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martedì 16 settembre 2008

DUE TESTI DA LA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Da NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 580 del 16 settembre 2008 traggo due testi

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Sommario di questo numero:
1. La guerra, il razzismo, la schiavitù
2. Floriana Lipparini: Milano, i fantasmi che uccidono
3. Breve un invito alla resistenza nonviolenta
4. Mao Valpiana: Vincere il referendum a Vicenza
5. In occasione della settimana europea della mobilità sostenibile
6. A Ferrara il 18 e il 25 settembre
7. A Torino dal 2 al 4 ottobre
8. Clara Sereni: Domande ai maschi
9. Michael Baxandall
10. Ilhan Berk
11. Cyprian Ekwensi
12.
Ahmed Faraz
13. Robert Giroux
14. Idolina Landolfi
15. Leonard Meyer
16. Carlo Rivolta
17. John Russell
18. Salvo Fallica presenta "Dall'albero al labirinto" di Umberto Eco
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di più

2. RIFLESSIONE. FLORIANA LIPPARINI: MILANO, I FANTASMI CHE UCCIDONO
[Ringraziamo Floriana Lipparini (per contatti: effe.elle@fastwebnet.it) per averci messo a disposizione questo suo intervento apparso su "Il paese delle donne".
Floriana Lipparini, giornalista, ha lavorato per numerosi periodici, tra cui il mensile "Guerre e Pace", che per qualche tempo ha anche diretto, occupandosi soprattutto della guerra nella ex Jugoslavia. Impegnata nel movimento delle donne (Collettivo della Libreria Utopia, Donne per la pace, Genere e politica, Associazione Rosa Luxemburg), ha coordinato negli anni del conflitto jugoslavo il Laboratorio pacifista delle donne di Rijeka, un'esperienza di condivisione e relazione nel segno del femminile, del pacifismo, dell'interculturalità, dell'opposizione nonviolenta attiva alla
guerra. É autrice del libro Per altre vie. Donne fra guerre e nazionalismi, edito nel 2005 in Croazia da Shura publications in edizione bilingue, italiana e croata, e nel 2007 pubblicato in Italia da Terrelibere.org in edizione riveduta e ampliata]

Milano, sabato mattina: vado a iscrivermi alla prima lezione di Università Migrante, al Circolo Arci di via Oglio. Il corso – organizzato dall'Associazione Todo Cambia che si propone di "favorire l'incontro e la conoscenza tra cittadini immigrati e nativi" - s'inoltrerà negli oscuri meandri delle identità e del razzismo. E appunto "Andiamo a caccia di fantasmi: laboratorio sulle manifestazioni del razzismo" s'intitola uno degli incontri in programma a dicembre. Bello vedere che c'é un bel numero di persone a iscriversi. Contro l'indifferenza, contro l'intolleranza, contro la paura costruita ad arte. Milano, domenica, ore 6 del mattino: in via Zuretti i titolari di un bar sprangano a morte il diciannovenne Abdul detto Abba, perché ha "rubato". Poi si saprà che l'ipotetica refurtiva é un pacco di biscotti. Abdul é italiano ma é anche originario del Burkina Faso. Abdul é nero. Lo hanno
ucciso gridandogli "sporco negro", come se fossimo nel sud razzista degli Stati Uniti. Chi é il fantasma che i due sciagurati assassini, padre e figlio, hanno inseguito e ucciso? Chi l'ha messo nella loro mente? Venezia, domenica: la Lega celebra i propri grotteschi fasti, i propri deliranti riti che parlano di suolo e di sangue, di razze e di odio. Uomini che incredibili vicende politiche hanno condotto fino alle massime istituzioni di questo paese - sull'onda di un consenso servile, cieco e
populista che già in passato premiò vergognose dittature, come del resto accadde in Germania - incitano pubblicamente e ufficialmente alla "tolleranza zero", all'odio per lo straniero, per il nomade, per il diverso.
Ecco chi ha messo quei fantasmi nella mente dei titolari del bar milanese, e nella mente di chi bruciò le tende dei nomadi a Opera, e di chi appiccò il fuoco nel campo rom di Ponticelli, e di chi ha aggredito due gay a Roma, e di chi ha picchiato e umiliato un gruppo di rom in quel di Verona...
Com'é facile e furbo far divampare gli incendi identitari e razzisti, per mimetizzare le crisi economiche. Com'é facile far credere al cittadino impoverito e spaventato che la colpa dei suoi guai é l'immigrato che arriva dal mare in cerca di lavoro. Spostare l'attenzione dai veri responsabili -
manager truffatori e incompetenti, politici corrotti - agli incolpevoli "ultimi della terra", vittime del colonialismo prima e del razzismo poi. La costruzione di questi lager ideologici, volti a salvare sempre e comunque le caste al potere, funziona sempre. Anche in ex Jugoslavia la guerra "etnica" divampò nel momento in cui l'economia serba stava andando in pezzi. Il meccanismo é vecchio, ma quanti continuano a non capirlo, a farsi intrappolare, forse anche perché non si sente abbastanza forte, abbastanza sincera una voce alternativa? C'é chi ha tralasciato, chi ha minimizzato, chi ha aspettato veramente troppo per lanciare un allarme. Non so più cosa dire a mio figlio che vuole andarsene dall'Italia, perché il disagio di vivere in un paese come questo é troppo soverchiante. Sogna i paesi nordici dove il livello di civiltà é incomparabile, nelle regole e nei fatti. Di solito gli ribatto che sarebbe bene restare qui a combattere per cambiare le cose, ma alla fine non ho molti argomenti quando polemicamente lui chiede "Dove, con chi, con quale concreta speranza?".
Molti suoi amici la pensano come lui. Forse stiamo assistendo all'inizio di un'emigrazione di nuovo tipo.

Ora, dopo questa nuova, terribile tragedia, certo si diranno cose, si udranno voci, si faranno manifestazioni, almeno lo spero. Ma quello in cui spero veramente é che si moltiplichino iniziative di sensibilizzazione profonda, iniziative di dialogo e di incontro che siano strutturali, permanenti, diffuse sul territorio, e non ci si svegli sempre solo sull'onda dell'emergenza.
E spero ancora di più che i gruppi di donne che ancora esistono rompano il silenzio per riprendere a lavorare insieme almeno su questo terreno, senza particolarismi assurdi, dato che il pericolo é grande, e grande e urgente é la necessità di riprendersi uno spazio pubblico autogestito dove abbia
voce e presenza un'altra idea di città, di società, di civiltà. Un'idea di futuro meticcio, solidale, plurale, nonviolento. Un'idea disegnata anche e soprattutto dalla presenza attiva e pensante del femminile, come non é mai avvenuto.

4. EDITORIALE. MAO VALPIANA: VINCERE IL REFERENDUM A VICENZA
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: mao@sis.it, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana é una delle figure più belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; é nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si é impegnato nel Movimento Nonviolento (si é diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), é membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui é stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", é stato assolto); é inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); é stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarietà con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui é scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosità su nostra richiesta, é nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza é in cammino"; una sua ampia intervista é nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007]

Alcuni hanno detto che é stato un successo, altri hanno parlato di un "flop". Comunque sia, é andata bene, nel senso che non ci sono stati inconvenienti, e nessuno si é fatto male.
Ma é sufficiente questo per giustificare una manifestazione? Sabato 13 settembre, a Vicenza, il corteo si é mosso da piazza Matteotti verso la periferia della città. Gli organizzatori hanno detto che erano ottomila, la questura ne ha dichiarati duemila, secondo i miei conteggi erano tremila. In ogni caso il confronto con le precedenti manifestazioni "No Dal Molin", nel 2006, 2007 e 2008, é sconfortante. Da duecentomila, a centomila, poi trentamila, e ora qualche migliaio. Segno evidente che c'é una certa stanchezza. Ci sono momenti per le manifestazioni di massa, e ci sono momenti per altre strategie.
Ora l'obiettivo da raggiungere é quello della vittoria referendaria. Una manifestazione, indetta da una sola parte del variegato movimento, probabilmente non é la risposta giusta. Tanto più che tra gli obiettivi degli organizzatori figurava anche quello della rimozione del questore. Non é il momento delle polemiche interne, ma é fuor di dubbio che i vicentini hanno a cuore più la sorte della propria città che il giudizio sul responsabile della polizia. E in effetti di famiglie vicentine alla
manifestazione non se ne sono viste tante.
Rete Lilliput, Mir e Movimento Nonviolento di Vicenza hanno preso una posizione chiara di non adesione alla manifestazione. L'hanno espressa con un documento che valorizza al massimo il lavoro unitario per il referendum ed il dialogo con tutte le parti coinvolte, dentro e fuori dal movimento. Eravamo comunque presenti, per dimostrare che non c'é rottura e che il dialogo é sempre aperto, ma non abbiamo nascosto le nostre critiche ad una "gestione della piazza" che ci sembra datata. Moltissime delle persone e dei giovani che erano presenti hanno dimostrato un grande entusiasmo, e voglia di esserci. Certo, l'importante é fare qualcosa, ma bisogna anche farlo
bene. Essere presenti alla manifestazione e spiegare le nostre ragioni, distribuire le bandiere con il fucile spezzato e far conoscere la rivista "Azione nonviolenta" é stato un modo per dare comunque il nostro contributo positivo. La pioggia battente ha fatto il resto, e tutto é andato bene.
Punto e a capo.
Ora si lavori per conquistare l'opinione della maggioranza dei vicentini, e per aiutarli ad esprimerla al meglio, con il proprio "sì" al referendum del 5 ottobre.

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