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lunedì 25 giugno 2012

NELL'ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI DON LORENZO MILANI

NELL'ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI DON LORENZO MILANI. UNA COMMEMORAZIONE A VITERBO

Ricorre il 26 giugno 2012 il quarantacinquesimo anniversario della scomparsa di don Lorenzo Milani (Firenze, 27 maggio 1923 - 26 giugno 1967), il priore di Barbiana che ha dato un grande contributo all'impegno per la pace e la giustizia, la solidarieta', l'educazione liberatrice.
In questa occasione lunedi' 25 giugno 2012 presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" si e' svolto un incontro commemorativo nel corso del quale sono stati letti e commentati alcuni brani dalle lettere e dalle opere fondamentali di don Milani (Esperienze pastorali; L'obbedienza non e' piu' una virtu') e della scuola di Barbiana (Lettera a una professoressa), ed alcune testimonianze sulla sua persona e le sue esperienze e riflessioni.

Il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo

Viterbo, 25 giugno 2012

Mittente: "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Una minima notizia biobibliografica su don Lorenzo Milani


Lorenzo Milani nacque a Firenze nel 1923, proveniente da una famiglia della borghesia intellettuale, ordinato prete nel 1947. Opera dapprima a S. Donato a Calenzano, ove realizza una scuola serale aperta a tutti i giovani di estrazione popolare e proletaria, senza discriminazioni politiche. Viene poi trasferito punitivamente a Barbiana nel 1954. Qui realizza l'esperienza della sua scuola. Nel 1958 pubblica Esperienze pastorali, di cui la gerarchia ecclesiastica ordinera' il ritiro dal commercio. Nel 1965 scrive la lettera ai cappellani militari da cui derivera' il processo i cui atti sono pubblicati ne L'obbedienza non e' piu' una virtu'. Muore dopo una lunga malattia nel 1967; era appena uscita la Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana. L'educazione come pratica di liberazione, la scelta di classe dalla parte degli oppressi, l'opposizione alla guerra, la denuncia della scuola classista che discrimina i poveri: sono alcuni dei temi su cui la lezione di don Milani resta di grande valore.
Opere di Lorenzo Milani e della scuola di Barbiana: Esperienze pastorali, L'obbedienza non e' piu' una virtu', Lettera a una professoressa, pubblicate tutte presso la Libreria Editrice Fiorentina (Lef). Postume sono state pubblicate le raccolte di Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Mondadori; le Lettere alla mamma, Mondadori; e sempre delle lettere alla madre l'edizione critica, integrale e annotata, Alla mamma. Lettere 1943-1967, Marietti. Altri testi sono apparsi sparsamente in volumi di diversi autori. La casa editrice Stampa Alternativa ha meritoriamente effettuato nell'ultimo decennio la ripubblicazione di vari testi milaniani in edizioni ultraeconomiche e criticamente curate. La Emi ha recentemente pubblicato, a cura di Giorgio Pecorini, lettere, appunti e carte varie inedite di don Lorenzo Milani nel volume I care ancora. Altri testi ha pubblicato ancora la Lef. Opere su Lorenzo Milani: sono ormai numerose; fondamentali sono: Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell'ultimo, Rizzoli, Milano 1993; Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Baldini & Castoldi, Milano 1996; Mario Lancisi (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Ernesto Balducci, L'insegnamento di don Lorenzo Milani, Laterza, Roma-Bari 1995; Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, Lef, Firenze 1974; Antonio Schina (a cura di), Don Milani, Centro di documentazione di Pistoia, 1993. Segnaliamo anche l'interessante fascicolo monografico di "Azione nonviolenta" del giugno 1997. Segnaliamo anche il fascicolo Don Lorenzo Milani, maestro di liberta', supplemento a "Conquiste del lavoro", n. 50 del 1987. Tra i testi apparsi di recente: il testo su don Milani di Michele Ranchetti nel suo libro Gli ultimi preti, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1997; David Maria Turoldo, Il mio amico don Milani, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1997; Liana Fiorani, Don Milani tra storia e attualita', Lef, Firenze 1997, poi Centro don Milani, Firenze 1999; AA. VV., Rileggiamo don Lorenzo Milani a trenta anni dalla sua morte, Comune di Rubano 1998; Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Firenze 1998; Liana Fiorani, Dediche a don Milani, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2001; Edoardo Martinelli, Pedagogia dell'aderenza, Polaris, Vicchio di Mugello (Fi) 2002; Marco Moraccini (a cura di), Scritti su Lorenzo Milani. Una antologia critica, Il Grandevetro - Jaca Book, Santa Croce sull'Arno (Pi) - Milano 2002; Jose' Luis Corzo Toral, Lorenzo Milani. Analisi spirituale e interpretazione pedagogica, Servitium, Sotto il Monte (Bergamo) 2008.


Nonviolenti mailing list
Nonviolenti@lists.nonviolenti.org
http://lists.nonviolenti.org/cgi-bin/mailman/listinfo/nonviolenti

venerdì 22 giugno 2012

INIZIATIVE CENTRO CULTURALE VALDESE - ESTATE 2012

Riporto questa mail sulle iniziative estive del Centro Culturale della Fondazione Valdese. Purtroppo nel passaggio dall'originale in pdf, salta la formattazione...

C E N T R O C U L T U R A L E
V A L D E S E

Estate 2012

FONDAZIONE CENTRO CULTURALE VALDESE

Il Centro culturale è nato nel 1989 in occasione del III centenario del ritorno in Piemonte dei valdesi dall’esilio (Glorioso Rimpatrio). Nel realizzare questo progetto, la comunità valdese è stata mossa dall’intento di raccogliere il suo ricco patrimonio di cultura, prodotto nei secoli, e permetterne la fruizione ad un più largo pubblico. Il Centro, costituito nel 1991 come Fondazione, ha trovato sede nei locali dell’ex Convitto valdese. Ne costituiscono la struttura le seguenti realtà:


la Biblioteca valdese, dotata di circa 86.000 volumi, 900 riviste terminate, 165 in corso, 250 cinquecentine, 550 seicentine, 1.500 Bibbie. È punto di riferimento qualificato per studiosi di storia evangelica, teologia protestante e storia dell’evangelismo italiano;


il Museo, fondato nel 1889 e rinnovato nel 1939, nel 1974 e nel 1989, comprende due sezioni: storica ed etnografica.


Nello stesso edificio hanno sede:


la Società di studi valdesi, fondata nel 1881, dotata di una ricca biblioteca e di un interessante archivio promuove da un secolo gli studi sul valdismo, con pubblicazione di un «Bollettino», della rivista «la beidana. Cultura e storia nelle valli valdesi», di monografie, promozione di convegni annuali e ricerche;


l’Archivio storico della Tavola valdese conserva gli archivi delle Chiese valdesi, metodiste e battiste in Italia e l’Archivio delle donne protestanti.


ORARI DI ATTIVITÀ


Via Beckwith 3 - 10066 Torre Pellice - C/c postale n. 34308106. C/c bancario n. 2135438 - Unicredit - Torre Pellice.


SEGRETERIA: dal martedì al venerdì: mattino 9-12,30; pomeriggio 14,30-17,30. Tel. 0121 93 21 79; fax 0121 93 25 66;


E-Mail: segreteria@fondazionevaldese.org .


il barba UFFICIO PROMOZIONE ITINERARI VALDESI: l’ufficio organizza, su prenotazione, visite ai musei, templi e luoghi storici delle valli valdesi: mattino 9-12,30; tel. e fax 0121 95 02 03; E-Mail: il.barba@fondazionevaldese.org


BIBLIOTECA: martedì, mercoledì, giovedì, mattino 9,00-13,00, pomeriggio 14-18. Venerdì: mattino 9,00-13,00.
E-Mail: biblioteca@fondazionevaldese.org.


MUSEO STORICO-ETNOGRAFICO: aperto il giovedì, sabato e domenica 15-18; luglio e agosto tutti i giorni dalle 16 alle 19. chiuso in dicembre e gennaio. In altri orari o per visite guidate, informazioni e prenotazioni dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12,30 all’ufficio il barba.


SPAZIO ESPOSITIVO «Una finestra su…»: aperto dal martedì al giovedì: mattino 9-13, pomeriggio 14-18.
Venerdì 9-13. Sabato e domenica 15-18. Luglio e agosto 16-19 tutti i giorni.


SALA ESPOSITIVA “PAOLO PASCHETTO” E COLLEZIONI ARCHEOLOGICHE: aperte negli orari del museo, oppure su richiesta in
orari di segreteria.


SEGRETERIA DELLA SOCIETÀ DI STUDI VALDESI: martedì, mercoledì 14-17; venerdì 9-11.
tel. e fax 0121 93 27 65. E-Mail: segreteria@studivaldesi.org
ARCHIVIO DELLA TAVOLA VALDESE, DELLA SOCIETÀ DI STUDI E ARCHIVIO FOTOGRAFICO:
dal martedì al giovedì 9,00-13,00 14-18. Venerdì: 9,00-13,00. E-mail: tvarchivio@chiesavaldese.org


Una finestra su...


L’attività grafica di


Umberto Stagnaro


per l’Editrice Claudiana


DAL 2 LUGLIO AL 30 SETTEMBRE


Presso il Centro culturale valdese nei seguenti orari:


Luglio e agosto: dal martedì al venerdì 9-13 14-19


sabato e domenica: 16-19


Settembre: dal martedì al giovedì 9-13 14-18


venerdì 9-13 sabato e domenica: 15-18


INGRESSO LIBERO


Fondazione Centro Culturale Valdese - via Beckwith 3 - Torre Pellice


tel. 0121 93 21 79 - fax 0121 93 25 66 - segreteria@fondazionevaldese.org


www.fondazionevaldese.org






PASSEGGIATE STORICHE DEL COORDINAMENTO MUSEI E LUOGHI
STORICI VALDESI


Camminate alla scoperta dei principali siti storicamente importanti nelle Valli valdesi con un’accompagnatore/trice qualificato/a.
Sabato 7 luglio – Rorà – “Museo in campo: la fienagione”. In giornata verrà illustrata, con possibilità di provare, la battitura e affilatura delle lame, il taglio dell'erba, il trasporto del fieno partendo dagli attrezzi esposti nel museo inerenti la fienagione.


Sabato 14 luglio – Inverso Pinasca-San Germano


Chisone


Sabato 28 luglio – Balziglia – “Il Castello”


Escursione dalla Balziglia al Castello


Sabato 4 agosto – Angrogna – “Riscoprendo antiche borgate”. Percorso: Pradeltorno, Bagnòu, Fau, Barma Mounastìra, Eigardòu, Barma d'ar loup, Bagnòu, Pradeltorno.


Sabato 18 agosto – Villar Pellice – “Terre di lupi e Resistenza”. Escursione verso la Gardetta.

Sabato 1 settembre – Val Susa – “Dal Piccolo Moncenisio al Col Clapier”
(Info: ufficio “il barba” tel. 0121 95 02 03)


-°-°-°-


Domenica 22 luglio – Incontro italo-francese al Colle


della Croce (Bobbio Pellice)


INCONTRI E CONVEGNI A TORRE PELLICE


A CURA DELLA CHIESA VALDESE DI TORRE PELLICE


5 agosto ore 17,30 – Torre Pellice – “Tempio valdese aperto” – Conferenza del professor Mario Miegge, “I protestanti e l’etica del lavoro. Che senso ha parlarne in un mondo senza lavoro”


19 agosto ore 17,30 – Torre Pellice – “Tempio valdese aperto” – Conferenza di Sergio Velluto, “Protestanti e umorismo”


(Info: Chiesa valdese di Torre Pellice 0121 91305)


A CURA DEL CENTRO CULTURALE VALDESE E DELLA SEGRETERIA DEL CORPO PASTORALE


24 agosto a partire dalle ore 11 – Torre Pellice, Casa valdese, via Beckwith 2 – Giornata teologica Giovanni Miegge, incontro dibattito dal titolo “L’etica del lavoro in un’epoca di non lavoro”


A CURA DELLA CLAUDIANA EDITRICE


25 agosto ore 21 – Torre Pellice – Collegio Valdese Presentazione del libro a cura di Andreas Köhn Carlo Lupo, Pastore, poeta, uomo di pace


A CURA DELLA CORALE DI TORRE PELLICE


28 agosto ore 20,45 – Torre Pellice – Tempio valdese – Concerto in occasione del Centenario della Corale valdese di Torre Pellice, con la partecipazione del Coro del Collegio Valdese


A CURA DELLA SOCIETÀ DI STUDI VALDESI


26 agosto ore 21 – Torre Pellice – Presentazione del libro di Franco Giampiccoli Charles Beckwith, il Generale dei valdesi, con interventi dell’autore, di Jean- Louis Sappè, di Giorgio Tourn


8-9 settembre – Torre Pellice – LII Convegno di studi sulla Riforma e sui movimenti religiosi in Italia "Predicazione, eserciti e violenza armata nell’Europa delle guerre di religione"


(Info: Società di Studi Valdesi 0121 93 2765)


MOSTRE ED ESPOSIZIONI


AL CENTRO CULTURALE


Dal 31 marzo al 30 giugno Una finestra su…


È LA MIA STORIA, È LA MIA FÈ…
A cura della Corale Valdese di Torre Pellice nel Centenario



Dal 2 luglio al 30 settembre Una finestra su…


L’ATTIVITÀ GRAFICA DI UMBERTO STAGNARO PER L’EDITRICE CLAUDIANA


Dal 17 giugno al 2 settembre – Al primo piano
MISSIONARI VALDESI IN AFRICA AUSTRALE FRA OTTOCENTO E NOVECENTO


Dal 17 giugno al 30 novembre – Sala Paschetto


LE INCISIONI DI PAOLO PASCHETTO DALLA COLLEZIONE DELLA TAVOLA VALDESE


www.fondazionevaldese.org


Programma soggetto a integrazioni e variazioni. Aggiornamento del 14 giugno 2012


MUSEO E SALE ESPOSITIVE IN LUGLIO E AGOSTO


Aperti tutti i giorni dalle 16 alle 19


4 agosto – Lago del Laux – Val Chisone Convegno storico annuale
“Cattolici e valdesi: dal conflitto alla convivenza” dal titolo: Industria e società civile nelle valli Chisone e Germanasca


A cura di: Società di Studi Valdesi, Diocesi di Pinerolo, Comune e Parrocchia di Usseaux, Associazione La valaddo
Sera: danze occitane a cura dell’associazione Cassandra






Sabato 7 luglio, Rorà


MUSEO IN CAMPO: la fienagione


Partenza: ore 9,30 dalla piazza di Rorà


Percorso: Rorà, Ca di Masa, Roca Rous(s)a, la Fountanëtta, li Rounzèi.


In giornata verrà illustrata, con possibilità di provare, la battitura e affilatura delle lame, il taglio dell'erba, il trasporto del fieno partendo dagli attrezzi esposti nel museo inerenti la fienagione.
Durata: ore 17,00 ritorno alla piazza di Rorà. Dislivello in salita di 300 metri. Escursione di media difficoltà su sentiero e strada sterrata. Necessario abbigliamento e scarpe comode; pranzo al sacco.


Sabato 14 luglio, Inverso Pinasca – San Germano Chisone


AL DI LÁ DEL CHISONE, TRA STORIA, AMBIENTE E LAVORO


Partenza: ore 8,00, appuntamento a Inverso Pinasca, borgata Grange (parcheggio nei pressi dell'Ostu del


Povr Om).


Percorso: Grange, Chianavere, San Germano Chisone (sentiero Verdeacqua),


Pra Pounsoun, Clot, Vivian, Grange


Tempo percorrenza: 8 ore circa di cui 5h30 di marcia, 1h pranzo al sacco, 1h30 altre fermate.


Dislivello:450 m


Sabato 28 luglio, Balziglia


RIPERCORRERE L'ASSEDIO (1689-1690)


Partenza: ore 9 dal piazzale di Balziglia


Percorso: Balziglia, Castello, Rabiëra, Balziglia, visita guidata al Museo.
Tempo di percorrenza: 3 ore circa. Dislivello: 120 m. Escursione su sentiero di montagna: si consiglia l'uso di calzature idonee. Pranzo al sacco a Balziglia oppure nelle locande della valle.

Sabato 4 agosto, Angrogna


RISCOPRENDO ANTICHE BORGATE


Partenza: ore 9,00 dal Tempio valdese di Pradeltorno. Dislivello: m. 450.
Tempo stimato: 2h salita, 1h discesa.
Percorso: Pradeltorno, Bagnòu, Fau, Barma Mounastìra, Eigardòu, Barma d'ar loup, Bagnòu, Pradeltorno.
Pranzo al sacco. Rientro previsto alle ore 16 con rinfresco offerto dal Concistoro della Chiesa valdese di Angrogna.


Sabato 18 agosto, Villar Pellice


MISERIA E PASSIONE IN TERRA DEI LUPI E COVI DI PARTIGIANI


Escursione ispirata al romanzo “una vita sbagliata” di Laura Trossarelli.
Ritrovo: ore 8,30 in borgata Teynaud. Percorso: Teynaud, Ciarmis, Ciarbunil, Chiotas, Gardetta, Ciaplet, Violin, Rocca Roussa, Pouracira, Vigna, Barneud, Teynaud. Percorso su sentiero, mulattiera e pista forestale. Dislivello: 630 m ca. Tempo percorrenza: 7 ore ca di cui 4,30 ore di camminata. Pranzo al sacco.


Sabato 1 settembre, Val Susa


CAMMINI VALDESI IN VALLE DI SUSA


Frammenti di storia fatti rivivere da Manrico Oddenino
Partenza: ore 7h00 presso la stazione FS di Susa. Percorso: in auto da Susa fino al colle del Piccolo Moncenisio, poi camminata per un sentiero dominato sulla destra dal massiccio dei Denti d'Ambin, si    oltrepassa il lago delle Sevine e si giunge al Col Clapier. Dislivello: 350 m ca.
Tempo percorrenza: 2 ore. Pranzo al sacco o presso il rifugio Clapier in territorio francese.


PASSEGGIATE STORICHE


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a cura del Coordinamento Musei e Luoghi Storici Valdesi


Le passeggiate sono organizzate dal Coordinamento Musei e Luoghi Storici Valdesi.


Un/una responsabile del Coordinamento accompagnerà i presenti nel corso della giornata,unendo il racconto di eventi storici alla visita del territorio. La partecipazione è gratuita, gradita la prenotazione. In caso di pioggia alcuni programmi possono subire variazioni.
Sono raccomandate calzature da montagna, giacca impermeabile e pranzo al sacco.
Per informazioni: Fondazione Centro Culturale Valdese, tel.0121.950203,
il.barba@fondazionevaldese.org, www.fondazionevaldese.org
Fondazione Centro Culturale Valdese


Via Beckwith 3
10066 Torre Pellice (To)
tel. +39 (0) 121 93 21 79
www.fondazionevaldese.org



mercoledì 20 giugno 2012

UN CANTIERE SENZA PROGETTO. L'ITALIA DELLE RELIGIONI


Caro amico, gentile amica,



Ti segnaliamo con piacere che da fine maggio sarà in distribuzione la nostra ultima e appassionante fatica: “Un cantiere senza progetto. L’Italia delle religioni, 2012” (Emi, Bologna, 14 euro). Come già “Il muro di vetro” del 2009, si tratta di un “rapporto” nel quale, con il prezioso aiuto di amici e colleghi, proponiamo delle piste di lettura e interpretazione della complessa realtà religiosa dell’Italia di oggi.


Il Rapporto ha un carattere interdisciplinare e raccoglie contributi di ordine storico, sociologico, giuridico, giornalistico e “pastorale” curati tanto da “osservatori” che da “testimoni” interni alle varie comunità di fede presenti in Italia.


Complessivamente si tratta di oltre 400 pagine per un totale di circa 40 saggi; completano il volume un’ampia sitografia e una sezione di recapiti e dati che consentono al lettore sia di approfondire i vari temi che, se interessato, di prendere contatti diretti con le varie realtà di cui si scrive nel volume.
Nelle nostre intenzioni, insomma, non consegniamo al lettore soltanto una “fotografia” – e per altro non sempre a fuoco – delle dinamiche religiose del paese ma anche uno strumento per costruire politiche e pratiche di quel pluralismo religioso che ancora fatichiamo a riconoscere e ad assumere come un tratto socialmente e culturalmente importante.
Ovviamente ci farà piacere ricevere commenti e critiche – anche in vista del possibile III Rapporto - ma ci farà ancora più piacere se il libro fosse l’occasione per riflettere su una serie di fatti che rimandano a nuove politiche, nuovi comportamenti, nuove competenze professionali, a una diversa informazione religiosa e a una più realistica comprensione dei cambiamenti intervenuti nell’Italia “delle religioni” di questi anni.
Per questo la Casa editrice e noi stessi siamo disponibili a collaborare a incontri di presentazione del volume e di riflessione sulle tematiche che esso cerca di porre in luce.


Grati per l’attenzione, a tutte e tutti voi un caro saluto,


Paolo Naso e Brunetto Salvarani

martedì 19 giugno 2012

ANCORA SU CARDINALE SCOLA E C.L.


IL CARD. SCOLA “COSTRETTO” A BACCHETTARE IL CIELLINO CARRÓN PER LE ACCUSE A TETTAMANZI E MARTINI


36747. MILANO-ADISTA. Quando il Fatto quotidiano l’aveva pubblicata, il 6 maggio scorso, la lettera era inizialmente passata un po’ sottotraccia, anche perché ne erano stati sottolineati più gli aspetti legati alla attualità politica (come il sostegno di Cl a Formigoni) che quelli più propriamente ecclesiali.


A distanza di alcune settimane, però, complice anche il rilancio della nostra agenzia (v. Adista Notizie n. 21/12) e poi quella del portale di Noi Siamo Chiesa (www.noisiamochiesa.org), la lettera di don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, al nunzio Giuseppe Bertello (un documento riservato datato marzo 2011 che si riferiva alle consultazioni in vista della nomina del nuovo arcivescovo di Milano) ha avuto nella diocesi ambrosiana un’eco amplissima.


Tanto che circa 550 tra laici, presbiteri, religiosi e religiose ambrosiani, variamente impegnati in diocesi negli ultimi decenni e con diversi gradi di responsabilità (alcuni sono stati dirigenti di primo piano di Caritas Ambrosiana, Acli e Curia milanese), hanno sottoscritto un documento che risponde con fermezza ad alcune affermazioni contenute nella lettera di don Carrón, specie in merito alle dure accuse rivolte dal leader ciellino al card. Martini e al card. Tettamanzi. Il numero delle sottoscrizioni è tanto più significativo in quanto sono state raccolte con i mezzi “artigianali” del passaparola e delle mail inviate ed inoltrate ad indirizzi privati, in un arco di appena una decina di giorni.


«Vorremmo testimoniare, in quanto fedeli di questa diocesi – scrivono i credenti milanesi – che quanto scritto dal reverendo Carrón non corrisponde a quanto abbiamo vissuto di persona e abbiamo visto coi nostri occhi. Ricordiamo pochi fatti a titolo di esempio: quanto al ministero del card. Martini, la Scuola della parola che ha insegnato a migliaia di fedeli di tutte le età a coniugare ascolto della Scrittura e fedeltà al Vangelo nella vita di ogni giorno, e che ha suscitato l’ammirazione e lo stupore di molte persone lontane dalla fede. E poi la Cattedra dei non credenti che ci ha insegnato ad approfondire la nostra poca fede di fronte a questioni cruciali e brucianti, per noi e per tutti, di quella modernità in cui siamo pur chiamati a vivere. Altro che “frattura tra sapere e credere”! Altro che “intimismo e moralismo”!».


Per quanto riguarda invece il card. Tettamanzi, prosegue la lettera, «vorremmo ricordare il suo ministero di carità che lo ha guidato a istituire il Fondo famiglia-lavoro, e la sua difesa dei più poveri tra i suoi fedeli, che lo ha esposto alle critiche ingiuriose di una parte politica. Vorremmo chiedere al reverendo Carrón: in che cosa la difesa dei poveri per fedeltà al Vangelo rompe la “tradizione ambrosiana”? La nostra esperienza, e il parere di credenti e non credenti con cui siamo a contatto nella vita di ogni giorno, è che il ministero di questi due nostri pastori abbia rappresentato un lungo e indimenticabile tesoro di grazia, alla ricerca di una coerente realizzazione delle scelte del Concilio nel difficile contesto della contemporaneità».


Di fronte ad una così pubblica e massiccia levata di scudi in difesa di Martini e Tettamanzi, anche l’attuale arcivescovo di Milano, il ciellino card. Angelo Scola, che inizialmente aveva fatto finta di nulla, evitando di commentare la lettera di Carrón al momento della sua pubblicazione su il Fatto quotidiano, ha sentito il dovere di intervenire per prendere le distanze dal presidente del movimento cui lui stesso appartiene. Lo ha fatto, significativamente, di fronte al Consiglio presbiteriale della diocesi, l’8 giugno scorso. «Quello che penso, e la stima che ho per i miei due predecessori – ha precisato Scola –, l’ho detto in più occasioni, e l’ho ribadito nei giorni scorsi, davanti al Santo Padre. Se c’è qualcuno che la pensa diversamente, dovrà dare chiarimenti. Chiederò agli attuali dirigenti di Comunione e Liberazione di venire a spiegarsi». Detto fatto. Con un gesto piuttosto inusuale, il cardinale Scola – come si legge sul sito della diocesi ambrosiana –, sentito anche il consiglio dei vescovi milanesi, ha incaricato mons. Mario Delpini, vicario generale, di incontrare a suo nome i due responsabili diocesani della fraternità di Cl e lo stesso don Julián Carrón per «chiedere i chiarimenti dovuti e perseguire quel processo di pluriformità nell’unità proprio della vita ecclesiale. Processo che richiede verità ed autenticità per realizzare quella comunione a priori di cui ci ha parlato anche il Santo Padre».


Prima ancora della lettera dei 550 e la dissociazione di Scola, era stato il movimento Noi Siamo Chiesa, a denunciare la durezza e l’inopportunità, oltre che l’inesattezza delle parole di Carrón contro Martini e Tettamanzi. E proprio Noi Siamo Chiesa, dopo la presa di distanza del card. Scola è intervenuta nuovamente sulla vicenda, giudicando «molto positiva» la dichiarazione dell’arcivescovo, che «ha preso nettamente le distanze» dai contenuti della lettera di Carrón, come il movimento aveva auspicato. Ci sono quindi le premesse per un rapporto di reciproca maggiore chiarezza tra l’arcivescovo e la diocesi. «Non concordo però – scrive il coordinatore nazionale Vittorio Bellavite in una nota del 9 giugno scorso – quando Scola dice che la lettera contiene il pensiero di Carrón. Essa invece esprime, con particolare efficacia e completezza, quanto Comunione e Liberazione dice sottovoce da tanti anni sulla gestione della diocesi da parte dei due ultimi arcivescovi. È stato da parte di Cl, da trent’anni a questa parte, un continuo brontolare e, ad ogni occasione, mettersi di traverso rispetto alla gran parte delle strutture diocesane e un continuo ritagliarsi spazi separati con pratiche controcorrente ispirate alle posizioni critiche espresse nella lettera». «Scola – conclude – faccia un ulteriore passo avanti e dica esplicitamente che il problema non è costituito dalle opinioni di Carrón, ma dalla teologia e dalla pastorale di Cl». (valerio gigante)






http://www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=51760


sabato 16 giugno 2012

Domenica 17 giugno la quattordicesima assemblea nazionale di Noi Siamo Chiesa


A tutti gli aderenti e amici di “Noi Siamo Chiesa”


Carissimi,


l’assemblea annuale di “Noi Siamo Chiesa” (è la quattordicesima) si terrà alla cascina Contina (comune di Rosate a sud di Milano)
domenica 17 giugno
Essa è aperta agli aderenti e ai simpatizzanti di “Noi Siamo Chiesa” e a chi vuole conoscere il movimento.


Il programma è il seguente :


Ore 9,30 Arrivo dei partecipanti


Ore 10 Preghiera iniziale, rapida presentazione dei partecipanti e delle attività della cascina Contina


Ore 10,15 Prima parte della celebrazione eucaristica (terza domenica dopo Pentecoste, rito ambrosiano)


Ore 10,45 Intervento dell’amica e teologa Lilia Sebastiani “A cinquant’anni dall’inizio del Concilio. Uno sguardo sul passato e sul futuro”. Discussione.


12,15 “Un anno di Noi Siamo Chiesa” a cura del coordinatore nazionale Vittorio Bellavite


12,30 Parte centrale della celebrazione eucaristica (lo spezzare il Pane, nella chiesetta della cascina)


13,00 Pranzo comunitario preparato dalla cascina Contina (offerta libera)


14,15 I rapporti internazionali di “Noi Siamo Chiesa” (Mauro Castagnaro). Discussione


.


14,45 Iniziative in cantiere e proposte


15,15 Le situazioni locali di Noi Siamo Chiesa,


15,45 la comunicazione : il sito e Facebook, materiali divulgativi, i nostri libri


16,15 le adesioni, la situazione economica del movimento e approvazione del Coordinamento nazionale


ore 17 Padre nostro, abbraccio di pace e conclusione dell’incontro.


Durante la giornata ricorderemo i nostri fratelli Luisito Bianchi e Giulio Girardi, da poco andati alla casa del Padre


Essendo tanti e importanti gli argomenti, sarà necessaria una rigorosa gestione dei tempi e di organizzazione della giornata.


Qui sotto puoi leggere le istruzioni per arrivare alla Contina . Come sempre cerchiamo di organizzarci con le auto; se qualcuno ha problemi mi telefoni (022664753 oppure 3331309765) o telefoni alla Contina per informazioni (vedi sotto) o altro. La cascina può dare ospitalità per la notte. Mettersi d’accordo direttamente.


I nostri incontri sono aperti a tutti gli amici e simpatizzanti di “Noi Siamo Chiesa”. Le decisioni formali sulle iniziative e l’organizzazione di NSC sono di competenza di chi partecipa alla vita del movimento mediante l’adesione a pieno titolo. Infatti l’incontro ha anche funzione di assemblea annuale dell’associazione “Noi Siamo Chiesa” con cui da sei anni organizziamo formalmente il nostro movimento.


Ti faccio presente, se non sei mai venuto, che questo nostro incontro è una occasione di conoscenza reciproca, di fraternità, di amicizia e di preghiera comunitaria in un luogo accogliente (nel parco del Ticino) ed espressione di una iniziativa di impegno e di solidarietà sociale molto importante a favore degli “ultimi”, quella della cascina Contina.


Se non puoi partecipare per favore scrivi o telefona per dirci quello che pensi, lo comunicheremo in assemblea.


Ti aspetto, un abbraccio di pace a nome di tutto il Coordinamento nazionale


Milano, 21 maggio 2012 Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale


PER RAGGIUNGERE LA COMUNITA’ CASCINA CONTINA


(Cascina Contina Rosate MI)


CON I MEZZI PROPRI per chi viene da Milano e da Nord


Tangenziale Ovest uscita Vigevanese-Porta Genova (all’altezza del Grande magazzino “Happening”)


Di fronte al Naviglio Grande, svoltare a sinistra (direzione Abbiategrasso, Vigevano)


Superare diritto i 3 semafori di Trezzano sul Naviglio


Dopo Bonirola di Gaggiano, svoltare a sinistra al semaforo posto lungo il Naviglio (direzione Rosate, Noviglio, Vigano)


Proseguire dritto per 7-8 km, anche quando la strada entra in più o meno improbabili rotatorie.Giunti a Rosate, piegare a destra alla piccola rotonda posta davanti ad un palazzo che presenta sul tetto la sedicente scritta Hotel.


Proseguire diritto per 2 semafori e svoltare a destra al 3°, all’altezza di una nuova urbanizzazione sulla destra e di un edificio che assomiglia tutto ad una scuola (è infatti la scuola media di Rosate): al semaforo trovate l’indicazione “Cascina Contina 10″ (è il numero catastale della cascina), ma in realtà mancano solo 1,5 km.


Dopo circa 200 metri, la strada abbandona le case ed entra tra 2 fossi o rogge, diventando una strada di campagna: non fatevi intimorire e percorretela (evitando se possibile le rogge, attualmente stracolme d’acqua: non costringeteci a fare gli straordinari con la ruspa). Dopo circa 1,2 km la prima grande cascina bianca che incontrate sulla destra è la Contina.


Con i mezzi propri per chi viene da Sud e dal Piemonte


Uscire a Binasco dall’ autostrada del mare e prendere la direzione di Abbiategrasso-Rosate. Giunti a Rosate, piegare a destra alla piccola rotonda posta davanti ad un palazzo che presenta sul tetto la sedicente scritta Hotel.
Proseguire diritto per 2 semafori e svoltare a destra al 3°, all’altezza di una nuova urbanizzazione sulla destra e di un edificio che assomiglia tutto ad una scuola (è infatti la scuola media di Rosate): al semaforo trovate l’indicazione “Cascina Contina 10″ (è il numero catastale della cascina), ma in realtà mancano solo 1,5 km.
Dopo circa 200 metri, la strada abbandona le case ed entra tra 2 fossi o rogge, diventando una strada di campagna: non fatevi intimorire e percorretela (evitando se possibile le rogge, attualmente stracolme d’acqua: non costringeteci a fare gli straordinari con la ruspa). Dopo circa 1,2 km la prima grande cascina bianca che incontrate sulla destra è la Contina.


CON I MEZZI PUBBLICI


Autobus ATM dalla fermata MM 2 di Romolo (Linea Verde) diretti a Gaggiano alle ore 8, 9, 10, arrivo in piazza Gramsci alle 8,24, 9,24,10,24. Da Gaggiano bisogna arrivare a Rosate chiedendo alla cascina Contina di mandare qualcuno con auto (i servizi fino a Rosate sono sospesi la domenica) Per tornare da Gaggiano partenza ore 16,17, 17,12, 18,17 e arrivo alla MM 2 di Romolo dopo mezz’ora). Chiedere sempre il passaggio.


Cascina Contina : cell.. .3316557134 tel. 02/90849494-90834086, fax 02/90849493

giovedì 14 giugno 2012

SI alla denuclearizzazione euromediterranea NO ai venti di guerra sul nucleare iraniano


APPELLO:
Il governo dello Stato di Israele, con dichiarazioni, dapprima fatte filtrare all’esterno e poi con dichiarazioni pubbliche di alcuni suoi principali rappresentanti, caldeggia l’uso della propria forza militare per impedire che lo Stato iraniano possa eventualmente dotarsi di armi nucleari trasformando la propria energia nucleare “civile” in “militare”.
Sono emerse voci contrarie a questa posizione all’interno dello stesso governo israeliano e di ex responsabili dello stesso. Ed è degno di nota che i vertici militari e dei servizi segreti israeliani in carica, con prese di posizioni pubbliche, abbiano manifestato grande perplessità rispetto al carattere risolutivo di blitz aerei contro impianti presumibilmente disseminati in decine di siti sotterranei.
Senza assolutamente sottovalutare l’importanza di queste voci, istituzionali (o ex istituzionali), vorremmo porre l’attenzione al “NO” a questa potenziale guerra da parte di David Grossman, scrittore, cittadino israeliano, che, in maniera pubblica, con fermezza, ha manifestato il suo dissenso al proprio governo. Grossman, sviluppando ragionamenti pragmatici, sostiene che l’eventuale attacco non risolverebbe comunque il problema, ma lo rinvierebbe nel tempo. Infatti le conoscenze scientifiche da parte dell’Iran per fare la cosiddetta “bomba” (la tecnologia dell’arricchimento dell’uranio) rimarrebbero intatte, e caricate in più dell’odio per quello che potrebbe avvenire in bombardamenti comunque sanguinosi e ambientalmente devastanti, per quanto intenzionalmente chirurgici.
I firmatari di questo appello ritengono sia opportuno appoggiare la posizione dello scrittore israeliano, ed allo stesso modo sostenere chiunque, da frontiere contigue e/o contrapposte, lavori per il dialogo politico e per il disarmo; ricordano, in proposito, che l’ONU, da decenni, appoggiato dagli stessi Stati Uniti, ha designato il Medio Oriente come zona denuclearizzata, proprio nell’intento di evitare scontri catastrofici tra gli Stati e tra i popoli.
La posizione disarmista dell’ONU è stata ribadita dall’ultima Conferenza di revisione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare del maggio 2010 con un documento che indice, per il 2012, una sua sessione speciale per la denuclearizzazione del Medio Oriente e l’eliminazione dalla regione delle armi di distruzione di massa.
I sottoscritti chiedono ai governi di rispettare l’impegno a far svolgere questa conferenza per la pace ed il disarmo sollecitando le opinioni pubbliche di tutti i Paesi e le nazioni dell’area euro mediterranea a mobilitarsi per incardinarne la necessità e la prepotente urgenza.
Ricordano anche che gli Stati sono fatti dagli uomini e che questi possono pesare nelle scelte: devono solo tradurre la buona volontà in buone azioni e buone manifestazioni.
Ovunque possiamo far sorgere ed operare delle Ambasciate di Pace della società civile che si propongano, dal basso, l'obiettivo comune della denuclearizzazione.


Promotori:


Giuseppe Bruzzone, obiettore di coscienza, sostenitore delle idee di Franco Fornari
Alfonso Navarra, obiettore di coscienza alle spese militari e nucleari
Laura Tussi, docente e giornalista

Primi firmatari:
Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Don Andrea Gallo, Marinella Correggia, Mario Capanna, Vittorio Agnoletto, Giorgio Cremaschi, Mario Agostinelli, Giulio Cavalli, Diego Parassole, Alberto Patrucco, Patrick Boylan, Ernesto Celestini, Alessio Di Florio, Lorenzo Galbiati, Attilio Galimberti, Alberto L’Abate, Luciano Manna, Alessandro Marescotti, Nello Margiotta, Daniele Novara, Nanni Salio, Giovanni Sarubbi, Olivier Turquet.


Milano, Maggio 2012


Nota esplicativa


Ottava Conferenza internazionale sul Trattato di non proliferazione nucleare: documento finale.
Venerdì 28 maggio 2010 si è conclusa la Conferenza per il riesame del Trattato di non proliferazione nucleare con l’approvazione da parte di 189 paesi di un documento finale verso il disarmo nucleare, compresa la creazione di una zona denuclearizzata in Medio Oriente.
Il documento consta di 28 pagine, un testo lungo ma, per così dire, mitigato per raggiungere un consenso quasi unanime.

I punti chiave:


Disarmo nucleare: I cinque paesi ufficiali dotati di armi nucleari - Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina - si impegnano a compiere ulteriori sforzi per ridurre e infine eliminare tutti i tipi di armi nucleari. Non vi è un calendario né vi sono dettagli in merito. Devono riferire i progressi entro il 2014.
Garanzie di sicurezza: I firmatari hanno convenuto che la Conferenza di Ginevra sul disarmo dovrebbe iniziare immediatamente la discussione di efficaci accordi internazionali per garantire i paesi non dotati di armi nucleari circa l'uso o la minaccia di uso di armi nucleari.
Test nucleari: I paesi con armi nucleari si impegnano a ratificare il Comprehensive Test Ban Treaty con sollecitudine. Stati Uniti e Cina non hanno ratificato il trattato, il che significa che non può ancora entrare in vigore. Nel frattempo tutti gli Stati devono astenersi dal compiere test nucleari.
Materiali fissili: Gli Stati contraenti convengono che la Conferenza sul disarmo dovrebbe iniziare immediatamente la negoziazione di un trattato che vieti la produzione di materiale fissile.
Non proliferazione: La conferenza ha esortato Israele , India e Pakistan ad aderire al trattato NPT.
Energia nucleare: La conferenza ha esortato gli Stati a facilitare lo scambio di attrezzature, materiali e informazioni scientifiche e tecnologiche per gli usi pacifici dell'energia nucleare.
Medio Oriente libero da armi di distruzione di massa: Il Segretario generale dell'ONU Ban Ki-Moon e gli stati chiave convocheranno una conferenza nel 2012 con tutti gli Stati del Medio Oriente per la creazione di un Medio Oriente zona libera da armi nucleari e altre armi di distruzione di massa.
Corea del Nord: La conferenza ha fortemente sollecitato la Corea del Nord ad effettuare l'abbandono completo e verificabile di tutte le armi nucleari ed i programmi nucleari esistenti, e tornare al TNP.
Se l’Egitto ha esercitato una forte pressione per la denuclearizzazione del Medio Oriente, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che non ha partecipato al vertice, per il timore che un gruppo di paesi guidati dall’ Egitto stesso e dalla Turchia chiedessero a Israele di aderire al Trattato di Non Proliferazione Nucleare e di sottoporsi alle ispezioni internazionali, ha fatto sapere che Israele non partecipera' alla concretizzazione della risoluzione della Conferenza del Tnp e non accettera' dunque di essere sottoposto ad ispezioni.
Nir Hefetz, consigliere per la stampa del premier Benyamin Netanyahu, ha dichiarato che “la risoluzione del Tnp e' sbagliata alla base e intrisa di ipocrisia. Ignora la realtà del Medio Oriente e le minacce vere che da esso giungono per il mondo intero”.
Israele è l'unico regime in Medio Oriente che è in possesso di un arsenale atomico. Israele possiede fra 250 e 500 armi nucleari. Lo Stato ebraico non ha mai confermato nè smentito di possederle, limitandosi a dichiarare che non sarà mai il primo paese ad usare queste armi in Medio Oriente.
La risoluzione del 1995 del TNP invitava gli Stati del Medio Oriente a compiere passi concreti verso “l'istituzione di una zona effettivamente controllabile in Medio Oriente senza armi di distruzione di massa, nucleari, chimiche e biologiche, i loro vettori, e di astenersi dal prendere qualsiasi misura che preclude il raggiungimento di questo obiettivo. "
Nel 2005 il Tnp arrivò ad una fase di stallo proprio sulla creazione di una zona nel Medio Oriente senza armi per via della crisi nucleare iraniana .


In allegato: il documento finale della Conferenza del 2010, rinvenibile alla URL: http://data.grip.org/documents/201005311221.pdf  


Note:


http://data.grip.org/documents/201005311221.pdf  
http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/appelli/indice_1338472438.htm  

martedì 12 giugno 2012

DA UN DIVERSO PUNTO DI VISTA: ALCUNE CONSIDERAZIONI SULMOVIMENTO 5 STELLE


In esito alle elezioni amministrative svoltesi in Italia, nello scorso mese di Maggio, il Movimento 5 Stelle ha presentato il proprio simbolo in 66 comuni, raccogliendo il 6,065% pari a 173.645 voti ed eleggendo quattro sindaci, se non andiamo errati, e un certo numero di consiglieri comunali come già era capitato alle elezioni regionali del 2010 e a quelle comunali del 2011.


Nel corso delle settimane successive i sondaggisti hanno segnalato una crescita esponenziale dei consensi rivolti a questo Movimento, gonfiandolo di voti come una rana d’acqua, fino ad arrivare a pronosticare il 19% (dati resi noti, ieri sera, da una emittente televisiva che ogni lunedì si occupa di pubblicizzare questo tipo di esercizio di valutazione del voto).


Considerato il tasso di astensionismo si può calcolare dunque che, se alla fine di ipotetiche elezioni politiche si potessero contare tra 20 e 25 milioni di schede valide, i voti per il Movimento 5 Stelle si aggirerebbero attorno ai 4/5 milioni: mentre la cosiddetta “foto di Vasto” (PD-SeL-IdV) è quotata poco oltre il 30%, quindi più o meno gli 8 milioni di voti del Fronte Popolare del ’48 (rispetto al 2008, seguendo questo tipo di indicazioni, il PD cederebbe, all’incirca, due milioni di voti al 5 stelle e due milioni di voti all’astensione: fenomeno. Quest’ultimo, ormai consolidato al 40% e difficilmente reversibile, come è dimostrato anche a livello europeo quando non è in gioco l’elezione diretta di una persona). Domenica scorsa, in Francia, infatti usciti di scena i candidati – presidenti ed entrati in campo i partiti, sia pure attraverso i candidati nei collegi, i votanti sono stati il 57%.


Il fenomeno dell’astensionismo, inoltre, appare poco studiato, in questa fase, e forse meriterebbe maggiore attenzione proprio per il profilarsi di una sua “strutturalità” collocata su dimensioni del tutto ragguardevoli, tali da mettere in crisi la stessa credibilità complessiva dei sistemi politici: e in tempi di crisi come questi, il fatto non è proprio da trascurare.


Il primo consiglio da rivolgersi al PD, verrebbe da scrivere paradossalmente, se ha voglia davvero di governare sarebbe quello, comunque, di tenersi l’attuale sistema elettorale, valutando in “non cale” il prezzo da pagare circa la crescita – in questo caso – sicura dell’astensione: ben compensata, infatti, dal robusto premio di maggioranza.


Tutto questo scompaginamento era facilmente prevedibile da parecchio tempo, almeno dall’entrata in scena del governo dei “tecnici” (assolutamente tra virgolette) al riguardo del quale la miopia dei partiti, più o meno tradizionali, ha davvero raggiunto livelli mai visti.


Ovviamente, i termini materiali, sempre più crudi e drammatici rappresentati dalla crisi economica, dall’impoverimento generale, dal determinarsi (o rideterminarsi) di precise condizioni di riferimento di “classe” rappresentano fattori decisivi per analizzare il rapporto politica e società, che sta assumendo proprio caratteristiche simili ad altre fasi storiche, conclusesi con un significativo arretramento nei meccanismi di esercizio della democrazia rappresentativa.


Quanto fin qui sommariamente descritto avviene, infatti, proprio per il precipitare della credibilità dei protagonisti della politica : “in discesa” per così dire e non certo per la crescita di consenso e di capacità d’aggregazione dei nuovi soggetti determinatasi, nella presenza sulla scena politica, dall’evolversi della situazione.


Tanto è vero che si parla, ormai apertamente, di un confronto diretto tra “montismo” e “grillismo”, quali espressioni dirette della capacità di bypassare e cortocircuitare il sistema attraverso la presentazione di un’idea, opposta ma speculare, di “antipolitica”.


Tutto questo può apparire credibile, alla luce della realtà sociale e politica del Paese e, soprattutto, potrà reggere il sistema?


A mio giudizio il dato mancante fin qui (e mi capita di segnalare di spesso questo dato senza ricevere risposte più o meno convincenti) è quello della dimostrazione di una possibilità di giudizio da parte dell’elettorato al riguardo dell’operato del governo: un giudizio che, sicuramente, non potrà essere espresso attraverso interposti soggetti, che pure si candidano a far questo, come l’UDC.


Il primo elemento di riequilibrio del sistema politico italiano, ancora al di là della modifica della legge elettorale, dovrebbe essere rappresentato dalla presenza del governo (nella persona del suo Presidente, così anche si verificherebbero sul piano politico le differenze all’interno del dicastero sul piano più propriamente politico: al di là del “sussurri e grida”) nella prossima competizione elettorale, con un proprio programma e una propria lista.


Se questo fatto non si verificherà (come è del resto probabile) rimarrà una ferita, un vero e proprio “vulnus” nel nostro tessuto democratico.


La presenza di una lista del governo nella prossima competizione elettorale è tanto più indispensabile per consentire al sistema dei partiti di riallinearsi in maniera razionale, e non semplicemente attraverso gli umori della “rete”.


Arrivo, allora, al secondo punto che intendevo toccare con questo intervento: tutti noi, sicuramente, siamo convinti del peso e del valore al riguardo del “far politica" in rete, considerata la nuova frontiera della modernità.


Ebbene credo proprio che le cittadine e i cittadini che, con le loro risposte ai sondaggisti, mutuate attraverso – in gran parte – la conoscenza della politica “in rete”, hanno affidato al movimento 5 stelle la grande responsabilità di trovarsi al centro della ristrutturazione del sistema politico, dovrebbero chiedere agli esponenti di questo movimento di materializzarsi, presentarsi sul territorio, aprire un dibattito all’interno dei luoghi consolidati della politica, tra persone in carne ed ossa, chiarendo gli elementi generali del proprio programma (quelli specifici ci sono) la loro collocazione politica, la loro volontà/non volontà di governare ben oltre all’idea di poterlo fare attendendo semplicemente di ottenere il 100% dei voti.


Non si tratta di banalità che richiamano la “vecchia politica”, ma di un’urgenza democratica: la rete è fallace, una nuova “fabbrica dei sogni” dove si stringono amicizie virtuali destinate ad aprirsi e chiudersi con un click, dove si può apparire e scomparire a piacere.


Un meccanismo meraviglioso per giocare, ma piuttosto delicato da maneggiare quando si tratta di fare (soprattutto di “costruire”) politica.


Tocca quindi, lo dico con un’allocuzione ormai logora e probabilmente “sbagliata”, al “popolo della rete” reclamare verso il Movimento 5 Stelle di farsi partito, anche con tutti i suoi riti antichi e moderni (negli effetti della presenza sul territorio: perché dal punto di vista dell’analisi politica partito, questo Movimento lo è già, essendosi presentato più volte alle elezioni): partito con le lacrime e il sangue che l’esistenza di un partito politico reclama.


Un partito e non un’illusione ottica: altrimenti lo sconquasso sarà totale.


La “rete” non può bastare e candidati ed eletti non possono essere proiezione di un blog e di qualche comparsata sulle piazze: il gioco non reggerà a lungo, e l’articolo 49 della Costituzione mantiene intatto il suo significato e il suo senso profondo nell’indicare la via dell’agire democratico.


Dunque servono, per rendere credibile il quadro, due nuovi soggetti: il partito del governo e quello del 5 Stelle.


Ho scritto partito senza ripensamenti: il soggetto organizzato che rimane indispensabile al funzionamento della democrazia.


Per quel che riguarda la sinistra erede della tradizione “storica” del movimento operaio italiano, mi permetto di rinnovare un invito, anch’esso già reiterato e non ascoltato: è necessario mantenere la forma-partito, addirittura rivolgendosi alla possibilità, pur nell’esercizio della modernità tecnologica, di rifiutare la logica maggioritario-presidenzialistica tornando all’idea della costruzione di una soggettività di massa, che punta alla rappresentanza reale delle fratture sociali anteponendola (senza cancellarla, ovviamente) all’idea della governabilità intesa quale traguardo esaustivo dell’agire politico.


Savona, li 12 Giugno 2012 Franco Astengo

lunedì 11 giugno 2012

ETTORE MASINA: LETTERA 153, MAGGIO 2012

A portarlo al pronto soccorso di un ospedale ateniese è stato un gruppo di giovani. Si occupavano di quel vecchio con una tenerezza che ha commosso il medico di guardia ma lo ha fatto anche arrabbiare: “Vostro nonno è in crisi respiratoria perché ha inalato i gas lacrimogeni della polizia. Non è grave, ma gli anziani, in questi giorni di violenza, bisogna tenerli in casa!”. I giovani – idioti! – hanno riso, guardandosi fra loro.
Più tardi il vecchio è stato dimesso. Il medico lo ha rivisto il giorno dopo in una grande fotografia su un giornale; con i suoi capelli candidi e il corpo appesantito dagli anni, stava in prima fila in un gruppo di manifestanti che si opponevano a una carica di poliziotti. “Anche Manolis in piazza” spiegava il quotidiano. Manolis Glezos, novant’anni, è uno dei due resistenti greci che, esattamente 71 anni fa, la notte del 30 maggio 1941, scalarono il colle Eretteo per strappare dal Partenone la bandiera nazista inalzatavi dagli invasori tedeschi. Con lui, quella notte, c’era un altro studente, suo coetaneo: Apostolos Santas detto “Lakis”. “Lakis” è morto il 30 aprile scorso. “Altrimenti – dice Manolis- sarebbe stato in piazza con me contro la dittatura internazionale che ci impone di diventare più poveri o di scomparire”.


Quale bandiera sventola oggi sulla Grecia? Quella di una storia gloriosa e terribile, sanguinosa e luminosa della quale anche noi (la nostra cultura, il concetto di civiltà, di democrazia) siamo figli o quella della legge barbara e regressiva del più forte che schiaccia il debole? Nelle ultime elezioni un numero pericolosamente alto di greci ha votato per una destra ottusa e violenta: il 40 per 100 dei poliziotti e dei militari ha scelto “Chrysi Avgi” (Alba dorata), una formazione neo-nazista che propone, fra l’altro, di minare le frontiere per bloccare l’ingresso di clandestini nel paese. Questa degenerazione politica è perfettamente funzionale al feroce cinismo del sistema capitalista mondiale. Dovunque gli speculatori finanziari stringono i paesi nella tenaglia del loro potere, la democrazia entra in crisi. Sembra incredibile che non se ne accorgano gli statisti europei: non basta proclamare la propria fedeltà alle costituzioni liberali se poi ci si affida (o ci si arrende) alla brutalità di quello che fu chiamato l’imperialismo internazionale del danaro: l’umanità è ormai sospinta sul crinale apocalittico che divide le estreme speranze di chi crede nella dignità dell’uomo dal baratro dei regimi totalitari. Hitler è morto da più di mezzo secolo, il colonialismo italiano è stato rimosso dal nostro passato, lo stalinismo è un’immensa macchia di sangue sul registro delle utopie ma la sfrenata violenza dell’odierno sistema finanziario evoca la terribilità dei popoli gettati, nel secolo scorso, dalle peggiori dittature nella geenna del sottosviluppo: della fame, della perdita di ogni libertà, della deportazione. Non sembrano abbandonate nelle regioni maledette dell’impotenza e dell’insignificanza le masse (soprattutto giovanili) di disoccupati? Un popolo di 23 milioni e mezzo di persone soltanto nel nostro continente.


Sono anni che questa situazione va aggravandosi e troppi di noi non hanno avuto occhi per vederlo o hanno temuto di essere trattati da fanatici dalle persone sagge se ne parlavano. Ogni tanto quando ci raggiunge l’ultima brutta notizia dalle borse (questi lindi scannatoi delle speranze dei cosiddetti risparmiatori) restiamo sorpresi: ma com’è possibile? Sorpresi? Permettetemi di raccontarvi un minimo episodio. Il mese scorso sono stato a Zugliano per commemorare Turoldo e Balducci, nel ventesimo anniversario della loro morte. La manifestazione si è svolta in quella comunità cristiana fondata da don Pierluigi di Piazza che è oggi uno dei centri più vivi nella meditazione del vangelo e dei segni dei tempi. È uno dei luoghi in cui mi reco più volentieri perché mi sento accolto come un fratello. Questa volta i miei ospiti mi hanno fatto un regalo. Mi hanno donato il testo stenografico di una mia relazione. La data di quella mia chiacchierata è il 2 dicembre 1982. Ebbene, io che non sono mai stato più che un manovale della politica, parlavo, fra l’altro, “di uno stato ridotto allo sfascio da trent’anni di clientelismo e dalle congiure del potere nel supremo disprezzo della democrazia; di una scuola incapace di rispondere alle autentiche esigenze dei giovani; di una classe dirigente che nell’affrontare il mostruoso deficit del bilancio nazionale anziché accentuare la pressione fiscale sui ricchi, taglia i redditi dei lavoratori dipendenti, taglia i finanziamenti agli handicappati e ai malati, mitizza il costo del lavoro, senza domandarsi quale sia il profitto del capitale…” etc. etc. Dicembre 1982, il presidente del consiglio Giuliano Amato aveva appena varato la manovra Sangue & Lacrime, ricordate? A pagare di più –già allora, e da allora poi sempre - i cittadini meno abbienti. E descrivevo così i signori della casta che imponevano sacrifici crudeli alle classi “subalterne”: “Essi non sanno più quanto sia difficile il bilancio della famiglia di un lavoratore a reddito fisso; da anni non viaggiano su un autobus o su un treno di pendolari; non entrano in una corsia di ospedale; non ascoltano i giovani disoccupati, non fanno la fila davanti agli sportelli delle pensioni; non entrano in un mercato rionale, non conoscono, insomma, da vicino le tensioni che complicano e aggravano la vita dei comuni cittadini; e perciò spesso legiferano e chiedono alla gente, come in questi giorni, ulteriori sacrifici senza rendersi conto dei carichi che impongono…”. Erano gli anni in cui l’economia dei mercati conteneva ancora qualche regola e proporzione di scambio: manufatti contro materie prime, lavoro anche duro contro riconoscimento di diritti basilari, Ma già stava profilandosi il più tragico dei mutamenti della storia: l’ irruzione dell’informatica in un’economia globalizzata consentiva agli insaziabili ricchi e alle loro consorterie di inventarsi un nuovo sistema internazionale, un mercato virtuale che permetteva agli speculatori nuovi margini di guadagno spostando con brutale rapidità da uno stato all’altro enormi capitali. I paesi meno ricchi sono stati aggrediti, vampirizzati, con la correità dei peggiori governanti nazionali ed esteri. Ricordate gli spot televisivi berlusconiani per insegnarci la riconoscenza per chi comprava il superfluo e svendeva il nostro bilancio? La Grecia è un esempio di questa riduzione di sovranità: dopo il monumentale narcisismo delle Olimpiadi e l’acquisto, per ingloriosi obblighi diplomatici, di sottomarini tedeschi, al suo popolo è ormai concesso un solo diritto, quello di uniformarsi alle decisioni dei suoi sfruttatori. Mai l’umanità ha conosciuto nella sua storia una simile offensiva contro la dignità che milioni di operai e di contadini erano riusciti a conquistare negli ultimi due secoli, pagando un altissimo prezzo di sangue. A quella che era stata definita “civiltà del lavoro”, scrive adesso Eduardo Galeano, subentra la “civiltà della paura”: paura di non trovare lavoro, paura di perdere il lavoro trovato, paura che il lavoro diventi sempre più duro, paura che il lavoro venga sempre meno retribuito. Retorica? Un numero crescente di lavoratori torna nei capannoni delle fabbriche emiliane frantumate dal terremoto, anche prima della verifica della loro abitabilità: preferiscono rischiare la morte piuttosto che il salario. E c’è di peggio. La paura si accompagna allo sberleffo con il quale gli “esperti” credono di rendere più incisive le lezioni che impartiscono ai cittadini. Come dice ancora Galeano, un tempo anche gli uomini della destra convenivano che le grandi miserie erano figlie di grandi ingiustizie; ma da qualche tempo hanno cominciato a predicare che la povertà è la punizione per le eccessive pretese dei lavoratori: “Avete voluto troppo. Adesso bisogna ridurvi il Welfare!”. (Qualcuno deve avere illustrato a Galeano l’ossessivo florilegio della nostra Matrigna Nazionale, Elsa Fornero).


°°°
Ammainata su tutta l’Europa la bandiera di Manolis e di Apostolos? Può darsi, e può darsi che altre ne vengano presto portate nelle botteghe degli antiquari, a cominciare da quella dell’Italia dei professori altezzosi e dei partiti precipitati nel marasma etico in cui agonizza la Seconda Repubblica.. E tuttavia molti di noi vecchi, che pure non siamo più in grado di scalare erettei né di domandare ai professori-badanti se proprio bisogna piegarsi ogni giorno un po’ di più al potere degli speculatori, sentiamo spesso che non tutto è perduto. Sappiamo bene di contare poco da molti punti di vista ma ci capita di sentire in noi, di tanto in tanto, all’improvviso, quel respiro della storia che si chiama speranza. Ogni nostra esistenza lo testimonia: ogni scelta che abbiamo tentato e ogni scelta altrui alla quale abbiamo dovuto fare fronte ha richiesto quel respiro. Ogni lacrima di umiliazione, o di dolore ci ha estorto il coraggio di vivere. Dicono che la speranza sia prerogativa dei giovani, ma non è vero: i giovani di oggi sono disperati e quelli di un tempo erano ottimisti soltanto perché non conoscevano la storia che li attendeva. Noi la storia l’abbiamo vissuta tutta, come si spolpa un frutto e –ascoltate! - abbiamo imparato che giustizia, equità, eguaglianza, fraternità, vincono sempre le loro battaglie se a quelle battaglie partecipano gli uomini e le donne di buona volontà.


P.S. Desidero informarvi che ho ritenuto importante iscrivermi alla formazione di ci qui sotto. Mi piacerebbe incontrare molti di voi.


I COMITATI DOSSETTI PER LA COSTITUZIONE, L’ASSOCIAZIONE PER LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE, ALTRAPAGINA, L’ASSOCIAZIONE PER IL RINNOVAMENTO DELLA SINISTRA, IL CENACOLO BONHOEFFER DI MODICA, IL CENTRO PER LA PACE DI BOLZANO, MISSIONE OGGI, IL CENTRO BALDUCCI DI ZUGLIANO DEL FRIULI, L’ASSOCIAZIONE SAN SALVI PELLICANO’ DI FIRENZE, PACE E DIRITTI, KOINONIA, IL CIPAX, LA CASA DEI DIRITTI SOCIALI


propongono


“ECONOMIA DEMOCRATICA”


Dopo un confuso periodo di turbolenza dominato dalla figura di Berlusconi, si è reso manifesto in Italia il vero problema che mette a repentaglio il futuro del Paese e la sicurezza dei cittadini: il sopravvento dell’economia sulla politica che rende tutti indifesi e prosciuga gli spazi della democrazia.


Questo processo che in forza della globalizzazione investe tutto il mondo, in Italia è già molto avanzato. Lo si vede dalla condizione cui è stato ridotto il lavoro, espropriato alle persone, negato ai giovani e non più messo a fondamento della Repubblica; lo si vede dal trasferimento della sovranità dal popolo ai Mercati; nella sottrazione allo Stato di ogni facoltà e strumento di intervento nella vita economica; nello svuotamento del principio di rappresentanza e delle vie per la partecipazione dei cittadini alla determinazione della politica nazionale; nell’abbandono della concertazione con le parti sociali e nella rinunzia a promuovere la coesione sociale; nella crisi dello Stato di diritto per il venir meno di uno spazio pubblico capace di dettare le regole al sistema delle imprese e all’economia privata; nella pretesa oggettività e neutralità delle decisioni tecnocratiche; nello smarrimento e anzi nel rovesciamento degli ideali di solidarietà e giustizia che diedero luogo alla costruzione dell’Europa.
La causa di tutto ciò sta nella rottura del rapporto vitale tra economia e democrazia, sul quale si è costruita gran parte della storia moderna dell’Occidente. Questa storia è risultata infatti dall’incontro di due movimenti: un impetuoso sviluppo dell’economia, nelle sue diverse forme di economia capitalistica, socialista o keynesiana, e un impetuoso sviluppo della democrazia, sia nella sua dimensione procedurale che nei suoi contenuti sostanziali. Il momento di massima convergenza e unità tra lo sviluppo dell’economia e quello della democrazia si è avuto, dopo la vittoria sul nazifascismo e la tragedia della guerra, nel costituzionalismo interno e internazionale e, in Italia, nella Costituzione del 1948, che prescriveva di fare della comunità politica il regno dell’eguaglianza, della persona il tempio della libertà e dignità umana, e della Repubblica il potere legittimo avente il compito di rendere effettivi i diritti e di rimuovere gli ostacoli anche di ordine economico e sociale che ne impediscono di fatto l’esercizio.
Oggi questa integrazione tra economia e democrazia si è rotta, e nello stesso tempo e non per caso si è arrestato lo sviluppo sia dell’una sia dell’altra. L’economia non solo si è isolata e affrancata dalla regola democratica ma, a cominciare dall’ordinamento europeo, si è sovraimposta. alla società e alla politica.
È giunto in tal modo a un punto culminante un processo per cui a un capitalismo che pretendeva di farsi legge a se stesso e all’intera società, il legislatore, e perciò la politica, ha risposto attribuendogli ogni potere e permettendogli di stare “nell’ordinamento giuridico solo per servirsene, ma non per assoggettarvisi” come già denunciava nel 1951 Giuseppe Dossetti in un ben noto dibattito col prof. Carnelutti. È sulla scia di questo indirizzo che negli anni 70-80 del Novecento irruppero sulla scena le politiche reaganiane e tatcheriane, che presero poi piede anche all’Est dopo la rimozione del muro di Berlino e contagiarono le stesse sinistre dell’Ovest, dal Labour Party di Tony Blair ai partiti ex comunisti europei. Ne è derivata la rinunzia ad ogni controllo sui movimenti dei capitali, l’immunità fiscale per le grandi ricchezze, la riduzione dei diritti del lavoro e del lavoro stesso visti solo come costi e limiti alla competitività e ai profitti d’impresa, il primato attribuito ai mercati sopra e contro i compiti che la Costituzione attribuisce alla “Repubblica”.
Questa supremazia di un’economia fine a se stessa e ignara della democrazia rischia di essere la nuova condizione del mondo e anzi viene presentata come l’unica civiltà possibile, l’unico ordine conforme a natura a cui non sarebbe lecito resistere e la cui ideologia anzi bisognerebbe essere educati ad abbracciare e a professare come l’unica vera.
Per avere un luogo da cui fare la propria parte per rispondere a questa sfida, i Comitati Dossetti per la Costituzione, l’Associazione per la Democrazia Costituzionale, Altrapagina, l’Associazione Pace e Diritti e altri gruppi e associazioni che si stanno consultando, promuovono un’aggregazione di cittadini intesa a rivendicare il criterio della democrazia costituzionale come vaglio della legittimità delle diverse espressioni della vita economica e ad animare un movimento organizzato di “Economia democratica”.
Economia Democratica intende operare per far prevalere un’altra concezione e pratica dell’economia, in un indissolubile nesso con la democrazia; e ciò senza ignorare il conflitto, alieno tuttavia dalla violenza e ordinato alla giustizia e alla pace; senza nascondere, nella indistinzione di un generico economicismo, lo scarto tra ricchi e poveri, forti e deboli, liberi e oppressi; senza liquidare, come “novecentesca”, la lotta operaia, sapendo vedere le angosce e i volti degli esuberi e degli esclusi e restituendo alla politica il compito di difendere la parte debole nei rapporti economici assegnatole dall’art.3 cpv. della nostra Costituzione.
In questa direzione il movimento di “Economia democratica” cercherà di agire sia promuovendo una comunicazione di saperi, sia attraverso attività di ricerca, di formazione, di studio e di proposta anche legislativa, sia attraverso confronti e dialoghi con i partiti e le formazioni sociali, sia attraverso pubblicazioni, assemblee, web e lotte politiche e sociali, tanto nel raggio nazionale che in quello europeo. Si tratta di riprendere e sviluppare il processo costituzionale italiano, dando nuovo impulso a una produzione di ricchezza che una Costituzione stabile nei suoi fondamenti e dinamica nei suoi svolgimenti può regolare in forme sempre più avanzate, sulla base del primato dei diritti fondamentali dei cittadini rispetto ai poteri economici e finanziari dei mercati; occorre portare il complesso delle istituzioni, dei trattati e della legislazione europea alla coerenza con i principi e i diritti sanciti dalle Costituzioni nazionali dei Paesi membri e dalle Carte, dalle Convenzioni e dai grandi Patti internazionali sui diritti che si tratta oggi non soltanto di attuare ma anche di arricchire e di sviluppare.
La lotta per un’economia democratica non riguarda solo gli economisti né è ristretta alla sfera economica, ma coinvolge tutte le competenze e riguarda la figura stessa della società: allo stesso modo in cui, nella fase creativa della vita della Repubblica, la chiusura dei manicomi voluta da “Psichiatria democratica”, l’integrazione dei bambini disabili nelle scuole ottenuta da “Genitori democratici” e “Insegnanti democratici”, l’attuazione dei principi costituzionali nella giurisdizione perseguita da “Magistratura democratica” e simili, non riguardavano specialisti e interessi di settore, ma perseguivano beni e valori comuni e hanno cambiato la società tutta intera.
Le novità intervenute in Francia dimostrano che la politica può riprendere il suo altissimo ruolo, e che non sono un destino la povertà, la disoccupazione, la precarietà, la diseguaglianza, la perdita dei diritti e dei valori della vita pubblica.
Si può aderire a “Economia democratica” iscrivendosi alla “Associazione per un Movimento per un’economia democratica e costituzionale”, con sede in Roma, c/o Centro per la Riforma dello Stato, via Palestro 12, 00184; il recapito telefonico (c/o Focus-Diritti sociali) è 064464742, in funzione dalle 9 alle 19 dal lunedì al venerdì. Ci si può iscrivere versando una quota annua associativa di euro 50 o una quota di sostegno. Gli studenti, i disoccupati e i diversamente indigenti potranno versare una quota minore, o inviare una promessa di pagamento, non esigibile dall’Associazione. L’iscrizione al Movimento è compatibile con qualsiasi attività e l’appartenenza ad associazioni o partiti.
Quando il Movimento avrà raggiunto una prima soglia di 500 iscritti, sarà convocata la prima Assemblea di Economia Democratica, nella quale saranno discusse analisi e prospettive del movimento, sarà discusso e approvato lo Statuto, saranno eletti i destinati alle cariche sociali. Saranno anche costituiti un Comitato di studiosi comprendente economisti, giuristi e altri esperti, e un Comitato di collegamento per i rapporti e le iniziative comuni da promuovere con gruppi, associazioni, sindacati, partiti e simili. Potrà così partire, speriamo in breve tempo, la vera e propria attività culturale e politica del movimento.
Per iscriversi basta fornire nome e recapiti o alla sede del Movimento, o agli indirizzi e mail Comitatidossetti@tiscali.it; economiademocratica@tiscali.it ; i versamenti possono essere fatti usando il c.c. BNL n 10470 intestato all’Associazione Pace e Diritti, IBAN IT36V0100503373000000010470, oppure recapitati alla sede del Movimento, e ne sarà responsabile, fino alla costituzione formale dell’Associazione, il Comitato promotore dell’iniziativa, rappresentato dai primi iscritti. Il sito web del Movimento è: www.economiademocratica.it  


Elenco iscritti: Raniero La Valle, prof. Luigi Ferrajoli, prof. Umberto Romagnoli, prof. Gaetano Azzariti, Rossana Rossanda, prof. Gianni Ferrara, Franco Russo, Domenico Gallo, Sandro Baldini, Riccardo Terzi, don Achille Rossi, Piero Di Siena, don Carmelo Lorefice, Agata Cancelliere, Concetta Pellicanò, Luisa Marchini, Rodrigo Rivas, Walter Tocci, Francesco Comina, Afra Mannocchi, prof. Raul Mordenti, Enrico Peyretti, prof. Francesco Capizzi, Maria Teresa Cacciari, padre Alberto Simoni, don Luigi Di Piazza, Paolo Lucchesi, Giulio Russo, Fabrizio Truini….


per contatti: Ettore Masina ettore@ettoremasina.it