Islam
La moschea di Milano: una questione di libertà civili e religiose
editoriale di Lidia Maggi, pastora battista e direttora della rivista "La scuola domenicale"
L’ennesimo attacco all’islam, manifestato con la volontà di chiudere la moschea di viale Jenner a Milano, rappresenta l’ultimo degli ormai numerosi episodi di violazione delle libertà civili e religiose.Preoccupa il caso contingente: credenti che si vedono negare il diritto di riunirsi a pregare. E, più a monte, allarma il clima culturale che, di fatto, le scelte politiche veicolano. E’ in atto una vera e propria criminalizzazione di alcuni soggetti, gli ultimi in ordine cronologico i rom e i musulmani di Milano. Vi è una pericolosa sottovalutazione degli effetti a lungo termine di una politica miope, che getta benzina sul fuoco anziché spegnerlo, che cavalca e solletica le emozioni viscerali invece di orientarle per il bene comune e la convivenza pacifica. Quello che sta avvenendo a Milano è anche causato da un vuoto legislativo che lascia pericolosamente in mano agli amministratori locali una materia così delicata. Infatti, anche l’ultima proposta di legge sulla libertà religiosa, che doveva rendere applicative le indicazioni contenute nella Costituzione Italiana, non ha avuto esito positivo per il veto di precisi schieramenti politici e per il giudizio negativo espresso dalla CEI. Come protestanti siamo particolarmente sensibili al problema della libertà di culto, avendo sperimentato sulla nostra pelle gli effetti negativi di una politica discriminante. E ora che non siamo direttamente parte in causa e possiamo parlare senza il sospetto di rivendicare per noi dei privilegi, il riconoscimento di tale libertà ci appare rivelatrice di quale sia l’idea di democrazia, di società civile, di progetto di convivenza portata avanti. La moschea di Milano non solleva solo un problema di ordine pubblico, di viabilità. Si sta mettendo in atto un’ingerenza da parte dello Stato del tutto inammissibile. Si pretende, infatti, di visionare preventivamente i testi dei sermoni nonché l’utilizzo della lingua italiana (si chiederà lo stesso anche alla comunità ebraica, a quei preti cattolici che celebrano in latino o alle molte comunità etniche delle diverse confessioni cristiane?). Quanto alla sbandierata questione dell’ordine pubblico, che spinge Comune e Governo a varare provvedimenti urgenti, in realtà essa esiste da tempo ed è conseguenza di una politica locale che non ha voluto concedere i permessi per la costruzione di moschee, di spazi idonei in cui la preghiera e l’incontro dei credenti possano avvenire in condizioni accettabili. Il problema lo creerebbero anche i cristiani di qualsiasi confessione se non avessero spazi idonei per i loro incontri e fossero costretti a riunirsi nei garage. Risulta paradossale che le stesse forze politiche che si lamentano per i disagi creati, sono responsabili di aver cavalcato la protesta contro la costruzione delle moschee (e questo, se non si vuole chiamarlo populismo, è sicuramente miopia politica!). Non è questione di schieramenti politici, come le reazioni stizzite degli interessati vorrebbero far intendere. La posta in gioco è ben più alta: per i cristiani è la fedeltà all’evangelo accompagnata dalla denuncia di un uso strumentale dell’aggettivo "cristiano" a cui ricorrono disinvoltamente i politici di turno proprio mentre mettono in atto comportamenti antievangelici. Il periodo storico che stiamo vivendo ci chiede di discernere quanto la Parola di Dio chiede per il bene comune della città. La fede ci domanda di custodire il lievito della differenza evangelica; la cittadinanza responsabile ci rimanda a quel dettato costituzionale che dovrebbe orientare l’agire civile. In una democrazia costituzionale non è che chi vince le elezioni fa quello che vuole. Le costituzioni sono sorte proprio per delimitare un preciso quadro giuridico a cui attenersi, pur nella dialettica delle diverse scelte operate dagli schieramenti politici. E tra i paletti fissati nella nostra Costituzione, vi è anche quello della libertà di culto. Il richiamo a criteri oggettivi, le Scritture per i cristiani e la Costituzione per tutti i cittadini, ci sembra decisivo per far fronte a quella deriva soggettivistica per cui ci si sente cristiani pur rimuovendo l’esigente parola dell’evangelo e ci si proclama leali cittadini promuovendo soltanto gli interessi personali o di parte e disinteressandosi di quel bene comune che riguarda anche chi è differente per cultura e religione.
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