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martedì 4 novembre 2008

CONTRO IL QUATTRO NOVEMBRE

Oggi, come tutti sanno, è il 4 novembre. un tempo, a scuola, era festa. poi hanno pensato bene di toglierla: è stata l'unica volta che mi hanno trovato d'accordo. fin da giovane, passata la sbornia nazionalistica delle elementari (dove il mio maestro, si esaltava a parlare della prima guerra mondiale, ultima del risorgimento), l'ho considerata una giornata tremenda.
ascoltare oggi il ministro La Russa, bearsi e gongolare, mentre parla di militari impegnati in operazioni di pace (un ossimoro tra i più ingannevoli), collegando idealmente i soldati di oggi (volontari pagati, sia chiaro, impegnati a difendere non più i sacri confini della patria, ma gli interessi italiani o degli amici americani, sacri pure quelli, lontano dai confini stessi) collegarli dicevo a qui 600.000 morti...aveva su di me un effetto tra il comico e il tragico...
anche perchè quei 600.000 morti, contadini, pastori e operai, sono stati mandati al macello da una banda di militari tardogradi, incapaci che li costringevano a marciare contro le mitragliatrici...carne da macello...
quello che non si dice il 4 novembre è più importante di quello che si dice: lo sapevate che, al momento di scegliere le salme da tumulare all'Altare della Patria, il MIlite Ignoto, il Ministero della Guerra ha diramato disposizioni perchè+ non venissero scelte salme con colpi di fucile alla schiena (=uccisi dai plotoni d'esecuzione in quanto diserori o fuggitivi, o uccisi dagli ufficiali); quello che non si dice sono gli atti di autolesionismo o di ribellione aperta dove i militari di truppa sparavano agli ufficiali che li incitavano...
eppoi, per diana!, ministro La Russa, come si fa a parlare di vittoria, di fronte a 600.000 morti?
Invito tutti a leggersi (o a rileggersi) il bel libro di don Milani e della sua scuola, L'obbedienza non è più una virtù, edito dalla Libreria Editrice Fiorentina e contenente gli atti del processo contro don Lorenzo.
Da questo libro, ne traggo un passo, propriop dalla risposta del Priore ai cappellani militari che avevano sottoscritto un comunicato stampa contro l'obiezione di coscienza (che, nel 1965, era illegale). In questo comunicato, i cappellani considewravano "un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosidetta obiezione di coscienza che, estranea al comandamento cristiano dell'amore, è espressione di viltà".
Don Lorenzo gli risponde per le rime e, scrive:
"Poi siamo al '14. L'Italia aggredì l'Austria con cui questa volta era alleata.
Battisti era un patriota o un disertore? E' un piccolo particolare che va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti?
Che la stragrande maggioranza della Camera che era con lui (450 su 508)? era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava a una 'inutile strage'?(l'espressione non è d'un vile obiettore di coscienza ma di un Papa)."
del resto, si sa: i nostri politici sono molto lungimiranti: Mussolini pensava di entrare in guerra contro la Francia e, on 4000 morti (pensava lui) acquisiva il potere di sedere al tavolo delle trattative come vincitore (alla fine della guerra, non ce l'aveva nemmeno più, il sedere...); ha inviato dei poveri disgraziati in Russia, così male in arnese che ne sono morti l'80% per il freddo...e la Grecia? Dovevamo spezzarle le reni...e se invece non scendevano le divisioni corrazzate naziste, il militare genio italico era ancora lì, impantanato...

Da un militare non mi attendo che pensi, scriveva George Bernard Shaw...

Contro tutte le guerre, contro tutti gli eserciti...

1 commento:

Marino ha detto...

Come sempre condivido, caro Giuliano. Nè voglio pormi la domanda "che ne sarebbe dei morti se, anzicchè vinto, l'Italia fosse stata dalla parte dei perdenti?" Un qualche LaRussa, oggi, perderebbe tempo a ricordare, ad esaltare il Patrio coraggio? Bisognerebbe festeggiare il non inizio di una guerra, non la sua fine (qualunque esito avesse). Il salvataggio di una via, non i morti; la ragionevolezza, non l'eroismo; la libertà di scegliere, non la cieca obbedienza ad un comando.