiari, allontanate per anni dai loro figli e dai loro cari che pagano per colpe che non hanno, quelle che sono costrette a lavorare fin da bambine, che subiscono il turismo sessuale da parte di ricchi pervertiti perchè povere e disperate, costrette a diventare donne saltando del tutto l’infanzia per poi invecchiare e morire malate, sole e dimenticate da tutti magari già a 40 anni.
Per poi arrivare qui, nella nostra Italia, dove vediamo donne disperate sui barconi della speranza in cinte, malate, debilitate dalla fatica stremante del viaggio che qualcuno vorrebbe non assistere quando si avvicinano alle coste italiane con il loro povero fagotto contenente i loro pochi averi di una vita e il peso di una vita inenarrabile sulle spalle.
Le campagne anti violenza et similia ben vengano, ma devono essere perpetrate nel tempo e dedicate a tutti coloro che ne hanno bisogno, non è giusto che diventino una moda del momento che poi, finita l’emergenza più eclatante, finiscano nell’oblio di chi ha una vita fortunatamente agiata tra divano, computer e tv.
Questo non sarebbe giusto nemmeno per queste povere studentesse nigeriane che necessitano di vero aiuto e di vera compassione, non di slogan o pietà a tempo determinato.
L.A.B.



http://associazionemusulmane.wordpress.com/2014/05/13/a-proposito-del-rapimento-delle-ragazze-nigeriane-e-di-tutte-le-altre-donne-come-noi/

LA'ALTRA EUROPA CON TSIPRAS!


giovedì 8 maggio 2014

ARRESTATI SCAJOLA, PRIMO GREGANTI, IL SEN. GRILLO ECC ECC

non sono loro a essere marci.

è il sistema che è 
marcio fino al midollo!!!

5x1000 al movimento nonviolento!

5 per mille al Movimento Nonviolento
Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sarà possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in più, ma solo di utilizzare diversamente soldi già destinati allo Stato. 
Destinare il 5 per 1000 delle proprie tasse al Movimento Nonviolento, è facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e  scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. 

Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere è:
93100500235

Sono moltissime le associazioni cui è possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in più o in meno non farà nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sarà determinante perché ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuità, le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attività del Movimento Nonviolento e in particolare per la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare il centro estivo di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi di lavoro, ecc...). 
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da cinquant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie
Se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un CAF, consegna il numero di Condice Fiscale  e indica chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Le sottoscrizioni ricevute negli anni scorsi:
anno 2006:  247 contribuenti       8521,59 euro
anno 2007:  275 contribuenti       9859,36 euro
anno 2008:  337 contribuenti     11548,83 euro
Un grazie a tutti coloro che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.

APPELLO PER LA LISTA "L'ALTRA EUROPA CON TSIPRAS"

Chi, dopo aver letto l'appello, lo condivide, è pregato di diffonderlo capillarmente
e, se vuole, di darne notizia al mittente (Enrico Peyretti enrico.peyretti@gmail.com)

Noi, che firmiamo e diffondiamo questo Appello per votare e sostenere la Lista “L'Altra Europa con Tsipras”, siamo persone di sensibilità e pensiero laici, cristiani, democratici, sociali, di sinistra, per la pace e la giustizia, per l'incontro positivo delle civiltà e culture umane.
In questo spirito ci rivolgiamo ai nostri concittadini che, pur con differenze culturali tra loro, si uniscono intorno ai valori civili essenziali, al dovere di giustizia e ai diritti democratici in Europa.
L'Europa ha bisogno di un ordine politico nuovo, e di politiche che riuniscano quel che è stato disunito e disfatto. Non bastano i partiti conservatori di questa Unione, che umilia e impoverisce i popoli, favorendo banche e speculatori. Ancor meno i partiti che prospettano il nazionalismo e la xenofobia, o gridano un disagio reale, ma con sbocchi populistici oscuri.
Il progetto della Lista “L'Altra Europa con Tsipras” è quello di dare all’Unione una Costituzione democratica e federale, scritta dai popoli, e di dotarla di una politica estera autonoma dal condizionamento statunitense.
La Lista con Tsipras mette decisamente in discussione il Fiscal compact, e contesterà in Parlamento l'applicazione dell'obbligo del pareggio di bilancio (purtroppo inserito nell'articolo 81 della Costituzione italiana, senza che l'Europa ce l'abbia mai chiesto).
La cultura neoliberista ha impedito all’Europa di essere quell’istanza superiore in grado di proteggere le democrazie, erose dai mercati incontrollabili e dalla prevaricazione di superpotenze che usano lo spazio europeo per estendere i loro mercati e la loro potenza geopolitica.
In questo scenario, vediamo nella Lista “L'Altra Europa con Tsipras” una dozzina di vie politiche da percorrere, alternative all’attuale status quo:
1 - Un’Europa più solidale viene prima del mettere a posto i conti con le riforme strutturali. L’economia e l’Europa unita in democrazia devono andare insieme e non l'una prima dell'altra. Con l’Euro si è fatta prima la moneta, per attendere poi un’Europa politica solidale. Ma così s’impone lo Stato più forte.
2 - Solo un’Europa federale è la via aurea nella globalizzazione. Nell'Europa federale, Grecia o Italia (come la California per gli Usa) non pensano l'uscita dall'euro, perché le strutture federali e un bilancio comune non puniscono gli Stati più deboli.
3 - In un’Europa federata e multietnica, Lampedusa è una porta per i profughi da guerre e oppressioni, non una delle tante muraglie del mondo.
4 - La difesa dell’interesse di tutti i cittadini europei deve essere prioritaria sulla difesa dell’«interesse nazionale», perché, se salta un anello, tutta la catena salta.
5 – La Lista con Tsipras non è un movimento minoritario di protesta, ma avanza queste proposte precise:
a) Una Conferenza sul debito che, come nel 1953 furono condonati alla Germania i debiti di guerra, europeizzi la parte dei debiti che eccede il fisiologico 60 per cento del pil;
b) Un Piano Marshall per l’Europa, che avvii una riconversione produttiva, ecologicamente sostenibile e ad alta occupazione, finanziato dalle tasse sulle transazioni finanziarie e sulle emissioni nocive, oltre che da project bond e eurobond.
6 – La Lista esige non soltanto l’abbandono delle politiche che impongono austerità ingiusta e diseguale, ma le modifiche dei Trattati che le hanno rese possibili.
Tra i primi interventi: 1) una Iniziativa dei Cittadini (art. 11 del Trattato sull’Unione europea) per la ridiscussione a fondo del Fiscal Compact, che, in Italia e in altri Paesi, distrugge lo Stato sociale e impoverisce un paio di generazioni; 2) un’indagine conoscitiva e giuridica del Parlamento Europeo sulle responsabilità della Commissione, della BCE e del FMI nell’imporre un tipo di austerità ingiusta, che ha gravemente danneggiato milioni di cittadini europei.
7 – La Lista con Tsipras non solo condanna gli scandali della disoccupazione e del precariato, ma propone un Piano Europeo per l’Occupazione (PEO): provvedimenti possibili per dare lavoro ad almeno 5-6 milioni, tanti quanti hanno perso il lavoro dall’inizio della crisi.
Il PEO dovrà: 1) dare la priorità a interventi che rispettino gli equilibri ambientali, non alle Grandi Opere che devastano il territorio e creano poca occupazione; 2) agevolare una drastica riduzione di consumo di combustibili fossili; un’agricoltura biologica; il riassetto idrogeologico dei territori; la valorizzazione non speculativa del patrimonio artistico; il potenziamento dell’istruzione e della ricerca.
8 – È pericoloso l’accordo sul Partenariato Transatlantico per il Commercio e l'Investimento (Ttip): condotto segretamente, senza controlli democratici, il negoziato è in mano alle multinazionali, che fanno prevalere i propri interessi su quelli collettivi dei cittadini. Il welfare è sotto attacco. Acqua, elettricità, educazione, salute saranno esposte alla libera concorrenza, contro i referendum e tante lotte sui “beni comuni”. Il Ttip riduce il contrasto alla produzione degli OGM e alla penalizzazione delle imprese inquinanti, riduce l’etichettatura dei cibi, la tassa sulle transazioni finanziarie e sull’emissione di anidride carbonica. La lotta contro la corruzione e le mafie è essenziale per resistere alla commistione mondializzata fra libero commercio, violazione delle regole, abolizione dei controlli democratici sui territori.
9 - “L'Altra Europa con Tsipras” vuole cambiare ed aggiornare così la natura delle istituzioni europee:
1) La lista vuole un Parlamento costituente, che dia ai cittadini dell’Unione una Carta in nome del popolo europeo; 2) in luogo dei vertici dei capi di Stato o di governo, propone che il Parlamento europeo diventi davvero democratico, che legiferi, che nomini la Commissione e il suo Presidente, e che imponga tasse europee in sostituzione di quelle nazionali in un bilancio europeo finalmente adeguato.
10 - “L'Altra Europa con Tsipras” critica radicalmente la gestione dell'euro, e la impotenza della Banca centrale ad essere prestatrice di ultima istanza, ma è contro l’uscita dall’euro: sarebbe pericoloso economicamente (aumento del debito, dell’inflazione, dei costi delle importazioni, della povertà), non restituirebbe ai paesi il governo della moneta, ci renderebbe più che mai dipendenti da mercati incontrollati, dalla potenza Usa o dal marco tedesco. Soprattutto segnerebbe una ricaduta nei nazionalismi autarchici, e in sovranità fasulle. Vogliamo un’Europa politica e democratica che faccia argine ai mercati, alla potenza Usa, alle tentazioni nazionaliste e xenofobe. Una moneta «senza Stato» è un controsenso politico, prima che economico.
11 – L’Europa della Lista con Tsipras è l'Europa della Resistenza e della promozione attiva della pace: contro il ritorno dei nazionalismi, contro chi calpesta le Costituzioni e svuota i Parlamenti, contro i capi plebiscitati da popoli ridotti a massa amorfa e non cittadini consapevoli. La pace in Europa non è un fatto acquisito: le politiche di austerità hanno diviso gli Stati e i popoli, e oggi viviamo una sorta di guerra civile dentro un’Unione che secerne di nuovo partiti fascistoidi. All’esterno, poi, siamo impegnati in guerre decise dalla potenza Usa, a cui gli Stati dell’Unione partecipano senza discuterle. La Lista Tsipras vuole un progetto di disarmo, una politica estera e di difesa comune pacifica (la disunione costa 120 miliardi all'anno di spese militari). Perfino ai confini orientali dell’Unione sono gli Stati Uniti d’America a decidere quale ordine debba regnare. Vedi Appendice: L'Europa come forza di pace
12 - L’Europa che questa Lista vuole è quella del Manifesto di Ventotene: chi lo scrisse non pensava a “compiti a casa”, ma ad un comune compito rivoluzionario. Facciamo rivivere quella presa di coscienza: la proposta è di stare nel Parlamento europeo con Tsipras, non con i socialisti o con coloro che già pensassero a Grandi Intese con i conservatori.
Noi non dimentichiamo il Novecento: l’Europa delle nazioni portò ai razzismi, allo sterminio di ebrei, Rom, malati mentali. L’Europa della recessione sfociò nella presa del potere di Hitler. 
I valori civili, umanistici, culturali e spirituali più profondi della storia europea, ai quali, per vie concomitanti, noi sottoscritti ci ispiriamo, ci suggeriscono linee politiche giuste, come quelle qui accennate. Sappiamo bene che quei valori, contraddetti e negati in momenti neri e tragici dell'Europa, sono tuttavia vivi e resistenti in tante coscienze e tradizioni, che possono responsabilmente rimettere l'Europa in un cammino di umanizzazione avanzata, nella comunità più partecipe di tutti i popoli umani, che è l'impresa assegnata alle nostre generazioni nell'attuale temperie storica.
Appendice
L’Europa come forza di pace
L'Europa non ha ancora sviluppato una sua reale Politica Estera e di Difesa per ragioni storiche (basti pensare al grande numero di basi statunitensi ancora ospitate sul territorio europeo) e per mancanza di autorevolezza e unità politica. I paesi più forti nella Ue, o che si sentono tali, quali Germania, Francia e Inghilterra tendono a costruire un loro sistema di relazioni economiche, finanziarie e militari che non intendono mettere in comune; dal canto suo l’Italia non è da meno con il suo attivo presenzialismo militare in tragiche situazioni di conflitto di cui favorisce di fatto la cronicizzazione, dovuta alle politiche inefficaci o negative nel cui quadro esso si inserisce.
Ma soprattutto in ambito europeo ha pesato e ancora pesa enormemente la presenza della NATO, che ha sempre svolto un ruolo importante per orientare e determinare il coordinamento della politica estera e di difesa dei Paesi europei. Di fatto la Nato ha rappresentato un potente strumento ideologico e pratico di surroga/supplenza di un’autonoma politica europea. La Nato ha determinato i modi del rapporto dell’Europa con il suo lato orientale, dopo la fine dell’Unione sovietica e lo sbriciolamento del sistema delle ex Repubbliche legate al Cremlino. Lo stesso Henry Kissinger ha recentemente, in occasione della crisi ucraina, apertamente criticato la politica di annessione alla Nato dei paesi dell’est europeo. L’idea di “un ordine stabile e giusto in Europa” affidato alla Nato e all’esclusiva alleanza con gli Stati Uniti ha una storia antica (Rapporto Pierre Hermel 1967) e continua a svolgere un ruolo fondamentale.
Questo stato di cose non può continuare. L’Europa può e deve promuovere un processo di superamento della Nato, la cui persistenza come strumento particolare ed esclusivo di sicurezza appare sempre meno giustificabile quasi un quarto di secolo dopo la fine della divisione dell’Europa e del mondo in blocchi contrapposti, mentre rischia proprio di suscitare nuovamente e in nuove forme una tale pericolosissima contrapposizione. All’interno dei suoi attuali confini e nel mondo, l’Europa deve esigere il disarmo nucleare, una drastica riduzione di ogni forma di armamento convenzionale e delle spese militari, misure severe per la limitazione e il controllo del commercio delle armi, la conversione dell’industria bellica. Per la sicurezza europea non c’è alcun bisogno di costruire un nuovo esercito europeo, fonte di nuove spese (basti pensare agli F35 il cui acquisto da parte dell’Italia vogliamo bloccare), ma soprattutto di una visione militarista che lo qualificherebbe come il braccio armato della “Fortezza Europa”.
Si può procedere all’integrazione degli eserciti nazionali, con un loro snellimento e una consistente riduzione di spesa, che possono diventare un corpo capace di intervenire in aree a rischio con i criteri e gli strumenti della prevenzione pacifica, della tutela dei diritti umani, della gestione politica dei conflitti, sempre e solo sotto l'egida e la legittimazione delle Nazioni Unite. Accanto a questi possono agire corpi civili di pace, costituiti anche su base volontaria.
La sicurezza europea, come dei suoi cittadini, comporta una lotta senza quartiere alla grande criminalità organizzata, al traffico di armi, preziosi, stupefacenti (cui è funzionale la liberalizzazione dell’uso delle droghe leggere) e alle nuove forme in cui si organizza l’economia criminale, in stretto rapporto con la finanziarizzazione del mondo economico.
La dimensione internazionale della Mafia e delle sue molteplici varianti, delle organizzazioni criminose costruite sulla base di affiliazioni segrete hanno invaso il mondo. Sono tra le prime ad avere capito le leggi della globalizzazione. È contro queste che va rivolta l’azione dei servizi di intelligence e di polizia. Presso il Parlamento europeo si è costituita una commissione (la Crim) con il compito di mettere ordine nelle legislazioni degli Stati membri per giungere alla prima normativa comune per il contrasto alla criminalità organizzata e alla corruzione. È un passo avanti che va sostenuto e incrementato. Il Parlamento di Strasburgo ha varato un Rapporto contro la criminalità organizzata e la corruzione, che rappresenta il primo concreto piano d’azione dell’Ue per contrastare questi fenomeni a livello transnazionale e per superare quelle barriere legislative anche grazie alle quali, purtroppo, le mafie hanno potuto alimentare il proprio immenso giro di affari. Per esempio, il rapporto introduce il reato di associazione mafiosa a livello Ue, un reato sconosciuto finora alla maggior parte dei paesi europei.
Il Parlamento ha varato anche la direttiva sulla confisca dei beni che sono provento di reato. La direttiva dovrebbe essere formalmente approvata dal Consiglio nelle prossime settimane e introduce per la prima volta un testo unico europeo in tema di sequestro dei beni della criminalità organizzata. La necessità di leggi transnazionali per combattere il crimine organizzato è nota da tempo. E uno degli strumenti più efficaci è proprio quello della confisca dei beni. Secondo la direttiva approvata a Strasburgo, i beni potranno essere confiscati a seguito di una condanna penale definitiva, ma anche nel caso di procedimenti che non possono giungere a conclusione.
Le nuove norme consentiranno agli Stati membri di confiscare beni ottenuti mediante attività criminali, tra cui ad esempio corruzione, partecipazione a un'organizzazione criminale, pornografia infantile o criminalità informatica. Secondo il testo, i 28 stati membri dovrebbero adottare misure che consentano l'utilizzo dei beni confiscati per interesse pubblico e ne incoraggino il riutilizzo sociale. Oggi, meno dell'1% dei proventi di reato in Europa sono confiscati.
Il lavoro fatto finora al Parlamento, però, non basta. Il rapporto sulla criminalità organizzata, per diventare operativo, deve ancora passare dalle forche caudine di Commissione e Consiglio. E la stessa direttiva sulla confisca va migliorata (purtroppo molte delle indicazioni del Parlamento sono state stralciate dagli stati membri). Il nostro impegno è quindi pieno per ribadire ancora una volta che senza una lotta alla mafia realmente globale, oltre che europea, la criminalità organizzata continuerà a proliferare in tutta l’Ue.





martedì 6 maggio 2014

RIAPRE LA “FABBRICA” DEI PAPI SANTI.COMMENTI A MARGINE DELLE CANONIZZAZIONI


37625. ROMA-ADISTA. Non si sono ancora spenti i riflettori sulla doppia canonizzazione del 27 aprile scorso che già si mormora di una imminente beatificazione di Paolo VI, il quale potrebbe salire agli onori degli altari entro la fine dell’anno (si parla del 19 ottobre prossimo, a conclusione del Sinodo dei vescovi). Tra i tre che ormai sono stati proclamati santi (Pio X, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II) e i tre che sono sulla buona strada (Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo I), degli otto pontefici del ‘900 solo due – Benedetto XV e Pio XI – non hanno ancora compiuto neppure un passo sulla via della santità, e il primo per ovvi motivi.

Numeri eccezionali se si pensa che nell’ultimo millennio solo sette papi sono stati proclamati santi (compresi Wojtyla e Roncalli) e nove beati, e che dovrebbero indurre a una riflessione, come più volte Adista ha sottolineato in questi anni (v. Adista Notizie nn. 1/10, 37/11 e 16/14), su una Chiesa che, canonizzando i propri vertici, santifica se stessa.

Criticità, questa ed altre, sulle quali in questi giorni, al di là del coro di giubilo, più di un osservatore si è soffermato.


Scelte politiche

Sulla valenza politica del fenomeno santità ha posto l’accento, in un commento apparso su la Repubblica (24/4), il teologo Vito Mancuso. «La politica – scrive – ha sempre giocato un grande ruolo nella storia della Chiesa alla prese con la dichiarazione della santità dei suoi figli migliori. Nel bene e nel male». Inoltre, prosegue Mancuso, la politica ecclesiastica «non si esprime solo sulle canonizzazioni in positivo, ma anche su quelle in negativo, sull’esclusione cioè di chi meriterebbe di essere riconosciuto santo ma non lo diviene». È il caso di mons. Oscar Romero, «ucciso dagli squadroni della morte il 24 marzo 1980 mentre celebrava la messa nella cattedrale di San Salvador per la difesa dei diritti dei poveri, e mai beatificato da Giovanni Paolo II, che anzi in vita l’umiliò, né in seguito da Benedetto XVI. Ed è il caso di Hélder Câmara, il vescovo di Recife, nel nord del Brasile, famoso per la sua lotta a favore degli ultimi, per la sua gente già santo ma non per il Vaticano». «La santità esprime un grande ottimismo sulla natura umana in quanto ritenuta capace realmente di bene e per questo – è opinione del teologo – il suo istituto è tanto importante e andrebbe governato con maggiore spirito di profezia. La politica però ha purtroppo spesso la meglio, e la canonizzazione parallela di due papi tanto diversi – conclude Mancuso – lo dimostra ancora una volta».

Sulla stessa lunghezza d’onda Paul Vallely, visiting professor di Etica pubblica e Media presso la University of Chester e autore di Pope Francis: Untying the Knots, che sulle pagine del New York Times (23/4) ha rimarcato il «gesto astutamente equilibrante» di papa Francesco il quale «unendo le due canonizzazioni papali, intende segnalare a conservatori e progressisti contemporaneamente che nessuno deve essere escluso dall'abbraccio della Chiesa. Ma anche così – prosegue Vallely – le sue azioni hanno dimostrato pubblicamente quanto la canonizzazione sia diventata un fatto politico che rischia di svalutare l'idea che i santi siano prima di tutto modelli per indicare alla gente comune come vivere una vita santa». Una politicizzazione che per Vallely «è diventata più evidente in tempi recenti» rendendo sempre meno edificante un sistema che invece avrebbe dovuto esserlo. «Così – prosegue – Josemaria Escrivà, fondatore del movimento conservatore Opus Dei, è stato canonizzato a di tempo record sotto Giovanni Paolo II, che favorì l'Opus Dei al punto da sottrarre il gruppo al controllo dei vescovi locali». Mentre nello stesso periodo «la via alla santità fu intralciata per l'arcivescovo martirizzato Oscar Romero». «Sotto Francesco, che viene chiamato “il papa del popolo”, ci si potrebbe aspettare più santi presi tra la gente comune che tra i preti. Tanto più che Francesco ha dichiarato con forza in diverse occasioni che il clericalismo è la piaga della Chiesa moderna. Appare quindi profondamente paradossale che questo fine settimana il papa si trovi a canonizzare due uomini al vertice della gerarchia clericale. Una doppia canonizzazione papale non è mai avvenuta nella storia bimillenaria della Chiesa. Sarebbe saggio – conclude Vallely – che Francesco facesse in modo che non accada più». 

Più o meno le stesse riflessioni della sezione italiana del movimento Noi Siamo Chiesa la quale sottolinea che «il sistema di canonizzazione di tutti, o quasi tutti, i papi dell’ultimo secolo e mezzo, bilanciando personalità e linee pastorali del tutto diverse ed anche opposte tra di loro, ha fortemente favorito una vera e propria papolatria contraria al Vangelo (e al Concilio). Quando un cristiano diventa papa – è la domanda di NsC – la santità diventa forse un corollario del suo ruolo? O forse solo santi sono eletti al pontificato?».

Due papi, due Chiese

Quello della valenza politica delle canonizzazioni non è l’unico elemento ad aver alimentato critiche. Per quanto in questi giorni ci si sia affannati a rimarcare una qualche continuità tra i due papi celebrati – in molti, compreso Francesco, hanno detto che questa doppia canonizzazione era una celebrazione del Concilio Vaticano II, aperto da Giovanni XXIII e al quale Giovanni Paolo II partecipò – l’accostamento tra i due, in realtà tanto diversi tra loro, non ha mancato di far discutere.

«Mettere insieme il papa del Concilio Vaticano II e quello che scientemente e scientificamente l’ha abolito, svuotandolo di ogni residuo di vita, è il massimo del sadismo religioso, una nuova forma di tortura teologica», ha commentato don Paolo Farinella (MicroMega, 27/4). «La Curia romana della Chiesa cattolica, che Francesco non ha ancora scalfito, se non in minima parte, è riuscita ancora nel suo intento, imponendo al nuovo papa un calendario e una manifestazione politica che è più importante di qualsiasi altro gesto o dichiarazione ufficiale. La vendetta curiale è servita sempre fredda». «Papa Giovanni XXIII non ha avuto fortuna da morto», prosegue Farinella ricordando che nel 2000 fu dichiarato beato insieme a Pio IX, «il papa del Concilio Vaticano I, il papa che impose al Concilio la dichiarazione sull’infallibilità pontificia, il papa del caso Mortara, il papa del Sillabo, il papa che in quanto sovrano temporale faceva ammazzare i detenuti politici perché combattevano contro il “papa re”». «Accomunarli insieme – è l’opinione di don Farinella – aveva un solo significato: esaltare il potere temporale di Pio IX e ridimensionare il servizio pastorale di Giovanni XXIII. Un sistema di contrappeso: se avessero fatto beato solo Pio IX, probabilmente piazza san Pietro sarebbe stata vuota; papa Giovanni, al contrario, con il suo appeal ancora vivo e vegeto, la riempiva per tutti e due». «A distanza di quattordici anni, per la dichiarazione di santità – prosegue Farinella –, Giovanni XXIII si trova accomunato di nuovo con un altro papa agli antipodi dei suoi metodi e del suo pensiero, con Giovanni Paolo II, re di Polonia, Imperatore della Chiesa cattolica, idolo dei reazionari dichiarati e di quelli travestiti da innovatori».

Così anche l’editoriale di Redes Cristianas (21/4). «È la seconda volta – scrive la rete – che a Giovanni XXIII tocca fare da jolly per la promozione agli altari di papi controversi». «Come in altre recenti occasioni (ci riferiamo alle beatificazioni dei martiri della Guerra civile spagnola) anche oggi – prosegue Redes Cristianas – appaiono distintamente i due fronti della Chiesa, coloro che sono a favore del suo rinnovamento e coloro che continuano a scommettere su tradizioni che il tempo ha già superato».

Stesse considerazioni del teologo spagnolo Juan José Tamayo, il quale ha sottolineato come Giovanni XXIII non abbia avuto «la migliore compagnia nei processi di beatificazione e canonizzazione». Nel lungo commento apparso ancora su Redes Cristianas (29/4) il teologo ha posto l’accento soprattutto sul perpetuarsi di una struttura patriarcale della quale le canonizzazioni del 27 aprile rappresentano la migliore incarnazione, con «due papi, 150 cardinali, 700 vescovi, 6mila sacerdoti, tutti uomini rivestiti di un potere sacramentale ed ecclesiastico che dicono di aver ricevuto da Dio, mentre la maggior parte delle volte viene esercitato come un potere terreno amministrato in modo autoritario e patriarcale senza alcuna legittimazione popolare».


Più ombre che luci

Ma è soprattutto sull’opportunità di canonizzare Giovanni Paolo II che molti commentatori, e non da oggi (v. Adista Notizie nn. 5/11, 35/13, 16/14 e Adista Documenti n. 28/13), hanno avanzato le maggiori perplessità.

A Juan Cejudo, spagnolo, membro del Movimento per il celibato opzionale (Moceop) e delle comunità cristiane popolari, questa doppia canonizzazione sembra «una delle soluzioni salomoniche della diplomazia vaticana per cercare di accontentare tutti: i settori conservatori della Chiesa e quelli più progressisti». «Non condivido queste soluzioni diplomatiche», dice, «perché il pontificato di Giovanni Paolo II è stato messo in discussione da ampi settori della Chiesa. E con ragione». Cejudo ricorda quindi l’opposizione di Wojtyla alla Teologia della Liberazione, il silenziamento, sotto il suo pontificato, di centinaia di teologi in tutto il mondo, la sua amicizia con il fondatore dei Legionari di Cristo, il pedofilo Marcial Maciel Degollado, la sua chiusura su temi relativi alla morale sessuale, le cordiali relazioni intrattenute con dittatori latinoamericani e il pubblico rimprovero, nel 1983, al sacerdote nicaraguense Ernesto Cardenal che al tempo ricopriva la carica di ministro nel governo sandinista che aveva destituito il dittatore Somoza (lo stesso Cardenal in questi giorni ha commentato la canonizzazione di Giovanni Paolo II definendola «una mostruosità», al contrario di quella di papa Roncalli, «gigante» che rivitalizzò la Chiesa).

In Francia, il settimanale Témoignage Chrétien dà un colpo al cerchio e uno alla botte con due commenti affidati a Jean-Pierre Mignard e Christine Pedotti. Se il primo, pur rilevando nodi critici nel pontificato di Wojtyla, conclude dicendo di ricordare il buono che ha fatto, non altrettanto generosa è Pedotti che smonta pezzo per pezzo i 27 anni di papato. «Giovanni Paolo II è colui che ha coperto gli scandali pedofilia e protetto l’ignobile Maciel fino all’ultimo giorno. Quanto agli enormi raduni delle Gmg, non sono stati altro che fuochi di paglia dal forte impatto mediatico. La grande operazione di “restaurazione”, il freno allo slancio conciliare, non hanno rallentato l’emorragia della pratica religiosa». «Ancora più grave – secondo Pedotti – la sua egemonia mediatica e la produzione compulsiva di testi normativi ed encicliche che hanno reso sterile il pensiero teologico». «Il suo indiscutibile carisma ha certo affascinato – conclude – ma dove sono i frutti?».

Il commento forse più duro è però quello del canonista p. Thomas P. Doyle (National Catholic Reporter, 25/4). «Poggiato su uno scaffale nel mio ufficio – scrive Doyle – c’è una copia del Codice di Diritto Canonico rilegata in pelle rossa. Non è una semplice copia delle regole della Chiesa. È stata firmata specificamente per me da Giovanni Paolo II» ed è «datata 6 giugno 1983». «Domenica quando Giovanni Paolo II sarà elevato agli altari, diventerà una reliquia, per quanto di seconda classe. Non la venererò, come non mi unirò alle folle plaudenti. Gli ultimi 30 anni mi hanno portato a pensare che la sua canonizzazione sia un profondo insulto alle innumerevoli vittime di abusi sessuali da parte del clero in tutto il mondo: che sia un insulto alle donne e agli uomini che sono stati perseguitati dalla Congregrazione per la Dottrina della Fede durante il suo regno e un insulto a Giovanni XXIII che ha la sfortuna di essere suo compagno di canonizzazione». «Domenica la Chiesa istituzionale concederà la sua più alta onorificenza all’uomo che, più di chiunque altro, avrebbe potuto porre termine all’incubo e salvare tante vittime innocenti. Non l’ha fatto». «Il libro rosso sul mio scaffale sarà pure una reliquia, ma è soprattutto un promemoria sul lato oscuro della Chiesa». (ingrid colanicchia)

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