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sabato 31 gennaio 2009

IL PAPA E' (ANCORA) CATTOLICO? UNO SCRITTO DI DON FARINELLA

Chicco di senape
Gruppo di credenti di Torino
Il papa, i lefebvriani, il concilio
Gennaio 31, 2009 di dome

Pubblichiamo un testo di Paolo Farinella, prete (Genova 28 gennaio 2009), seguendo l’invito di alcuni amici di chiccodisenape.

Il papa è ancora cattolico?
Dovrei provare soddisfazione nel dire «lo avevo detto», invece provo amarezza e rabbia. Il 14 settembre 2007, opponendomi con tutte le mie forze all’introduzione della Messa preconciliare voluta dal papa attuale, scrissi in 24 ore un libretto (Ritorno all’antica Messa, Gabrielli Editore) in cui mi dichiaravo obiettore di coscienza e mentre tutti giocavano sul folclore della «Messa in latino» dimostravo che l’obiettivo esplicito del papa era l’abolizione del concilio ecumenico Vaticano II. Qualcuno parlò di esagerazione. Oggi gli increduli di allora ne hanno la prova provata e spero che nessuno riduca ciò che sta accadendo a meri fatti interni alla Chiesa che non interessano il mondo laico.

a) Il ritorno all’anticoncilio
L’abolizione della scomunica ai quattro vescovi scismatici lefebvriani è uno stupro compiuto dal papa contro la Chiesa perché di sua iniziativa sancisce e definisce che il concilio Vaticano II non è mai esistito. Il papa infatti non chiede ai lefebvriani un atto previo di adesione al magistero del concilio come condizione per l’abolizione della scomunica, ma li riammette semplicemente come se niente fosse successo, schierandosi contro due papi che li sospesero a divinis (Paolo VI) e li scomunicarono come scismatici (Giovanni Paolo II). O i lefebvriani erano scismatici o il papa che li scomunicò compì un atto illecito, visto che le condizioni della scomunica non sono mutate. Oppure sbaglia, e alla grande, il papa di adesso. Lo stesso giorno dell’abolizione della scomunica (24 gennaio 2009), il capo degli scismatici, Fallay in due distinti comunicati ai suoi seguaci scrive:
«Noi siamo pronti a scrivere col nostro sangue il Credo, a firmare il giuramento anti-modernista di Pio X, facciamo nostri e accettiamo tutti i concili fino al Vaticano I. Nello stesso tempo non possiamo che esprimere delle riserve riguardo al concilio Vaticano II, un concilio «diverso dagli altri». In tutto ciò, noi manteniamo la convinzione di restare fedeli alla linea di condotta indicata dal nostro fondatore, Monsignor Marcel Lefebvre, di cui ora aspettiamo la pronta riabilitazione … Allo stesso modo, nei colloqui che seguiranno con le autorità romane, vogliamo esaminare le cause profonde della situazione presente e, nel trovare il rimedio adeguato, giungere a una restaurazione solida della Chiesa. … La nostra Fraternità desidera potere aiutare sempre di più il papa a porre rimedio alla crisi senza precedenti che scuote attualmente il mondo cattolico … Siamo anche felici che il decreto del 21 gennaio 2009 ravvisa come necessari «incontri» con la Santa Sede; questi incontri permetteranno alla Fraternità Sacerdotale San Pio X di esporre le ragioni dottrinali di fondo che ritiene stiano all’origine delle difficoltà attuali della Chiesa. In questo rinnovato clima, noi abbiamo la ferma speranza di giungere presto al riconoscimento dei diritti della Tradizione cattolica» (Menzingen 24 gennaio 2009. Bernard Fellay).


b) Qualcuno mente spudoratamente
Coloro che parlano, come la Sala Stampa vaticana e il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, di gesto di clemenza e di magnanimità del papa, mentono sapendo di mentire, perché sanno troppo bene che i problemi sono dottrinali e riguardano una sola questione: «Il concilio Vaticano II è un concilio almeno come gli altri, la cui accettazione è essenziale per essere cattolici, oppure è ad libitum, a discrezione cioè della sensibilità di ciascuno, essendo solo un conciliabolo per pochi intimi?». Come conciliare le affermazioni del capo dei lefebvriani che lo stesso giorno dell’abolizione della scomunica dichiara pubblicamente che non accetteranno mai il concilio Vaticano II e il suo magistero per «ragioni dottrinali di fondo»?Non vi sono alternative: o mente il papa o mente il capo dei lefebvriani o mentono tutti e due. Se i lefebvriani possono archiviare e disprezzare un concilio ecumenico, è lecito ad un cattolico, restando cattolico, rifiutare per motivi dottrinali il magistero di Benedetto XVI ritenuto lesivo per la fede cattolica?Se i lefebvriani possono essere riammessi nella Chiesa cattolica senza dovere contestualmente accettare il magistero di un concilio ecumenico, perché il papa non compie lo stesso «gesto di misericordia» verso quei cattolici che sono stati buttati fuori dalla Chiesa per «eccesso di progressismo», colpevoli di considerare il concilio un’assise incompiuta? Che posto occupano nella chiesa i teologi e teologhe della liberazione perseguitati, vilipesi e cacciati? Se il concilio non è determinante, perché usare due pesi e due misure?Posso esigere che le mie posizioni teologiche diametralmente opposte a quelle dei lefebvriani debbano avere la stessa cittadinanza nella chiesa ponendo fine così ad un ostracismo ed isolamento che dura da oltre un quarto di secolo? Dal momento che si stanno avverando tutte le «profezie» che scrissi nel 2007 e ancora prima, non è il caso che il vescovo chieda scusa e mi restituisca quella dignità di cattolico a tutto tondo che io credo di meritare?
Dal mio punto di vista anticipo e prevedo (come si suole dire in diritto: nunc pro tunc) che la prossima mossa di Benedetto XVI sarà la dichiarazione che la Messa tridentina dovrà considerarsi «forma ordinaria» e la Messa riformata di Paolo VI «forma extraordinaria» per giungere nel ragionevole tempo di una decina d’anni alla sua abolizione e ripristinare il clima tridentino per andare alla riscossa del mondo moderno con le truppe cammellate dei tradizionalisti, combattenti fidati per restaurare la Christianitas medievale.

c) L’antisemitismo come fondamento teologico
Uno dei vescovi scismatici e sospesi a divinis, tale Richard Williamson ha avuto l’ardire di negare l’olocausto la vigilia della sua riammissione nella comunione cattolica che per gentile concessione del papa, coincideva con la vigilia della giornata della memoria della Shoàh. Nulla avviene per caso e tutto ha un senso e una simbologia. Dopo le reazioni dentro e fuori la Chiesa, il Vaticano, la Cei e chi più ne ha più ne metta, si sono arrampicati sugli specchi per tentare di fare quadrare il cerchio, senza rendersi conto che chi nasce quadrato non può morire rotondo. Per i lefebvriani l’antisemitismo è una nota caratterizzante la loro teologia per la quale gli Ebrei sono «deicidi» e lo sono per l’eternità, a meno che non si convertano e riconoscano Gesù Cristo come loro Messia e Dio. Nella lettera di scuse inviata al papa dall’altro compare e capo dei lefebvriani, Bernard Fellay, si chiede perdono al papa, ma non al popolo giudaico e a tutti i morti ebrei nei campi di concentramento e per mano nazi-fascista. La pezza è stata peggio del buco. I lefebvriani rifiutano di sana pianta il documento conciliare «Nostra Aetate» in cui al n. 4 si parla della religione ebraica in termini positivi e si rifiuta per la prima volta il concetto di «deicidio» come colpa di tutto il popolo d’Israele, ma lasciandone la responsabilità solo alle «autorità ebraiche con i loro seguaci» del tempo di Gesù (n. 4/866).

d) I papi sbagliano
Nella Chiesa cattolica, da un punto di vista cattolico, non possono coesistere i lefebvriani e il concilio Vaticano II. Se entrano i primi deve uscire il secondo e se resta il secondo, non possono entrare i primi. A mio avviso, infatti, i nodi dovranno ancora venire al pettine e questa riconciliazione porterà molta più frattura di quanto si possa immaginare. Prego che il papa torni suoi passi e riprenda la fede cattolica che ha abbandonato consapevolmente sulla soglia della Fraternità lefebvriana. Diversamente ci sentiamo dispensati dal riconoscere la sua autorità, come i lefebvriani hanno rifiutano e rifiutano l’autorità di Giovanni XXIII, Paolo VI e in parte di Giovanni Paolo II. Tutto ciò dimostra che la confusione regna ai vertici della Chiesa cattolica e la prova che spesso anche i papi infallibilmente sbagliano. Enormemente.

Tratto da http://chiccodisenape.wordpress.com

mercoledì 28 gennaio 2009

APPELLO "SIAMO MEDICI ED INFERMIERI, NON SPIE

Dal giuramento d’Ippocrate:
Giuro di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato

APPELLO
“DIVIETO DI SEGNALAZIONE”
siamo medici ed infermieri, non siamo spie



Le organizzazioni firmatarie esprimono preoccupazione ed allarme per le conseguenze della possibile approvazione dell’emendamento 39.306 presentato in sede di esame del DDL 733 all’Assemblea del Senato, volto a sopprimere il comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione) che sancisce il divieto di “segnalazione alle autorità”.

Il suddetto comma 5 attualmente prevede che “l’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere, sia territoriali n.d.r.) da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”.
Questa disposizione normativa è presente nell’ordinamento italiano già dal 1995, attraverso l’art. 13, proposto da una vasta area della società civile, del decreto legge n. 489/95, più volte reiterato, voluto ed approvato dal centro destra anche con i voti della Lega. La “logica” della norma non è solo quella di “aiutare/curare l’immigrato irregolare”, ma anche quella di dare piena attuazione all’art. 32 della Costituzione, in base al quale la salute è tutelata dalle istituzioni in quanto riconosciuta come diritto pieno ed incondizionato della persona in sé, senza limitazioni di alcuna natura, comprese – nello specifico – quelle derivanti dalla cittadinanza o dalla condizione giuridica dello straniero. Il concreto rischio di segnalazione e/o denuncia contestuale alla prestazione sanitaria creerebbe nell’immigrato privo di permesso di soggiorno e bisognoso di cure mediche una reazione di paura e diffidenza in grado di ostacolarne l’accesso alle strutture sanitarie.
Tutto ciò potrebbe provocare una pericolosa “marginalizzazione sanitaria” di una fetta della popolazione straniera presente sul territorio, anche aumentando i fattori di rischio per la salute collettiva. Il citato obbligo di non segnalazione risulta quindi essere una disposizione fondamentale al fine di garantire la tutela del diritto costituzionale alla salute.
Appare pertanto priva di significato l’ipotesi di affidare alla libera scelta del personale sanitario se procedere o meno alla segnalazione dello straniero poiché ciò, in contrasto con il principio della certezza della norma, lascerebbe al mero arbitrio dei singoli l’applicazione di principi normativi di portata fondamentale.
La cancellazione di questo comma vanificherebbe inoltre un’impostazione che nei 13 anni di applicazione ha prodotto importanti successi nella tutela sanitaria degli stranieri testimoniato, ad esempio, dalla riduzione dei tassi di Aids, dalla stabilizzazione di quelli relativi alla Tubercolosi, dalla riduzione degli esiti sfavorevoli negli indicatori materno infantili (basso peso alla nascita, mortalità perinatale e neonatale ...). E tutto questo con evidente effetto sul contenimento dei costi, in quanto l’utilizzo tempestivo e appropriato dei servizi (quando non sia impedito da problemi di accessibilità) si dimostra non solo più efficace, ma anche più “efficiente” in termini di economia sanitaria.

Riteniamo pertanto inutile e dannoso il provvedimento perché:

- spingerà verso l'invisibilità una fetta di popolazione straniera che in tal modo sfuggirà ad ogni tutela sanitaria;

- incentiverà la nascita e la diffusione di percorsi sanitari ed organizzazioni sanitarie “parallele”, al di fuori dei sistemi di controllo e di verifica della sanità pubblica (gravidanze non tutelate, rischio di aborti clandestini, minori non assistiti, ...);

- creerà condizioni di salute particolarmente gravi poiché gli stranieri non accederanno ai servizi se non in situazioni di urgenza indifferibile;

- avrà ripercussioni sulla salute collettiva con il rischio di diffusione di eventuali focolai di malattie trasmissibili, a causa dei ritardi negli interventi e della probabile irreperibilità dei destinatari di interventi di prevenzione;

- produrrà un significativo aumento dei costi, in quanto comunque le prestazioni di pronto soccorso dovranno essere garantite e, in ragione dei mancati interventi precedenti di terapia e di profilassi, le condizioni di arrivo presso tali strutture saranno verosimilmente più gravi e necessiteranno di interventi più complessi e prolungati.

Hanno espresso posizioni analoghe gli Ordini ed i Collegi che rappresentano, su base nazionale, le principali categorie di operatori impegnati nell’assistenza socio-sanitaria alle persone immigrate: Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri (FnOMCEO), Federazione Nazionale Collegi Infermieri (IPASVI), Federazione Nazionale dei Collegi delle Ostetriche (FNCO), Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS).

Per le ragioni sopraesposte rivolgiamo un sentito appello affinché i senatori di qualunque schieramento respingano la citata proposta emendativa all'art. 35 del Dlgs.286/98 e comunque, nell’incertezza di una eventuale riformulazione di emendamenti specifici, chiediamo che l’articolo 35 del Dlgs.286/98 rimanga per intero nella sua attuale formulazione.

Si prega di comunicare SUBITO l’adesione all’appello
prima del 29 all’indirizzo mail: ombretta.scattoni@rome.msf.org
Per informazioni: 06/4486921 – 329/9636533

Primi firmatari
Medici senza Frontiere (MSF)
Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM)
Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI)

l'ho firmato lo stesso, anche se sono insegnante...

NB: purtroppo mi è arrivato solo oggi.

martedì 27 gennaio 2009

AGGHIACCIANTE TEMPISMO PAPALE

Oggi ricorre la Giornata della Memoria, di cui si parla nel precedente post. Ma se leggete i quotidiani odierni, trovate anche la notizia che Benedetto XVI ha tolto la scomunica ai vescovi lefebriani...quelli, tanto per intenderci che sfilano con i reduci della repubblica di Salò, che benediscono i gagliardetti della X MAS e che negano, guarda caso, la Shoah...

...si tratta di un modo contorto per celebrare la Giornata della Memoria o è un lampante caso di sostegno alle teorie negazioniste?

Giuliano

GIORNATA DELLA MEMORIA

Per ricordare l'Olocausto

In ricordo dello sterminio e delle persecuzioni naziste in Europa e dei deportati militari e politici italiani, il Parlamento Italiano, con Legge 20 luglio 2000, n. 211, ha dedicato la giornata del 27 gennaio allamemoria dell'Olocausto. Il 27 gennaio 1945, verso mezzogiorno, la prima pattuglia russa giunse in vista del Lager di Auschwitz. Il mondo seppe di una verità che ancora ferisce e grida l'orrore dello sterminio. Ebrei, Rom, disabili, omosessuali, testimoni di Geova, oppositori politici, travolti dall'orrore della deportazione e del genocidio.
E' un'occasione, quella di oggi, per ricordare, per capire e per costruire un'educazione alla pace. In ogni scuola dovrebbe essere letta questa poesia di Primo Levi.

"Se questo è un uomo".
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi

Così la scuola può ribadire il diritto/dovere della memoria rispetto alla nostra storia recente, per l'apertura di prospettive di tolleranza e per la costruzione di un futuro in cui la violenza e la guerra siano ripudiate.

Per alcuni suggerimenti didattici:
www.peacelink.it/storia/a/28476.html
(Come usare Youtube nella Giornatadella Memoria)

www.peacelink.it/storia (Storia della pace)

http://www.clio92.it/index.php?area=4&menu=54&page=271
(La Shoah,strumenti per la scuola)

http://www.didaweb.net/risorse/singolo.php?id=38
(raccolta di link)

http://www.isral.it/web/web/risorsedocumenti/memoria2004_didattici.htm(risorse e documenti)

Alessandro Marescottihttp://www.peacelink.it/

Sostieni la telematica per la pace, versa un contributo sul c.c.p.13403746 intestato ad Associazione PeaceLink, C.P. 2009, 74100 Taranto(TA)

lunedì 26 gennaio 2009

DISERTARE LA GUERRA...


Rifiuto di servire
Omer Goldman è una bella ragazza israeliana che sogna di fare l'attrice. E si rifiuta di servire il suo paese per non essere complice dell'occupazione militare dei Territori Palestinesi.
26 gennaio 2009 - Dheera Suhan
Fonte: http://www.radionetherlands.nl/



Omer Goldman ha 19 anni, è ebrea, vive a Tel Aviv, è una bella ragazza, e non è difficile pensare che realizzerà la sua aspirazionedi diventare attrice. Ma da quando aveva otto anni, ha anche un altro sogno: lavorare con un'organizzazione come Amnesty International, nella speranza di poter contribuire a creare un mondo migliore. Proprio ora, il suo modo di farlo è accettando la prigione. Scegliendo di andare in prigione piuttosto che servire l'esercito – un obbligo per tutti i giovani israeliani. Omer Goldman non era destinata alla prigione. Per la maggior parte della sua vita aveva pensato che sarebbe entrata nell'esercito e divenuta un'eroina per tutto il suo paese. Dopo tutto, suo padre è l'ex numero due del Mossad, ed è ancora considerato uno degli uomini più importanti nell'ambiente dei servizi di sicurezza israeliani. Sua sorella maggiore e la maggior parte dei suoi amici hanno compiuto il servizio militare senza discussioni.
Omer Goldman, inprigionata per aver rifiutato di servire l'esercito israeliano. Ma la seconda guerra in Libano iniziò a far cambiare idea ad Omer.Visitò Hebron, ed iniziò ad andare regolarmente nella West Bank a vedere come vivevano i palestinesi e come venivano trattati.
Proteste
Partecipava a manifestazioni di protesta, ed era con un gruppo di dimostranti in un villaggio della West Bank che stavano protestando contro un checkpoint, costruito senza necessità in mezzo ad un villaggio:"Non avrebbe dovuto essere lì", dice, "l'avevano installato solamente per perseguitare gli abitanti del villaggio." Quando improvvisamente i soldati hanno iniziato a fare fuoco sul gruppo di dimostranti. "Questo è l'esercito che crescendo pensavo avrebbe dovuto proteggermi ed aiutarmi", dice, e lo shock dell'accaduto è ancora evidente nella sua voce. Fu colpita alla mano da una pallottola di gomma, e da quell'istante seppe che non avrebbe mai indossato un uniforme di un esercito che commetteva tali azioni.Un'esperienza significativa. Nel giorno in cui era previsto che si arruolasse, si rivoltò con un centinaio di sostenitori e rifiutò pubblicamente di entrare nell'esercito. Fu immediatamente portata in cella e poi di fronte aduna corte militare dove il giudice – un ufficiale di alto rango –tentò di convincerla che poteva diventare un soldato e cambiare le cose da dentro."Potresti dare caramelle ai bambini palestinesi ai checkpoints", le disse, apparentemente senza ironia. La sua risposta – "dare le caramelle non cambia il fatto che sarei lì illegalmente" – lo esasperò così tanto che gli fu immediatamente data una sentenza più dura di altri obiettori di coscienza che erano comparsi in giudizio quel giorno. Omer ha trascorso due periodi in carcere, nonostante la paura della prigione e il suo riconoscere che essere rinchiusa in una cella di media grandezza assieme a quaranta altre donne è stato orribile, afferma che, guardando indietro, quell'esperienza fu tra le più significative della sua vita. Emarginata dagli amici Omer è ora esente dalla leva per motivi di salute, ma continua a partecipare alle dimostrazioni, a denunciare tutto ciò che giudica ingiustizie commesse dai suoi concittadini e dal suo governo verso una popolazione civile innocente. La sua posizione le è costata moltissimo. Gli amici l'hanno emarginata, degli sconosciuti l'hanno aggredita e suo padre si rifiuta di avere più alcun contatto con lei. Ma perché continuare? Perché mantenere questa posizione? La sua risposta è decisa: "perché quando terminerà questa Occupazione – tra venti o trenta anni, anche se spero che avvenga prima – potrò dire di aver fatto qualcosa, che non sono semplicemente rimasta a guardare questa ingiustizia... essere stata in prigione non avrà aiutato nessuno dei palestinesi che conosco, ma almeno mi sono battuta per quello che credo sia giusto – sostenere che la violenza non può essere la risposta".

Note:
Titolo originale: "Refusing to serve"

Traduzione di Maddalena Parolin per www.peacelink.it

LAMPEDUSA: DIRITTO DI ASILO A RISCHIO

da una mail di marco palombo <elbano9@yahoo.it> alle liste semprecontrolaguerra@googlegroups.com,
eco-fem-nonviolenta@lists.nonviolenti.org

arresti illegali dei migranti e rifugiati a Lampedusa.

GLI ENTI DI TUTELA DEI RIFUGIATI CHIEDONO DI
SOSPENDERE LE MISURE PRESE DAL GOVERNO

Gli enti di tutela dei rifugiati riuniti nel Tavolo Asilo si sono rivolti oggi al ministro dell’Interno Roberto Maroni affinché vengano immediatamente sospese le nuove misure restrittive applicate a migranti e rifugiati arrivati via mare a Lampedusa.

Il ministro Maroni ha disposto, nei giorni scorsi, il blocco dei trasferimenti delle persone giunte a Lampedusa verso centri di accoglienza sul territorio nazionale. E’ stato inoltre deciso l’invio sull’isola di due Commissioni che stanno da alcuni giorni esaminando le domande di asilo. Nel frattempo migranti e richiedenti asilo restano nel centro, che risulta sovraffollato, con evidenti conseguenze per lecondizioni igienico - sanitarie e rischi per le persone vulnerabili, tra cui le donne, i bambini e i minori non accompagnati. Questi ultimi, peraltro, dovrebbero essere trasferiti in centri per minori.

Al 21 gennaio 2009 erano presenti oltre 1800 persone, a fronte di una capienza massima di 804 posti. Le organizzazioni del Tavolo Asilo auspicano quindi un intervento urgente per lenire immediatamente,e risolvere in tempi brevi, questa situazione umanitaria allarmante.
A Lampedusa non può essere condotta una procedura d’asilo conforme alla normativa nazionale ed europea. Sull’isola, infatti, non c’è né un tribunale per ricevere un ricorso contro una decisione negativa delle Commissioni, né uno studio legale in grado di prestare assistenza. Questo significa che ai richiedenti asilo viene di fatto negato un diritto sancito nella Direttiva dell’Unione europea sulla Procedurad’asilo nonché nella normativa italiana di attuazione (D.Lgs. 25/08).
Questa situazione di mancato accesso alla giurisdizione riguarda anchei migranti, che rischiano di essere espulsi a seguito di procedure rapide e sommarie e senza alcuna possibilità di rivolgersi a un giudice per una valutazione della loro situazione, in violazione dei principi costituzionali nonché della Convenzione europea dei diritti umani.

Infine, non si può dimenticare – sottolineano le organizzazioni del Tavolo Asilo - che le persone che giungono a Lampedusa spesso hanno subito un grave trauma durante il viaggio, per esempio assistere alla morte di propri familiari o di compagni e amici durante la traversata. Nella situazione attuale queste persone si ritrovano, subito dopo essere state soccorse dalla guardia costiera e dalle altre autorità competenti, ad affrontare procedure amministrative, tra cui la stessa procedura di asilo, il cui esito determina il loro futuro e la loro sicurezza personale. Queste prassi si pongono in profondo contrasto con gli standard internazionali sui diritti umani e con lo stesso carattere umanitario del diritto d’asilo.

Allarmate e rattristate da questa situazione, le organizzazioni del Tavolo Asilo hanno chiesto un incontro con ilMinistro, nella speranza di un ripensamento da parte del Governo.

Roma, 23 gennaio 2009

Ulteriori informazioni
Il Centro di Lampedusa è da anni un “CSPA” – Centro di Soccorso e di Prima Assistenza, e non un Centro di Identificazione ed espulsione (CIE, ex CPTA) né un Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA). La normativa in vigore non permette di valutare richieste d’asilo di persone trattenute nei CSPA, né di disporne l’espulsione dal CSPA stesso. La legge prevede invece l’obbligo di trasferire i richiedenti asilo in centri ove venga garantito l’accesso all’orientamento e all’assistenza legale. Il trattenimento nel CSPA implica una privazione della libertà personale e non è sottoposto al controllo del giudice: diventa quindi particolarmente allarmante se prolungato, come sta avvenendo, oltre le 48 ore.

Firmatari:
Amnesty International Italia,
Arci,
Asgi,
Casa dei diritti sociali-Focus,
Centro Astalli,
Cir,
Comunità di S. Egidio,
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia,
Medici Senza Frontiere,
Movimento migranti e rifugiati di Caserta,
Save the Children,
Senzaconfine.

23/01/2009

domenica 25 gennaio 2009

UNA LETTERA (NON PUBBLICATA) SULL'HANDICAP

Alla redazione di tutte le testate giornalistiche locali, nazionali ed on-line. Oggetto: Trasporto scolastico a carico della Provincia di Roma
Di Elena Duccillo - Corrispondenza - 22.01.2009

Gentile redazione,
ancora una volta mi vedo costretta a rivolgermi alle testate giornalistiche dopo aver tentato con tutta la buona volontà di collaborare con le istituzioni alla risoluzione di un problema che sta rendendo vani tanti anni di paziente lavoro per dare autonomia ed autostima al mio ragazzo nonché un futuro possibile e gratificante.
Sono la mamma di un ragazzo Down di 15 anni e mezzo, Paolo, che è ormai noto a tutti gli organi di stampa.
Da mesi sono impegnata nel cercare di ottenere quanto previsto e ribadito dagli organi legislativi cioè il trasporto scolastico per il mio primogenito, frequentante il primo anno di scuola secondaria di secondo grado.
Dopo la
pronuncia della Corte dei Conti sezione Lombardia in cui si dichiara espressamente mediante l'articolo 139/112 che il supporto organizzativo all’integrazione scolastica nelle scuole superiori deve essere assicurato dalle Provincie che hanno "l'obbligo di attivarsi per lo svolgimento del servizio", perché il servizio di trasporto abitazione - sede scolastica, rientra nella nozione di supporto organizzativo e la decisione che “il costo del servizio va addossato alla Provincia” e dopo i numerosi tentativi effettuati per ottenere dalla Provincia di Roma questo supporto organizzativo da parte mia e di altre famiglie, la mia ricerca affannosa di una risposta istituzionale è stata trasformata in un’Odissea senza fine.
Alla fine di Ottobre 2008 ho ricevuto dall’Ufficio problematiche Handicap della Provincia una mail ( che allego ) stante la quale un ufficio rinnovato nella sede e nelle competenze si sarebbe occupato, tra le altre cose, anche del trasporto scolastico degli alunni con disabilità.
Stupita per questa competenza dichiarata ed avendo fatto già numerosi tentativi rivelatisi non abbastanza diretti ed efficaci per ottenere quanto richiedevo, mi sono rivolta ad un Sito Web di settore e ad alcune newsletter in risposta a questa campagna di marketing denunciando i miei tentativi falliti di raggiungere questo obiettivo. Nel frattempo ho continuato a documentarmi ed ho appreso che anche il Consiglio di Stato era intervenuto sulla questione dell’individuazione del soggetto tenuto allo svolgimento dei compiti di assistenza e di trasporto scolastico dei disabili delle scuole superiori. Il
Consiglio di Stato era giunto all’individuazione della Provincia come competente in materia attraverso un approfondimento perché, sottolineava… il servizio di cui si discute, chiama in causa la disciplina del riparto di competenze tra Stato e Regioni, dell'assistenza scolastica, dell'assistenza, dell’integrazione sociale e dei diritti delle persone handicappate, nonché il sistema integrato di interventi e servizi sociali.
Non appena messo in rete il mio intervento due distinti uffici della Provincia parallelamente si sono attivati per dare una risposta al mio appello, l’ufficio da me chiamato in causa nonché l’ufficio che realmente ha delle competenze socio-assistenziali: servizio secondo dipartimento nono.
All’inizio ho fatto io da tramite nella comunicazione tra i due uffici che si sono attivati mantenendo i contatti con entrambi, nella speranza di agevolare le istruttorie completamente diverse l’una dall’altra, poi dopo un’incontro informativo ( il 26 novembre ) presso gli uffici di via Pianciani, non essendo stata più convocata ho ritenuto opportuno proseguire lo scambio solo con il dipartimento nono che a fronte delle pochissime richieste ( così dichiarano ) pervenute dalle famiglie di servizio trasporto scolastico sta rispondendo ai singoli con iter individuali studiati sulle risorse attivabili e senza finanziamenti specifici.
Sì, è proprio così: non esistono fondi della Provincia specifici per il trasporto scolastico degli alunni disabili frequentanti le scuole secondarie di secondo grado della Provincia di Roma nemmeno in conseguenza delle sentenze sopracitate e ancora si chiedono pareri ( all’Avvocatura dello Stato ) legali sull’effettiva competenza in materia, come se non fosse già abbastanza chiaro di chi sia compito organizzare il servizio.
Ovviamente l’unica strada che sembrava portare ad una soluzione possibile passava attraverso l’Istituzione scolastica ( sappiamo tutti che nonostante le problematiche attuali è la scuola fino alla maggiore età l’unica sulla quale ricadono la maggior parte degli interventi programmabili per l’inclusione dei ragazzi con disabilità in età dell’assolvimento dell’obbligo scolastico ).
La coordinatrice dell’Istituto superiore frequentato da mio figlio è stata coinvolta dai servizi sociali della Provincia e demandata a predisporre un ampliamento del progetto di autonomia preesistente allo scopo di rendere autonomo mio figlio nell’uso dei mezzi pubblici.
Pur avendo acconsentito alla predisposizione del progetto per far raggiungere la scuola con i mezzi pubblici a mio figlio ho prodotto alla scuola e alla provincia la documentazione relativa al reclamo- denuncia fatta in maggio 2008 al Cotral poiché per diverse volte il pullman Frascati- Velletri non ha effettuato la fermata di viale vittorio veneto ( fronte deposito ) lasciando il ragazzo alla fermata. ( Allego risposta del presidente del Cotral ).
A tutt’oggi non ci sono le paline delle fermata nella zona dove abito e gli autisti conoscono convenzionalmente la fermata ma confondono facilmente un passeggero per un passante fermo sul marciapiede.
La Provincia acquisita la documentazione mi ha assicurato di avere canali preferenziali verso il Cotral e la possibilità di affiancare per qualche mese un operatore pagato dalla provincia per rinforzare la capacità di mio figlio di prendere il pullman.
Ebbene, non solo le paline promesse a giugno dal presidente cotral non sono state ancora installate, ma la fermata davanti all’Istituto è stata qualche settimana fa rimossa e spostata alla stazione ferroviaria di Velletri togliendo di fatto ogni possibilità al mio ragazzo di prendere i mezzi pubblici.
Sembrerebbe finita qui la cosa: noooo! C’è la ciliegina sulla torta.
Da domani ( 19 gennaio 2009 ) è stato soppresso anche il servizio di “Più bus“ della Provincia ed era l’unico giorno domani in cui per la prima volta ero riuscita a prenotare la corsa per portare e riprendere Paolo a scuola.
Il servizio di “Più bus” era nato cinque anni fa per permettere ai disabili della Provincia di raggiungere i luoghi da frequentare nel tempo libero con una possibilità di prenotazione massima di due volta a settimana.
In poco tempo era diventato il supporto di chi non sapeva come raggiungere i luoghi di riabilitazione e di istruzione e comunque per prenotarlo bisognava avere il dito fatato poiché nel giro di 180 secondi le linee della provincia esaurivano i numeri di prenotazione giornalieri per il quinto giorno lavorativo successivo alla telefonata.
Ebbene lunedì tutti i mezzi più bus verranno restituiti dalla ditta appaltatrice alla Provincia.
Qui muore la mia lotta disperata, da domani intraprenderò l’ennesima azione giudiziaria e vi aggiornerò sugli sviluppi.
Grazie per l’attenzione,
cordiali saluti


Elena Duccillo
elena.duccillo@istruzione.it
338 8763008

da un articolo pubblicato su www.didaweb.net

martedì 20 gennaio 2009

Gezim Hajdari, poeta migrante

Gëzim Hajdari, poeta migrante
20.01.2009 scrive <http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/10788/1/51//article/author/view/75>Marjola Rukaj
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/10788/1/51/
Gëzim Hajdari
''Farsi chiamare poeta migrante è un onore, un privilegio, perché significa metterti sullo stesso piano di Baricco, per esempio. Tutti i grandi poeti sono stati dei migranti... perché liberandosi della nazionalità raggiungevano altre dimensioni, valori universali, altrimenti sarebbero rimasti provinciali''. Un'intervistaL'intervista è stata pubblicata anche sul numero di gennaio dal mensile culturale del giornale <http://www.botashqiptare.net>Bota Shqiptare

Gëzim Hajdari, classe '57, è considerato tra i maggiori poeti viventi contemporanei. Nato nei pressi di Lushnja nell'Albania meridionale, vive a Frosinone dal '93. Scrive in italiano e in albanese. Con una poesia libera tratta i temi dell'esilio, della solitudine e del viaggio, ma anche dei suoi rapporti con le culture tra cui si trova a vivere. Ha ricevuto numerosi premi italiani e internazionali, e le sue poesie sono tradotte in diverse lingue.
Lei ha iniziato a scrivere poesie già durante i regime. Come venivano accolte allora?
Ho iniziato a scrivere molto presto, già ai tempi del liceo, ma il mio primo libro sono riuscito a pubblicarlo solo un mese prima del crollo ufficiale del regime. Era la raccolta “Antologia della pioggia” . Naturalmente è stato un percorso gremito di problemi politici, censura, mancanza di libertà. L'avevo preparato per la pubblicazione nell'85 ma non era possibile pubblicarlo perché non vi erano poesie che cantassero la gloria del partito, il ruolo del partito, il socialismo ecc. Per pubblicarlo mi chiedevano di modificare non poche cose. Non andava a genio nemmeno il titolo “Antologia della pioggia”. Il direttore della casa editrice Naim Frashëri mi diceva che sembrava simboleggiare l'antologia delle lacrime, che era in contraddizione con le conquiste del partito comunista e del socialismo in Albania.
Come è successo che si è trasferito in Italia?
Io sono arrivato in Italia nel '93, poiché in Albania avevo ricevuto minacce di morte. Facevo politica, ero tra i primi esponenti del Partito repubblicano e sono anche stato un candidato al parlamento nel '92. Scrivevo sul giornale Republika, in cui denunciavo i crimini della politica, ma anche gli abusi del regime post-comunista albanese. Di conseguenza sono stato costretto ad allontanarmi da un'Albania che non era riuscita a cambiare radicalmente. Penso non ci sia riuscita tuttora. 18 anni dopo la caduta del comunismo in Albania non c'è la volontà di cambiare questa situazione. A capo del paese sta sempre la stessa classe politica, che fino a ieri ha condannato, imprigionato e impiccato i loro oppositori politici. Oggi loro sono deputati, ministri, attaché culturali. L'utopia del socialismo reale oggi si chiama democrazia. Nonostante siano passati quasi 20 anni non si vedono ancora le nuove generazioni.
Nonostante la sua grande delusione, c'è molta Albania nelle sue poesie...
Sì, certo, diversamente da quanto si legge nei giornali, la mia poesia non è italiana, è un intreccio di culture, come usavano fare anche i grandi umanisti. L'Albania fa parte di me perché fa parte del mio corpo, del mio cervello, della mia parola. Ma questo non dev'essere confuso con l'essere nazionalista. Io non sono un nazionalista, e non si deve essere nazionalisti. Noi siamo portatori della nostra cultura, ma dobbiamo riuscire a essere sia albanesi sia cittadini del mondo. Bisogna rispettare i nostri confini, la patria, ma bisogna anche superarli e oltrepassarli. Non entreremo a fare parte della grande famiglia europea solo come albanesi ma anche come cittadini del mondo. Il nazionalismo che mirava a formare le nazioni, ha fatto il suo tempo da un pezzo, ciò che rimane oggi è patetico e mette gli uomini uno contro l'altro. Non comporta nulla di buono né per l'economia né per la cultura. Bisogna rispettare i confini e le bandiere ma bisogna plasmare un'identità aperta e tollerante, pacifica, che vada bene per tutti.
Nelle sue poesie si percepisce in una dimensione molto universalista dell'Albania, tra la Darsia, il suo paese natale, la natura e i suoi elementi molto vivi... Sono elementi molto originali che difficilmente si trovano nella poesia albanese contemporanea...
Sono un simbolo, parte del mio paese, che lo trasformano in un tema universale, del legame con con il proprio Paese, con le proprie radici, con i legami emozionali, con il paese in cui ho trascorso buona parte della mia vita. Gli elementi della natura il mio scopo è stato recuperare gli elementi mistici del legame tra noi e il cosmo, la natura. E' un elemento che mi affascina molto e che ho scoperto presso i mistici arabi.
La poesia albanese dopo la caduta del comunismo presenta una produzione abnorme, sono centinaia i giovani albanesi che scrivono soprattutto poesia. Lei segue questo fenomeno?
Non credo si possa fare poesia nascendo e morendo a Tirana, passeggiando da un blocco di palazzi all'altro, dal lago artificiale alla sede del governo... La poesia si deve spogliare dai legami nazionali, e deve spiccare il volo, superare i limiti che comporta la dimensione nazionale. Il tempo porterà nuove tendenze. Per il momento mi sembra che i lunghi anni dell'isolamento e delle direttive del comunismo hanno lasciato un retaggio molto negativo ed è difficile sbarazzarsene in così poco tempo.
Lei afferma spesso che in Albania tuttora vigono i principi del realismo socialista. Negli ultimi anni sono stati fatti innumerevoli sforzi per ribellarsi al realismo socialista...
La cultura albanese, in Albania e all'estero, continua a offrire gli pseudo-miti del realismo socialista, come simboli della letteratura moderna albanese. Molti scrittori addirittura vengono presentati come grandi difensori dei diritti umani, mentre tutti sanno che si tratta di gente che fino a ieri ha composto i poemi più maestosi della lotta di classe. Si tratta degli artisti di Enver Hoxha, che non hanno fatto nulla contro il sacrifico di ben 146 intellettuali per mano del regime. Gli artisti di Hoxha, nel bene e nel male, sono entrati nella storia e ci devono rimanere. Ma non si deve continuare a considerarli come valori assoluti, perché così la cultura albanese viene denigrata e non viene lasciato spazio alle novità che emergono.
Nelle sue poesie si nota molto di frequente il rancore verso l'Albania che non si cura della cultura albanese prodotta fuori dai suoi confini, nonostante si tratti di un fenomeno sempre più consolidato...
Sì, è così. Questo avviene perché io non canto dell'Albania di oggi, canto di qualcosa di mitico, di un'Albania come l'avrei voluta io. Come la sognavano gli umanisti albanesi. L'Albania della libertà di parola, della legalità, della democrazia, della gente onesta che rispetta il prossimo. L'Albania tutto sommato è stata costruita dai migranti, quelli che hanno vissuto in esilio. Quelli che hanno vissuto a Tirana, hanno cantato solo di Tirana e non ne hanno ricavato nulla di rilevante.
Lei viene considerato un poeta migrante, trova giusta questa definizione?
Sì certo. Farsi chiamare poeta migrante è un grande onore, è un privilegio, perché significa metterti sullo stesso piano di Baricco, per esempio. E' un grande onore perché tutti i mistici grandi poeti sono stati dei migranti. Erano tali perché si liberavano della nazionalità, e raggiungevano altre dimensioni, valori universali, altrimenti sarebbero rimasti provinciali. In Albania uno si definisce poeta perché ha pubblicato un libricino e qualche poesia, ma essere scrittore e poeta significa conoscere il mondo, oltrepassare le dimensioni e i limiti del paese da cui si proviene. La poesia migrante è qualcosa che si muove, che si trasforma, è albanese ma anche universale, appartiene al mondo non solo all'Albania, non può che essere molto ricca. Ma è un titolo che va acquisito, non tutti lo possono diventare, perché vuol dire creare valori, poesie che parlano a popoli diversi, insegna l'arte del dialogo ai popoli, insegna a tutti a essere stranieri e migranti in questo mondo per capirsi.
Come vive tra due lingue, e due paesi?
Scrivere in due lingue è uno stimolo in più, è la liberazione definitiva. Significa misurarsi con il mondo, senza però dimenticare la lingua materna, “il parlare materno” come diceva Dante. Per me è stato uno sforzo sovrumano, trovandomi costretto ad abbandonare il mio paese, dovendo affrontare lavori massacranti, per poi seguire gli studi universitari, scrivere sia in albanese che in italiano, e fare tutto questo con il peso della pessima immagine dell'Albania, senza il minimo sostegno dello Stato albanese... Ma c'era anche una ragione pragmatica. In Italia vivono 500 mila albanesi ma nessuno legge i miei libri, tutti i miei lettori sono europei e di diversi paesi del mondo, ma non sono albanesi. Quindi avendo bisogno di lettori, ho dovuto iniziare a scrivere in italiano. La seconda e la terza generazione degli albanesi inizierà sicuramente ad occuparsi di cultura e di identità, i loro genitori sono troppo occupati a dispensare alla sopravvivenza materiale. Non poca responsabilità è da attribuire allo stato albanese, che non è stato in grado di costituire un istituto di cultura in Italia. In Albania il mio scrivere in italiano in molti mi hanno chiamato traditore e nemico della cultura albanese. Bisogna educare la gente alla tolleranza. Nei Balcani sono nati gli dei, i miti, è un luogo fatalista, patria dei despoti e dei misteri, e si continua tuttora a soffrire di malattie puerili come il nazionalismo. Ma l'Albania c'è anche nel mio stile, in cui tra l'altro cerco di seguire i principi dell'epica albanese, in alternativa alla poesia minimalista occidentale. Spesso gli scrittori albanesi in Italia scrivono come gli italiani, quelli in Francia come i francesi. Invece sarebbe molto meglio se un poeta albanese scrivesse come un balcanico, intrecciando le culture, ma apportando il suo carattere.

da una mail di Luisa Rizzo a dw-intercultura@yahoogroups.com ed altre liste

CONTRO TUTTE LE GUERRE: RASSEGNA ARTICOLI APPARSI SUL SITO www.emigrazione-notizie.org



www.emigrazione-notizie.org
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• GAZA, per riflettere. Informazione in rete che non tutti hanno letto
E' un parziale raccolta degli articoli pubblicati da Eminotizie in questi giorni, provenienti da diversi paesi (a parte le fondamentali testimonianze di Vittorio Arrigoni che in molti abbiamo letto).
• Ci sembra utile proporveli come elemento di ulteriore informazione e riflessione e come una piccola banca dati che tutti possono linkare.
• Un abbraccio e un grazie a Vittorio Arrigoni e a tutti coloro che si sono dati da fare per contribuire a trasmettere un’informazione libera e solidale con la popolazione di Gaza.

• Red Emigrazione Notizie
Gerald Kaufman: Sono stato cresciuto come un ebreo ortodosso e un sionista 18 gennaio 2009 Rabbini israeliani a Olmert: anche se uccidi un milione di Palestinesi, non importa 18 gennaio 2009 Turchia: Fuori Israele dall'ONU 18 gennaio 2009 Ass. Gremial Docenti di Buenos Aires: CONTRA LA MASACRE EN GAZA 18 gennaio 2009 DA MESSICO E CARIBE: ¡NO ESTÁN SOLOS! 18 gennaio 2009 Roma: 'Grazie Santoro', 300.000 in corteo. 18 gennaio 2009 ASSEDIO AL GHETTO DI GAZA 17 gennaio 2009 Interview with Avi Shlaim: Israel's "State Terror" in Gaza 17 gennaio 2009 Minacce a Vittorio Arrigoni: siti chiusi 17 gennaio 2009 GAZA: La voce della mia famiglia 17 gennaio 2009 Boycot: Actores de Hollywood contra Lev Leviev. Le stelle di Hollywood boicottano Israel Plus TV 16 gennaio 2009 How to boycott the Israeli economy in solidarity with Palestine 16 gennaio 2009 Centinaia di israeliani firmano un appello per le sanzioni internazionali contro Israele 16 gennaio 2009 César Hildebrandt: Criminales de guerra 16 gennaio 2009 GAZA NON È SOLA: ENTRANO DA RAFAH GLI AIUTI UMANITARI VENEZUELANI 16 gennaio 2009 Franco Berardi: Che dirò ai miei studenti nel giorno della memoria? 16 gennaio 2009 Intellettuali ebrei a livello internazionale invitano alla diserzione 16 gennaio 2009 APPELLO: Gaza, la questione morale del nostro tempo 16 gennaio 2009 GAZA: PRIMA DEL PROCESSO DI PACE….CHE TRIONFI LA VERITA’!!! 16 gennaio 2009 MORGANTINI: Risoluzione su GAZA approvata oggi all’unanimità dalla plenaria del Parlamento Europeo 15 gennaio 2009 Lettera del prof. André NOUSCHI, storico ebreo, all’ambasciatore di Israele in Francia 14 gennaio 2009 Bolivia rompe relazioni con Israele 14 gennaio 2009 Lettera aperta di un ebreo antisionista 14 gennaio 2009 GAZA: Lettera aperta al mondo del pacifismo italiano. 14 gennaio 2009
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MORGANTINI: Risoluzione su GAZA approvata oggi all’unanimità dalla plenaria del Parlamento Europeo 15 gennaio 2009 TERRORISMO made in Israel, Lieberman: Israele deve colpire Gaza con una bomba atomica 14 gennaio 2009 Gaza: Chi ha iniziato la guerra? 13 gennaio 2009 Jimmy Carter: UNA GUERRA NON NECESSARIA CHE POTEVA ESSERE EVITATA 09 gennaio 2009 GAZA - Dichiarazione del Gruppo PSE al Parlamento Europeo 09 gennaio 2009 Venezuela caccia l'ambasciatore d'Israele 07 gennaio 2009 MASSIVE DEMONSTRATION AGAINST THE WAR IN TEL AVIV 06 gennaio 2009 Gaza: D’Alema, azione israele sproporzionata 05 gennaio 2009 PRODOTTI MADE IN ISRAEL....BOICOTTIAMOLI 05 gennaio 2009 L’inferno di Gaza: Si mobilitino le coscienze democratiche 05 gennaio 2009 Bombe al fosforo, vietate, lanciate da Israele su Gaza 05 gennaio 2009 LA MIA CASA COLPITA DA UN MISSILE ARRIVATO DA GAZA 03 gennaio 2009 Gaza: terrorismo elettorale 02 gennaio 2009 Promemoria su Gaza 01 gennaio 2009 Stati Uniti o Stato Unito? 22 dicembre 2008
Approfondimenti
20 anni fa: Lettera agli ebrei italiani di Franco Lattes Fortini 19/01/2009
Due pesi e due misure. Le risoluzioni ONU e dell'EU ignorate da Israele redazione-IT 16/01/2009 Palestinesi ed Israeliani: Due popoli-due stati oppure un solo Stato per due popoli ? Ilan Pappe e Uri Avn 16/01/2009
La giusta furia di Israele e le sue vittime a Gaza.

sabato 17 gennaio 2009

CONTRO TUTTE LE GUERRE: IL SITO DEI SOLDATI ISRAELIANI CHE SI SONO RIFIUTATI DI COMBATTERE A GAZA...

Riporto la mail e gli allegati che Enrico Peyretti (e.pey@libero.it) ha inviato a diverse liste

Il sito dei refusnik http://www.seruv.org.il/English (obiettori di coscienza israeliani alla guerra in corso) indica:
- fino ad oggi 628 refusnik:
- 43.558 adesioni (io al n. 26.064), di cui crica 8.000 da Israele.
- Un elenco a parte, di 359 adesioni di accademici di università israeliane.
Ciao, Enrico


09 01 16 Anime di pietra
Valzer con Bashir, film di animazione, regista Ari Folman, Israele Germania Francia 2008

Uccidere uccide. Per salvarti devi uccidere la tua memoria, cioè te. Altrimenti ti azzanna nel sonno. Il sonno è lo stato di chi è indifeso. Ben a ragione ti assale nel sonno, perché la guerra è un sonno: non sei presente, sei fuori di te, e fuori da chi uccidi. In realtà, in guerra sei indifeso, come nel sonno. In guerra, la paura ti usa. Spari, spari, senza sapere perché, senza neppure mirare. Oppure mirando, quando ti sembra che la paura si incarni là. La tua arma vomita, eiacula, ma non sei mai libero. Non viene la quiete dopo questo orgasmo. Non vedi, non sai chi è colpito. Non è mai la paura, invulnerabile come Achille. Quelli che colpisci sono dietro un vetro, non sono reali, sono soltanto in fotografia. Comincia già ora l’incubo che verrà poi. Ma se i tuoi morti sono cani o cavalli, ti svegliano. Non sono terroristi, come quel bambino nel frutteto, sono più innocenti della nostra specie, risvegliano l’uomo dal sonno della guerra. Animali pietosi che, morendo per mano nostra, ci danno un doloroso soccorso.
Questo film israeliano di animazione (ma le ultime scene sono documenti filmati) mostra la guerra israeliana in Libano, mostra la devastazione umana che ogni guerra compie anche (o soprattutto) dentro chi la fa. Se ha un’anima sensibile. L’incubo riporta all’occupazione del Libano, 1982, fino alla strage di Sabra e Chatila (o Shatila), 16-18 settembre, due giorni dopo l’uccisione del leader cristiano-falangista Bashir Gemayel, da agenti siriani. Vendetta dei falangisti sui profughi palestinesi dei due campi sigillati alla periferia di Beirut. Massacrati 450 (fonte esercito libanese), 3.500 (fonti palestinesi), 1000-1500 (Croce rossa internazionale), uomini donne bambini, naturalmente come “terroristi”. I soldati israeliani vedono dall’alto, non impediscono, Sharon è accusato di avere consentito.
Vedere questo film nei giorni del genocidio israeliano a Gaza testimonia la coscienza di Israele, la memoria dolorosa, non cancellata, che salverà Israele dal suo peggiore nemico, se stesso. È la sua classe politico-militarista ancora dirigente che esprime la cecità prodotta dall’illusione di superiorità e separatezza. Anche questo è un incubo: l’incubo della Shoah patita. La violenza subita pietrifica quanto la violenza inflitta, dice Simone Weil. Perciò l’anima pietrificata nazista è ancora operante. E la vendetta pietrosa e pietrificante è all’opera nel mondo, nei molti fondamentalismi (meglio: assolutismi, perché non accettano la relazione). Ma questo film pregevole vuole anche dire che ogni incubo si può elaborare, si può curare. E comunque si deve affrontare. Questa parte di Israele lo affronta.
Enrico Peyretti, 16 gennaio 2009

**
«Questo film costituisce una riprova (semmai ce ne fosse ancora bisogno) che la demonizzazione tout court di Israele è del tutto miope. Se davvero si vuole dare un contributo internazionale alla soluzione del conflitto israelo-palestinese è proprio sostenendo chi, come l'israeliano Folman, incentiva il recupero di una memoria scomoda che si potranno ottenere piccoli ma significativi risultati» (Giancarlo Zoppoli).
09 01 16 Dissenso di ebrei e israeliani
(finora 769 da 39 paesi; alcuni italiani)

In questi giorni il Manifesto ha pubblicato stralci di un appellointernazionale di intellettuali ebrei che invitano i soldati israeliania disobbedire agli ordini.
Lettera aperta ai soldati israelianiIntroduzioneSi prega di firmare la seguente dichiarazione, che ci auguriamo diessere presto in grado di pubblicare sui giornali israeliani, cliccandoqui: http://www.ajjp.org/campaigns/signStatement.php?cid=15Noi incoraggiamo le organizzazioni a firmare inviandoci e-mail.Gli Ebrei invitano i soldati israeliani a fermare i crimini di guerra.Noi ebrei della comunità internazionale invitiamo i soldati israeliani aissare la Bandiera Nera dell'illegalità sulle operazioni contro lapopolazione di Gaza.Ci rifiutiamo di rimanere in silenzio mentre i leader israelianicostringono i soldati israeliani a commettere crimini di guerra: criminicontro l'umanità per i quali saranno un giorno chiamati a rispondere. Isoldati israeliani di coscienza possono e devono fermare questa guerrapericolosa, illegale e immorale.Questa attività criminale non migliora la salute e il benessere degliebrei. Piuttosto, da Sderot a Sidney, da Ashkelon a Amsterdam, staremotutti meglio quando ci sarà giustizia per i palestinesi.Pertanto, vi chiediamo di utilizzare tutte le misure possibili perfermare queste atrocità contro il popolo palestinese. Non si devesemplicemente disobbedire a ordini palesemente illegali, ma bisognaopporsi ad essi attivamente ed efficacemente.Noi membri della comunità ebraica internazionale, ci appelliamo a voi,soldati israeliani di coscienza, per bloccare la macchina bellicaisraeliana; solo voi potete e dovete farlo.
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Link: il sito dei Refusenik (i soldati israeliani che si sono rifiutati di combattere a Gaza) http://www.seruv.org.il/English

mercoledì 14 gennaio 2009

CONTRO TUTTE LE GUERRE: COMUNICATO DELL'ASSOCIAZIONE PER LA PACE

"Comunicato dell'Associazione per la Pace sulle manifestazioni per la pace a Gaza"

Ci amareggia sapere che non sia stato possibile evitare la sovrapposizione delle due manifestazioni programmate per il 17 gennaio. Ci amareggia, come pacifisti italiani che da anni lavorano fianco a fianco per la pacificazione tra popoli in conflitto, che difendono e sostengono in giro per il mondo le pratiche della nonviolenza, pensare che non siamo stati capaci di mediare tra le nostre diversità neanche di fronte al massacro di innocenti.
Mentre Gaza brucia, soffocata nel sangue e nel dolore, mentre i bombardieri israeliani non si fermano neanche durante le misere tre ore di tregua, mentre falliscono mestamente i deboli tentativi diplomatici, mentre il mondo potente gira la testa e si concentra nel salvataggio delle sue banche: ci chiediamo che senso ha ostinarsi nelle nostre differenze di opinioni dinanzi alla sciagura umana di Gaza? Mentre il mondo democratico storce la bocca anche di fronte ai rapporti dei suoi emissari che denunciano i crimini di guerra commessi, mentre la legalità internazionale che ha portato al patibolo popoli interi non ha nessuna efficacia dinanzi al torto dei potenti: ci chiediamo che senso ha rimanere ancorati ad una politica moralmente corrotta?
Mentre il sistema d’informazione occidentale nasconde i crimini di guerra commessi dagli israeliani, mentre si sgretola l’umanità a colpi di ipocrisia e di interessi di parte: ci chiediamo quale logica ci spinge a difendere il nostro orticello di casa? Che senso ha parlare di appartenenza all’una o all’altra formazione?
Mentre gli uomini politici si scandalizzano davanti alla bandiere bruciate e a un migliaio di persone in preghiera, non provando nessuno sdegno per centinaia di civili massacrati nella loro prigione a cielo aperto: ci chiediamo perché fidarsi di un sistema che vede solo la ragione del più forte?
Noi scendiamo in piazza sabato 17 a Roma, a Assisi e in qualunque altra parte nel mondo, per protestare contro l’ atroce ingiustizia che il popolo palestinese subisce. Noi non crediamo nelle divisioni tra pacifisti buoni e cattivi che in tanti stanno proponendo in queste ore, scendiamo in piazza non per difendere un credo politico ma, per difendere il rispetto alla vita, alla libertà e alla giustizia. Scendiamo in piazza contro l’indifferenza dei potenti del mondo, contro l’ipocrisia di coloro che sanno ma tacciono. Scendiamo in piazza, perché non possiamo fare altro.
Associazione per la Pace

DAL REDATTORE SOCIALE

Oggi su www.redattoresociale.it - DiRE n. 285

(Sintesi notizie principali del 14 gennaio 2009)

IMMIGRAZIONE - I vescovi: la tassa di soggiorno "balzello inaccettabile" Padre Gnesotto della Fondazione Migrantes (Cei) attacca il provvedimento in discussione al Parlamento, che obbligherebbe i migranti a pagare una tassa per il permesso di soggiorno: "Un passo da gambero rispetto a una politica di immigrazione che dovrebbe avere intelligenza". Per il sacerdote, l’Italia ha e avrà sempre bisogno di immigrati.- Intanto arriva la tassa di cittadinanza. In attesa di sapere il destino della tassa di soggiornoun articolo del ddl sicurezza approvato in Senato dispone che "le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza sono soggette al pagamento di una tassa di importo pari a 200 euro". La norma era stata inserita a novembre in commissione con l'approvazione di un emendamento della Lega.

SICUREZZA - Depositato dal governo l'emendamento anti-moschee Estendere la legge Mancino ai centri islamici sospettati di fare attività e propaganda terroristica. Lo prevede l'emendamento depositato ieri dal governo al ddl sicurezza. La norma era stata annunciata a dicembre dal ministro Maroni. Altri emendamenti prevedono un giro di vite per evitare gli incidenti provocati da autisti di autobus drogati.

POVERTA' - "190 mila Social card non avevano copertura" Tanti sarebbero gli assegnatari (sui 520 mila finora raggiunti) che non hanno potuto usarla ai supermercati, dicono 100 deputati. Che chiedono di conoscere i dati al 31 dicembre 2008 dell'operazione: "quante tessere sono state distribuite, quante quelle effettivamente coperte, cosa farà il governo per rispondere alla drammatica situazione economica delle famiglie". Laratta (Pd): "Una vera truffa del governo alla povera gente". Il caso di Pescara.- ''Non è una tessera della povertà''. Il ministro Sacconi difende la Social card: "E' un canale di comunicazione semplificata. E' vero che i soldi sono pochi ma rappresentano un aiuto agli ultimi degli ultimi".

WELFARE - Bollette dell'acqua scontate per le famiglie numerose Toscana: le famiglie toscane con quattro o più figli avranno un consistente sconto sulle bollette, grazie a un protocollo tra Regione e Cispel Confservizi e Anci. Iniziativa per ora unica in Italia. A disposizione 4,1 milioni. L’assessore Salvadori: "Intervento strutturale, non elemosina".

DIRITTI - Gemelli adottati troppo presto: Italia condannata dalla Corte europeaLa Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per aver permesso l'adozione di due gemelli, 27 giorni dopo la loro nascita, senza ascoltare la madre, che pur non avendo riconosciuto i figli voleva un periodo di riflessione prima di essere ricevuta da un tribunale. “Violata la Convenzione dei diritti umani".

ANZIANI - Un paniere specifico? "Ora non si può"
Il ministro Sacconi dal seminario della Fnp Cisl respinge la richiesta del sindacato circa l’introduzione di un paniere dei sonsumi specifico per gli anziani. ''In questo momento di crisi una sperimentazione di questo genere non si può fare”. E sulle pensioni afferma: “Non è tempo di riforme strutturali”. Non ci sono risorse finanziarie e c'è troppa instabilità. “L'età pensionabile delle donne sarà aumentata solo nella pubblica amministrazione”.

IMMIGRAZIONE - Manconi alle Tv: basta con la parola "clandestino" L'ex sottosegretario alla Giustizia e presidente dell'associazione A Buon Diritto raccoglie l'iniziativa di Redattore Sociale e Dire e scrive ai direttori dei tg di Rai, Mediaset e La7: "Il termine clandestini contribuisce a produrre disastri".

IMMIGRAZIONE - Espulsioni: in Francia e in Spagna cifre contestate
Il ministro francese dell'immigrazione: 45 mila stranieri espulsi in 19 mesi, quasi 30 mila nel solo 2008 (+28%, quasi 80 al giorno). Ma alcune associazioni sottolineano che un terzo di queste (10.072) sono in realtà “ritorni volontari” e la metà del totale riguarda la sola isola di Mayotte, nell'arcipelago delle Comore. "Il ministero ha solo aumentato in misura sproporzionata la pressione sugli stranieri".- Quasi nessuno entra più in Spagna senza essere visto". Il ministro dell'Interno: nel 2008 intercettate dalle forze di polizia 30.700 persone che tentavano d'entrare illegalmente in Spagna. Sbarchi diminuiti del 26.7%. Il Popolari: delle 60 mila procedure di espulsione avviate nel 2008 solo 12 mila sono divenute effettive.

DIRITTI - Parlamento europeo contro "l'odio omofobico"
Diritti fondamentali ancora violati nell'UE: donne, rom, omosessuali, minori hanno bisogno di maggiore protezione, chiede il rapporto Catania approvato oggi dal Parlamento europeo.Viene chiesta anche un'azione comunitaria più forte contro l'incitamento al razzismo. Un emendamento condanna i leader 'politici e religiosi' che incitano all'odio omofobico e dà l'appoggio del Pe alla moratoria Onu contro i reati legati all'omosessualità.

IMMIGRAZIONE - Rosarno: "Basta con lorrore dell'ex-cartiera"
Sulla vicenda dei lavoratori immigrati stagionali ridotti in schiavitù nel comune calabrese, la denuncia di Michelangelo Tripodi, assessore regionale all'Urbanistica: ''Non è più possibile sopportare che centinaia di persone vivano in una sorta di lager''. Corbelli: ''Trasferirli subito''.

EMARGINAZIONE - Computer in comunità: lezioni contro il disagio Bologna: partono i corsi di informatica nelle 7 comunità di accoglienza del Cnca dell'Emilia Romagna. Il progetto ''Informatica in comunità'' è rivolto a oltre 700 persone con problemi di dipendenza, in difficoltà economica e disabili.

SCUOLA - Disturbi dell'apprendimento: i genitori si mettono in rete
Dislessia, disgrafia, ma anche disortografia, discalculia e disprassia. Nasce una rete di mamme e papà che hanno figli affetti da uno o più di questi disagi. L'obiettivo è approfondire l'argomento con insegnanti, formatori e altri genitori.

TITOLI- Sacconi: ''Chiudere al più presto gli ospedali generalisti''.- Immigrazione, l'accordo con la Libia alla Camera la prossima settimana.- Passaporti biometrici, Ue: ''Niente impronte sotto i 12 anni''.- Disturbi muscolo-scheletrici e lavoro: l'Europa corre ai ripari.- Vari appuntamenti sociali nella visita di Napolitano in Calabria.- Cia: 4 famiglie su 10 cambiano scelte sul cibo a causa dei prezzi.- Palermo: scuola abbandonata diventa ritrovo di emarginati.- Reggio Emilia: contro la crisi le donne imparano l'abc dell'informatica.- Arriva a Venezia la mostra itinerante ''Buio buio''.- “La nostra società produce disabilità”. Presentazione del libro di Matteo Scianchi. - Etc. etc.

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lunedì 12 gennaio 2009

CONTRO TUTTE LE GUERRE: PACE E VERITA' PER GAZA!

PACE E VERITÀ PER GAZA. MONDO RELIGIOSO E ASSOCIAZIONISMO SI MOBILITANO
34775. ROMA-ADISTA. Una popolazione ridotta alla fame, alla povertà, senza adeguate prestazioni sanitarie, impossibilitata a uscire dai ristretti confini di un lembo di terra, in altre parole un campo di concentramento. Ha richiamato alla mente un’immagine forte il card. Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, per parlare - in un’intervista a ilsussidiario.net - dell’attuale situazione della Striscia di Gaza. Il paragone con i lager nazisti ha scatenato la reazione di Israele che ha accusato l’ex nunzio vaticano alle Nazioni Unite di “parlare come Hamas”. Ma quella del card. Martino - che ha ribadito a Repubblica (8/1) la sua posizione, affermando che a Gaza è la stessa dignità umana ad essere calpestata - non è certo l’unica voce del mondo religioso ad essersi levata in merito alla crisi umanitaria di Gaza. Come hanno denunciato in molti, quello che si sta consumando è solo l’ultimo atto di una “punizione collettiva” inflitta indiscriminatamente, nel silenzio complice di Stati Uniti ed Europa, alla popolazione palestinese della Striscia di Gaza dagli inizi del 2006, a seguito della vittoria elettorale di Hamas. Un atto che ad oggi è costato la vita a centinaia di civili palestinesi.

L’appello delle Chiese cristiane di Gerusalemme
Le violenze in atto a Gaza hanno suscitato la reazione delle Chiese cristiane di Gerusalemme che il 30 dicembre hanno diffuso un comunicato congiunto in cui sottolineano come “questa carneficina non porterà alla pace e alla giustizia, ma nutrirà ancora più odio e ostilità”. Tra i firmatari, oltre a esponenti delle Chiese di tradizione cattolica orientale (siriaca, armena, greca), anche i patriarchi ortodossi delle Chiese etiope, copta, latina e greca, nonché il vescovo luterano di Betlemme. Il 4 gennaio inoltre tutte le Chiese cristiane dell’area hanno osservato un momento di preghiera ecumenica per la fine delle ostilità.
Parole forti vengono da p. Raed Abusahlia, parrocco di Taybeh (a 15 km da Ramallah, in Cisgiordania) che, senza in alcun modo voler “giustificare le violenze di Hamas”, ha invitato a considerarlo “un partito democraticamente e legittimamente eletto”, “un movimento di resistenza contro l’occupazione israeliana dei Territori palestinesi”: ora più che mai quindi un interlocutore necessario.
Richiama ciascuno alle proprie responsabilità p. Manauel Musallam, parroco a Gaza, sottolineando che “quello in corso a Gaza è un massacro, non un bombardamento, e nessuno lo dice. La comunità internazionale non si lavi la coscienza con gli aiuti umanitari”.

Il laicato cattolico italiano prende posizione
In Italia, tra i primi a prendere parola sul massacro che si sta consumando a Gaza, la sezione italiana di Pax Christi che, all’indomani dell’inizio delle ostilità, ha rivolto un appello a israeliani e palestinesi per il cessate il fuoco, denunciando l’univocità dell’informazione: “In questi giorni i media italiani - si legge nel comunicato diffuso il 28 dicembre - hanno purtroppo mascherato una folle e premeditata aggressione, e soprattutto l'insopportabile contesto di un assedio da parte di Israele che per mesi ha ridotto alla fame un milione e mezzo di persone, scegliendo accuratamente alcuni termini ed evitandone altri”. Infatti - come sottolinea Pax Christi, che in occasione dell’Epifania ha anche proposto, come gesto simbolico contro la guerra, di listare a lutto la stella dei Magi - mentre quotidiani e telegiornali hanno addebitato la responsabilità della fine della tregua ad Hamas, si è omesso di dire che il 19 dicembre è semplicemente scaduta una tregua della durata concordata di sei mesi: tregua peraltro non rispettata da Israele che dalla firma dell’accordo aveva ucciso 25 palestinesi.
Ha rivolto un appello ad ambo le parti anche il presidente delle Acli Andrea Olivero che lo scorso 29 dicembre, da Betlemme, dove era in visita, ha sottolineato che “la vera questione da porsi, per capire cosa fare, è chi sono le vittime, non quali sono le ragioni”. “Guardando oggi a Gaza - ha proseguito Olivero - vediamo che le vittime sono i più poveri”. “Questo deve essere detto con chiarezza: oggi c’è una popolazione che subisce bombardamenti indifferenziati. Le guerre e le operazioni chirurgiche non esistono”.
Stessi toni quelli usati dalla Caritas italiana che, richiamandosi alle parole pronunciate da Benedetto XVI nell’Angelus del 28 dicembre, ha accolto e fatto proprio l’appello che Claudette Habbash, direttrice della Caritas di Gerusalemme, ha rivolto alla comunità internazionale: “Bisogna assolutamente che cessino i bombardamenti, perché sono già troppe le vittime innocenti. Noi condanniamo ogni violenza”. Se le operazioni militari israeliane proseguiranno - continua - “vi saranno solo ulteriori spirali di violenza. Ci addolora che ancora una volta l’unico linguaggio sia quello delle armi”. Sulla stessa lunghezza d’onda l’Azione Cattolica Italiana che ha annunciato per il 18 gennaio una preghiera congiunta con le Ac di tutto il mondo.
Condannano il silenzio della comunità internazionale, le associazioni aderenti alla Tavola della Pace che hanno promosso, per sabato 17 gennaio, una manifestazione nazionale ad Assisi. “Quanto sta accadendo è vergognoso”, si legge nel comunicato diffuso il 6 gennaio. “Vergognoso è il silenzio dell’Italia e del mondo. Vergognosa è l’inazione dei governi europei e del resto del mondo che dovevano impedire questa escalation. Vergognoso è il veto con cui gli Stati Uniti ancora una volta stanno paralizzando l’Onu”. “Niente può giustificare un bagno di sangue. Nessuna teoria dell'autodifesa può farlo. Nessuno può rivendicare il diritto di compiere una simile strage di bambini, giovani, donne e anziani senza subire la condanna della comunità internazionale. Nessuno può arrogarsi il diritto di infliggere una simile punizione collettiva ad un milione e mezzo di persone. Nessuno può permettersi di violare impunemente la Carta delle Nazioni Unite, la legalità e il diritto internazionale”.
Rispondendo al vescovo ausiliare di Bologna, mons. Ernesto Vecchi, in merito alla polemica nata dalla manifestazione islamica del 3 gennaio scorso davanti alla basilica di San Petronio - durante la quale alcuni manifestanti hanno dato fuoco alla bandiera israeliana in segno di protesta - Giampaolo Spettoli, portavoce di Noi Siamo Chiesa-Emilia Romagna ha dichiarato che se è vero che la preghiera si è svolta in continuità con una manifestazione “che ha visto anche bruciata una bandiera di Israele e sventolati vessilli con svastiche”, è altrettanto vero “che nella Striscia di Gaza l’esercito di Israele brucia a centinaia, non le bandiere ma le vite stesse dei palestinesi”.
A Roma, anche la CdB di San Paolo si è mobilitata, partecipando, insieme al Cipax e alla Rete Radié Resch, alla manifestazione a sostegno della causa palestinese svoltasi il 4 gennaio per le vie di Roma, e organizzando, insieme ad altre associazioni, un sit-in a largo Goldoni dall’8 all’11 gennaio.

La società civile: comunità internazionale inerte
Sempre in Italia il movimento Sinistra Cristiana-Laici per la Giustizia ha posto l’accento sul fatto che “nella catena delle cause di una guerra che ha preso le forme di un eccidio” ci sia una decisione dei rabbini: l’operazione “Piombo fuso” infatti ha preso il via solo dopo che il governo e le forze israeliane hanno chiesto ed ottenuto l’autorizzazione da parte dei rabbini a violare la giornata del Sabato. Sinistra Cristiana ha sottolineato inoltre che il mito, rafforzato dagli “attacchi inoffensivi” di Hamas, di “uno Stato di Israele che sopravvive solo grazie alla ragione della forza e alla propria capacità di combattere, è contrario alla ragione e rappresenta il più grande pericolo per Israele”.
L’atteggiamento che la comunità internazionale sta tenendo di fronte al dramma di Gaza ha incontrato la condanna delle Ong italiane che in un comunicato stampa del 30 dicembre ne hanno denunciato la pretesa neutralità: “Diventa sempre più difficile ascoltare i comunicati della diplomazia e della politica, parole calibrate, studiate per dire ma non troppo, per bacchettare quelli che si dicono essere due belligeranti, parole studiate per coprire una sostanziale connivenza con chi in questi giorni ha sganciato tonnellate di bombe sulle città e i villaggi della Striscia di Gaza”.
Molto articolato anche il documento stilato dal Coordinamento provinciale per la Palestina di Alessandria (v. notizia in questo stesso numero), nato due anni fa sulla spinta delle numerose iniziative di gemellaggio e solidarietà con le città palestinesi, i cui abitanti “sono stretti nella morsa di una dura occupazione militare, imprigionati dal Muro di segregazione, oppressi dalla mancanza di lavoro e da una qualsiasi prospettiva di futuro se non nell’emigrazione incoraggiata e favorita dall’unica autorità efficiente, che è quella israeliana, inermi di fronte al controllo, al condizionamento e all’efficace uso di una informazione massmediatica propagandistica, sbilanciata e in larga parte falsa”. Un’informa-zione che “in questi giorni di vera e propria guerra” si è rivelata “embedded, intruppata, unilaterale e gestita politicamente, non solo in Israele”. Infatti, continua il documento, “nessuno ricorda che a Gaza vive 1 milione e mezzo di palestinesi, di cui più della metà è composto da famiglie di profughi delle passate guerre arabo-israeliane” e che “la maggior parte degli abitanti vive con meno di due dollari al giorno”, mentre “la disoccupazione supera il 50%”. Il fatto che nel settembre 2005 Israele abbia completato unilateralmente il ritiro dalla Striscia dei suoi soldati e coloni, senza previo accordo con le autorità palestinesi, “ha di fatto - e crediamo volutamente - consegnato la Striscia di Gaza ai militanti della fazione integralista islamica palestinese di Hamas”. Da allora “Israele ha chiuso ermeticamente i suoi confini con Gaza per isolare Hamas, riducendo le forniture di carburante, impedendo la circolazione delle persone, l’afflusso dei più elementari generi di sopravvivenza (cibo, acqua, medicinali…), negando la possibilità del ricorso alla risorsa della pesca”. Poi anche le bombe. “Il principio biblico ‘occhio per occhio, dente per dente’, principio di equilibrio che prevede che la ‘vendetta’ sia proporzionata all’offesa, è chiaramente disatteso vista la enorme sproporzione di armamento e di efficacia bellica”.

Religioni per la pace
Netta e rivolta ad ambo le parti la condanna della Federazione Luterana Mondiale - espressa dal presidente Mark S. Hanson e dal segretario generale, Ishmael Noko - che ha tuttavia evidenziato l’enorme sproporzione delle “operazioni militari israeliane rispetto all’attuale minaccia: operazioni che sono sfociate in un numero intollerabile di morti civili e di feriti”.
Tra gli anglicani, è intervenuto mons. Desmond Tutu, primate della Chiesa Sudafricana, sottolineando come “nel contesto di una supremazia aerea totale, nella quale una parte del conflitto dispiega forze aeree letali contro avversari che non possono difendersi, i bombardamenti assumono tutte le caratteristiche dei crimini di guerra” ed evidenziando come l’offensiva militare “non contribuisca alla sicurezza d'Israele”. Mons. Tutu ha infine puntato il dito contro la comunità internazionale che “negli ultimi 60 anni ha costantemente mancato nei confronti delle popolazioni della Palestina e di Israele” (mons. Tutu è firmatario, insieme ad altre personalità, di un appello dal titolo “Gaza: è in gioco l’etica del genere umano”, pubblicato integralmente sul numero allegato di Adista Segni Nuovi).
L’Associazione Giovani Musulmani d’Italia, esprimendo massima solidarietà alla popolazione palestinese, ha auspicato che “la Comunità Internazionale eserciti una pressione crescente, e che il nostro stesso governo assuma un ruolo di primo piano in seno all'Unione Europea, per il raggiungimento di una definitiva cessazione dei bombardamenti da parte dello Stato d'Israele”. L’associazione ha sottolineato inoltre l’opportunità di istituire “una commissione d'inchiesta sui tragici eventi di questi giorni, nonché del lungo periodo di embargo che a tutt’oggi affama ed umilia la popolazione di Gaza, causando una crisi umanitaria rilevata e deplorata a più riprese dai più autorevoli organismi internazionali”. (ingrid colanicchia)


tratto da www.adistaonline.it di oggi

sabato 10 gennaio 2009

CONTRO TUTTE LE GUERRE: IL DISERTORE (di Boris Vian)

Il disertore
Boris Vian

In piena facoltà
egregio presidente
le scrivo la presente
che spero leggerà.

La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest'altro lunedì

Ma io non sono qui
egregio presidente
per ammazzar la gente
più o meno come me

Io non ce l'ho con lei
sia detto per inciso
ma sento che ho deciso
e che diserterò.

Ho avuto solo guai
da quando sono nato
i figli che ho allevato
han pianto insieme a me.

Mia mamma e mio papà
ormai son sotto terra
e a loro della guerra
non gliene fregherà.

Quand'ero in prigionia
qualcuno mi ha rubato
mia moglie e il mio passato
la mia migliore età.

Domani mi alzerò
e chiuderò la porta
sulla stagione morta
e mi incamminerò.

Vivrò di carità
sulle strade di Spagna
di Francia e di Bretagna
e a tutti griderò.

Di non partire più
e di non obbedire
per andare a morire
per non importa chi.

Per cui se servirà
del sangue ad ogni costo
andate a dare il vostro
se vi divertirà.

E dica pure ai suoi
se vengono a cercarmi
che possono spararmi
io armi non ne ho.

Note:
Originale "Le deserteur" testo di Boris Vian - musica di Boris Vian e Harold Berg, 1956 Traduzione italiana Giorgio Calabrese - Arrangiamento Ivano Fossati Incisa in Lindbergh (Lettere da sopra la pioggia) di Ivano Fossati, 1992
La canzone è stata scritta ai tempi della guerra di Indocina ma in breve è divenuta un manifesto contro la presenza coloniale francese nell'Algeria che lottava per la propria libertà. In Italia è stata ripresa per la prima volta da Margot, Margherita Galante Garrone (figlia di Alessandro Galante Garrone, moglie di Sergio Liberovici e madre di Andrea) nel periodo dei Cantacronache (1958/1960), poi è rimbalzata negli Stati Uniti incisa da Peter, Paul and Mary durante i moti di Berkeley, quindi ci sono state 4 traduzioni italiane, a cura di Paolo Villaggio, Luigi Tenco, Giorgio Caproni e Giorgio Calabrese. Ornella Vanoni l'ha inserita nella scaletta del suo tour nel 1971, ma la prima incisione italiana è stata curata da Ivano Fossati nel 1992, riprendendo la traduzione di Calabrese. Moulodji è stato l'interprete francese ed ha dovuto subire un esilio di circa 10 anni dal mondo della canzone francese, mentre Boris Vian, che pure morirà pochi anni dopo, spesso dovette esibirsi o scrivere sotto pseudonimo, tanta era stata la reazione delle destre francesi, De Gaulle in testa.
PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746

Dal sito www.peacelink.it

venerdì 9 gennaio 2009

contro tutte le guerre: la Tavola per la pace manifesta ad Assisi

La Tavola della pace, accogliendo con soddisfazione la *prima Risoluzione dell'ONU* che chiede l'immediato cessate il fuoco a Gaza,
rinnova l'invito a partecipare alla

*Manifestazione che si svolgerà

sabato 17 gennaio ad Assisi alle ore 10.00, *


e diffonde il commento del *Professor Antonio Papisca* dell'Università di
Padova unitamente al testo della risoluzione tradotto in italiano.

* Commento di Antonio Papisca alla Risoluzione 1860 adottata dal Consiglio di Sicurezza nel corso della 6063° sessione, 8 gennaio 2009*

La Comunità Internazionale, attraverso la sua più alta e legittima
espressione istituzionale, l'ONU, ha finalmente trovato il modo di far
sentire la propria voce sul massacro in atto nella Striscia di Gaza.

La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza, composto di 15 membri di cui 5
con seggio permanente e potere di veto, è stata approvata con 14 voti a
favore. Il paventato veto degli Stati Uniti non c'è stato: al suo posto,
l'astensione.

Tra le Risoluzioni espressamente richiamate nel preambolo della Risoluzione
1860, c'è la n.242 del 1967, riguardante il ritiro di Israele dai Territori
occupati.

Nella Risoluzione 1860 si intima la cessazione delle ostitilità, la messa in
atto di una tregua, l'apertura e la garanzia di corridoi umanitari per la
somministrazione di aiuti, il ritiro da Gaza di tutte le truppe israeliane.

Segue la ferma condanna di tutte le violenze e ostilità dirette contro i
civili, e di tutti gli atti di terrorismo. C'è anche il riconoscimento
esplicito degli sforzi intrapresi da stati arabi: si fa dunque
implicitamente pressione perché l'Egitto, l'Arabia Saudita e la stessa Lega
degli Stati Arabi si riscattino dalle lentezze se non addirittura dalle
inerzie del passato anche recente.

Particolare sottolineatura merita il punto 8 della Risoluzione che ribadisce
la preconizzazione, già espressa in precedenti Risoluzioni, di una regione
in cui due Stati democratici, Istrale e Palestina, "vivano fianco a fianco
in pace". C'è infine un cenno al "Quartetto" (Usa, Russia, ONU, UE)
nell'auspicata prospettiva di un incontro internazionale da tenere a Mosca
già nel corrente anno.

La Risoluzione 1860 costituisce un passo importante, cui devono seguirne
altri. L'ONU deve trasferire la sua volontà dal Palazzo di Vetro
direttamente sul campo, cioè con una adeguata presenza in risorse umane e
materiali nell'area investita dal conflitto israelo-palestinese. La presenza
'fisica' dovrà essere non soltanto di interposizione tra le parti, ma di
attiva collaborazione con esse nella costruzione della "regione della pace"
quale esempio per altre martoriate regioni del mondo. E l'Unione Europea,
quale "attore civile globale" particolarmente impegnato nella Unione per il
Mediterraneo, deve stare e operare, con una "sola voce", a fianco delle
Nazioni Unite.

"Il male ha sempre un volto e un nome: il volto e il nome degli uomini e
delle donne che lo scelgono": così ammoniva Giovanni Paolo II nel suo
Messaggio (l'utimo) per la Giornata mondiale della Pace del 1 gennaio 2005,
sottolineando allo stesso tempo che al male deve rispondersi con il bene.

Parafrasando: alla guerra non si risponde con la guerra alla guerra, ma alla legge della forza si risponde con la forza della legge. C'è un 'nuovo' Diritto internazionale, nel suo insieme buono e giusto, che prende origine dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. E c'è un complesso sistema di istituzioni multilaterali, con al
centro l'ONU, deputate a garantire l'attuazione di tale Diritto. Le si faccia funzionare, riformandole ove necessario e democratizzandole.

Anche il bene ha sempre un volto e un nome: il volto e il nome degli uomini e delle donne che lo scelgono. Anche la Risoluzione 1860 sollecita i facitori del bene della pace che vengano allo scoperto, con determinazione, una volta per tutte. C'è urgentissimo bisogno di una classe governante
mondiale che abbia nella mente e nel cuore, per tradurli nei fatti, i principi della Carta delle Nazioni Unite e del Diritto internazionale dei diritti umani, comprendente, tra le altre, anche la Convenzione internazionale sui diritti dei bambini di cui ricorre quest'anno il 20° anniversario dell'approvazione ad opera dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Anche i bambini uccisi a Gaza erano titolari di diritti
fondamentali internazionalmente riconosciuti, a cominciare dal diritto alla vita.

*Padova, 9 gennaio 2009*

* Ufficio Stampa Tavola della pace
Floriana Lenti*338/4770151
tel. +39 075 5734830 - Fax +39 075 5721234
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SALVIAMO LA VITA A FARZAD, INSEGNANTE IRANIANO

Appello per Farzad Kamangar, insegnante e sindacalista iraniano
condannato a morte

Appello dell'Internazionale dell'educazione al presidente dell'Iran
per evitare l'esecuzione di Farzad. Insegnanti, sindacalisti e
difensori dei diritti umani si sono mobilitati in tutto il mondo per
la liberazione del sindacalista iraniano.
Arrestato nel luglio 2006 insieme ai suoi amici Ali Heidarian e Farhad
Vakili ed imprigionato in diverse carceri nella città di Sanandaj,
nella provincia del Kurdistan e a Kermanshah, l'educatore e membro del
sindacato degli insegnanti Farzad Kamangar, curdo-iraniano di 33 anni,
è stato condannato a morte il 25 febbraio scorso dopo un processo
segreto, durato solo pochi minuti.
Mediante una campagna online, sono state inviate migliaia di lettere
al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e, probabilmente, hanno
aiutato a rimandare l'esecuzione di Farzad. Anche la Flc Cgil ha
inviato una lettera di protesta al governo iraniano. La mobilitazione
continua fino alla liberazione di Farzad. Per aderire alla campagna e
sottoscrivere l'appello basta collegarsi alla pagina web www.ei-ie.org
nonché al sito dell'Education International (il testo è disponibile in
inglese, francese e spagnolo).
Ovviamente, si chiede la liberazione del sindacalista Farzad Kamangar,
che è stato anche torturato nel famigerato carcere di Evin (gestito
dal Ministero dei servizi segreti e della sicurezza – Mois) e degli
altri condannati per "motivi ideologici" nonché condizioni di vita
decenti per tutti i reclusi nelle carceri. Peraltro, in Iran sono
moltissimi gli oppositori del governo arrestati, tra questi tanti
studenti; alcuni di loro sono detenuti in isolamento nelle prigioni
iraniane. 09/01/2009

http://www.tecnicadellascuola. it/index. php?id=24785& action=view

da una mail di profins

giovedì 8 gennaio 2009

CONTRO TUTTE LE GUERRE: TESTIMONIANZA DA GAZA di padre Daniele Moschetti

GAZA
PRIMA DEL PROCESSO DI PACE….CHE TRIONFI LA VERITA’!!!


Mentre sto scrivendo ho molta rabbia, dolore, sofferenza, impotenza e delusione in me. Stiamo assistendo in questi giorni ad una delle più incredibili situazioni di indifferenza mondiale “in tempi di pace” mai vista in questi ultimi anni. Assai vicino a quella del Rwanda del 1994, quando un genocidio di tre mesi uccise quasi un milione di persone. E il mondo stava a guardare….nessuno si muoveva!! Come al solito tanti proclami, tanta diplomazia ma niente di più!! Come sta succedendo ora….!!!
C’è tanta confusione e una marea di notizie di cronaca e di immagini che ci fanno orrore e dolore. Una carneficina che sembra inarrestabile. Vedo la televisione Al Jazeera da amici qui vicino e dicono certe “verità-numeri-storie”. Vedo la televisione italiana o giornali locali israeliani e le “verità-numeri-storie” sembrano diverse!! Ma dove sta la Verità?? E noi europei e occidentali prendiamo posizione senza conoscere veramente….!! Politici europei che si mettono dalla parte di Israele perché comunque “è legittima difesa. Israele ha il diritto di difendersi dai razzi di Hamas!”. Quante volte ho e abbiamo sentito questa frase da tutti i politici europei e americani!! Tanta ipocrisia dai politici nostrani e internazionali e dai mass media che usano linguaggi anche loro molto di parte e ambigui. E mi chiedevo: “ma questa gente è mai stata più di una settimana in questo paese e girato senza guardie del corpo e diplomatici israeliani o palestinesi? Ha mai sentito le grida di dolore di tanta gente innocente che soffre in questa Terra chiamata Santa?”.
Questa riflessione non vuole essere di parte anche se è difficile non esserlo. Sono stato e lo sono ancora di parte per gli innocenti, i bambini, le donne e i poveri che da sempre in tutto il mondo e non solo a Gaza vengono massacrati da politiche miopi, povertà o da guerre d’interesse. Ma questa situazione non è solo di oggi!! Viene da lontano, nel tempo, nella storia e nello spazio di questi due popoli e dei loro protettori e alleati.
Una persona amica mi scrive: “Servirebbe più informazione chiara, libera, vera e soprattutto dalla parte degli ultimi, quelli che non difende nessuno, neanche colui che dice e crede di farlo ma solo a proprio interesse: Hamas . Io sento, quando mi capita di parlare con la gente comune, in paese, discorsi di cui si comprende bene la mancanza di una base minima d'informazione.... non so se dipende anche dal fatto che, dopotutto, pensare solo a sé stessi è meno faticoso”. Grazie di queste parole perché sono oneste e purtroppo sempre vere per tutti noi ma specialmente quando succedono fatti ed eventi storici come quello di Gaza in un tempo di festa come quello del Natale. La gente prova un senso di fastidio e di rigetto a vedere e sentire queste notizie e immagini quasi a volerle rigettare e rinnegare perché rovinano “le feste”!!! Eppure sono crudele realtà di tutti i giorni in tante parti del mondo. Sono proprio da guardare, interiorizzare perché vere e da non dimenticare perché presto saranno immagini che vedremo più spesso anche dalle nostre parti. Poniamoci delle domande di senso e cercare la verità del perché stanno succedendo queste barbarie in questo mondo malato di potere, idolatria, egoismo, finanza, ingiustizia e fondamentalismi vari e non solo religiosi.
Per me è stato come rivivere ciò che ho già vissuto nel Natale 2007. Il 27 Dicembre 2007 era il giorno più atteso delle elezioni generali in Kenya. Vivevo a Korogocho in Kenya, una delle più grandi baraccopoli di Nairobi, la capitale. Proprio lo stesso giorno in cui il governo israeliano ha deciso di attaccare la striscia di Gaza e Hamas nel 2008. Se ricordate in Kenya fu una guerra che mi e ci coinvolse pienamente e per due mesi la tensione, la divisione, la morte e il sangue fu pane quotidiano per il popolo Kenyano. Korogocho era uno degli epicentri di questa lotta e crudele storia. Alla fine si contarono più di 1500 morti e oltre 350.000 persone rifugiate nel loro stesso paese. Il rischio di un olocausto stile Rwanda era cosa molto possibile come “soluzione” da quel tribalismo strumentalizzato e misto a interessi di pochi politici e gruppi di potere. Soltanto un anno fa!
Tutti i potenti accorsero al capezzale di un paese alla deriva e insanguinato, senza soluzioni e futuro. L’Unione Europea, gli USA, l’ONU (che guarda caso ha due quartieri generali importanti proprio a Nairobi), la Unione Africana e tanti altri. Tanta diplomazia, tante parole e ancora una volta per lungo tempo senza toccare le verità delle questioni. Intanto mentre i diplomatici cercavano di mettere insieme le due fazioni, i poveri morivano senza che nessuno li difendesse davvero. In Kenya come a Gaza, come in Congo, come in Darfur ecc……!! Ma ciò che era importante per le superpotenze e interessi di gruppi vari era salvaguardare il Kenya per la sua posizione strategica geografica nell’Africa dell’Est e Oceano Indiano ma anche per un controllo militare, politico, economico e di risorse. Dalla sua capitale Nairobi “tutto è possibile” nella regione sia nel continente (basta guardare i suoi confini…). Ma anche controllare i paesi arabi, l’India e la Cina, nuove forze emergenti nel continente!! Abbiamo dovuto assistere a uccisioni e scontri tra poveri per circa due mesi prima di arrivare a un accordo fortemente voluto da Americani ed Europei forzando le parti tramite l’ex segretario ONU, Kofi Annan. Perchè il Kenya non era il Rwanda…..!! Ipocrisia della politica internazionale: due pesi, due misure!! Così come oggi ci troviamo di fronte a questo dramma palestinese. Gli USA avallano le scelte di Israele quindi via libera. Due pesi e due misure!! Potremmo anche ricordare altri interventi immediati nei quali i paesi occidentali sono stati tempestivi a chiedere e operare per il cessate il fuoco. Ma quando ci sono alleanze forti…..
Ma la storia si ripete……
Oggi vivo da tre mesi a Gerusalemme Est vicino al muro di divisione della città tra Palestina e Israele. Qui in questa parte della città c’è il più grande raggruppamento di palestinesi della città. In questi giorni mentre assistiamo tutti al massacro dei loro fratelli a Gaza pochissime reazioni di giovani frustrati da ciò che vedono. Un silenzio e un’inerzia molto strane che fanno pensare!! Forse ci dobbiamo preparare a qualcosa di grosso anche qui a Gerusalemme prima o poi? Una città divisa non solo dal muro ma anche da linee invisibili geografiche (infatti dalla Porta di Damasco incomincia un altro mondo). Ma queste linee di demarcazione sono anche culturali, religiose, storiche, sociali, politiche ed economiche. Ciò che sta succedendo a Gaza, soltanto a 90 km di distanza, ha dell’assurdo ed è davvero insensato e grave crimine di guerra. Centinaia e centinaia di civili stanno morendo nella completa impotenza e indifferenza di tanta gente. Bambini, donne, vecchi e malati la maggioranza di questa piccola striscia di Gaza. I bambini e gli adolescenti sono più della metà della popolazione. Strazianti immagini di piccoli bambini e ragazzi, donne e anziani che sono le vere vittime di questo conflitto. Addirittura medici e personale sanitario che vengono uccisi, feriti e respinti dal campo di battaglia così confuso pur indossando camici e segnalazioni mediche. Vengono ostacolati se cercano di raccogliere e portare aiuto alle vittime colpite da bombe d’aereo o dai carri armati e dalle granate sparate dai soldati ma anche dalle navi dal mare!!. Ambulanze con feriti a bordo vengono fatte saltare senza motivo asserendo che contengono militanti di Hamas e non personale medico!! E così anche scuole e case civili. Siamo alla pazzia totale!! Un assedio da tutti i fronti senza via di scampo. Una trappola mortale congegnata da mesi da questo governo israeliano con precisi obiettivi e con un lavoro di spionaggio all’interno di Gaza per segnalare gli obiettivi di Hamas durato quasi un anno per preparare questo attacco criminale, crudele e spietato. E ciò che l’esercito e soprattutto il loro governo affermano un’azione clinica e precisa a debellare Hamas è e sta diventando una carneficina voluta e programmata! Ad oggi l’esercito israeliano dice di aver già compiuto con successo e portato a termine quindi eliminato più di 750 obiettivi militari di Hamas. E questi obiettivi non sono solo punti del movimento di Hamas ma moschee, ospedali e dispensari, scuole, case civili, campi profughi e tanti altri. Tutti sono armati?? Tutti sono militanti di Hamas? E tutti i Palestinesi sono terroristi? E i bambini? E i bambini sono terroristi anche loro così come i medici, le donne e i malati?? No…non ditemi che la guerra è così e che queste cose succedono!! Perché c’è molto di più!! La pazzia dei leaders politici accecati di potere, sia Hamas che il governo israeliano, che usano i loro due popoli per continuare a dividerli, a uccidersi e soprattutto a non creare un dialogo vero che possa portare a un vero processo di pace e di giustizia per il bene comune di entrambi.
Ma cos’è la striscia di Gaza?
La striscia di Gaza è una piccola zona lungo la costa del Mediterraneo tra l’Egitto ed Israele, lunga 40km e larga 10km, in cui vivono più di 1,5 milioni di Palestinesi. Un’ area di 365 Km², con una densità di 3. 227 ab. per Km². Una delle più alte densità di popolazione al mondo.
I confini furono stabiliti nel 1948 dopo la creazione dello stato d’Israele; da allora fu occupata dall’Egitto fino al 1967 e poi passò sotto il controllo israeliano. Nel 2005 l’esercito israeliano formalmente si ritira dalla Striscia, ma di fatto continua a detenere il controllo dei confini, dello spazio aereo e di mare così come in tante parti nei territori dell’Autonomia Palestinese in tutto lo stato di d’Israele.Gaza City è il centro urbano più esteso, con 500 mila abitanti, punto di riferimento commerciale ed amministrativo per la striscia, e anche i movimenti tra la Striscia ed il West Bank (Cisgiordania) sono stati nulli in questi tempi. In Cisgiordania il potere viene gestito dal movimento di Fatah del presidente Abou Mazen, con il loro centro di riferimento di Ramallah. Gli altri centri più importanti sono Khan Younis (200 mila abitanti) situata nella parte centrale della striscia, e Rafah (150 mila abitanti) situata a sud.La maggior parte della popolazione è composta da rifugiati fuggiti o espulsi dalle loro terre nel 1948, che vivono ancora oggi, in gran parte, negli otto campi profughi gestiti dall’ONU.
Qui come in altre parti della Cisgiordania e Gerusalemme Est, i palestinesi sono costretti a vivere come al confino, come in un grande campo di rifugiati, senza libertà di movimento. Ad aggravare questa situazione ci sono le intimidazioni che molti di loro subiscono da parte di Hamas perché si uniscano a questo movimento nella lotta armata; poi ci sono l’embargo da parte di Israele specialmente in questi ultimi mesi prima dell’attacco, la mancanza di luce elettrica, la carenza di cibo e di pane, di medicinali, di medici e personale sanitario.
Orrore, morte, lutti, distruzione, crudeltà, odio, divisioni e un vero inferno, di sangue e di bombe e fiamme lanciate dagli aerei, carri armati e navi israeliani che usano fosforo bianco e altri ritrovati chimici militari che sono stati usati dagli americani per la prima volta nella guerra in Irak. Ricordiamoci che Israele è la quarta potenza militare del mondo. Perché? Per chi?
Quando gli ebrei si sono ritirati da Gaza nel 2005, Hamas ha pensato solo a continuare a sparacchiare contro Israele dei Qassam (che sono missili molto miseri e considerati di “latta” da parte degli israeliani….ma oggi diventano giustificazione per la guerra), dimostrando al mondo che non è la pace che vuole ma la distruzione di Israele, anche a costo della miseria delle popolazioni. E infatti non tutti i palestinesi sono con Hamas anche se dobbiamo ricordare che Hamas ha vinto le elezioni politiche non accettate da Israele e dall’occidente. C’era ed è ancor più evidente in questi giorni la divisione tra loro: da una parte Fatah con Abu Mazen e dall’altra il movimento di Hamas. E mi rifiuto di accettare ciò che invece in Italia e nell’occidente viene passato quasi come se fosse assodato che tutti i palestinesi sono musulmani e terroristi. Ci sono milioni di palestinesi all’estero in tutto il mondo e molti di loro occupano posizioni di rilievo dove sono impiegati sia in università e istituti, compagnie commerciali, ospedali, turismo e tanto altro. Musulmani si ma anche molti cristiani costretti ad emigrare da questa situazione assurda tra Israele e Palestina.
Ma tutti i palestinesi che vivono in Israele (più di 1 milione di persone con passaporto israeliano) e anche nei territori occupati dall’Autonomia hanno visto che Israele ha approfittato e continua ad approfittarsi in tutti questi anni per occupare terre palestinesi in barba alla convenzione di Ginevra e usa due pesi e due misure nei territori occupati. I nuovi insediamenti e gli arbitrii questi sì sono un grave ostacolo alla pace.Non ci sarà mai pace senza rispetto e comprensione reciproca. L’occupazione dura ormai da 40 anni e negli ultimi anni la situazione è peggiorata da quando Israele per paura dei kamikaze sul loro territorio ha costruito 734 km di muro (7 mt. di altezza) in Gerusalemme est, delimitando tutto il territorio dell’autonomia palestinese di Cisgiordania e Striscia di Gaza con migliaia di check points dovunque piccoli e grandi dove il sopruso, l’umiliazione, mancanza di rispetto (ai palestinesi e a volte anche agli stranieri)e la dimostrazione di potere da parte di giovanissimi soldati israeliani alle prime armi. Vivevamo già in un paese in guerra e occupato da molto tempo!! D’altronde con tutti questi check-points, migliaia di soldati dovunque nel paese, armi visibili ovunque in Gerusalemme e in tutto il territorio Israeliano. Non ci sarà mai pace costruendo muri, usando la forza, umiliando, uccidendo. Rifiutarsi di dialogare e soprattutto educando i propri popoli ad una convivenza pacifica e duratura nel tempo è la sola via ad un processo duraturo di pace.
Ma anche Israele non è solo Olmert, Netanyau, Sharon, Lizni Tipni, Peres, Barak. Anche qui mi rifiuto di accettare che la voce del popolo ebraico sono i loro politici o i fondamentalisti religiosi ebrei che ci sono come anche nella Palestina e nel mondo islamico. Le voci di un popolo israeliano che non è tutto per la guerra. Altri concittadini di Olmert che operano nelle organizzazioni israeliane per la pace affermano senza paura: “Siamo responsabili della disperazione di un popolo sotto assedio. Hamas da settimane aveva dichiarato che sarebbe stato possibile ripristinare la tregua a condizione che Israele riaprisse le frontiere e permettesse agli aiuti umanitari di entrare. Il governo d’Israele ha scelto consapevolmente di ignorare le dichiarazioni di Hamas e ha cinicamente scelto, per fini elettorali, la strada della guerra”.
Anche una minoranza di Rabbini ebrei condanna l’aggressione a Gaza e riconosce che è contro ogni religione. Nei giorni scorsi a New York c’è stata anche una protesta degli Ebrei Ortodossi anti-sionisti, organizzata per chiedere la fine del massacro di Gaza. Il celebre rabbino Michael Lerner, in una lunga lettera, ha attaccato il governo israeliano, perché sta prendendo i razzi lanciati da Hamas come pretesto per giustificare una nuova guerra dopo quella fatta con gli Hezbollah due anni fa. E di altri israeliani ed ebrei che vogliono una vera pace ce ne sono e non solo in giro per il mondo. Da notare che chi si dichiara pacifista e cerca il dialogo e la pace con i palestinesi in questo mondo ebraico viene considerato un traditore. Michael Lerner condanna anche gli attacchi di Hamas, ma insiste nel dire che non per questo la guerra è una reazione appropriata, tanto meno se è scatenata dal governo anche per fini politici ed elettorali.
E di questo l’opinione pubblica mondiale sa molto poco. Fra non molto il 10 Febbraio questo paese andrà alle urne politiche dopo un’instabilità di governo dovuta a precise accuse di corruzione all’uomo che oggi sta conducendo questa guerra: il primo ministro uscente Olmert. Dopo l’entrata in guerra di questo governo Olmert, con la ministra agli esteri Tzipi Livni e il ministro alla difesa Barak, il presidente della repubblica Peres (i veri artefici di questo piano e assurda decisione) hanno già ottenuto secondo le statistiche di gradimento dei loro cittadini molti seggi in parlamento in più rispetto alla situazione attuale molto instabile. Probabilmente non avranno bisogno dei piccoli partiti di religiosi ortodossi che da sempre hanno fatto da alleato per formare ogni governo israeliano. Da notare che proprio il partito Likud dell’opposizione cioè il già conosciuto Netanyahu aveva già sbandierato ai quattro venti l’intenzione di spazzare via in poco tempo Hamas se i cittadini gli avessero ridato la fiducia nelle prossime elezioni. Tutte e due i partiti che queste persone rappresentano (specialmente Barak e la Livni) si sono già rafforzati proprio per questa decisione così crudele e fatta passare come legittima difesa del proprio territorio dai terroristi di Hamas che continuavano a lanciare razzi Qassam sui territori del sud (nel deserto del Negev), in risposta all’ostinazione di Israele, per ottenere l’apertura del confine con l’Egitto e specialmente permettesse agli aiuti umanitari di entrare in una striscia di Gaza che è praticamente solo un campo profughi . Ma l’ostinazione Israeliana è stata continua e massacrante per la popolazione di Gaza negli ultimi mesi.
La stessa identica cosa si ripete in questi 12 giorni dall’inizio della guerra. L’ostinazione di israele a non far entrare giornalisti internazionali e non mostrare al mondo cosa realmene sta succedendo dentro questa trappola mortale!! Non lascia entrare o ostacola medici e personale sanitario che servono disperatamente e che l’esercito ostacola nella loro azione di soccorso. Ostinatamente non concede a chi sta urlando da varie parti la tregua di 48 ore per ragioni umanitarie e nemmeno quella di riuscire a portare ad un tavolo congiunto i contendenti per tentare di trovare una vera soluzione a questa situazione di stallo che coinvolge i due popoli da oltre 40 anni. Non vuole riconoscere Hamas perché organizzazione terrorista e fin qui non possiamo dargli torto. Ma ostinatamente non si rende conto che continuando con le armi e la violenza sta pianificando decenni di sofferenza per il proprio popolo sul proprio territorio e in tutto il mondo soprattutto mobilitando indirettamente nel mondo arabo e islamico le forze fondamentaliste più radicali che non aspettavano altro che questa giustificazione per poter ritornare presto sulle cronache internazionali in nome della Jihad. E davvero siamo già in una discesa senza ritorno di una guerra che può andare oltre i confini di Israele per diventare mondiale: tra occidente e mondo arabo-islamico a tutto campo. E non solo circoscritta alla regione del Medio Oriente come molti occidentali potrebbero pensare ma che ci toccherà in prima persona. Non saremo più così tranquilli quando invece i mostri da noi creati (vedi tra gli altri Saddam Hussein e Osama Bin Laden) da una politica internazionale despota e miope dell’amministrazione Bush degli ultimi anni e avallata in modo succube dalla Comunità Europea, si rivolgeranno contro il mondo occidentale come è già successo e non potrà che risuccedere di nuovo se non si adotta una politica più saggia e attenta agli squilibri mondiali.
Quindi ci dovremmo rendere conto che non sarà l’annientamento di Hamas (che non avverrà proprio per la ferocia e senza una visione futura con cui sta operando l’esercito israeliano…creando nuovi nemici e militanti in altri giovani disperati dentro e fuori Israele) che porterà beneficio a Israele e al mondo.
La reazione di Israele ai missili Qassam di questi ultimi mesi era inevitabile seguendo la logica di questo governo. La miopia di Hamas si scontra contro l’ostinazione testarda del governo israeliano. Ma la reazione israeliana era ed è sproporzionata rispetto ai danni inflitti dai “petardi di Hamas” in quanto hanno pochissima forza distruttiva come invece le bombe e le armi più sofisticate in mano all’esercito israeliano di produzione americana ma anche italiana!! Dal 2002 sono morti circa 10 persone compresi gli ultimi 2 di questi giorni nonostante le migliaia tirati in diversi anni e negli ultimi mesi. Le vittime sono sacre da ambo le parti non ci sono divisioni nella morte: che siano ebrei israeliani o palestinesi. Ma l’opinione pubblica israeliana e internazionale deve sapere che la reazione di Israele in questi ultimi 6 anni ha ucciso più di 5000 palestinesi con raid aerei e in tanti altri controlli e azioni militari. Lo stesso è avvenuto anni fa a Betlemme quando è stata invasa la Basilica. Tre morti da parte israeliana, 40 o 50 come reazione israeliana. La denuncia di Israele per abuso di legittima difesa era partita dai presbiteriani americani a quel tempo. E ora l’escalation di abuso di potere e di violenza inaudita è alla sua massima forza.
Per molti popoli del mondo, i palestinesi rappresentano l’impegno della maggioranza. Essi sono i piccoli grani di sabbia che resistono; ciò che la maggior parte degli Americani ed i popoli privilegiati dell’Occidente non vedono. Essi sono un popolo cui è negato il diritto più fondamentale: il diritto a un suo Stato, anche se solo sul 22% della Palestina storica che Israele ha occupato fin dal 1967. Per la maggioranza dell’umanità che vive in condizioni economiche e politiche inimmaginabili in Occidente, quella sofferenza causata dall’occupazione di Israele (che significa impoverimento e negazione totale della libertà che può essere sostenuta solo grazie al supporto americano) è emblematico della loro stessa sofferenza. L’oppressione israeliana dei palestinesi, con l’appoggio diretto degli USA (vedi amministrazione Bush), evidenzia in modo dimostrabile l’esistenza di un sistema globale di dominazione occidentale, che impedisce agli altri di perseguire ed ottenere i loro sogni di benessere politico ed economico. Per restare all’esempio Israele – USA assomiglia molto alla storica alleanza tra l’Impero Romano e Erode il Grande. Anche Erode potè governare con tanta violenza e crudeltà sempre con l’avallo della “grande Roma”. Ed Erode è ricordato da tutti per la strage degli innocenti e tanto altro. Cosa sta succedendo in questi giorni di pazzia?? Forse è tempo che anche il popolo ebraico d’Israele faccia memoria di un’olocausto vissuto soltanto qualche decennio fa nel quale più di 6 milioni di ebrei vennero trucidati dalla pazzia nazi-fascista d’europa. E l’Europa e gli USA hanno ancora il senso di quella colpa e paura di far aprire gli occhi e il cuore al popolo Israeliano e alla sua politica interna e internazionale. Non è possibile che l’umanità non impari nulla dalla storia passata. La storia si ripete anche ora con il popolo palestinese in tempi e in modi diversi.
Qualunque sia alla fine la soluzione, se questo che è il più destabilizzante e delicato dei conflitti non è affrontato con la dovuta serietà e verità, gli USA con Obama rimarranno impantanati in conflitti con i popoli arabi e tutti i popoli che ricercano la vera libertà. Capirà il governo di Obama insieme ai paesi Europei e all’ONU che senza dare il giusto interesse per i bisogni dei palestinesi, non saranno mai in grado di districarsi dai problemi più generali del Medio Oriente, di dare più potere vero alla Comunità delle Nazioni Unite senza veti di sorta e salvare anche le proprie economie?

ringrazio l'amico Stefano Ferrario per l'invio della testimonianza