Dal sito http://www.filosofiaedintorni.net/ pubblico questo testo dedicato a Lévinas, ringraziando l'amico Ernesto Riva per l'autorizzazione concessa.
Emmanuel Lévinas
Sommario: la vita; il problema del razzismo; totalità e infinito; altre opere; Bibbia e Talmud
Il problema del razzismo
Nel 1943 appare nella rivista francese “Esprit” uno scritto di Lévinas intitolato Alcune riflessioni sulla filosofia dell’hitlerismo. Da un lato l’autore mostra come, se ci si attiene alla filosofia come espressione soggettiva di un certo modo di essere che l’uomo assume nel corso della sua storia, sia allora possibile rintracciare una filosofia che sorge a partire dalla maniera in cui Hitler e i suoi seguaci si collocano nel mondo. Egli aderisce invece alla nozione di filosofia così come essa era stata concepita nella storia della filosofia occidentale e cioè come il frutto dell’attività di uno spirito dell’uomo che si distacca dal tempo, dalla natura, dalla storia, dal mondo per guardare a un oltre rispetto a questi. Lévinas intende riprendere non tanto le dottrine quanto il principio cardine della storia della cultura occidentale e mostrare la necessità di una difesa di questo principio che corre il rischio di essere travolto dagli eventi – il principio secondo il quale, appunto, l’essere umano non è soggetto alla storia, al destino, al fato, ai ciechi meccanismi della natura, ma libero nella sua scelta di adeguare la propria condotta a idee e principi non soggetti al relativismo storico né alla necessità naturale. Proprio per ciò, questo testo sulla filosofia dell’hitlerismo si presenta come un’appassionata difesa dell’umanesimo occidentale, dall’antichità ad oggi, che ha pur sempre riconosciuto il valore della libera azione umana diretta a ideali di giustizia e di pace. Lévinas chiama a raccolta contro Hitler tutte le forze della cultura dell’Occidente. Il razzismo è molto più che una singola dottrina opposta alla cultura incentrata sulla libertà; esso è un rischio mortale per questa cultura: ciò che è in causa è l’umanità stessa dell’uomo.
Totalità e infinito
In Totalità ed infinito (1961) - uno dei suoi capolavori -, Levinas sostiene che la filosofia occidentale ha teso sovente a soffocare ogni alterità e trascendenza. Nell’opera vi è in primo luogo la critica alla nozione di “essere” considerata come categoria dominante all’interno della filosofia occidentale: “essere” che egli definisce col termine di totalità perché esso non concede spazio all’io come singolo, all’io che rifiuta di sottomettersi al suo potere in quanto unico e vero. Vi è poi l’accento posto da un lato sulla necessità che l’io si separi dall’essere, trovando un proprio spazio; dall’altro sul fatto che la relazione che si stabilisce tra l’io, in tal modo formatosi, e l’Altro, nel senso dell’altro essere umano, è una relazione che si configura dapprima in senso erotico e, in un secondo momento, in senso etico. Infine, vi è il concetto di una stretta connessione tra la relazione erotica o etica e, da un lato, l’idea platonica del Bene oltre l’essere, dall’altro l’idea di Dio dei Profeti; Lévinas dà tanto alla prima idea quanto alla seconda il nome di Infinito, specificando che quest’ultimo non è solo idea, poiché non appartiene solo all’orizzonte teoretico.
I filosofi hanno finora praticato la filosofia alla stregua di uno sforzo di ridurre ogni cosa a loro stessi. Sono colpevoli di non aver riconosciuto altra verità fuori di sé filosofi diversissimi tra loro, che vanno dall’antichità ad oggi, da Socrate a Hegel fino ad Heidegger. Configurandosi come una fagocitazione dell'altro e come una prevaricazione dell'essere nei confronti degli enti, l'ontologia fino ad Heidegger si configura, secondo Levinas, come una filosofia della potenza che porta, inevitabilmente, al dominio e alla sopraffazione del prossimo. Infatti alla violenza teorica dell'approccio ontologico corrisponde, sul piano pratico, alla violenza sull’uomo e all'intolleranza verso il diverso (ad es. l’ebreo), tant'è vero che per esempio Heidegger accetterà in parte il nazismo.
Egli osserva che il pensiero dell’Occidente è un pensiero che ha fatto coincidere la verità con la constatazione di ciò che è nel campo dell’essere, e dunque è compreso esplicitamente come il dominio della violenza (i rapporti conflittuali tra gli Stati, la lotta di tutti contro tutti, il contrasto tra gli egoismi e gli interessi dei singoli…) oppure come il dominio di una realtà oggettiva soprasensibile, cioè la divinità variamente intesa. In ambedue i casi l’individuo appare in balìa di una forza inesorabile e inarrestabile. Si tratta, allora, di opporre a tale visione, incentrata sull’essere, la pura espressività, il linguaggio, il volto: la sfera insomma della eticità, dell’Infinito, dell’Altro. Si tratta quindi di rompere con la totalità e il totalitarismo. Nella storia del pensiero, purtroppo, secondo Lévinas, ben poche volte vi sono state delle voci di protesta contro tutto questo. Una di queste voci, secondo Levinas, è stata quella di Rosenzweig (cfr. Totalità e infinito, tr.it. Milano, Jaca Book 1998, p. 26).
Dunque cosa fare? La rottura non può essere opera di puro pensiero ma dev'essere un'esperienza esistenziale che si realizza nell'incontro concreto con l'altro. E l'altro si manifesta a me nel volto: “chiamiamo volto il modo in cui si presenta l’Altro” (Totalità e infinito, cit., p. 48). Il volto si sottrae al possesso, al mio potere. Il volto mi parla e mi invita ad una relazione. I volti sono molteplici e dunque l’essere è per natura molteplice e non uno o identico. Così si supera la monoliticità dell’essere parmenideo. Così si entra nell’ambito della metafisica, in cui l’altro è infinito. Tale idea di infinito non può essere, secondo Lévinas, stata creata da noi. Essa ci viene data quando viviamo l’esperienza dell’Altro, che ci sconvolge. Tale sconvolgimento si identifica col desiderio. Il desiderio è diverso dal bisogno: mentre il bisogno indica una mancanza nel soggetto, il desiderio nasce da un essere che non manca di nulla ed esprime la sua tendenza disinteressata verso l’Altro, sia uomo che divinità. Nel caso dell’uomo, esso si trasforma in generosità, in bontà. E ciò ci conduce all’etica. Dice Lévinas: “Abbiamo posto la metafisica come Desiderio. Abbiamo descritto il Desiderio come “misura” dell’Infinito che non può essere limitato da nessun termine e da nessuna soddisfazione… Porre la metafisica come Desiderio significa interpretare la produzione dell’essere – desiderio che genera il Desiderio – come bontà e come al di là della felicità; significa interpretare la produzione dell’essere come essere per gli altri”(cfr. p. 313 tr.it), quindi usare categorie squisitamente etiche. L’etica diventa così per Lévinas la parte più importante della filosofia, anzi essa “non è un ramo della filosofia ma la filosofia prima” (tr.it. p. 313). Dunque anche in quest’opera è esposto un pensare che vuole difendere sia l’io come persona, sia la socialità umana fondata sull’affettività, erotica o morale, sia la Trascendenza in senso filosofico o religioso
In Totalità e Infinito emerge poi un tema che non era stato delineato nei saggi precedenti: è il tema dell’espressione. L’espressione o il volto o il noumenico è posta in relazione con il linguaggio. L’Altro che entra in rapporto con l’io è descritto sotto il termine generale di “espressione”, sia che esso si identifichi con colei o colui che è amato, sia che esso si identifichi con colei o colui verso il quale si hanno obbligazioni etiche, sia che esso si identifichi con la Trascendenza.
Lévinas dà il nome di jouissance a quella dimensione dell’uomo in cui egli afferma se stesso come io; vi è un’ingenuità originaria del vivere che consiste nel godere di tutto ciò che è intorno a noi. Egli insiste sull’aspetto della libera capacità di gioire e di gustare, assaporare e provare immediato piacere. Da questo punto di vista, “la vita è affettività e sentimento”(cfr. Totalità e infinito, cit. p. 115). La libertà dell’io non è altro che la sua responsabilità per l’Altro, o ascolto di un comandamento che proviene dall’Altro come volto o espressione. L’Altro è il modo in cui l’Infinito stesso entra nella realtà umana.
Altre opere
La direzione etica del pensiero di Lévinas si accentua nelle opere seguenti, come ad esempio Altrimenti che essere o al di là dell'essenza (1974), in cui il soggetto è tale quando dice “eccomi”, quando si dona e fa qualcosa per l'altro. Il titolo dell’opera, che può apparire non subito comprensibile, indica proprio il superamento dell’essere egoistico (andare al di là…) per arrivare all’altro e l’altro è anche Dio, il quale è l’altrimenti che essere. L'uomo nasce per Levinas responsabile prima ancora di essere libero: egli si trova originariamente assegnato all'alterità e alla responsabilità, prima di ogni eventuale accettazione o rifiuto. La soggettività non è un per sé ma un per l’altro. Questo peso della responsabilità è anche la mia suprema dignità. In Etica e infinito scrive: “Dire: eccomi. Fare qualcosa per un altro. Donare. Essere spirito umano significa questo” (cfr. tr.it. Città Nuova, Roma 1984, p. 110). Non solo: il sé è sub-jectum: è sotto il peso dell’universo – responsabile di tutto. Nessun altro può sostituirsi a me. “Io posso sostituirmi a tutti, ma nessuno può sostituirsi a me. Questa è la mia inalienabile identità di soggetto”(cfr. Etica e infinito, p. 115). Il problema dei rapporti si complica però quando all'io e al tu si aggiunge un terzo. Vi deve dunque essere il superamento dell'essere egoistico e conflittuale in direzione della alterità e della fraternità. Inoltre nell'incontro con l'altro possiamo anche incontrare l'Assoluto. O meglio ancora: se è vero che attraverso il prossimo incontriamo Dio, è altrettanto vero che è attraverso Dio che incontriamo il prossimo. L’etica di Lévinas è una delle pochissime etiche non dichiaratamente teologiche che introduce a questo punto il concetto di santità. Santità che è in generale rispetto, attenzione, apertura all’altro o, meglio ancora, è affermazione del primato dell’Altro sull’io, su me stesso. L’incontro con Dio avviene essenzialmente nell’incontro con l’altro essere umano. Dio si manifesta nella concretezza di un io e di un altro. “Tramite la mia relazione con altri, io sono in rapporto con Dio” (cfr. Difficile libertà, tr.it. p. 73). L’altro non estinguerà mai la mia sete di trascendenza, anzi l’instaura e dunque la coscienza etica è, in quanto tale, coscienza religiosa.
Bibbia e Talmud
A partire dagli anni Cinquanta, Lévinas si dedicò allo studio intenso e alla meditazione delle fonti ebraiche, in particolare la Bibbia e il Talmud.
Avviene infatti, secondo Lévinas, che in quel pensiero che ha nell’idealismo greco le sue origini, il concetto dell’Altro sia quasi del tutto dimenticato, mentre in quel pensare che è espresso dalle fonti ebraiche esso diviene il punto fondamentale di riferimento. Il monoteismo ebraico insiste sulla separazione tra uomo e Dio che da un lato garantisce la trascendenza divina, la sua alterità, la sua differenza qualitativa (direbbe Kierkegaard), e dall’altro permette che l’uomo sia libero e quindi agisca eticamente. Da ciò la critica di Lévinas a tutte le religioni che pretendono di cogliere la divinità in qualche modo e dall’altro, paradossalmente, la difesa dell’ateismo inteso come momento “purificatore” e di passaggio verso una fede più autentica.
Il monoteismo è impossibile, dice Lévinas, se non si è giunti all’età del dubbio, della solitudine e della rivolta: esso rompe l’incantesimo del mondo, libera l’uomo dalla malia del mito; l’ebraismo che l’annunzia al mondo è “una religione di adulti”. La parola divina incontra l’intelletto nell’esistenza umana, è inseparabile dall’esercizio dell’intelligenza. È gloria di Dio aver creato un essere capace di cercarlo partendo dalla separazione, partendo anche dall’ateismo.
Nella Bibbia e nel Talmud vi sono concetti importanti di grande valore per la stessa filosofia: la pazienza, la sofferenza nella giustizia, la colpevolezza, la libertà come obbligazione assoluta; l’identità come singolarità dell’eletto nella responsabilità per l’altro. Viene alla luce una saggezza nuova, e leggere il Talmud in maniera filosofica implica ricercare in esso problemi universali e verità che danno la filosofo materia di riflessione.
Un esempio? Mentre l’espressione sotto la quale può essere compresa la civiltà greca è il “conosci te stesso”, quella sotto la quale può essere compresa la civiltà ebraica è il “non uccidere”, ovvero l’identificazione dell’uomo come colui che ha la capacità di ascoltare il comando divino. Dunque il soggetto umano è nell’ebraismo definibile non tanto come colui che esprime o si esprime, quanto come colui che dimentica se stesso nell’obbligazione a lasciare che l’Altro sia. E ancora. La meraviglia che segna l’inizio del filosofare è quella che il pensatore prova non di fronte all’essere ma di fronte alla sensibilità umana come disinteresse. Insomma, per Lévinas la Bibbia è rivelazione in quanto kerigma etico (cfr. L’aldilà del versetto, tr.it. p. 233). Metafisica, etica, religione sono facce diverse della stessa medaglia.
NOTE BIOGRAFICHE
Nacque in Lituania da genitori ebrei e poi si trasferì in Francia dove rimase per il resto della vita. Si laureò alla Sorbona dove poi insegnerà e sarà anche direttore della Scuola Normale Israelita. Particolare interessante della sua personalità è il fatto che non si fece coinvolgere dalle diverse tendenze e correnti filosofiche e ideologiche che si sono succedute nel corso degli anni: egli rimase sempre distante sia dall’esistenzialismo come dal marxismo, dallo strutturalismo ecc. Il che gli permise di elaborare un proprio pensiero originale che lo ha portato ad essere considerato uno dei filosofi più importanti dei nostri tempi
BIBLIOGRAFIA
E. Lévinas, Dall’esistenza all’esistente, Marietti
E. Lévinas, Il tempo e l’altro, Il melangolo
E. Lévinas, Totalità e infinito, Jaca Book
E. Lévinas, Difficile libertà, La Scuola
E. Lévinas, Quattro letture talmudiche, Il melangolo
E. Lévinas, Umanesimo dell’altro uomo, Il melangolo
E. Lévinas, Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, Jaca Book
E. Lévinas, Etica e infinito, Città Nuova
E. Lévinas, Dal sacro al santo, Città Nuova
E. Lévinas, L’aldilà del versetto, Guida
Per un inquadramento generale:
Irene Kajon, Il pensiero ebraico del Novecento, Donzelli, Roma 2002
2 commenti:
La ringrazio per Blog intiresny
leggere l'intero blog, pretty good
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