Contro la guerra in Georgia possiamo solo dire una parola.
Contro la guerra in Georgia non possiamo fare nulla. Ma quel nulla va fatto. Forse possiamo solo dire una parola, e dunque quella parola va detta.
Sono molteplici e complesse le vicende che hanno creato le condizioni per questa nuova esplosione di violenza bellica (petrolio, oleodotto,sovranità nazionale, indipendenza etnica, imperialismo russo, ecc., ecc.) ma vi è una concausa che ritengo essere la più devastante e la principale responsabile del massacro in atto: gli eserciti e le armi presenti in quel teatro di guerra.
Vi è poi da aggiungere che chi sta violando il diritto internazionale lo può fare impunemente perché sa che non verrà sanzionato. L’Onu non ha strumenti propri per agire efficacemente e “salvare le generazioni future dal flagello della guerra” e non può né prevenire né sanzionare chi la guerra attua calpestando la Carta della Nazioni Unite. Le potenze militari possono agire indisturbate: la Nato ha potuto bombardare il Kossovo, gli Stati Uniti hanno potuto attaccare l’Iraq, le truppe della Coalizione possono combattere in Afghanistan, la Cina ha potuto massacrare il Tibet, ed ora la Russia può bombardare Gori. Le super potenze tacciono reciprocamente le violazioni altrui, per garantire l’impunità alle proprie.
Il mondo osserva attonito, l’Onu balbetta, l’Unione europea è inerme. Lo strumento di prevenzione e pacificazione che servirebbe mettere in campo, non esiste ancora. La polizia internazionale e i corpi civili di pace rimangono sogni nel cassetto. Non trovano finanziamenti perché gli stati, tutti gli stati, preferiscono convogliare ogni risorsa disponibile per armare gli eserciti nazionali. Poi, davanti all’ultimo genocidio, piangono lacrime di coccodrillo perché manca la forza per fermare il massacro inatto. Accade in Afghanistan, accade in Iraq, accade in Uganda, nel Ciad, in Somalia, nello Sri Lanka, in Israele-Palestina . . .
C’è una sola cosa da fare. Intanto non illudersi che con le nostre forze potremo fermare questa o quella guerra. Il compito nostro è quello di perseguire e proclamare la forza della verità: queste guerre e quelle future sono e saranno rese possibili dallo strumento militare. Per fermare il “flagello della guerra”, che produce sangue e distruzione e disumanizza l’intera umanità, è necessario abolire l’apparato bellico: le fabbriche d’armi, i bilanci militari, gli eserciti. La nonviolenza è il fine e ilmezzo che questo renderà possibile.
Contro la guerra in Georgia e contro ogni altra guerra in atto nonpossiamo far nulla. Ma quel nulla dobbiamo fare, fosse solo accendere una candela, scendere in piazza, scrivere questo articolo. Forse possiamo solo dire una parola, e quella parola, contro la guerra e la sua preparazione,deve essere “nonviolenza”.
Il di più viene dal maligno.
Mao Valpiana
Movimento Nonviolento Verona
12 agosto 2008
addenda mia:
sono pienamente concorde con l'amico Valpiana: è inutile nascondersi dietro un dito. Gli eserciti servono per fare la guerra. Finchè ci saranno eserciti, la pace sarà un'illusione.
Se ho in mano una pistola, e il dito sul grilletto, prima o poi, un colpo parte...abolire l'esercito, riconvertire l'industria bellica, creare una cultura di pace (e di giustizia: perchè senza giustizia non c'è pace).
1 commento:
Ti segnalo un articolo de l'Unità che ho preservato qui su Fuoriregistro. Macchiette di uomini giocano a risiko sulla pelle di popolazioni inermi. Aveva ragione Marx (Groucho Marx).
Ciao!
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