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lunedì 1 settembre 2008

DUE ARTICOLI DA ADISTA

Da www.adistaonline.it archivio 2008, adista documenti n. 60, riprendo questi documenti (uno sul 40° della Teologia della Liberazione e l’altro sul Sinodo della Chiesa Valdese

COME ERAVAMO. IL DOCUMENTO DI MEDELLIN
A 40 ANNI DALLA STORICA CONFERENZA

DOC-2026. BRASILIA-ADISTA. 40 anni sono passati dalla II Conferenza dell’episcopato latinoamericano, svoltasi a Medellín, in Colombia, nel 1968 (24 agosto-6 settembre), ma, a giudicare dall’attuale contesto ecclesiale, ne sembrano trascorsi molti di più. Per quanto i vescovi del Subcontinente facciano memoria dell’evento, considerandolo, come si legge nel messaggio della Conferenza episcopale venezuelana (la stessa che ha mostrato in più di un’occasione esplicite simpatie golpiste), "una pietra miliare fondamentale nella storia e nella pastorale della Chiesa della nostra Regione", ben poco dello spirito di Medellín è sopravvissuto nell’attuale struttura ecclesiastica, travolto com’è stato dalla pesante normalizzazione degli anni successivi, con la conseguente emarginazione dei vescovi che si riconoscevano nella linea di Medellín e lo smantellamento del lavoro pastorale da essi condotto ad opera di successori di linea diametralmente opposta. Cosicché, celebrare oggi l’anniversario della Conferenza suona un po’ come evocare un paesaggio primaverile in pieno inverno.

A ricordarne oggi i punti essenziali sono il teologo della liberazione brasiliano Agenor Brighenti, professore di teologia all’Istituto Teologico di Santa Catarina e all’Università Pontificia del Messico, nonché perito della Conferenza dei vescovi del Brasile (Cnbb) ad Aparecida, e il belga naturalizzato brasiliano José Comblin, uno dei fondatori della Teologia della Liberazione e animatore delle Comunità ecclesiali di base. Con un’unica differenza: se Brighenti, accennando alla Conferenza di Aparecida (svoltasi nel maggio del 2007), le riconosce il merito di aver riscattato e rilanciato le intuizioni essenziali di Medellín, Comblin pone piuttosto l’accento sulle "differenze fondamentali" tra le due Conferenze.

UNA CHIESA IN ASCOLTO DELLA SOCIETÀ E DEI TEMPI:
IL SINODO VALDESE E METODISTA

34553. TORRE-PELLICE (TO)-ADISTA. L’auspicio di una primavera ecumenica, di un nuovo clima di dialogo e apertura nei confronti delle istanze che emergono dalla società contemporanea ha caratterizzato l’appena concluso Sinodo delle Chiese Valdesi e Metodiste, tenutosi nell’abituale cornice di Torre Pellice dal 24 al 29 agosto scorsi. Il Sinodo - che ha visto la partecipazione di 180 membri con diritto di voto e di numerosi membri con funzione consultiva, oltre che di ospiti italiani e stranieri - si è aperto domenica 24 agosto con la predicazione del culto inaugurale, affidata al pastore Paolo Ribet, presidente della Fondazione Centro culturale valdese. Partendo dall’antica professione di fede del popolo ebraico, che inizia con le parole "Shemà Israel", "Ascolta Israele" (Dt 6,4-9), il pastore ha proposto l’immagine di una Chiesa in ascolto: "Si potrebbe pensare che questa sia un’invocazione a Dio per chiedergli ascolto, attenzione, per implorarlo che siano esaudite le preghiere e le suppliche - ha affermato il pastore - ma è vero il contrario: abbiamo qui un ordine perentorio che Dio stesso rivolge al suo popolo perché tenga sempre presente la sua volontà". "Lo Shemà - ha continuato Ribet - non è dunque una dichiarazione di Israele, bensì la proclamazione della volontà di Dio ad Israele. È significativo, allora che queste parole si aprano con l’esortazione forte all’ascolto. Ascoltare l’altro non significa, infatti, soltanto sentirne le parole, non lasciarle sfuggire, ma qualcosa di più grande e profondo: significa aprirsi all’altro, partecipare del suo progetto. Solo di lì può nascere un dialogo fecondo". Un richiamo forte in un momento in cui la violenza e la paura sembrano essere divenute cifra delle relazioni umane. Il pensiero va al clima xenofobo e razzista che si respira nel nostro Paese negli ultimi mesi: "Viviamo un’epoca in cui è necessario ripensare il nostro modo di essere, il nostro modo di porci nei confronti del mondo in cui siamo inseriti - ha continuato il pastore - ed è proprio dall’ascolto e dal confronto con la realtà che noi possiamo tentare di incarnare la Parola di cui siamo portatori". Non esiste però un unico modo di ascoltare le esigenze della gente. "Il modo più facile ed immediato - ha spiegato Ribet - è quello di cogliere i sentimenti di incertezza e di angoscia, titillare le paure della gente, dando risposte visibili, che colgano la fantasia, come può essere l’individuazione di un nemico (il diverso) e l’invio dell’esercito per le strade contro la microcriminalità". Ma vi è anche un altro tipo di risposta che il pastore indica nella "costruzione di una nuova cultura di relazione fra i popoli e le persone": "Non possiamo far finta di non sentire il lamento che corre nel mondo, dal Sud Africa, dove è in atto una terribile caccia all’immigrato, all’Italia, dove vediamo cose che pensavamo di non dover vedere mai, come le ronde contro i campi rom". L’esortazione finale di Paolo Ribet è dunque all’apertura: "Ascolta il grido di dolore degli immigrati in balia delle onde nel canale di Sicilia, ascolta il grido muto di Eluana Englaro che chiede di essere lasciata andare via, ascolta Israele". Una preoccupazione - quella del pastore Ribet - condivisa dal Sinodo, che ha messo le politiche migratorie tra i temi caldi del proprio dibattito. "Siamo preoccupati per quel clima di paura, di sospetto e di chiusura che si sta determinando nel nostro Paese proprio nei confronti degli immigrati" - ha dichiarato Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese. "L’Evangelo che vogliamo annunciare ci libera da questi sentimenti e ci spinge verso un sistema di relazioni basato su altre logiche, quelle dell’incontro, dello scambio, dell’amore". Anche Massimo Aquilante, presidente dell’Opera per le Chiese Evangeliche Metodiste in Italia (Opcemi), nel corso di una conferenza stampa svoltasi il 27 agosto, ha posto l’accento sull’inquietante scenario profilatosi nel nostro Paese: "È con viva preoccupazione che nei mesi scorsi abbiamo assistito a comportamenti razzisti; siamo sconcertati per il clima di discriminazione creatosi nei confronti degli immigrati; siamo però convinti che le Chiese debbano essere una voce a sostegno dei diritti degli immigrati e costituiscano uno spazio nel quale vivere una vera e profonda integrazione".

Un dibattito fertile che ha portato all’approvazione, nella serata del 28 agosto, di un ordine del giorno specifico sul tema delle politiche migratorie: "Vogliamo affermare con forza che migrare non è un crimine", recita il documento, "il governo e il parlamento del nostro Paese, che ha una tradizione di emigrazione non lontana nel tempo, sappiano rispettare i principi di solidarietà e di tutela dei più deboli sanciti nella nostra Costituzione".

Questo atteggiamento di apertura e trasparenza caratterizza da sempre anche la gestione dei fondi che la Chiesa Valdese riceve dai contribuenti italiani grazie al meccanismo dell’8 per mille, che quest’anno ha registrato un’impennata del 13% rispetto all’anno precedente (si tenga presente che queste cifre si riferiscono agli ultimi dati disponibili, relativi alla dichiarazione dei redditi del 2005). "Apprendere che un numero consistente di italiani non appartenente alle nostre chiese - ha affermato Paolo Ricca nel corso di una conferenza stampa tenutasi il 28 agosto - e parlo dell'85% di chi firma per noi, abbia deciso di devolvere il proprio 8 per mille all'Unione delle chiese metodiste e valdesi, è stata una bella novità. Questi contribuenti ci ricordano che amministriamo dei soldi non 'nostri', e questo dato aumenta la nostra responsabilità nello sforzo di spenderli ragionevolmente, non solo, ma di garantire la piena trasparenza dei fondi".

Al Sinodo, oltre al saluto del vescovo di Pinerolo mons. Pier Giorgio Debernardi (presente all’assise in rappresentanza della Cei) è arrivato anche il messaggio di saluto da parte del presidente del Senato Renato Schifani. "I valdesi - scrive Schifani - hanno sempre rappresentato, nei lunghi secoli della loro storia, un importante elemento di pluralismo e di libertà, conservando la loro fede e la loro identità anche attraverso sanguinose persecuzioni. La presenza della Chiesa valdese costituisce, nonostante la sua esiguità numerica, una voce attenta ai problemi più complessi della contemporaneità e un interlocutore di grande spessore nella scena politica e sociale nazionale".

E proprio al ruolo della Chiesa protestante in Italia è stato dedicato il consueto dibattito pubblico che si è tenuto nella serata di lunedì 25 agosto (v. notizia successiva). Nel corso della cerimonia inaugurale sono state consacrate al ministero pastorale Giuseppina Bagnato, Joylin Galapon e Caterina Griffante, che entrano così nel corpo pastorale delle Chiese valdesi e metodiste, costituito per quasi un terzo da donne.

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