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venerdì 28 ottobre 2011

LETTERA ALLE DONNE E AGLI UOMINI DI BUONA VOLONTA’ IN OCCASIONE DELLA DECIMA GIORNATA ECUMENICA DEL DIALOGO

Avevo ricevuto per tempo questa lettera dell'amico Brunetto...poi, per colpa della moglie di Bossi (vedi post precedente), ho lasciato trascorrere il 27 ottobre...Chiedo scusa a Brunetto e ai lettori.

di Brunetto Salvarani



Cari amici e amiche, fratelli e sorelle,


il 27 ottobre 2011 celebreremo la decima Giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico. Dieci anni! Nell’arco un decennio si può invecchiare, diventare adulti, e un minuscolo seme – nato da un’idea poco originale e all’apparenza persino velleitaria di alcuni amici preoccupati – può diventare un albero vero e proprio, se non decisamente rigoglioso (mai montarsi la testa!), almeno capace di produrre frutti. Talvolta addirittura sorprendenti.


E’ quello che è successo, come voi sapete bene, senza alcun merito nostro, alla nostra Giornata ecumenica del dialogo fra cristiani e musulmani, sorta all’indomani dell’11 settembre 2011: che ha attraversato tutti questi anni, lunghissimi e brevissimi, fatti di incontri, abbracci, speranze, delusioni, illusioni, arrabbiature, e di parecchio altro. Anni, ce lo siamo detti a più riprese, di scontro di civiltà, di paure e chiusure identitarie.


Impossibile quantificare, peraltro, il numero degli appuntamenti pubblici, dei materiali scritti, dei momenti conviviali, dei commenti giornalistici: nonostante, permettetemelo, lo straordinario impegno e la passione di Giovanni Sarubbi, che ci ha messo a disposizione il sito ildialogo.org, punto di raccolta di quanto si organizza nell’occasione, ogni anno rimango personalmente assai sorpreso quando vengo a imparare di ulteriori incontri di cui non sapevamo, nei luoghi più svariati, comunità monastiche e religiose, carceri, assessorati, così come parrocchie, chiese locali e centri islamici.


E’ la forza di un’intuizione, basata sul sentimento e sulla ragione, più che su leader mediatizzati (che non abbiamo), sui finanziamenti (che non abbiamo) e su appoggi dall’alto (che non abbiamo). E’ la potenza che sprigiona libera dal dialogo dal basso, fatto di vicendevole disponibilità a mettersi in gioco; di inviti a pregare, a rompere il digiuno di Ramadan, a cenare; di itinerari che non fanno rumore eppure esistono, sono tenaci e resistenti, e proseguiranno. Permettendo inoltre, a quanti sono cristiani fra noi, di maturare sempre più nel confronto ecumenico.


Questo è l’augurio che mi sento di fare, oggi una volta di più: se “camminando si apre il cammino”, allo stesso modo “dialogando si apre il dialogo”. Il dialogo, nostro comune orizzonte, come recita lo slogan di questa decima edizione; e come dimostreranno – ne sono certo – i rappresentanti delle religioni mondiali il giorno 27 ad Assisi, facendo memoria di quel 27 ottobre 1986 quando Giovanni Paolo II li convocò la prima volta insieme a pregare per la pace nella cittadina di Francesco.


Grazie di cuore a tutti e tutte voi che celebrerete in modi diversi questa Giornata, regalandoci allegria e consolazione in giorni spesso cattivi, e un abbraccio forte. Dieci anni sono una tappa, una tappa simbolica e importante, ma resta ancora tanta strada da fare per battere i pregiudizi (reciproci), gli stereotipi (reciproci), i timori (reciproci). E se qualcuno ritiene che il dialogo sia finito, e abbia smarrito definitivamente la sua forza propulsiva, questa Giornata gli risponderà: no, il dialogo non è finito. Anzi, è appena cominciato. E’ il nostro futuro.


Con questo spirito, ancora una volta, il prossimo 27 ottobre in tanti e in tutta Italia digiuneremo, discuteremo, ascolteremo, ci chiederemo perdono a vicenda, domanderemo a Dio di aiutarci nel nostro cammino, ci interrogheremo sulle tante difficoltà e sul nostro peccato… e avremo sulla bocca, o perlomeno nell’intimo, le parole del Salmo 133: “Ecco, quanto è buono e quanto è soave/ che i fratelli vivano insieme”. Ma anche quelle del Corano: “In verità i credenti sono fratelli: ristabilite la concordia tra i vostri fratelli e temete Allah” (Sura 49,10).


Con i più fraterni auguri di shalom – salaam – pace


Brunetto Salvarani


Carpi, 25 ottobre 2011


mi fa piacere annunciare che questo blog è fra i promotori della X Giornata, anche se per un refuso è indicato come Associazione Nessuno Escluso di Savona.
E sarebbe bello se, per il prossimo anno, si riuscirre a organizzare qualcosa ad Albenga...

giovedì 27 ottobre 2011

LA MOGLIE DI BOSSI E' BABY PENSIONATA? PAZIENZA! MA HA PRESO 800 MILA EURO DI FINANZIAMENTI PER LA SUA SCUOLA...

Ho ascoltato Gianfranco Fini a Ballarò denunciare il fatto che la moglie di Bossi è andata in pensione a 39 anni. Il fatto non mi scandalizza più di tanto anche perchè se la legge lo permetteva...


...quello che mi sconvolge è il fatto che anche l'onorevole Fini abbia dimenticato il maxi finanziamento per la Scuola Bosina. Cosa sia lo spiega l'articolo che riporto di seguito. E' tratto non dal solito giornale o sito sovversivo, ma dal sito de Il Giornale...






giovedì 27 ottobre 2011


Aggiornato oggi alle 19:30

Dono a Lady Bossi: arrivano 800mila euro per la scuola padana


di Paolo Bracalini


Gian Marco Chiocci


Trecentomila euro per il 2009 e 500mila euro per il 2010. Le ristrutturazioni costano, e se c'è un aiuto statale è meglio. Quello stabilito nel decreto del ministro del Tesoro lo scorso 9 giugno è stato particolarmente generoso con la Scuola Bosina di Varese. Un nome che forse dice poco ai più, ma che nella Lega Nord dice molto. La Scuola Bosina, o Libera Scuola dei Popoli Padani (una delle associazioni della galassia Lega nord), è stata infatti fondata nel 1998 dalla signora Manuela Marrone, «maestra di scuola elementare di lunga esperienza» (spiega il sito della scuola), ma soprattutto moglie di Umberto Bossi.


La signora Marrone è tuttora tra i soci della cooperativa che dà vita a questa scuola materna, elementare e secondaria improntata alla cultura locale, alle radici e al territorio. Presidente della scuola è Dario Galli, che oltre a occuparsi di pedagogia padana è stato anche senatore della Lega. Proprio il Senato, con la commissione Bilancio (di cui la Lega ha la vicepresidenza), ha formalizzato l'elenco di enti beneficiari dei contributi stanziati nel «Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio» creato nel 2008. Un elenco lunghissimo che comprende associazioni culturali, case di riposo, comuni, fondazioni, diocesi, parrocchie, università e appunto qualche scuola. L'impegno statale per l'istituto scolastico padano è complessivamente di 800mila euro per due anni, 2009 e 2010, rubricato alla voce «ampliamento e ristrutturazione».


Il provvedimento della commissione bilancio ha anche un nome più popolare, «legge mancia», perch´ in quel modo senatori e deputati assegnano contributi e fondi a enti o amministrazioni che hanno particolarmente a cuore (per circa 200milioni di euro tra Senato e Camera), ovviamente anche a fini elettorali. Non è questo il caso della Lega e della Scuola Bosina, il cui finanziamento (certo, generoso) non serve alla Lega per accontentare il proprio elettorato ma per sostenere un progetto in cui il Carroccio crede molto. Basta leggere la mission dell'istituto sul sito della Lega Nord: «La Scuola Bosina si propone come obiettivo quello di coniugare l'insegnamento previsto dagli organismi competenti con le esigenze del tessuto sociale locale, di formare futuri cittadini integrati nella realtà storica, culturale, economica e industriale che li circonda, pronti a confrontarsi con altri modelli sociali». Il metodo educativo padano si incentra sulla «progressiva scoperta del territorio» che avviene fin dalla scuola dell'infanzia, presentando narrazioni popolari, leggende, fiabe e filastrocche strettamente legate alle tradizioni locali e «numerose visite guidate sul territorio, che consentono al bambino di riconoscere da diverse angolature la propria identità». Identità formata anche con lo studio del dialetto locale (tra cui appunto la lingua bosina, cioè il varesino), considerato fonte di cultura e tradizione da salvaguardare. «Abbiamo voluto questa scuola perch´ era fondamentale insegnare “dal basso” l'attaccamento alle tradizioni e all'identità del territorio» disse Bossi durante una parata di ministri e autorità, da Maroni alla Moratti, in onore dell'istituto padano.


La società cooperativa, con sede legale a Varese, ha chiuso il bilancio 2008 con una perdita di 495.796 euro, anche se le iscrizioni non vanno affatto male. Due anni fa, raccontò Panorama, gli alunni erano cresciuti del 25% e per la prima volta la Scuola Bosina era stata costretta a creare le liste di attesa per i suoi studenti. Forse da lì l'esigenza di ampliarsi e ristrutturarsi, grazie agli 800mila euro gentilmente concessi dai senatori.


http://www.ilgiornale.it/interni/dono_lady_bossi_arrivano_800mila_euro_scuola_padana/12-07-2010/articolo-id=460214-page=0-comments=1


PS: ho controllato. E' proprio il Giornale...

mercoledì 26 ottobre 2011

Regione verso richiesta riconoscimento giuridico della “lingua ligure”


Dare un riconoscimento giuridico, attraverso una legge nazionale, alla sessantina di parlate di Liguria che l’attraversano, dal mare all’entroterra. Far nascere la lingua ligure. Dopo una prima valorizzazione, negli anni scorsi, di questo “patrimonio immateriale”, attraverso la creazione del Centro per i dialetti e le tradizioni popolari che raccoglie oltre duemila volumi sulla cultura popolare, la Regione Liguria punta a dare ufficialità a questo “tesoretto” culturale.


Lo ha anticipato l’assessore alla Cultura Angelo Berlangieri incontrando il presidente della Consulta Ligure della associazioni per la cultura Elmo Bazzano con il vice Franco Bampi.


La “lingua” ligure affonda le radici in secoli di letteratura, a cominciare dalle rime dell’Anonimo Genovese del 1291, fino alla straordinaria poesia di “Creuze de ma” , il disco-capolavoro di Fabrizio De Andrè del 1984.


“Stiamo lavorando per arrivare a una proposta di legge , in contatto con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, oltre che con la Consulta Ligure”, ha spiegato Berlangieri. “La lingua ligure rischia di scomparire, insieme con i dialetti locali, credo che un almeno un tentativo di conservare e rimettere in circolo la memoria popolare del nostro territorio vada fatto, vedremo con quali risultati e con quali contributi”, ha aggiunto l’assessore ligure.


Tratto da: http://albengacorsara.it/2011/10/25/regione-verso-richiesta-riconoscimento-giuridico-della-lingua-ligure/comment-page-1/#comment-55901










Sullo stesso giornale ho commentato così:


Lingua ligure? Ma roba da pazzi! I dialetti cambiano da un paese all’altro, altro che lingua ligure!


E poi, nella cultura, non ci sono altre cose da fare, come valorizzare il patrimonio storico archeologico, ad esempio (prima che ci crolli addosso, come Pompei)?

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aggiungerei: Cosa fa il centro sinistra, strizza l'occhio alla lega? ma non sa che, come scriveva Nietzsche ai suoi tempi, chi guarda troppo a fondo nell'abisso, finirà che l'abisso entrerà dentro di lui...O è già accaduto?
Sono un ligure con il 'pedigree' (i miei cognomi sono presenti nella zona di Savona almeno dal 1180: vedi cartulario del Notaio Arnaldo Cumano), ma non mi sognerei mai, soprattutto con i tempi che corrono di spendere soldi per la lingua ligure (e poi quale sarebbe? il genovese?). Piuttosto valorizziamo come si deve il nostro patrimonio storico culturale artistico archeologico e ambientale...Valorizzazione che tra l'altro potrebbe portare anche un po' di lavoro...




martedì 25 ottobre 2011

Chi sono i politici più guerrafondai (a parte La Russa, Frattini e Napolitano)

Stamattina a Radio 24 l'on del Pd La Torre (dello stesso partito del D'Alema del 1999, della Bindi tanto stimata e del Napolitano quasi santo che parla di pace umanitaria riferendosi alla guerra e benedice - tanto è buono come il papa-  la marcia Perugia Assisi) ha detto fra l'altro: "Pensi che i nostri militari sono stati in missione in Libia per un mese senza copertura costituzionale né finanziaria". Chiunque avrebbe pensato: "Bravo! Se ne lamenta". Ma no. La Torre ha proseguito spiegando che questa irregolarità è tutta colpa della Lega che, si sa, era contro questa missione. Insomma, fosse stato per il Pd, la copertura non sarebbe mani mancata. Per fortuna, la Torre sarà contento come Napolitano: è andata bene lo stesso.


da una mail di Marinella a peacelink

lunedì 24 ottobre 2011

Carissimi-e



come sicuramente ricorderete, a maggio PaxChristi Italia è stata presente alla Convocazione Ecumenica Internazionale per la Pace svoltasi a Kingston-Jamaica, con due delegati: Maurizio Burcini e Gianni Novello. Accanto a loro, dall'Italia erano presenti Gianni Novelli, Luigi Sandri, la pastora Letizia Tomassone e Paolo Colombo delle ACLI. Il gruppo italiano ha lavorato in modo coordinato e molto efficace anche per tutto il lavoro previo di rete che è stato fatto negli anni passati. Inoltre, alla Convocazione erano presenti altre sezioni nazionali di PaxChristi e la stessa PaxChristi Internazionale che ha animato 4 seminari.


L'esperienza di Kingston è stata ricchissima e difficilmente sintetizzabile in poche righe. Vi invitiamo a leggere i vari contributi presenti sul sito www.chiese-e-pace.it e a consultare il libretto "Ecumenismo e pace" redatto dal Cipax.


Per una restituzione e per un rilancio dei contenuti di Kingston, il Gruppo di Lavoro Religioni e Conflitti di PaxChristi ha contribuito, in rete con varie altre Chiese e associazioni, alla preparazione di un Convegno/Laboratorio ecumenico nazionale che si terrà il 19 Novembre a MIlano. L'incontro è la naturale continuazione del grande convegno ecumenico sulla Pace svoltosi sempre a Milano il 2 giugno 2010, al quale hanno partecipato numerosi di voi. Ed è una tappa verso un altro momento di incontro più grande e di profilo internazionale che verrà preparato per la primavera del prossimo anno.


L'incontro vedrà la presenza dei delegati italiani a Kingston e di Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace. Molto spazione sarà dedicato ad un'assemblea aperta nella quale "progettare insieme". Il sogno di tutti è che anche in Italia possa nascere una Rete Ecumenica delle Chiese per la Pace, attiva sia a livello nazionale che locale.


Sollecitiamo quindi tutti gli aderenti e i Punti Pace a diffondere il più possibile i materiali che alleghiamo (volantino e comunicato stampa) e a partecipare numerosi a questo appuntamento importante! Nella convinzione che, come movimento radicato in tanti territori, potremo portare contributi significativi e originali a questo percorso di pace.


Shalom


Massimo Ferè - per il Gruppo di Lavoro Religioni e Conflitti di PaxChristi

Comunicato Stampa


SOLO LA PACE è GIUSTA!






Laboratorio


ecumenico sulle sfide della Convocazione Ecumenica Internazionale per la Pace

di Kingston – Milano 19 Novembre 2011, Ambrosianeum, Via delle Ore 3






La violenza può essere sconfitta? E’ davvero


possibile una prassi nonviolenta per risolvere i conflitti? Quali gli strumenti di cui dotarsi?






Si tratta di interrogativi che non possono non
provocarci, in particolare in questo tempo in cui la crisi economica e sociale globale mostra con chiarezza come tanti piani della nostra vita quotidiana siano profondamente attraversati dalla violenza: la finanza e l’economia, le
sfide poste dalle migrazioni, il rapporto con la natura, le relazioni tra stati … fino ad arrivare alla corsa agli armamenti e alle nuove guerre.






A Maggio di quest’anno, circa 1000 delegati -

espressioni delle Chiese riunite nel Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC-WCC) e membri di numerose associazioni della società civile internazionale - si sono riuniti a Kingston-Jamaica nella “Convocazione
Ecumenica Internazionale sulla Pace” per rispondere a quegli interrogativi, cercando di trovare le risposte nel cuore dell’annuncio evangelico: la pace è possibile, la riconciliazione è possibile, il perdono è possibile, la nonviolenza è possibile! Dall’Italia hanno partecipato 5 delegati e 2 giornalisti.






Da Kingston è stato dunque lanciato un appello a tutti i cristiani e a tutte le Chiese del mondo perché assumano finalmente la radicalità della chiamata ad essere costruttori pace e di giustizia, cioè di ‘PACE GIUSTA’!






Come raccogliere questo appello?


A livello internazionale, il CEC-WCC ha
stabilito che la prossima Assemblea Mondiale (Busan, Corea del Sud - 2013) sarà centrata ancora sui temi della pace. E in Italia? Negli ultimi anni si sono organizzate reti ecumeniche giovanili dal basso e momenti di riflessione
che hanno cercato di rilanciare l’impegno delle Chiese su giustizia-pace-salvaguardia del creato e il percorso di Kingston. Quello che sarebbe auspicabile per il futuro è un percorso

continuo e coordinato, sia locale che nazionale, intorno alle sfide della pace, capace di promuovere una comune ricerca biblica-teologica-ecclesiologica, una spiritualità della nonviolenza e una prassi ecumenica che proponga scelte, campagne di opinione, percorsi educativi, azioni concrete: un’agenda ecumenica della pace in sintesi!



Il laboratorio proposto a Milano il 19 Novembre vuole essere una prima occasione di incontro rivolta a rappresentanti di Associazioni e Chiese e a singoli cristiani per immaginare insieme, alla luce delle sfide di Kingston, quelli che potrebbero essere gli
orizzonti, il significato e le priorità di un percorso ecumenico di questo tipo.




Saremo capaci di “osare la pace per fede”?


Promuovono: Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, Centro Ecumenico Europeo per la
Pace – ACLI, PaxChristi, Segretariato Attività Ecumeniche, Cipax.
Riviste: Mosaico di Pace, Riforma, CEM Mondialità, Confronti


Per info:
www.fcei.it
www.chiese-e-pace.it

UNA MOSCHEA PER FIRENZE. E' POSSIBILE PARLARNE SENZA ALZARE LA VOCE

L'obiettivo del percorso di partecipazione promosso dalla Comunità islamica di Firenze e Toscana è aprire un confronto pubblico, che coinvolga vecchi e nuovi residenti, cittadini musulmani e non, sul tema della realizzazione di una moschea a Firenze facendo emergere bisogni, aspettative, timori e priorità di ciascuno. Le indicazioni raccolte al termine del percorso di ascolto e coinvolgimento della cittadinanza serviranno alla Comunità islamica di Firenze per elaborare un eventuale progetto che sappia inserirsi nel miglior modo possibile nel contesto urbano fiorentino. (vedi calendario).
L'Autorità per la partecipazione della Regione Toscana dal 2007 finanzia, tramite la legge regionale 69/07, percorsi di partecipazione strutturati per coinvolgere i cittadini nelle decisioni pubbliche. La legge regionale prevede che possano accedere ai finanziamenti enti locali, scuole, associazioni e comitati di cittadini. Questi ultimi possono fare richiesta di finanziamento a condizione che raccolgano un numero sufficiente di firme di residenti sul territorio interessato.

La Comunità islamica di Firenze e Toscana ha raccolto oltre 2.000 firme per richiedere il sostegno della Regione ad un progetto di informazione e partecipazione sul tema della realizzazione di una moschea a Firenze. La gestione del progetto è affidata a un soggetto terzo e neutrale esperto in percorsi di partecipazione (sociolab).


http://www.unamoscheaperfirenze.it/

domenica 23 ottobre 2011

CHIUDIAMO GLI OSPEDALI PSICHIATRICI GIUDIZIARI


Dopo le oltre 1500 firme raccolte sul sito BRAVENET,Psichiatria Democratica continua qui con l'appello per chiudere subito i sei Ospedali Psichiatrici Giudiziari (O.P.G.) nei quali, in condizioni spesso disumane, sono costrette a vivere circa 1500 persone. I cittadini italiani hanno potuto, difatti, vedere in TV e leggere sulla stampa, il resoconto dei sopralluoghi effettuati esemplarmente dalla Commissione Parl. d'inchiesta sul SSN (presieduta dal Prof. Ignazio Marino) che ha mostrato, all'intera nazione, questi terribili luoghi dove uomini si disperano e chiedono aiuto per uscire, finalmente,da quell'inferno.




firma su http://lnx.psichiatriademocratica.com/index.php?option=com_content&view=article&id=20:petizione-opg&catid=18:petizioni&Itemid=161&lang=it

RAZZE E RAZZISMI A VERONA: UN CONVEGNO

Società Italiana di Psichiatria Democratica

Società Letteraria di Verona

Le Giornate della Diversità

I° Edizione: Razze e Razzismi

Verona, 11-15 Novembre 2011

“ La diversità delle culture umane è dietro di noi, attorno a noi e davanti a noi. La sola esigenza che possiamo far valere nei suoi confronti (creatrice in ogni individuo dei doveri corrispondenti) è che essa si realizzi in forme ciascuna delle quali sia un contributo alla maggior generosità delle altre”


Claude Lévi-Strauss 1952


Sotto molti aspetti, il tema della diversità ha segnato profondamente l’evoluzione del periodo moderno. Un tema intimamente contraddittorio che ha generato ideologie perverse, guerre, massacri e genocidi, ma che ha anche favorito l’interrogazione filosofica sull’uomo e che ha contribuito alla nascita di nuove scienze. Nei primi anni di questo secolo sembra di nuovo urgente rimettere al centro del discorso pubblico questo tema, che investe la vita delle persone e della società in ambiti sempre più numerosi, e in forme insieme vecchie e nuove, accomunate da una crescente difficoltà a mantenere aperto un pensiero critico e comportamento pubblici informati, consapevoli e solidali. Recentemente il sociologo Alain Touraine affermava che “arrivare a combinare l’unità dell’universale con la diversità delle situazioni sociali e
culturali” rimane probabilmente il problema chiave del nostro tempo. Intorno e dentro al tema della diversità si agitano questioni che hanno a che vedere con la libertà e la sicurezza, sia come sentimenti individuali che collettivi, ed anche il dibattito più generale sulla democrazia si alimenta spesso di argomenti che hanno a che fare con la diversità. Esistono quindi vari livelli di discorso, che sono tra loro interconnessi, un livello storico-politico (la globalizzazione, il primato dell’economico e i rischi del pensiero unico), un livello sociale (i rischi della frammentazione, gli eccessi di nazionalismo e comunitarismo), un livello culturale ( tramonto del pensiero critico, omologazione, radicalismo epistemologico), un livello individuale (eccessi di opzione identitaria, diffusione di risentimento, ostilità diffusa, sofferenza), che vanno indagati, senza ambizione di universalità, ma con la consapevolezza che solo una cultura diffusa e partecipata è il vero antidoto al pregiudizio, alla paura e allo scadimento del legame sociale.


Razze e razzismi: è perfino paradossale che questi temi non abbiano bisogno di essere presentati, talmente evidente è l’espandersi, praticamente in tutto il mondo, di leggi, normative, comportamenti pubblici e privati orientati in senso razzista e xenofobo. Questa nostra iniziativa, che vorremmo fosse la prima di una serie, è quindi specificamente dedicata a questo argomento così importante, con la consapevolezza che, di nuovo, niente può essere dato per scontato. Un cambio di passo, per così dire, nella lunga storia del razzismo, ci sembra oggi quel fenomeno di perverso rinforzo tra pulsioni e sentimenti pubblici e privati, e logiche politico-istituzionali, che configurano una situazione nuova nella storia delle democrazie occidentali, in cui la politica si fa parte attiva non per regolare e attenuare il conflitto sociale, bensì per mantenerlo e renderlo più acuto. Al di là delle numerose retoriche su questo argomento, siamo consapevoli che solo con posizioni di nettezza,scientifiche, sociali, storiche si possa dare una contributo serio al contrasto di questo fenomeno.


I Edizione:

Razze e Razzismi

DELLA

DIVERSITA’

LE GIORNATE

Psichiatria

Democratica

I Edizione:

Razze e Razzismi

DELLA

DIVERSITA’

LE GIORNATE


Ci vogliamo rivolgere, con umiltà ma con convinzione, alla cittadinanza, senza distinzione di colore ed opinione su questi temi, perché siamo certi di quanto sia importante che si apra e rimanga vitale uno spazio pubblico di discussione, sottratto ai veti, alle semplificazioni, ai pregiudizi spesso presenti nel mondo istituzionale. Pensiamo che la diversità possa diventare un bene comune dentro questa pratica di cittadinanza attiva, che sappia guardare con coraggio e speranza anche alle contraddizioni e ai gravi problemi delle nostre società di oggi.


Queste nostre intenzioni sono state condivise, durante il percorso organizzativo, dagli amici del Festival del Cinema Africano di Verona, evento ormai affermato e sempre più vitale. Con grande piacere reciproco, questa comunanza di interessi e volontà si sono concretizzate in una autentica sinergia, speriamo duratura ed efficace.


Psichiatria Democratica è una associazione fondata nel 1973, sull’onda di quel movimento, promosso per primo da Franco Basaglia, che in Italia costruiva esperienze concrete di deistituzionalizzazione psichiatrica, che hanno permesso, nel nostro Paese, il superamento dei manicomi, e l’avvio di un percorso di costruzione di un sistema nazionale di Servizi per la Salute Mentale. Fino ad oggi questa associazione si è impegnata per rinnovare e mantenere vivo quel tipo di impegno etico e politico, rivolto sia alla emarginazione ed esclusione nel campo psichiatrico, sia alla tutela più
ampia dei diritti civili e di cittadinanza di tutte le realtà sociali colpite da discriminazione e segregazione, mediante azioni pratiche e momenti di promozione culturale.


Società Letteraria, fondata nel 1808, è uno dei più antichi gabinetti di lettura d'Italia. Sorta per iniziativa di possidenti e professionisti di cultura democratico liberale, ha mantenuto nei due secoli di attività un'impronta politico culturale laica e pluralista. Nel dopoguerra, con la ricostruzione e la rinascita democratica del Paese, la Società Letteraria ha progressivamente ampliato i suoi servizi, affiancando a quelli emerobibliotecari un'attività culturale che si è fatta negli ultimi anni intensissima.


da una mail di Emilio Lupo

sabato 22 ottobre 2011

AIUTIAMO TUTTI INSIEME LA RIVISTA "CONFRONTI".

"Confronti" per la Pace...


Aiutiamo tutti insieme la rivista "Confronti"


"Confronti", così come la Cooperativa Com Nuovi Tempi, in questi ultimi tre anni ha dovuto affrontare molte difficoltà. Le abbiamo affrontate con dignità, con sempre maggior impegno lavorativo ed emotivo, sperando di poter arrivare, seppur con fatica, agli auspicabili «tempi migliori». Ma questi tempi non sembrano arrivare...


20 ottobre 2011 - Laura Tussi


Oltre i muri delle incomprensioni, delle tensioni, dei fondamentalismi, nell'interazione e nel reciproco riconoscimento...


La Rivista Confronti


CONFRONTI è una pubblicazione di fede, politica e vita quotidiana a cui collaborano cristiani di diverse confessioni, ebrei, musulmani, buddhisti, induisti e laici interessati al dialogo e al confronto tra molteplici culture, per affermare i valori della memoria storica, dell'accoglienza, della solidarietà e della costruzione di una società democratica, pluralista e interculturale, contro ogni razzismo, nella costante ricerca tra comunità e realtà in dialogo, che operano per la Pace, la Nonviolenza, il confronto, per un nuovo contesto sociale pluralista e aperto alle diversità tra confessioni religiose e culture, oltre i muri delle incomprensioni, delle tensioni, dei fondamentalismi, nell'interazione e nel reciproco riconoscimento...


a cura di Laura Tussi


http://www.confronti.net/EDITORIALI/tre-mesi-per-salvare-confronti


http://www.confronti.net/


http://www.peacelink.it/sociale/a/32766.html


Confronti, così come la Cooperativa Com Nuovi Tempi, in questi ultimi tre anni ha dovuto affrontare molte difficoltà. Le abbiamo affrontate con dignità, con sempre maggior impegno lavorativo ed emotivo, sperando di poter arrivare, seppur con fatica, agli auspicabili «tempi migliori». Ma questi tempi non sembrano arrivare. Noi invece siamo arrivati a ciò che si chiama «passivo di bilancio» grave, che si accumula di anno in anno e che ci vede costretti, entro il 31 dicembre di quest’anno, ad affrontare l’inevitabile: la chiusura. Che verrebbe poi formalizzata a maggio 2012, in occasione della prossima assemblea dei soci.

Tra le cause principali della nostra situazione, vi è innanzitutto il calo di abbonamenti e poi l’aumento dei costi generali: si pensi per esempio all’aumento delle tariffe per la spedizione postale delle riviste, da quando è stata eliminata la tariffa agevolata. La crisi economica del Paese colpisce tutti e induce molti a «stringere la cinghia», tagliando sulle spese non «di prima necessità». Certo, non saremo importanti come il pane, il latte o il mutuo da pagare, però riteniamo comunque di avere un valore culturale e civile non facilmente «monetizzabile» ma non per questo irrilevante. Nel nostro piccolo, difendiamo e diffondiamo i valori della laicità, del dialogo, del pluralismo e della democrazia.


Cosa si può fare per Confronti? Crediamo molto alla grande forza che può sfociare dalla solidarietà. Come dipendenti, contrattualizzati part-time, abbiamo deciso di rimboccarci le maniche dando per primi il buon esempio e, oltre a lavorare di fatto full time per tentare di salvare «la baracca», come già facciamo, abbiamo fatto un ulteriore sacrificio, rinunciando del tutto allo stipendio di dicembre prossimo. Abbiamo inoltre deciso di lanciare una campagna di sottoscrizione straordinaria per salvare Confronti e stiamo cominciando a raccogliere significative adesioni da persone vicine alle nostre realtà, come le Chiese evangeliche e le Comunità di base. Attestati di stima continuano ad arrivare dal mondo accademico, intellettuale, politico e dell’informazione: in molti ci ribadiscono il loro affetto e ci ripetono quanto Confronti sia importante nel panorama culturale e informativo italiano. Ci auguriamo che a queste «pacche sulle spalle» seguano impegni concreti. Chiediamo a tutti i lettori, i soci della Cooperativa e gli amici di contribuire come possono. Ogni aiuto sarà preziosissimo: dai 5 o 10 euro, per chi non può fare di più, fino ai 100, 200, 500, 1.000 e più. Inoltre, stiamo organizzando iniziative di autofinanziamento come concerti, cene, dibattiti e altro.


Un segnale importante sarà l’adesione alla campagna abbonamenti. Vi chiediamo uno sforzo in più quest’anno: più abbonati avremo entro dicembre, maggiore sarà la possibilità di scongiurare la chiusura. Oltre a rinnovare il vostro abbonamento, regalatene uno a un amico, a un parente, a un vicino di casa… fate conoscere Confronti ai giovani, che spesso non possono permettersi di pagare 50 euro. Divisi per 365 giorni, fanno meno di 14 centesimi al giorno: se in tanti deciderete di spenderli per Confronti, ci darete la forza di poter continuare e ci darete soprattutto energia e consapevolezza del fatto che voi ci siete e non ci lasciate soli.


Siamo certi che ce la faremo e, se così non sarà, vorrà dire che, come si dice in questi casi, purtroppo saremo costretti a portare i libri in tribunale.


Gian Mario Gillio, Direttore di CONFRONTI


tel. 06.4820503; 06.48903241
abbonamenti@confronti.net


Note:


http://www.confronti.net/EDITORIALI/tre-mesi-per-salvare-confronti
http://www.confronti.net/
http://www.peacelink.it/sociale/a/32766.htmL
http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/piccolemabuone/Notizie_1319023286.htm  
PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Informativa sulla Privacy
tratto da http://www.peacelink.it/pace/a/34923.html

PRESENTAZIONE LIBRO

Il Salone dell' Editoria Sociale a Roma ( 28 Ottobre - 1 novembre 2009,
Via Galvani 106, Testaccio) è un importante appuntamento per tutti
coloro che si interessano di sociale.
Tasmetto
la presentazione, curata dal mensile " Confronti" di un libro sui
giovani con Sindrome di Asperger, la disabilità e la scrittura.

*Salone Editoria Sociale 2011 - Porta Futuro Roma*



*Sabato 29 Ottobre 2011 ore 16.15 - 18.00 Sala B *



*via Galvani 106, nel cuore di Testaccio.*


*IL DISAGIO DELLE PERIFERIE, LE FRAGILITA', LE RELAZIONI,*

*I PROGETTI E LE STORIE DI VITA...*

"Poesie della città"

di Marco Brancia - fotografie di Rocco Luigi Mangiavillano

Edizioni Com Nuovi Tempi - CONFRONTI

A partire da immagini della città, nei suoi aspetti quotidiani e da
poesie di un giovane con Sindrome di Asperger, verranno discussi temi
come il senso della scrittura per narrare il disagio e la difficoltà
delle relazioni nella vita urbana



Partecipano:

Cecilia D'Elia, assessore alle Politiche culturali e vicepresidente

della Provincia di Roma

Maria Immacolata Macioti, sociologa

Simona Cherubini, psicoterapeuta

Erica Battaglia, giornalista di *Redattore Sociale*

Giorgio Zanchini, giornalista Rai

Marco Brancia, autore del libro

Rocco Luigi Mangiavillano, operatore sociale e fotografo

Coordina Gian Mario Gillio, direttore di Confronti



Umberto Brancia
Via Valentino Banal n.31/d
00177Roma
cell. 3281980139
casa 062418835

giovedì 20 ottobre 2011




La Fondazione Centro Culturale Valdese e la Chiesa valdese di Torre Pellicein occasione della giornata della Riforma, invitano all’incontro

L’attualità del pensiero di Giovanni Miegge (1900-1961)

Giorgio Tourn

“Giovanni Miegge interprete di Lutero e della Riforma”


Claudio Tron

“Dall'«eredità dei padri» all'evangelo della natura”

Domenica 30 ottobre 2011 - h. 17:00

Aula Sinodale - via Beckwith, 2

Torre Pellice (To)

Le parti salienti della conferenza saranno trasmesse all'interno della trasmissione "Voce delle Chiese", sabato 6 novembre 2011 alle 11
da Radio Beckwith Evangelica (fm 87.800, 96.550) in replica domenica 7 alle 12
Copia su CD della registrazione della conferenza
potrà essere richiesto direttamente alla redazione di RBE.

L'intera registrazione sarà disponibile sul sito www.rbe.it/vocedellechiese

La Fondazione Centro Culturale Valdese

e la Chiesa valdese di Torre Pellice

mercoledì 19 ottobre 2011

QUESTIONE DI METODO, (la violenza ci indigna, la nonviolenza ci ingegna)con un post scriptum sulla tolleranza

con preghiera di diffusione. Grazie.



di Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento
Dopo aver raccolto più informazioni possibili, mi permetto di fare alcune considerazioni sul triste epilogo della manifestazione del 15 ottobre a Roma: come già a Genova nel 2001, l’esito era facilmente prevedibile.


Gli ingredienti, più o meno, sono gli stessi. Una grande massa di persone desiderose di manifestare le loro giuste rivendicazioni, il centro di una città come scenografia, la polizia mandata in forze a presidiare, e un manipolo di guastafeste capaci di tutto. Per far scattare la trappola, basta poco: il lancio di un sanpietrino, un bancomat fracassato, una vetrina sfasciata, e il gioco è fatto. Non serve, poi, dissertare se il blocco nero da cui è partita la provocazione era quello della polizia o quello con i passamontagna. I caschi sono gli stessi, cambia solo il colore, come sui campi da rugby.


Il problema, perciò, non è la polizia, e non sono nemmeno i cosiddetti black bloc.


Il problema sta negli obiettivi e nell’organizzazione della manifestazione, cioè nel fine e nel mezzo.


Il clima che precede una manifestazione di massa è importante, ed è determinato anche dalle dichiarazioni e dalle “parole d’ordine” degli organizzatori. Se i toni si esasperano, attirano gli esasperati. Capisco bene che l’indignazione sia una categoria allettante per i giornalisti, ma non ne farei un programma politico. Poi c’è da chiedersi perché si propone sempre e solo il tradizionale corteo, con gli slogan urlati, la musica assordante, la testa da conquistare, gli spezzoni da comporre: è inevitabile che emerga lo spirito da tifoseria, con tutte le sue degenerazioni. Infine, il percorso del corteo, che si snoda nel centro città, con i suoi luoghi simbolo, le zone proibite, gli obiettivi sensibili e i facili bersagli. La miscela è già esplosiva in partenza.


Venti giorni prima della manifestazione di Roma, si è svolta la marcia Perugia-Assisi. Penso che un confronto fra i due avvenimenti sia opportuno.


Le tematiche della Perugia-Assisi non erano certo più leggere o più naif di quelle di Roma. La necessità di uscire dall’economia di guerra e ricercare un’economia di giustizia, non è meno politica e rivoluzionaria delle aspettative degli “indignati”. L’una e l’altra iniziativa avevano obiettivi comuni: disarmare la finanza e investire sul sociale e sul lavoro; una parte dei manifestanti - ad Assisi e a Roma - erano gli stessi, ma il contesto e i metodi scelti erano totalmente diversi, e hanno fatto la differenza.

Anche alla Perugia-Assisi si sapeva che sarebbe giunta una grande massa di persone (e dunque potenzialmente dei rischi), ma il clima era assolutamente rilassato, essendo determinato dalle due parole-chiave convocatrici: “pace e fratellanza”. Il percorso, che si è sviluppato tra le campagne e le colline umbre, non dava adito a nessuna possibile provocazione; il verde degli alberi e le simbologie francescane hanno aiutato la voglia di comprensione piuttosto che la sopraffazione. Con duecentomila persone in cammino da Perugia ad Assisi non c’è stato il minimo incidente.


Se si vuole trovare una via d’uscita, non cadere più nelle trappole, uscire dalla violenza e avviarsi sulla strada della nonviolenza, bisogna cambiare totalmente strategia. Non si tratta di isolare o respingere i vandali, ma semplicemente di creare le condizioni affinché costoro non si presentino nemmeno alle prossime iniziative politiche.


Innanzitutto bisogna proclamare preventivamente il carattere nonviolento delle manifestazioni. E poi bisogna metterlo in pratica davvero. Basta con i cortei gridati. Si pensi piuttosto a dei sit-in in grandi spazi, meglio ancora se nei parchi, con la musica classica come colonna sonora. In un contesto così i black bloc sarebbero semplicemente ridicoli, e la polizia sarebbe fuori luogo.


Poi, si rinunci alla mega manifestazione, sempre a Roma, e si privilegino tantissime piccole manifestazioni, collegate fra loro, in ogni città e in ogni paese, dando davvero a tutti la possibilità di partecipare, soprattutto alle famiglie, ai bambini, agli anziani. Anche in questo caso i black bloc sarebbero messi alla berlina, ed invece della polizia ci sarebbe il vigile.


Poi, invece di urlare slogan, si può cantare o stare in silenzio. Al posto dei comizi finali si può fare una veglia, e anche il digiuno sarebbe un buon antidoto contro i fanatici agitatori.


Il movimento per un'economia nonviolenta ha bisogno di chiarezza. La nostra deve essere una proposta assolutamente limpida: nella strategia, negli obiettivi, nella tattica, nelle alleanze, nel linguaggio, nello spirito.


La violenza ci indigna, la nonviolenza ci ingegna.
Verona, 19 ottobre 2011


P.S.


Il vecchio leader radicale, l'ottantunenne Marco Pannella, si è presentato sia alla marcia pacifista Perugia-Assisi che alla manifestazione indignata di Roma.


Al Meeting dei 1000 giovani per la pace, che ha preceduto la marcia, Pannella ha partecipato come relatore ad un seminario. E' stato accolto con non troppo entusiasmo: alcuni giovani, vedendolo arrivare, si sono alzati e in silenzio se ne sono andati; altri, interessati o incuriositi, sono stati ad ascoltare e l'hanno applaudito.


A Roma gli indignati (la parte “buona” del corteo) hanno accolto Pannella a male parole “venduto, provocatore, buffone, ladro, carogna, vattene!”, e qualcuno gli ha anche sputato in faccia, costringendolo ad andarsene prima che la situazione degenerasse.


Due modi opposti di intendere l'ospitalità e la tolleranza
_____________________
Movimento Nonviolento
via Spagna, 8
37123 Verona
tel. 045 8009803
Fax 045 8009212
sito: www.nonviolenti.org

PS: piccola nota mia.
Pur considerandomi nonviolento, posso comprendere le contestazioni a Pannella, mosse in effetti con metodi sbagliati...

'incidenti' di roma: primi risultati

Divieto di manifestare a Roma per almeno un mese;

pagare una sorta di fidejussone per poterlo fare;

corte della FIOM proibito.

ringraziamo cretini e violenti per gli ottimi risultati conseguiti!

martedì 18 ottobre 2011

TREVISO IN LUTTO PER LA MORTE DI ANDREA ZANZOTTO

I funerali venerdì, alle 15, nel Duomo di Pieve di Soligo



PIEVE DI SOLIGO - Il poeta Andrea Zanzotto è morto attorno alle 10 del mattino all'ospedale di Conegliano dove era stato ricoverato lunedì per complicazioni respiratorie.


Andrea Zanzotto era stato ricoverato ieri nell'Unità operativa di medicina dell'Usl 7 di Conegliano, per un improvviso peggioramento delle condizioni generali. Il poeta soffriva di problemi di natura cardiaca e respiratoria. E' spirito alle 10.30 di oggi per un collasso cardiocircolatorio. Il grande poeta negli ultimi anni - ricorda l'unità sanitaria - era stato ricoverato varie volte, per criticità cliniche dell'apparato cardio-circolatorio e respiratorio, che poi aveva sempre superato.


Ieri l'improvviso peggioramento delle condizioni generali, che hanno costretto Zanzotto ad essere accolto prima al pronto soccorso dell'ospedale coneglianese e poi nel Reparto di medicina, dove stamane è deceduto.


Il 10 ottobre aveva festeggiato il suo novantesimo compleanno. Andrea Zanzotto era nato nel 1921 a Pieve di Soligo da Giovanni e Carmela Bernardi. Lascia la moglie Marisa Michieli (in foto) e i figli Fabio e Giovanni.


Su disposizione della famiglia, l’Ulss 7 allestirà la camera ardente in Ospedale a Conegliano, al pianterreno del nuovo Polo Chirurgico, con accesso dal lato sud. Sarà possibile rendere omaggio al Maestro giovedì dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17 e venerdì dalle 10 alle 13. Sempre venerdì, alle 15, nel Duomo di Pieve di Soligo, saranno celebrati i funerali.


Andrea Zanzotto è considerato il maggior poeta italiano contemporaneo. Esordio nel 1951 con “Dietro il paesaggio” via via attraverso libri come “Fosfeni”, “Vocativo”, “La beltà”, “Elegia e altri versi”, “Conglomerati”. Noti anche i suoi articoli e saggi critici, le prose (“Sull’Altopiano”). Sempre sperimentando le potenzialità del linguaggio, dialetto compreso, passando dal paesaggio esteriore a quello interiore, al montaliano “male di vivere”, che lui stesso ha provato.


"Che cosa si capisce della vita dopo 90 anni? Niente". Così il poeta Andrea Zanzotto aveva risposto in un'intervista al Tg3 del Veneto il 10 ottobre scorso, giorno del 90imo compleanno, che aveva trascorso nella sua casa di Pieve di Soligo, sulle colline trevigiane. "Cosa vuole che si capisca in 90 anni ? - aveva aggiunto - Per dire parole che valgano la pena bisognerebbe almeno averne 900 di anni...".


tratto da http://www.oggitreviso.it/treviso-lutto-morte-di-andrea-zanzotto-40949

INTERROMPIAMO L'INCUBO



di Claudio Comandini


15 ottobre 2011, la popolazione mondiale è stata coinvolta in manifestazioni che hanno contestato la finanza globalizzata, un'oligarchia di biscazzieri per cui la democrazia è solo un modo di dire. A Roma, mentre sfilavano circa trecentomila persone, sono saltati all'attenzione dei flussi informativi, fra lacrimogeni, incendi e devastazioni, un qualche centinaio di insorti ben organizzati per rompere tutto, ed un ordine pubblico straordinariamente inefficace nonostante la cruenza degli scontri. Ci sono stati più di cento feriti, fra cui molti poliziotti, e dodici arrestati, fra cui quattro donne e sei minorenni, e più di un milione di euro di danni. In sostanza, almeno trenta-quarant'anni di scelte sbagliate continuano a presentare il conto. Lo sfacelo è evidente. Ognuno si raccatti le proprie responsabilità, e per favore basta con le cazzate.


Proviamo a svegliarci dall'incubo italiano. Difficile continuare a reggerlo. Impossibile essere rappresentati da questa classe politica, che è un complimento definire vergognosa. Mentre la politica è assente, non esiste più nemmeno un "popolo" come condivisione di idee, identità e valori. Non esiste una sovranità popolare, la condizione di cittadinanza è perlopiù subita, e tensioni interne che agitano la "popolazione" si dimostrano anche laddove una minoranza dei manifestanti scatena intenzionalmente il caos più feroce, la maggioranza prende visibilmente le distanze dalla fazione violenta, applaudendo, in maniera inedita, la polizia. La situazione è altamente problematica e del tutto paradossale, il dissenso dissente anche da se stesso, e addirittura sarà inutile manipolare ulteriormente una protesta forse già affossatasi da sola, anche se è riuscita ad evidenziare nella maniera più drammatica l'emergenza del paese. Se si parla di regolamentare le manifestazioni limitandone il numero di partecipanti e aumentando i controlli, sembra anche che ormai gli schieramenti si confondano e nessuno rappresenti più nessuno, e potrebbero certamente servire contributi più significativi dell'andare in piazza a prendersi a manganellate.






Nel tentativo di interpretare un'epoca in cui i poteri tradizionali sono sostituiti da potenze economiche, Hard e Negri hanno teorizzato l'esistenza di un movimento globale "acefalo", privo di una guida eppure diffuso, per cui la "moltitudine" tende alla realizzazione del socialismo mondiale, trovando comunque nel capitalismo finanziario una condizione imprescindibile. Se questa idea aggiorna ai tempi della globalizzazione quanto già elaborato da Marx, dal canto suo un comunista come Žižek, profondamente interessato al cambiamento sociale, ma critico verso il concetto di moltitudine, ha evidenziato l'incapacità contemporanea di trovare un linguaggio capace di "esprimere la nostra mancanza di libertà." Questa frase è stata ripetuta il 10 settembre dall'immensa folla dei manifestanti di Occupy Wall Street, insieme alle altre del suo intervento, in un'insolita e divertente liturgia filosofica, che se ha ovviato in questo modo all'assenza di microfoni, ha anche rappresentato performativamente il proporsi di un linguaggio "comune" (http://youtu.be/eu9BWlcRwPQ). Mentre a Roma venivano lanciati sampietrini e incendiati autoveicoli, la stessa circostanza di "microfoni umani" si è ripetuta a Londra per Assange, il cui discorso ha insistito sul fatto che "siamo tutti individui" e "noi non infrangiamo la legge, la costruiamo". Al fondatore di Wikileaks, smascheratore degli intrugli diplomatici, costretto agli arresti domiciliari, la polizia ha impedito di indossare la maschera di Guy Fawkes, il personaggio di V for Vendetta del fumetto di Alan Moore, divenuto simbolo della protesta degli Indignados: forse non è casuale che costui sia originariamente artefice di una ribellione aristocratica e individualista, che solo nell'adattamento cinematografico diventa collettiva.


In Italia, un comunicato diffuso in rete lo stesso mattino aveva annunciato la necessità delle violenze di Roma come strumento insurrezionale atto a favorire la costituzione di un "governo provvisorio popolare" (http://italy.indymedia.org/node/864). I fatti verificatisi, ampiamente prevedibili, e alcune rivendicazioni succedute, i cui esponenti sono stati identificati principalmente nelle frange estremiste degli ambienti anarco-insurrezionalisti di tutta la penisola, addestrate e organizzate militarmente, rendono evidente, perlomeno a chi vuole comprendere l'accaduto senza limitarsi ad esprimere il suo sdegno, che siamo di fronte ad una situazione difficile da interpretare secondo i criteri ordinari del contenimento istituzionale della violenza, o secondo l'idea che la sua espressione faccia sempre il gioco del governo. Sta succedendo qualcosa, e non finisce qui. D'altro canto, le prese di posizione pacifiche e ragionevoli della maggioranza dei manifestanti, la civiltà delle strette di mano fra i loro esponenti e quelli di forze dell'ordine sensibilmente allo sbaraglio e sensatamente preoccupati per le devastazioni, sono il sintomo di una crescita collettiva che va oltre gli steccati tradizionali, e che potrebbe davvero far sperare nella possibilità effettiva di un cambiamento. Tuttavia, non dimentichiamo che il popolo italiota era il "peggiore dei popolacci" già ai tempi di Leopardi, e quindi anche da prima che esistesse una nazione: figuriamoci quindi la sua popolazione, ai tempi del declino del paese.






La situazione italiana è particolarmente grave, la tensione è enorme, la frammentazione sociale irrisolvibile. Non c'è politica, non c'è cultura, anche gli affari vanno male, la povertà incombe, l'impotenza regna. In questa impotenza, il seme della violenza mette radici, cresce e si propaga. Ed anche nella protesta persevera l'idiozia di non rendersi conto che esiste l'esigenza di un linguaggio, continua la distruzione dello stato di diritto, ci si ostina nella banalità di preferire un'azione puramente spettacolare ad ogni possibile direzione, si ristagna nell'infantile stato di subordinazione impotente e violento. Probabilmente, pure questo "governo popolare provvisorio" di cui si almanacca, parlerà a nome di tutti senza esserne autorizzato, devasterà territorio e beni ridendo in faccia a ogni decenza, ruberà soldi per andare a puttane, e umilierà ogni cosa in cui si possa credere. In attesa di qualcuno che lo rovesci per fare le stesse identiche cose, mentre tante persone di ogni tipo continueranno a permettere tutto questo, felici di poter manifestare il loro peggio.


Anche se non sappiamo cosa ci aspetta, se nessuno sa davvero cosa fare, se piuttosto di un movimento acefalo sembra di vedere tanti acefali senza movimento, esiste un'esigenza collettiva di cui ognuno è portatore. Nessuno perda il gusto di essere "indignato" personalmente, nessuno desista dall'esigere un cambiamento complessivo e radicale, e ognuno cerchi di comprendere il quadro d'insieme. Decretare l'embargo al sistema, preservare i beni comuni, fino a dove è possibile. Parlare forte e chiaro, decidere una linea d'azione inequivocabile, capace di portarci a qualche domani, pure se sembra impossibile. Tanto il presente fa piuttosto schifo, le feste sono finite da un pezzo, e non c'è assolutamente niente di cui compiacerci.






tratto da: http://edizioninoubs.splinder.com/post/25667912