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domenica 25 novembre 2007

L'Islam italiano, una lettura del fenomeno a cura di Laura Tussi

Laura Tussi ha lasciato questo commento all'intervista a Davide Delbono del Centro Libromondo di Savona, pubblicata a giugno su questo blog. Mi sembra un testo interessante, per cui lo pubblico volentieri.
Ho solo un appunto da fare: il panorama del mondo islamico italiano è più articolato di quanto non sia quello presentato da Laura e sarebbe stato opportuno parlare un po' più diffusamente dell'UCOII-Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia che è sicuraente una delle organizzazioni musulmane più significative del nostro paese...se qualche lettore e amico aderente all'UCOII avesse voglia di rispondere farebbe cosa gradita.
Da segnalare invece il significativo confronto fra i modelli francese, inglese e italiano: assimilazionista il primo, ghettizzante il secondo...

L’ISLAM ITALIANO Notizie su una realtà molteplice e multiforme. La rappresentanza dell’Islam in Italia di LAURA TUSSI

L’Italia è un grande mondo al plurale. Dalle statistiche risulta anche la presenza dell’Islam Albanese quale identità religiosa annacquata e differente, per esempio, dalla realtà Egiziana, Algerina e Senegalese. Quando si tratta di Islam sovviene sempre alla mente il mondo Arabo, soprattutto dopo l’11 Settembre, in quanto come religione monoteista è inoltre la seconda in Italia. Nella quantità di immigrati a livello europeo, l’Islam rappresenta una cospicua percentuale di persone. In Italia si attesta un notevole ritardo nei confronti delle politiche migratorie, per la presenza esigua e molto differenziata di stranieri rispetto ad altri Paesi europei. Il modello di politica migratoria in Francia è di matrice assimilazionista, ossia lo straniero deve diventare uguale, omologarsi all’elemento autoctono e tralasciare la propria memoria, il proprio passato identitario, quando molti autori hanno trattato dell’importanza del ricordo, dello scambio di memoria, nell’ambito del confronto tra le diversità (Ricoeur). Il modello francese si differenzia da quello inglese che, al contrario, attribuisce un maggior potere alle comunità di immigrati, non favorendo in senso pieno l’integrazione, ma facilitando la formazione di realtà ghettizzate e rinchiuse in se stesse. In Italia una particolare novità è rappresentata dai matrimoni misti, ben 6000 coppie in Lombardia e dall’ingente presenza scolastica di stranieri nelle grandi città, con oltre il 40% degli studenti stranieri in una presenza plurale, variegata e articolata. Durante gli anni ’70 la prima Associazione di musulmani che gravitava intorno all’Università di Perugia fonda l’USMI, un’istituzione all’interno della quale gli stranieri cominciano a trovarsi e confrontarsi nell’ambito di un Paese Occidentale come l’Italia e si organizzano in progetti di tutela, di riconoscimento di diritti avanzati, in seguito, dalle istituzioni nazionali. Al seguito della spinta dell’USMI nascono diverse associazioni di immigrati: l’AMI (L’Associazione Musulmani) e il COREIS una realtà di convertiti all’Islam. La Moschea di Roma negli anni ’90 diventa un punto di riferimento per gli islamici e l’ambasciatore Scialoja rappresenta il mondo musulmano in Italia a livello ufficiale per tutte queste realtà islamiche presenti sul territorio nazionale, che transitano in dinamiche e processi di continua tensione rivolti ad accordi d’intesa con lo Stato Italiano, anche se ancora non si è giunti a comprensione e armonia, in procedure di accomodamento. L’opinionista Ferrari sostiene che senza l’11 Settembre 2001 il processo di intesa sarebbe conseguito da sé, spontaneamente.
Il centro islamico di viale Jenner a Milano non registra la presenza di convertiti e non ha rapporti con altre realtà, come la Casa della Cultura di via Padova, in cui, invece, sussiste una realtà a sé stante, senza contatti con le realtà milanesi di volontariato associazionistico islamico. In tutti questi centri il collante più che quello religioso (solo il 10%) è quello dell’opposizione politica, come in Algeria, i cui oppositori politici dovrebbero essere rifugiati all’estero, invece sono in Italia. Un’altra realtà è quella di via Quaranta che non nasce come Moschea, ma quale presenza di genitori che vogliono permettere ai propri figli di studiare secondo la tradizione musulmana, per poi tornare al paese d’origine; l’associazione è anche fornita di una sala di preghiera per il culto.Per esempio, considerando il caso dell’Istituto di via Agnesi, questo era inizialmente legato al centro di viale Jenner che presenta una realtà molto chiusa e non annovera al suo interno la presenza di convertiti.Il COREIS, un’associazione con un’ingente presenza di convertiti, di cui Pallavicini, che tratta anche con il Ministro Pisanu, è il presidente, risulta effettivamente ben poco rappresentativa dell’Islam immigrato. Le dinamiche di esclusione e partecipazione sono soggette ad una continua dicotomia su cui si gioca il rapporto con le comunità islamiche. L’intesa, il dialogo, il confronto pacifico, sono necessari per regolare una serie di discordie, divergenze, discrasie implicite nel dialogo con il volto dell’altro (Lévinas). Infatti in Italia si sono presentati vari problemi e particolari esigenze, anche molto contraddittori, per esempio, la questione della Moschea di Gallarate e il caso di Reggio Emilia, per cui sono stati prestati locali adibiti alla preghiera islamica ed è stato inserito il Venerdì islamico in una scuola.In Inghilterra vige l’idea per cui ogni comunità si deve autogestire, comportando una certa chiusura che invece è totale su un modello come il Libano. Vi sono state da parte delle comunità musulmane in Italia delle proposte di intesa con lo Stato Italiano. Lo scorso settembre 2004 sul Corriere della Sera è stato pubblicato un manifesto edito dai musulmani moderati in Italia, nel tentativo di esercitare un controllo sulle comunità islamiche tra i cui firmatari compariva l’associazione dei giovani musulmani, ossia un’emanazione dell’UCOII, che invece non ha firmato l’appello dei moderati: si assiste a nuove forme di emancipazione. Come anche l’associazione delle donne islamiche ha creato un gruppo e si sono costituite in uno statuto associazionistico per affrontare la questione di un’identità e con insite diversità (di genere ed etnia) nel confronto con i cittadini Italiani, in un continuo e assiduo dialogo con il diverso nel volto dell’altro. Dunque l’identità dell’Islam europeo risulta poliedrica, in quanto presenta innumerevoli modalità di relazione, multietniche sfaccettature di espressione, di convivenza. Il caso Agnesi ha rappresentato il tentativo di integrare delle ragazze musulmane in una scuola superiore di Milano e ha dimostrato che è importante difendere l’idea e il valore di scuola pubblica per tutti, anche con gradualità, senza settarismi. Il caso Agnesi, come sperimentazione interessante, esprime l’importanza del senso della Scuola come frontiera di dialogo, di confronto pacifico, di interscambio fra culture.

LAURA TUSSI

1 commento:

Anonimo ha detto...

LA CONCEZIONE RAZZISTA.
Il Nazismo e l’Ermeneutica del Male.

"La posizione del governo sta rasentando l'ottusità costringendo il nostro Paese in una situazione di isolamento internazionale sempre più preoccupante.
Siamo a una sorta di delirio di onnipotenza che dovrebbe preoccupare tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell'Italia: su crisi e immigrazione, in nome della propaganda elettorale, questo governo ci sta spingendo in un tunnel davvero pericoloso"...

Anna Finocchiaro

di Laura Tussi

Nel Mein Kampf, Hitler considera l'ebraismo come il nemico mortale dell'umanità “aria” e del cristianesimo, biasimando tutte le diverse correnti politiche e di opinione che si sono scontrate ideologicamente con il nazismo.
Secondo Hitler, il vero ed autentico problema storico consiste nella presenza occulta dell'ebraismo internazionale che esercita una costante azione corruttrice del popolo tedesco.
Il nazismo tedesco propugna un razzismo assoluto per cui anche l'umanità femminile ricopre un ruolo degradato e subordinato dove secondo Hitler “le donne sono oggetti, e ornamenti di un mondo di uomini”.
L'assoluto razzismo di Hitler riconosce l'esistenza di razze diverse e il pieno diritto della razza superiore di dominare le altre razze nella radicale contestazione dell'idea di uguaglianza propugnata dal marxismo.
Il concetto di uguaglianza tra gli uomini è considerato da Hitler una corruzione ed intossicazione delle razze, dove il marxismo internazionale avrebbe la responsabilità storica di aver diffuso e propagato il virus dell'uguaglianza tra gli uomini.
Da queste considerazioni, il nazismo individua il nesso tra uguaglianza, ebraismo e marxismo nella lotta hitleriana contro l'uguaglianza tra gli uomini affermata storicamente dalla cultura progressista e riproposta teoricamente dal marxismo, che per la prospettiva nazista, consiste in un elemento di disordine e caos che turba il regolare svolgimento della natura.
Secondo la Weltanshauung nazista, il forte domina sul debole e una razza di padroni avrà il diritto esclusivo di utilizzare le risorse della terra a suo unico vantaggio.
Questa morale, orientata alla lotta per l'esistenza, viene distorta nel momento in cui si affermano i concetti di uguaglianza tra gli uomini e si rivendicano i diritti inviolabili e inalienabili per i singoli individui.
In base alla concezione nazista, il principio di uguaglianza e la rivendicazione dei diritti universali e imprescindibili della persona scardinano la visione biologica e naturalistica della supremazia della razza forte, introducendo un concetto etico e morale che sovvertirebbe la dialettica naturale dell'esistenza.
Nei primi decenni del ‘900 era largamente diffusa l'idea che i problemi economici e sociali tedeschi fossero causati dalla degenerazione genetica di una parte della popolazione tedesca.
Nei primi decenni del secolo, il movimento eugenetico svolse una campagna diffusa per la sterilizzazione obbligatoria delle persone considerate socialmente indesiderabili, tra cui i degenti dei manicomi, gli autori dei reati sessuali, gli epilettici, gli individui con basso quoziente d'intelligenza e le persone moralmente degenerate.
Il naturalismo razzista propugnato da Hitler diventa una concezione unica con la volontà divina.
La perenne lotta per l'esistenza con il trionfo del più forte incarna una precisa volontà divina per cui opporsi a questa legge cosmica non solo è contro il naturale svolgimento della vita, ma ponendosi a tutela dei deboli, dei diversi, dei malati, degli antisociali, consisterebbe in una clamorosa violazione della volontà divina contro Dio e contro le leggi naturali.
Hitler critica il marxismo quale strumento politico della congiura ebraica e internazionale per il dominio della massa sui singoli, ricalcando la tradizionale critica reazionaria alla democrazia.
Hitler con il sistematico accostamento tra ebraismo e marxismo vuole colpire la complessa corrente di pensiero e di civiltà, alla base dell'evoluzione culturale, civile e sociale della tradizione occidentale, rimuovendo dalla coscienza moderna la concezione stessa dell’uguaglianza tra gli uomini, ossia il grave virus che la cultura ebraica, tramite il cristianesimo, ha diffuso nella civiltà occidentale.
Questa idea, inerente l'uguaglianza degli uomini al cospetto della divinità, fu costitutiva della tradizione cristiana che attuò una rivoluzione culturale ed etica, proclamando l'uguaglianza di tutti gli uomini di fronte a Dio.
Questa concezione si radica nella cultura religiosa ebraica da cui è sorto il cristianesimo ed è stata ripresa nel programma politico e sociale del marxismo, in qualità di erede dell'illuminismo e del giusnaturalismo.
Il razzismo nazista nega radicalmente la concezione dei diritti inalienabili e imprescindibili delle singole persone e dell'uguaglianza tra gli uomini e le razze.
Il cristianesimo ha propugnato l'uguaglianza degli uomini davanti a Dio.
Il giusnaturalismo e l'illuminismo hanno laicizzato questa concezione religiosa, proclamando l'esistenza di diritti universali di ogni singolo, uomo e donna e il marxismo ha proclamato con il suo programma sociale, civile ed economico, proprio l'uguaglianza tra gli uomini, proponendo l'antitesi più valida e radicale di ogni concezione razzista, affermando l'utopia della costruzione di un mondo di liberi e uguali.
L'assolutismo razzista di Hitler agisce in controtendenza rispetto all'evoluzione civile e spirituale progressista della tradizione occidentale, al fine di far emergere una situazione sociale e biologica per cui il più forte possa dominare sul più debole.
L'assoluto razzismo hitleriano vuole fare coincidere ebraismo, cristianesimo, illuminismo e marxismo come ideologie colpevoli di difendere il principio egualitario e la connessa concezione dei diritti inalienabili che costituiscono per Hitler il massimo crimine contro la visione del mondo razzista del nazismo.
L'abbinamento nazista tra ebreo e comunista costituisce una manovra propagandistica, attraverso cui l'ebraismo internazionale viene identificato ed utilizzato come capro espiatorio di tutti i problemi della nazione tedesca, con la volontà di contrastare il valore del concetto stesso di uguaglianza dei diritti umani, riportando il contesto della razza dominatrice a una concezione aristocratica, biologicistica e virile della vita e della lotta per l'esistenza.
La concezione razzista del nazismo, teorizzato da Hitler, prevede il dominio universale e totale della razza superiore da realizzarsi non solo con l'eliminazione sistematica degli ebrei, ma anche con l'annientamento e la sottomissione di tutti i popoli, le categorie e i gruppi sociali considerati inferiori, contro la deriva della modernità, i cui principi fondanti sono rappresentati dall'illuminismo e dal programma marxista che, al contrario, prevede la possibile costituzione di una società di liberi ed uguali.

Laura Tussi