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venerdì 30 settembre 2011

RAZZISMO DEMOCRATICO, UN EBOOK DA SCARICARE GRATIS...



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Buona lettura...
Giuliano

Materiali



Titolo RAZZISMO DEMOCRATICO - di Salvatore Palidda


Descrizione RAZZISMO DEMOCRATICO


La persecuzione degli stranieri in Italia






di Salvatore Palidda




Introduzione – Salvatore Palidda 7


- L’Europa e il mondo


- Le statistiche sui detenuti stranieri in Europa (1989-2006)


- Nathalie Delgrande e Marcelo F. Aebi 21


- Confronti statistici fra alcuni paesi – Salvatore Palidda 35


- L’esperimento penale americano – Alessandro De Giorgi 36


- La metamorfosi dell’asilo in Europa – Jérôme Valluy 44


- I rom nell’Europa neoliberale – Nando Sigona 54


- I media e la guerra alle migrazioni – Marcello Maneri 66


- Delinquenti, criminalizzati e vittime nei principali paesi dell’Ue


- Delinquenza, vittimizzazione e criminalizzazione degli stranieri in Francia – Laurent Mucchielli e Sophie Nevanen 89


- Criminalizzazione e vittimizzazione degli immigrati in Germania


Hans-Joerg Albrecht 112


- Gran Bretagna: governare attraverso il controllo delle migrazioni


Mary Bosworth e Mhairi Guild 129


- L’immigrato come categoria di rischio nel sistema penale spagnolo


José Ángel Brandariz García e Cristina Fernández Bessa 142


- L’immigrazione in Spagna nei discorsi dei media e della politica


Edoardo Bazzaco 155


- Il crime deal italiano – Salvatore Palidda 164


- Pratiche specifiche dell’accanimento repressivo


- Governare mediante gli sgomberi e la segregazione dei gruppi zigani


Tommaso Vitale 179






Premessa


Questo volume riunisce alcuni dei contributi proposti al workshop “Criminalization and victimization of immigrants in Europe”, da me organizzato presso il Dipartimento di Scienze Antropologiche dell’Università degli Studi di Genova il 13-15 marzo 2008 nel quadro delle attività del network d’eccellenza Crimprev (Assessing Deviance, Crime and Prevention in Europe – Sesto Programma Quadro – FP6-2004-Citizens-5 /Priority 7 / Citizens-2004-6.2.3 Contract n°: 028300 – Start date of contract: July 1st, 2006, Coord.: CNRS-Fr).

Restano fuori dal presente volume i contributi al workshop già editi in italiano (si vedano in particolare i numeri 1, 2, 3 e 4 e 5 di “Conflitti globali”).
Questo lavoro è dedicato alle vittime del proibizionismo delle migrazioni e della criminalizzazione razzista.


Salvatore Palidda




- La punizione dei minorenni: il caso inglese come paradigma


Yasha Maccanico 191


- La Guantanamo d’Europa? – Fulvio Vassallo Paleologo 200


- La guerra al terrorismo globale nelle pratiche giudiziarie – Gabriella Petti 214


- La strada verso il profiling razziale è lastricata di immigrati -Bernard E. Harcourt 231


http://www.emigrazione-notizie.org/downloads.asp?id=283

L'ITALIA SONO ANCH'IO: CAMPAGNA DI FIRME PER DUE PROPOSTE DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE



Domani, sabato 1 ottobre i promotori della campagna “L’Italia sono anch’io” organizzano una Giornata nazionale di raccolta firme a sostegno delle due proposte di legge di iniziativa popolare per i diritti di cittadinanza e il diritto di voto per le persone di origine straniera.



La campagna nazionale è promossa da 19 organizzazioni della società civile e da numerose associazioni territoriali: a Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Bari e in decine di città italiane i comitati locali della campagna allestiranno banchetti e organizzeranno incontri di sensibilizzazione. Un importante appuntamento nazionale per cominciare a realizzare l’obiettivo delle 50mila firme necessarie per ciascuna delle due proposte di legge.


Dopo il deposito in Cassazione, avvenuto lo scorso venerdì 2 settembre, dei testi delle due leggi di iniziativa popolare sottoscritti dagli esponenti delle organizzazioni che hanno promosso la campagna “L’Italia sono anch’io”, la raccolta delle firme necessarie per la consegna delle leggi in Parlamento ha ancora cinque mesi di tempo per raggiungere l’obiettivo richiesto delle 50mila firme in calce a ciascuna delle due proposte di legge. “Insieme alla raccolta di firme per le due leggi, l’intento della campagna è riportare all’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico il tema dei diritti di cittadinanza e la possibilità per chiunque nasca o viva in Italia di partecipare alle scelte della comunità di cui fa parte” – sottolineano i promotori.


Oggi nel nostro Paese vivono oltre 5 milioni di persone di origine straniera. Molti di loro sono bambini e ragazzi nati o cresciuti qui, che tuttavia solo al compimento del diciottesimo anno di età si vedono riconosciuta la possibilità di ottenere la cittadinanza, iniziando nella maggior parte dei casi un lungo percorso burocratico. “Questo genera disuguaglianze e ingiustizie, limita la possibilità di una piena integrazione, disattende il dettato costituzionale che stabilisce l’uguaglianza tra le persone e impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il pieno raggiungimento” – evidenzia la campagna .


Si tratta di due proposte di legge di iniziativa popolare. La prima "Nuove norme sulla cittadinanza" e la seconda "Norme per la partecipazione politica e amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità" che intervengono - rispettivamente - sull’attuale normativa sulla cittadinanza e sul diritto di voto alle elezioni amministrative:


Sul tema della cittadinanza le proposte mirano ad un vero rovesciamento della prospettiva, secondo la quale non deve più essere considerata un privilegio, bensì un “diritto soggettivo”. “Per questo si mira a ridurre al minimo la discrezionalità e ad affidare ai sindaci la competenza per l'attribuzione della cittadinqanza. Oggi, secondo il principio dello ius sanguinis, un ragazzo nato da genitori stranieri può richiedere la cittadinanza solo entro un anno dal compimento del 18° anno di età. La proposta avanzata con la campagna prevede, invece, l'adozione del principio dello jus soli, che garantisce la cittadinanza italiana a chi nasce in Italia e ha un genitore legalmente presente nel Paese da almeno un anno, la assicura ai minori che hanno frequentato e concluso un ciclo d'istruzione e che per questo si possono considerare integrati nel territorio. Per gli adulti, gli anni di soggiorno regolare richiesti per la naturalizzazione, sarebbero cinque e non più dieci come attualmente richesto.


Per quanto riguarda il diritto di voto viene presa in considerazione la proposta dell'ANCI del 2005 che di fatto mette in atto un principio contenuto nel capitolo c della Convenzione di Strasburgo del '92 e non ratificato dall’Italia. La proposta di legge estende il diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali, provinciali, concernenti le città metropolitane e le Regioni anche a chi non sia cittadino italiano, quando abbia maturato cinque anni di regolare soggiorno in Italia.


Oggi ottenere la cittadinanza in Italia non è propriamente cosa facile. "I requisiti richiesti non includono solo 10 anni di residenza ininterrotta nel paese, ma anche determinati criteri economici" - spiega la campagna. Una per tutte la storia di Sumaya Abdel Qader, ex redattrice di Yalla Italia che ha da poco ottenuto la cittadinanza, ma solo dopo un lungo e faticoso travaglio.


Testimonial della campagna è lo scrittore Andrea Camilleri che nella conferenza stampa di presentazione ha sottolineato l'importanza dell'iniziativa proprio nel 150° dell'Unità d'Italia. “Il Risorgimento – ha ricordato Camilleri – è stato fatto dai giovani insieme agli stranieri. Oggi c'è bisogno di un secondo Risorgimento che mi auguro venga realizzato da giovani con al loro fianco immigrati diventati cittadini italiani a tutti gli effetti e con il diritto di voto”.


All'idea di un “nuovo Risorgimento” ha fatto riferimento anche il Segretario confederale della CGIL, Vera Lamonica che ha sottolineato come la CGIL, da tempo impegnata nelle battaglie a favore dei diritti dei migranti, “vuole dare un contributo specifico alla rinascita culturale, sociale ed economica del paese”. “La discussione sulla cittadinanza - ha aggiunto - deve essere portata nei luoghi di lavoro, nelle fabbriche, negli uffici perché, è necessario che si consolidi un approccio assolutamente diverso rispetto a quello attuale della retorica della paura verso gli stranieri”. La dirigente sindacale ha evidenziato quindi la necessità di un “nuovo paradigma politico” nel quale “gli immigrati, giovani e donne vengano considerati delle risorse per il nostro paese”. “I giovani stranieri che vivono in Italia devono essere la nuova energia e far parte del futuro del nostro paese” – ha concluso Lamonica.


“L’Italia sono anch’io” è promossa da 19 organizzazioni della società civile: Acli, Arci, Asgi-Associazione studi giuridici sull’immigrazione, Caritas Italiana, Centro Astalli, Cgil, Cnca-Coordinamento nazionale delle comunità d’accoglienza, Comitato 1° Marzo, Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani, Emmaus Italia, Fcei – Federazione Chiese Evangeliche In Italia, Fondazione Migrantes, Libera, Lunaria, Il Razzismo Brutta Storia, Rete G2 - Seconde Generazioni, Sei Ugl, Tavola della Pace, Terra del Fuoco e dall’editore Carlo Feltrinelli. Presidente del Comitato promotore è il Sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio. [GB]


http://www.unimondo.org/Notizie/Italia-domani-nelle-piazze-la-raccolta-di-firme-per-le-proposte-di-legge-sulla-cittadinanza

giovedì 29 settembre 2011

INTERVENTO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO ALLA CONCLUSIONE DELLA MARCIA PER LA PACE E LA FRATELLANZA DEI POPOLI

Perugia-Assisi 2011



Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli






Intervento del Movimento Nonviolento dal palco della Rocca di Assisi


di Mao Valpiana






Oggi i giovani del 1961 hanno camminato con i giovani del 2011.


Abbiamo marciato tutti insieme seguendo due idee fondamentali: pace e fratellanza.


Pace e fratellanza sono il programma politico che Capitini ci ha indicato nel 1961 e che ancora oggi è il nostro programma politico.


Pace e fratellanza si raggiungono attraverso una strada maestra che è quella del disarmo.


Disarmo significa riduzione drastica delle spese militari.


L'articolo 11 della Costituzione italiana dice: “l'Italia ripudia la guerra”. Per ripudiare la guerra noi oggi dobbiamo ripudiare gli strumenti che la rendono possibile: gli eserciti e le armi.


Ringraziamo il presidente Napolitano del messaggio che ci ha inviato oggi, ma gli diciamo che l'articolo 11 vale sempre, vale anche per la guerra in Libia, e vale per la guerra in Afghanistan!


Non si possono difendere i diritti umani con i bombardamenti.


E solo quando realizzeremo e applicheremo veramente l'articolo 11 della Costituzione avremo la strada aperta per attuare concretamente tutti i dieci articoli precedenti: la pace, la giustizia, l'uguaglianza, il lavoro dignitoso per tutti, si possono ottenere solo attraverso l'abolizione della guerra e della sua preparazione.


La vera marcia, lo sappiamo, comincerà questa sera, quando ognuno di noi tornerà nella propria casa con l'impegno di realizzare il programma politico nonviolento: pace e fratellanza.


Per cominciare, dobbiamo partire da noi stessi, ognuno di noi deve fare il proprio disarmo.


Un disarmo unilaterale, un disarmo culturale. Fare cadere i muri dentro le nostre teste. Spezzare il proprio fucile.


Non aspettiamo che siano gli altri a disarmare, incominciamo noi!


Questa è la chiave della nonviolenza: partire dalla propria esperienza, mettere in gioco la propria vita.


Questo è l'orizzonte che ci ha mostrato Aldo Capitini, questo è il varco attuale della storia che Capitini ha indicato dalla Rocca di Assisi cinquant’anni fa.


Il Movimento Nonviolento, da lui fondato, prosegue il cammino nella direzione di una politica nonviolenta per l’opposizione integrale alla guerra.


Concludo portandovi il saluto di Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza italiano che ha aperto la strada nel nostro paese all'obiezione di coscienza: obiettiamo alle armi, obiettiamo agli eserciti, obiettiamo alla guerra!

lunedì 26 settembre 2011

ALCUNE MAIL SULLA MARCIA (RIUSCITA) PERUGIA ASSISI E LA MOZIONE FINALE


INCIPIT VITA NOVA



La marcia Perugia-Assisi del 25 settembre 2011 costiituisce l'inizio di un'azione corale del popolo italiano per imporre la cessazione della partecipazione dello stato italiano alle guerre, per imporre l'abrogazione di tutte le misure in cui si e' concretizzato il colpo di stato razzista e schiavista, per imporre la caduta del governo della malavita e dell'anomia, per imporre il ritorno alla legalita' democratica, alla Costituzione repubblicana, al rispetto della dignita' umana, alla civilta'.


Con la marcia Perugia-Assisi rinasce in Italia, come nel 1961, come nel 1981, un movimento per la pace.


Questo movimento per la pace sa ora che deve fare una scelta politica decisiva: la scelta della nonviolenza (dell'ecologia, del femminismo, del socialismo libertario) non piu' solo come testimonianza individuale, o come tecnica d'azione, o come lievito culturale o come preziosa "aggiunta", bensi' anche infine e precisamente come movimento politico, come progetto politico, come azione politica.


Sa che deve uscire da ogni ambiguita' e subalternita' e deve porsi l'obiettivo urgente di promuovere e guidare la lotta contro il regime guerrafondaio e razzista, filomafioso e corrotto, femminicida e schiavista, distruttivo della dignita' umana e della biosfera.


Sa che deve porsi l'obiettivo urgente di suscitare e guidare la lotta per la liberazione responsabile e solidale dell'umanita' intera, per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per la salvaguardia della natura che e' la nostra casa comune e di cui noi stessi siamo parte.

Dalla marcia Perugia-Assisi del 25 settembre 2011 comincia la riforma morale e intellettuale nel nostro paese. Ma essa avverra' solo se il messaggio genuinanente nonviolento che la marcia ha espresso trovera' seguito nella scelta noviolenta, nell'azione nonviolenta, nella politica nonviolenta di un sempre piu' ampio movimento plurale che sia nitido e intransigente nell'opposizione a tutte le uccisioni, a tutte le persecuzioni, a tutte le oppressioni, a tutte le vilta' e a tutte le menzogne.
La nonviolenza e' in cammino.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.


Peppe Sini


responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
direttore del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino"


Viterbo, 26 settembre 2011




Mittente: "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo
e-mail: nbawac@tin.it
web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nonviolenti mailing list


Nonviolenti@lists.nonviolenti.org


http://lists.nonviolenti.org/cgi-bin/mailman/listinfo/nonviolenti






La marcia del 50° è stata un successo di partecipazione. Ma questa marcia ha avuto secondo me qualcosa in più grazie al "meeting dei 1000 giovani per la pace". E' stata una iniziativa ben riuscita, nuova, originale che va nel senso di una educazione profonda, come chiede Enrico Peyretti nel suo intervento. Complimenti agli organizzatori: non deve essere stato semplice.


Alcuni aspetti problematici sono stati evidenziati peraltro proprio dal suo intervento e da altri.


Ma perché scrivo: una marcia di meno? Perché Flavio Lotti nel suo fascicolo patinato che racconta la storia della Perugia Assisi ne dimentica una: quella del 2000 dal titolo "mai più eserciti e guerre". Fu una marcia promossa dal MIR e dal MN in "polemica" con la marcia del 1999 della Tavola per l'accoglienza che gli organizzatori avevano riservato a Massimo D'Alema che fino a qualche mese prima aveva bombardato il Kossovo: era infatti stato accolto quasi come un novello santo da affiancare a san Francesco come San Massimo Bombardiere: nessuna critica ai politici, ma una bella passerella proprio come è accaduto anche ieri.


Si potrebbe obiettare: ma perché una pubblicazione della Tavola dovrebbe parlare di una marcia non promossa da lei, anzi in contrasto. Perché neanche le marce del 1961, 1978, 1981 ecc. erano state promosse dalla Tavola. Allora se si vuole fare storia non si fanno censure, non si rimuove quello che non ci piace. Altrimenti si ricade in operazioni tipo MinCulPop. in cui la verità è solo quella ufficiale decisa dal Governo di turno o ancora peggio dal Partito.


Per fortuna ci sono altre pubblicazioni vedi il numero di Azione nonviolenta di agosto - settembre oppure il bel fascicolo di Pallotti "Camminare per la Pace" edito dal Comune di Casalecchio di Reno nelle quali quella marcia è ricordata con la stessa dignità delle altre.


Francamente speravo che le incomprensioni del passato dopo 11 anni fossero state superate visto che la marcia era stata copromossa dalla Tavola e dal MN, ma evidentemente la lezione di Gandhi sulla coincidenza tra la verità e la nonviolenza non è stata ancora capita da tutti.


Sergio Bergami
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From: Tavola della pace
Date: Mon, 26 Sep 2011 14:03:22 +0200
To: volontari
Subject: Mozione finale Marcia 2011










Domenica 25 settembre 2011


Marcia Perugia-Assisi per la pace e la fratellanza dei popoli




Mozione finale


A conclusione della Perugia-Assisi, che abbiamo convocato a cinquant'anni dalla prima Marcia organizzata il 24 settembre 1961 da Aldo Capitini, vogliamo lanciare un nuovo appello per la pace e la fratellanza dei popoli.


Lo facciamo richiamando il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che proclama: "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza".


La fratellanza dei popoli si basa sulla dignità, sugli eguali diritti fondamentali e sulla cittadinanza universale delle persone che compongono i popoli. I diritti umani sono il nome dei bisogni vitali di cui è portatrice ogni persona. Essi interpellano l'agenda della politica la quale deve farsi carico di azioni concrete per assicurare "tutti i diritti umani per tutti" a livello nazionale e internazionale. La sfida è tradurre in pratica il principio dell'interdipendenza e indivisibilità dei diritti umani - civili, politici, economici, sociali e culturali - e ridefinire la cittadinanza nel segno dell'inclusione. L'agenda politica dei diritti umani comporta che nei programmi dei partiti e dei governi ciascun diritto umano deve costituire il capoverso di un capitolo articolato concretamente in politiche pubbliche e misure positive.


Il nostro appello per la pace e la fratellanza dei popoli contiene alcuni principi, proposte e impegni:






Principi


Primo. Il mondo sta diventando sempre più insicuro. Se continuiamo a spendere 1.6 trilioni di dollari all'anno per fare la guerra non riusciremo a risolvere nessuno dei grandi problemi del nostro tempo: la miseria e la morte per fame, il cambio climatico, la disoccupazione, le mafie, la criminalità organizzata e la corruzione. Se vogliamo uscire dalla crisi dobbiamo smettere di fare la guerra e passare dalla sicurezza militare alla sicurezza umana, dalla sicurezza nazionale alla sicurezza comune.


Secondo. Se vogliamo la pace dobbiamo rovesciare le priorità della politica e dell'economia. Dobbiamo mettere al centro le persone e i popoli con la loro dignità, responsabilità e diritti.


Terzo. La nonviolenza è per l'Italia, per l'Europa e per tutti via di uscita dalla difesa di posizioni insufficienti, metodo e stile di vita, strumento di liberazione, strada maestra per contrastare ogni forma d'ingiustizia e costruire persone, società e realtà migliori.


Quarto. Se vogliamo la pace dobbiamo investire sulla solidarietà e sulla cooperazione a tutti i livelli, a livello personale, nelle nostre comunità come nelle relazioni tra i popoli e gli stati. La logica perversa dei cosiddetti "interessi nazionali", del mercato, del profitto e della competizione globale sta impoverendo e distruggendo il mondo. La solidarietà tra le persone, i popoli e le generazioni, se prima era auspicabile, oggi è diventata indispensabile.


Quinto. Non c'è pace senza una politica di pace e di giustizia. L'Italia, l'Europa e il mondo hanno bisogno urgente di una politica nuova e di una nuova cultura politica nonviolenta fondata sui diritti umani. Quanto più si aggrava la crisi della politica, tanto più è necessario sviluppare la consapevolezza delle responsabilità condivise. Serve un nuovo coraggio civico e politico.


Sesto. Se davvero vogliamo la pace dobbiamo costruire e diffondere la cultura della pace positiva. Una cultura che rimetta al centro della nostra vita i valori della nostra Costituzione e che sappia generare comportamenti personali e politiche pubbliche coerenti. Per questo, prima di tutto, è necessario educare alla pace. Educare alla pace è responsabilità di tutti ma la scuola ha una responsabilità e un compito speciali.






Proposte e impegni


1. Garantire a tutti il diritto al cibo e all'acqua.


E' intollerabile che ancora oggi più di un miliardo di persone sia privato del cibo e dell'acqua necessaria per sopravvivere mentre abbiamo tutte le risorse per evitarlo. Ed è ancora più intollerabile che queste atroci sofferenze siano aumentate dalla speculazione finanziaria sul cibo, dall'accaparramento delle terre fertili, dalla devastazione dell'agricoltura e dalla privatizzazione dell'acqua.


2. Promuovere un lavoro dignitoso per tutti.


Un miliardo e duecento milioni di persone lavorano in condizioni di sfruttamento. Altri 250 milioni non hanno un lavoro. 200 milioni devono emigrare per cercarne uno. Oltre 12 milioni sono vittime della criminalità e sono costrette a lavorare in condizioni disumane. 158 milioni di bambine e di bambini sono costretti a lavorare. Occorre ridare dignità al lavoro e ai lavoratori, giovani e anziani, di tutto il mondo.


3. Investire sui giovani, sull'educazione e la cultura.


Un paese che non investe, non valorizza e non dà spazio ai giovani è un paese senza futuro. La lotta alla disoccupazione giovanile deve diventare una priorità nazionale. Investire sulla scuola, sull'università, sulla ricerca e sulla cultura vuol dire investire sulla crescita sociale, politica ed economica del proprio paese.
4. Disarmare la finanza e costruire un'economia di giustizia.


La finanza, priva di ogni controllo internazionale, sta mettendo in crisi l'Europa politica e provoca un drammatico aumento della povertà. Bisogna togliere alla finanza il potere che ha acquisito e ripristinare il primato della politica sulla finanza. Occorre tassare le transazioni finanziarie, lottare contro la corruzione e l'evasione fiscale e ridistribuire la ricchezza per ridurre le disuguaglianze sociali.


5. Ripudiare la guerra, tagliare le spese militari.


La guerra è sempre un'inutile strage e va messa al bando come abbiamo fatto con la schiavitù. Anche quando la chiamiamo con un altro nome è incapace di risolvere i problemi che dice di voler risolvere e finisce per moltiplicarli. Promuovere e difendere sistematicamente i diritti umani, investire sulla prevenzione dei conflitti e sulla loro soluzione nonviolenta, promuovere il disarmo, contrastare i traffici e il commercio delle armi, tagliare le spese militari e riconvertire l'industria bellica è il miglior modo per aumentare la nostra sicurezza.


6. Difendere i beni comuni e il pianeta.


Se non impariamo a difendere e gestire correttamente i beni comuni globali di cui disponiamo, beni come l'aria, l'acqua, l'energia e la terra, non ci sarà né pace né sicurezza per nessuno. Nessuno si deve più appropriare di questi beni che devono essere tutelati e condivisi con tutti. Urgono istituzioni, politiche nazionali e internazionali democratiche capaci di operare in tal senso. Occorre ridurre la dipendenza dai fossili, introdurre nuove tecnologie verdi e nuovi stili di vita non più basati sull'individualismo, la mercificazione e il consumismo.


7. Promuovere il diritto a un'informazione libera e pluralista.


Un'informazione obiettiva, completa, imparziale, plurale che mette al centro la vita delle persone e dei popoli è condizione indispensabile per la libertà e la democrazia. Sollecita la partecipazione alla vita e alle scelte della collettività; favorisce la comprensione dei fenomeni più complessi che attraversano il nostro tempo, promuovere il dialogo e il confronto, costruisce ponti fra le civiltà, avvicina culture diverse, diffonde e consolida la cultura della pace e dei diritti umani.


8. Fare dell'Onu la casa comune dell'umanità.


Tutti nelle Nazioni Unite, le Nazioni Unite per tutti. Se vogliamo costruire un argine al disordine internazionale, i governi devono accettare di democratizzare e rafforzare le Nazioni Unite mettendo in comune le risorse e le conoscenze per fronteggiare le grandi emergenze sociali e ambientali mondiali.


9. Investire sulla società civile e sullo sviluppo della democrazia partecipativa.


Senza una società civile attiva e responsabile e lo sviluppo della cooperazione tra la società civile e le istituzioni a tutti i livelli non sarà possibile risolvere nessuno dei grandi problemi del nostro tempo. Rafforzare la società civile responsabile e promuovere la democrazia partecipativa è uno dei modi più concreti per superare la crisi della politica, della democrazia e delle istituzioni.


10. Costruire società aperte e inclusive.


Il futuro non è nella chiusura in comunità sempre più piccole, isolate e intolleranti che perseguono ciecamente i propri interessi ma nell'apertura all'incontro con gli altri e nella costruzione di relazioni improntate ai principi dell'uguaglianza e alla promozione del bene comune. Praticare il rispetto e il dialogo tra le fedi e le culture arricchisce e accresce la coesione delle nostre comunità. I rifugiati e i migranti sono persone e come tali devono vedere riconosciuti e rispettati i diritti fondamentali.


Queste priorità devono essere portate avanti da ogni persona, a livello locale, nazionale e globale, in Europa come nel Mediterraneo.

Per realizzarle abbiamo innanzitutto bisogno di agire insieme con una strategia comune e la consapevolezza di avere un obiettivo comune.


Per realizzarle abbiamo bisogno di dare all'Italia un governo di pace e una nuova politica, coerente in ogni ambito, e di investire con grande determinazione sulla costruzione di un'Europa dei cittadini, federale e democratica, aperta, solidale e nonviolenta e di una Comunità del Mediterraneo che, raccogliendo la straordinaria domanda di libertà e di giustizia della primavera araba, trasformi finalmente quest'area di grandi crisi e tensioni in un mare di pace e benessere per tutti.


Assisi, Rocca Maggiore, 25 settembre 2011

domenica 25 settembre 2011

Vito Mancuso: Io e Dio, una guida per perplessi



Io e Dio. Una guida dei perplessi



(Garzanti, 2011)


Su questo libro non mancheranno discussioni e polemiche. Che sia ignorato è impossibile, se non altro perché esprime intelligenza e sensibilità che è di molti nel mondo cattolico, più di quanti si palesino. Le sue tesi si sviluppano dall’interno del messaggio cristiano, della “buona novella”. Vito Mancuso, che tenacemente si professa cattolico, cerca il confronto, un confronto non facile. Lui si considera “dentro”; ma l’ortodossia lo colloca “fuori”. Tutto si svolge con rispetto, ma l’accusa mossa al discorso ch’egli va svolgendo da tempo è radicale. La sua sarebbe, negli esiti, una teologia confortevole e consolatoria, segno di tempi permissivi, relativisti e ostili alle durezze della verità cristiana; nelle premesse, sarebbe la riproposizione di un, nella storia del cristianesimo, mai sopito spirito gnostico. Uno “gnostico à la page”?


Il motivo conduttore del libro Io e Dio (Garzanti) è il primato della coscienza e dell’autenticità sulla gerarchia e sulla tradizione, nei discorsi sul “divino”. Siamo nel campo della “teologia fondamentale”, cioè dell’atteggiamento verso a ciò che chiamiamo Dio e delle “vie” e dei mezzi per conoscerlo: in breve, delle ragioni a priori della fede religiosa. Ma, la teologia fondamentale è la base di ogni altra teologia. La teologia morale, in particolare, riguarda l’agire giusto, ovunque la presenza di Dio possa essere rilevante: la politica, l’economia, la cultura, il tempo libero, l’amore e la sessualità, la scienza… La teologia aspira alla totalità della vita. Si comprende così la portata del rovesciamento, dall’autorità che vincola alla coscienza che libera. Quella di Mancuso vuole essere, tanto nel conoscere quanto nell’agire, una teologia liberante, non opprimente. Le sue categorie non sono il divieto, il peccato e la pena, ma la libertà, la responsabilità e la felicità. Sullo sfondo, non c’è il terrore dell’inferno ma la chiamata alla vita buona.


Il passo decisivo è forse il rigetto dell’idea di un dio come “persona”: un Dio che comanda, giudica, condanna, cioè esercita un potere esterno, assoluto e irresistibile. Il sacrificio di Isacco (Dio ordina ad Abramo di sgozzare il figlio, vittima sacrificale; Abramo non obbietta; Dio all’ultimo ferma il coltello) è di solito presentato come esempio di fede perfetta, ma Mancuso ne prova disgusto, sia per l’immagine d’un dio spietato (la mano omicida, comunque, viene trattenuta in tempo), sia per la disumanità d’un padre capace di tanto delitto. Quel padre, però, è immagine della perfetta fedeltà al “divino”, lodata nei secoli da una tradizione in cui fede e violenza si danno facilmente la mano. Quando poi sulla parola di Dio (il “Dio lo vuole”) si crea il potere d’una chiesa, la violenza sulle coscienze è sempre di nuovo possibile da parte di “uomini di Dio”. La perfezione cristiana per Ignazio di Loyola – se vedo bianco e la Chiesa dice nero, è nero – nasce da una concezione del divino che, invece di ravvivare, spegne.

«Il mio assoluto, il mio dio, ciò che presiede la mia vita, non è nulla di esterno a me», dice Mancuso. Vuol dire che è dentro di me, nel senso ch’io sono dio per me stesso? Per nulla. «Credendo in Dio, io non credo all’esistenza di un ente separato da qualche parte là in alto; credo piuttosto a una dimensione dell’essere più profonda di ciò che appare in superficie [...], capace di contenere la nostra interiorità e di produrre già ora energia vitale più preziosa, perché quando l’attingiamo ne ricaviamo luce, forza, voglia di vivere, desiderio di onestà. Per me affermare l’esistenza di Dio significa credere che questa dimensione, invisibile agli occhi, ma essenziale al cuore, esista, e sia la casa della giustizia, del bene, della bellezza perfetta, della definitiva realtà». Credere in Dio, allora, non è lo “status del credente”; non è dire: “Signore, Signore” a un deus ex machina che ci salva dai pericoli – qui Mancuso è Bonhöffer –. È agire per colmare lo scarto tra il mondo, così com’è, e la sua perfezione, alla cui realizzazione la fede chiama i credenti. Con un’espressione di Teilhard de Chardin, credere è amouriser le monde. È un modo di ridire le parole di Gesù che chiama i suoi discepoli a essere “sale della terra”. Si può essere sale sacrificando la libertà? Al più, si può essere soldati di Cristo.


Questa teologia è insieme gioiosa e tragica: gioiosa perché indica, come senso della vita, il bene –sintesi di giustizia, verità e bellezza –; tragica, perché è consapevole dell’enormità del compito. Dice Mancuso: «Conosco il dramma e talora la tragedia che spesso attraversa il mestiere di vivere. Per questo io definisco il mio sentimento della vita come “ottimismo drammatico’”: vivo cioè nella convinzione fondamentale di far parte di un senso di armonia, di bene, di razionalità, e per questo parlo di ottimismo, ma sono altresì convinto che tale armonia si compie solo in modo drammatico, cioè lottando e soffrendo all’interno di un processo da cui non è assente il negativo e l’assurdo». È questa un’accomodante e confortevole giustificazione delle coscienze, l’autorizzazione alla creazione di “dei di comodo”? Per nulla. Al contrario, è un appello al rigore morale come risposta onesta, autentica, al senso del divino che sta nell’essere umano. Ma qui viene la seconda accusa: gnosticismo.


La teologia di Mancuso sarebbe una riedizione dell’orgoglio di chi si considera “illuminato” da una grazia particolare che lo solleva dalla bruta materia e lo introduce al mondo dello spirito e alla conoscenza delle verità ultime, nascoste agli uomini semplici. La Chiesa ha sempre combattuto la gnosi come eresia, peccato d’orgoglio luciferino. Nelle pagine di Mancuso non mancano argomenti per replicare. Dappertutto s’insiste sull’intrico di materia e spirito e sulla loro appartenenza a quella realtà (che aspira a diventare) buona, cioè vera, giusta e bella, che chiamiamo creazione o azione che va creando. Se mai, il dubbio che potrebbe porsi è se, in quest’unione, non vi sia una venatura panteista: Dio come natura. Punto, probabilmente, da approfondire.


Dal rigetto del dualismo materia-spirito, deriva il rifiuto d’una fede di élite, contrapposta alla fede di massa. Certo, se il turismo religioso del nostro tempo si scambia per manifestazione di fede, si può pensare che la seria introspezione di coscienza che chiama al vero, bello e giusto sia cosa per pochi. Questa tensione è il carattere della moltitudine degli “uomini di onesto sentire” (gli ánthropoi eudokías dell’angelo che annuncia ai pastori la nascita di Gesù, in Lc 2, 14). La teologia di Mancuso non è affatto da accademia, per pochi iniziati. Il suo libro, al contrario, distrugge il pregiudizio che la teologia sia questione astrusa, per ciò stesso riservata a una cerchia di iniziati, sospetti di astruseria, fumisteria, esoterismo, presunzione. Parliamo di quei teologi che costruiscono sul nulla, a partire da cose inconoscibili, immense cattedrali di pensieri che si arrampicano gli uni sugli altri fino ad altezze inarrivabili, oltre le quali essi stessi, presi dalla vertigine, cercano la salvezza si rifugiano nel mistero. Al contrario, se c’è una materia che dev’essere aperta a tutti, secondo coscienza, questa è la teologia.


Nella “vita buona” di Mancuso, il primato è della coscienza; nella “vita buona” della Chiesa il primato è dell’ubbidienza. Libertà contro autorità: una dialettica vecchia come il mondo. Scambiare la libertà di coscienza con la gnosi è un artificio retorico. Vale per persistere nell’accantonare i molti problematici aspetti della vita della Chiesa impostati su dogmi e gerarchia. Non solo: rende difficile il rapporto con i credenti di altre fedi, religiose e non. Riporta in auge il prepotente principio extra Ecclesiam nulla salus. La teologia di Mancuso consentirebbe di tracciare nuovi e sorprendenti confini, non più basati sull’obbedienza e sulla disciplina. Così, si scoprirebbe forse che molti, che si dicono dentro, sono fuori; e molti, che si dicono fuori, sono dentro. “Dentro” vuol dire: in una comune tensione verso quel logos del mondo che è la giustizia, appannaggio di nessuno e compito dei molti “di onesto sentire”, secondo l’insegnamento di G. E. Lessing, l’Autore di Nathan il saggio, al quale Mancuso di frequente ricorre. Ora, si tratta del passo ulteriore: la “teologia sistematica”, cioè la rilettura d’insieme del messaggio cristiano alla stregua di queste premesse. Dimostrare che una tale rilettura sia possibile è la sfida che Mancuso, con questo libro, dichiara di accettare.






Gustavo Zagrebelsky in “la Rebubblica” del 9 settembre 2011

sabato 24 settembre 2011

LA MARCIA DI CHI SI OPPONE ALLA GUERRA E AL RAZZISMO

La marcia Perugia-Assisi e' la marcia di chi si oppone alla guerra e al razzismo.


E' oggi l'unica vera iniziativa politica realmente partecipata del popolo italiano contro il colpo di stato razzista nel nostro paese e contro la criminale partecipazione dello stato italiano alle guerre terroriste e stragiste in Afghanistan e in Libia. Guerre e persecuzione razzista che ogni giorno stanno uccidendo, uccidendo, uccidendo degli esseri umani.


Dalla marcia Perugia-Assisi oggi, come gia' nel 1961, come gia' nel 1981, puo' e deve rinascere in Italia un movimento politico per la pace e i diritti umani che abbia le necessarie caratteristiche di rigore e coerenza, di autonomia e limpidezza: che sia ecologista e femminista, per la giustizia sociale e la difesa della biosfera; in una parola: un movimento nonviolento promotore della riforma intellettuale e morale urgente nel nostro paese.


La marcia Perugia-Assisi del 25 dicembre 2011 e' l'avvio di una prolungata e crescente azione diretta nonviolenta del popolo italiano per imporre le dimissioni del governo della guerra e del razzismo, del governo del potere mafioso e del regime della corruzione.


La marcia Perugia-Assisi del 25 dicembre 2011 e' l'avvio di una prolungata e crescente azione diretta nonviolenta del popolo italiano per riconquistare al nostro paese la vigenza della legalita' costituzionale, dello stato di diritto democratico, della civilta' umana, dell'umana responsabile convivenza.


Contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.


La verita' e' in marcia.


La dignita', la solidarieta' umana e' in marcia.


La nonviolenza e' in cammino.


Peppe Sini

responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo


direttore del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino"


Viterbo, 24 settembre 2011


Mittente: "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo


strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo


e-mail: nbawac@tin.it


web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

venerdì 23 settembre 2011

Taglia le ali alle armi! Nuova fase di mobilitazione


cara amica, caro amico
ricevi questo messaggio perché nel corso di questi ultimi mesi hai aderito al nostro appello di mobilitazione "Dai la caccia al caccia!" contro l'acquisto da parte dell'Italia di oltre 130 cacciabombardieri F-35 JSF.
La nostra campagna è ora entrata in una fase successiva perché (contrariamente a previsioni iniziali) il Governo tiene bloccata da tempo (almeno dalla fine 2009) la decisione definitiva di acquisto.
Ma il pericolo che il nostro paese acquisti a breve potrebbe perfezionare i caccia d’attacco Joint Strike Fighter F-35 è ancora presente! Si tratta di un programma che ad oggi ci è costato già 1,5 miliardi di euro ne costerà almeno altri 15, solo per l’acquisto dei velivoli, arrivando ad un impatto di 20 miliardi nei prossimi anni. Senza contare il mantenimento successivo...
Per questo motivo abbiamo redatto un nuovo e più aggiornato appello (anche per quanto riguarda le alternative di utilizzo di questi soldi) e stiamo cercando di far crescere le adesioni ed avere maggiore impatto quanto, fra qualche settimana, organizzeremo una manifestazione di consegna al Governo. La nuova campagna si chiama "Taglia le ali alle armi!"


Abbiamo perciò bisogno del tuo aiuto per diffondere e rafforzare la nostra azione! Come? Chiedendo ai tuoi amici e conoscenti di firmare l'appello alla pagina www.disarmo.org/nof35 (in cui si trovano anche dati, informazioni e cronistoria della campagna) e nel caso anche aggiungendoti ai fan della pagina Facebook della mobilitazione stessa: www.facebook.com/taglialealiallearmi




Ci contiamo! Per dare tutti insieme un "taglio alle armi"...


A presto


Francesco Vignarca


Coordinatore Rete Italiana per il Disarmo

Il testo del nuovo appello


COME CITTADINO HO DIRITTO ALL’ISTRUZIONE, AL LAVORO, ALLA PENSIONE ED ALLA SANITA'...


...POSSO FARE A MENO DI 131 CACCIABOMBARDIERI F-35 JSF!
Mentre con le due manovre economiche estive, per pareggiare i conti dello Stato, si chiedono forti sacrifici agli italiani con tagli agli enti locali, alla sanità, alle pensioni, all’istruzione, il Governo mantiene l'intenzione di procedere all’acquisto di 131 cacciabombardieri d'attacco F35 "Joint Strike Fighter" al costo di circa 20 miliardi di euro (15 per il solo acquisto e altri 5 in parte già spesi per lo sviluppo e le strutture di assemblaggio). Le manovre approvate porteranno gravi conseguenze sui cittadini: si stimano proprio in 20 miliardi i tagli agli Enti Locali e alle Regioni (che si tradurranno in minori servizi sociali o in aumento delle tariffe), ed altri 20 miliardi saranno i tagli alle prestazioni sociali previsti dalla legge delega in materia fiscale ed assistenziale, senza contare il blocco dei contratti e degli aumenti ai dipendenti pubblici e l'aumento dell'IVA che colpirà indiscr!


iminatemante tutti i consumatori. Il tutto per partecipare ad un progetto di aereo militare "faraonico" (il più costosto della storia) di cui non si conoscono ancora i costi complessivi (cresciuti al momento almeno del 50% rispetto alle previsioni iniziali) e che ha già registrato forti critiche in altri paesi partner (Norvegia, Paesi Bassi) e addirittura ipotesi di cancellazione di acquisti da parte della Gran Bretagna. Senza dimenticare che, contemporaneamente, il nostro paese partecipa anche allo sviluppo e ai costosi acquisti dell'aereo europeo EuroFighter Typhoon.
Con i 15 miliardi che si potrebbero risparmiare cancellando l'acquisizione degli F-35 JSF si potrebbero fare molte cose: ad esempio costruire duemila nuovi asili nido pubblici, mettere in sicurezza le oltre diecimila scuole pubbliche che non rispettano la legge 626 e le normative antincendio, garantire un'indennità di disoccupazione di 700 euro per sei mesi ai lavoratori parasubordinati che perdono il posto di lavoro. Siamo convinti che in un momento di crisi economica per prima cosa siano da salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini, investendo i fondi pubblici per creare presupposti ad una crescita reale del Paese senza gettare i soldi in un inutile e costoso aereo da guerra.


PER QUESTO CHIEDIAMO AL GOVERNO DI NON PROCEDERE ALL’ACQUISTO DEI 131 CACCIABOMBARDIERI F35 E DESTINARE I FONDI RISPARMIATI ALLA GARANZIA DEI DIRITTI DEI PIU’ DEBOLI ED ALLO SVILUPPO DEL PAESE investendo sulla società, l'ambiente, il lavoro e la solidarietà internazionale.

mercoledì 21 settembre 2011

Menù islamico a scuola, Tabbò (Pd): “La vera integrazione avviene col dialogo”

Sul sito di oggi del quotidiano www.ivg.it, mi ha risposto l'ex sindaco di Albenga a proposito della mia lettera aperta (vedi post precedente). Come al solito, va tutto bene e il centrosinistra  non ha commesso nessun errore. Tutto va bene madama la marchesa. Infatti Albenga da laboratorio sull'interazione culturale, quale era qualche anno fa, è diventata un ibrido. E tutti (o quasi) ignorano le problematiche. Però, in politica come nlla vita sociale, vige l'horrro vacui e nascondere la polvere sotto il tappeto, non serve a nulla. Anzi. Però, ad Antonello rimprovero una cosa: non venga a spiegarmi cos'è l'integrazione...

Albenga. Mense scolastiche con menu islamico e carne macellata secondo il metodo “halal”. Una scelta che ha sorpreso alcuni soprattutto in considerazione del fatto che questa decisione è stata presa da una giunta leghista dopo che la precedente amministrazione, di sinistra, aveva detto “no”.



“Ecco cosa rispondo – puntualizza l’ex sindaco Antonello Tabbò, direttamente chiamato in causa – Uno, che le condizioni di reale accettazioni dell”altro’ non passano solo attraverso ‘concessioni’ che, spesso, al di là di integrare portano ad ulteriori divisioni, bensì passano principalmente attraverso un percorso di dialogo. Due, reputo più importante far sì che tutti i bambini, italiani e non italiani, abbiano la possibilità economica di accedere al servizio mensa: ciò può, ovviamente, più facilmente accadere abbassando il prezzo dei buoni pasto e non, come accaduto, aumentandolo. Tre, durante la mia amministrazione è sempre esistito il menù alternativo e nessun bambino è mai rimasto discriminato. Infine, non mi risulta, e certamente tale comportamento non può essermi ascritto, di aver mai accolto con ironia o sorrisi alcuna legittima richiesta avanzata da cittadini, sia italiani che non italiani: viceversa mi pare che il sottoscritto e l’amministrazione d ame guidata abbiano sempre cercato la soluzione dei problemi attraverso il dialogo e la condivisione”.



martedì 20 settembre 2011

Lettera aperta all'ex sindaco di Albenga, Antonello Tabbò

Caro Antonello,


non ricordo bene quando ma doveva essere all'inizio del tuo mandato di sindaco di Albenga. Io e l'amico Roberto Abdul Kabir Alliotta ti abbiamo scritto una lettera per chiedere, tra l'altro, che l'Amministrazione Comunale stipulasse un contratto con la ditta che gestisce le mense scolastiche comunali per introdurre cibo halal, cioè rispodente ai dettami della Religione Islamica. Per un Musulmano è fondamentale; per me, che musulmano non sono, sembrava un gesto di civiltà e di accoglienza.

La proposta è stata accolta dal tuo silenzio e dai sorrisi ("ma va anche tu...cosa scrivi quelle lettere!" mi dissero) dei tuoi assessori. Non so cosa sia più grave, se l'uno o l'altro. Ma al di là del fatto specifico, che a me pare grave comunque, rimane il fatto che, ahimè, il centro sinistra al governo locale (ma anche a quello nazionale) non ha avuto una minima idea di gestione dell'immigrazione, un qualche concetto di politica del fenomeno, forse per timore di offendere l'elettorato cattolico -cosa che invece non ha preoccupato il Vescovo, che spesso si è dimostrato più aperto e accogliente, non ultimo quando ha sposato il 'clandestino'- o per altri motivi che ignoro.


Lo stesso silenzio ha accolto la richiesta dei Musulmani di avere uno spazio cimiteriale (altro gesto che sarebbe stato di apertura e di civiltà).


Ora leggo che l'amministrazione guidata dal sindaco leghista ha deliberato affinchè i bimbi e i ragazzi che frequentano le scuole cittadine (e ormai sono tanti, davvero) possano mangiare cibo halal e non il solito formaggino...


Cosa costava a te e all'amministrazione da te guidata deliberare in tal senso? Spero che ora non invocherai la laicità della scuola statale perchè ti assicuro sarebbe proprio fuori luogo. Quello che so è che il centro sinistra ha perso un'occasione (un'altra!) per costruire una città aerta e solidale offrendo a un partito come quello leghista la possibilità di apparire civile e tollerante (cosa non sempre rispondente al vero).






Con affetto Giuliano Falco
 
finora è stata pubblicata da savonanews e da ivg.it. Attendo risposte dal centrosinistra...

lunedì 19 settembre 2011

Ancora una volta ecco due esempi di informazione razzista pro-tolleranzazero

Da Salvatore Palidda, che ringrazio, ricevo e pubblico:


Grazie a due bravissimi e correttissimi cronisti (Marco Preve e Massimo Calandri) la falsificazione razzista-sicuritaria è stata smascherata ...


I fatti sono : lo “stupro” di Chiavari (vedi dopo l’ottimo art. di M. Calandri) e il falso scippo con gambizzazione (vedi l’ottimo art. di M. Preve) (sotto i link agli articoli).

Tuttavia la stessa testata (Repubblica) di questi due cronisti ha accreditato in prima pagina la versione razzista-reazionaria che è stata subito ripresa dal corriere a dagli altri giornali ...


Spicca poi il cronista del secolo che c’è da chiedersi se non meriti la radiazione dall’albo per il falso patente che scrive (vedi infra)

Sarebbe ora di rilanciare una campagna continua di controinformazione locale e nazionale e scrivere sempre ai cronisti corretti per incoraggiarli e alle testate per cercare di farle recedere dalla riproduzione a fotocopia delle falsificazioni

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/09/18/gambizzato-portello-un-regolamento-di-conti.html


http://www.fattidicronaca.it/articolo/rapina-a-genova-anziano-gambizzato-per-una-collanina-emergenza-scippi-in-citta/4113/

domenica 18 settembre 2011

Nel mese dei riti 'seccessionari' e dei giri ciclistici padani, siamo ad invitarvi ad una giornata seminariale sulle destre sociali e radicali che si terrà il 20 settembre presso l'Aula Seminari del Dipartimento di Sociologia dell'Università di Padova, via Cesarotti 12, a partire dalle ore 10.30.


Pensato come momento di riflessione sulle soggettività dei militanti, sulle pratiche d'attivismo e sulle forme di appartenza/esclusione che queste realtà cercano di diffondere nella società italiana, abbiamo invitato giovani ricercatori a presentare le loro ricerche sulla Lega Nord e i movimenti neofascisti in Italia.


A martedì




Workshop "Movimenti sociali in Italia: nuove pratiche politiche, narrazioni e immaginari"


Dipartimento di Sociologia, Università di Padova


20 settembre 2011


per info: movsociali.unipd@gmail.com

sabato 17 settembre 2011

SECONDO ME, SONO PERICOLOSI...


Quello che segue è un testo vero, prelevato dal sito http://www.giovanipadani.leganord.org/dichiarazione.asp. Si tratta di un sito ufficiale. A mio parere è leggermente illegale, come minimo anticostituzionale. Ma nessuno sembra accorgersene, nè i partiti politici, nè la magistratura. Ma la balcanizzazione è dietro l'angolo, anche perchè sono nate le cosiddette "leghe del sud". Insomma, nell'epoca della massima globalizzazione, questi erigono muri (immagino che si tratti delle diverse facce della stessa medaglia)... Ancora una volta, fino a quando? Domani ci sarà la folle giornata del Po, con raduno a Venezia. Spero che ovunque sorgano manifestazioni nonviolente di protesta...

DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA E SOVRANITÀ' DELLA PADANIA







Clicca qui per vedere il Filmato o sentire l'audio della Dichiarazione di Indipendenza della Padania letta da Umberto Bossi il 15/9/1996






Noi, popoli della Padania convenuti sul grande fiume Po dall'Emilia, dal Friuli, dalla Liguria, dalla Lombardia, dalle Marche, dal Piemonte, dalla Romagna, dal Sudtirol-Alto Adige, dalla Toscana, dal Trentino, dall'Umbria, dalla Valle d'Aosta, dal Veneto e dalla Venezia Giulia, riuniti oggi, 15 settembre 1996, in Assemblea Costituente affermiamo e dichiariamo:


Quando nel corso degli eventi umani diventa necessario per i Popoli sciogliere i vincoli che li legano ad altri, costituirsi in Nazione indipendente e sovrana ed assumere tra le nazioni della Terra il ruolo assegnato loro dal Diritto Naturale di Autodeterminazione, il rispetto che si deve all'opinione della Società Internazionale e dell'Umanità intera richiede che essi dichiarino le ragioni che li hanno costretti alla separazione.


Da tempo immemorabile abitiamo, dissodiamo, lavoriamo, proteggiamo ed amiamo queste terre, tramandateci dai nostri avi, attraversate e dissetate dalle acque dei nostri grandi fiumi;


Qui abbiamo inventato un modo originale di vivere, di sviluppare le arti e di lavorare;


Noi apparteniamo ad un'area storica, la Padania, che sotto il profilo socioeconomico è fortemente integrata al suo interno pur nella riconosciuta e rispettata diversità dei Popoli che la compongono;


Queste terre sono unite da legami tanto profondi quanto quelli delle stagioni che le governano, degli elementi che le plasmano, delle Genti che le abitano;


Noi quindi formiamo una comunità naturale, culturale e socioeconomica fondata su un condiviso patrimonio di valori, di cultura, di storia e su omogenee condizioni sociali, morali ed economiche;


La Padania è il nostro orgoglio, la nostra grande risorsa e la nostra unica possibilità di esprimerci liberamente nella pienezza delle nostre nature individuali e del nostro sentire collettivo;


La storia dello Stato italiano è diventata, al contrario, storia di oppressione coloniale, di sfruttamento economico e di violenza morale;


Lo Stato italiano ha sistematicamente occupato nel tempo, attraverso il suo apparato burocratico, il sistema economico e sociale della Padania;


Lo Stato italiano ha sistematicamente annullato ogni forma di autonomia e di autogoverno dei nostri Comuni, delle nostre Province e delle nostre Regioni;


Lo Stato italiano ha compromesso la serenità delle generazioni future della Padania, dilapidando enormi risorse in politiche truffaldine , assistenzialiste, clientelari e criminali che hanno portato la Padania e l'Italia in una situazione fallimentare ormai irreversibile;


Lo Stato italiano ha costretto con l'inganno i Popoli della Padania a soggiacere al sistematico sfruttamento delle risorse economico finanziarie prodotte dal lavoro quotidiano per sperperarle nei mille rivoli dell'assistenzialismo clientelare e mafioso del Mezzogiorno;


Lo Stato italiano ha deliberatamente tentato di sopprimere le lingue e le identità dei Popoli della Padania attraverso la colonizzazione del sistema pubblico di istruzione;


Lo Stato italiano ha imposto ai Popoli della Padania l'applicazione delle sue leggi inique attraverso una magistratura selezionata con criteri razzisti;


Lo Stato italiano ha cercato di dominare i Popoli della Padania affidando compiti e funzioni di ordine pubblico e di sicurezza a prefetti e forze di polizia garanti del più odioso centralismo coloniale;


Lo Stato italiano ha espropriato i popoli della Padania del loro potere costituente e si mostra sordo al grido di protesta che si alza sempre più alto;


Per queste ragioni


Noi siamo intimamente convinti che ogni ulteriore permanenza della Padania all'interno dei confini dello Stato italiano significherebbe lasciar spegnere lentamente ogni speranza di rinascita e annientare l'identità dei Popoli che la compongono:


Noi siamo consapevoli che la Padania libera ed indipendente diventerà il riferimento politico ed istituzionale per la costruzione dell'Europa delle Regioni e dei Popoli;


Noi siamo convinti che la Padania libera ed indipendente saprà garantire un contributo decisivo alla cooperazione, alla tolleranza ed alla pace tra i Popoli della Terra;


Noi oggi rappresentiamo, qui riuniti, l'ultima speranza che il regime coloniale romano che opprime la Padania possa presto finire;


NOI, POPOLI DELLA PADANIA


Poiché il coraggio e la fede di chi ci ha preceduto nella lotta per la libertà dei Popoli sono nostro retaggio e debbono indurci a farci irrevocabilmente carico del nostro destino;


Poiché vogliamo che i nostri atti siano guidati dal rispetto che dobbiamo a noi stessi, ai nostri avi ed ai nostri figli;


Poiché riconosciamo l'inalienabile potere sovrano di ogni Popolo a decidere liberamente con chi stare, come e da chi essere governato;


Poiché affermiamo il nostro diritto e la nostra volontà di assumere i pieni poteri di uno Stato, prelevare tutte le imposte, votare tutte le leggi, firmare tutti i trattati;


Poiché la Padania sarà tutti coloro, uomini e donne, che la abitano, difendono e la riconoscono, e poiché costoro siamo noi;


Poiché è infine giunta l'ora di avviare la grande impresa di far nascere questo nuovo Paese che noi battezziamo oggi con il nome Padania;


In nome e con l'autorità che ci deriva dal Diritto Naturale di Autodeterminazione e dalla nostra libera coscienza


Chiamando per voce delle nostre libere Istituzioni l'insegnamento di amore per la libertà e di coraggio dei Padri Padani a testimone dell'onestà delle nostre intenzioni






NOI, POPOLI DELLA PADANIA


solennemente proclamiamo:


LA PADANIA È UNA REPUBBLICA FEDERALE INDIPENDENTE E SOVRANA






A sostegno di ciò noi ci offriamo gli uni agli altri, a scambievole pegno, le nostre vite, le nostre fortune e il nostro sacro onore.






COSTITUZIONE TRANSITORIA






TRATTATO DI SEPARAZIONE CONSENSUALE


1. Il Governo Provvisorio della Padania è autorizzato a dare attuazione alla Dichiarazione di Indipendenza e Sovranità della Padania. Tale attuazione dovrà tuttavia essere preceduta dall'offerta formale al governo italiano di sottoscrivere un trattato di separazione consensuale.


2. Le negoziazioni per la stipulazione del trattato saranno condotte dal Governo Provvisorio della Padania, sulla base della piattaforma negoziale predisposta dal Governo stesso.


3. Le negoziazioni relative alla conclusione del trattato non dovranno protrarsi oltre il 15 settembre 1997. Trascorso tale termine la dichiarazione di indipendenza e sovranità acquisterà piena efficacia e la Padania diverrà a tutti gli effetti una Repubblica Federale indipendente e sovrana.


4. Il Comitato di Liberazione Nazionale della Padania può in qualsiasi momento dichiarare interrotte le negoziazioni di cui al comma 2 e disporre l'immediata esecuzione della dichiarazione di indipendenza e sovranità.


TERRITORIO


La Padania si costituisce come Repubblica Federale formata dalle seguenti attuali Regioni:


Emilia, Friuli, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Romagna, Sudtirol-Alto Adige, Toscana, Trentino, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto e Venezia Giulia.


BANDIERA E INNO


1. La bandiera della Padania è il Sole delle Alpi, costituito da sei petali disposti all'interno di un cerchio, di colore celtico-venetico su fondo bianco.


2. La Padania adotta come suo Inno Nazionale il "Va pensiero " di Giuseppe Verdi.


CITTADINANZA


1. Acquisisce la cittadinanza della Padania chiunque abbia la cittadinanza europea e la residenza in Padania da almeno cinque anni dalla data odierna.


2. La cittadinanza della Padania è cumulabile con quella di altre nazioni dell'Unione Europea.


MONETA


1. La Lira Padana assume corso legale in Padania.


2. Il Governo Provvisorio della Padania determinerà i rapporti di cambio con la lira italiana e le altre monete.


RICONOSCIMENTO INTERNAZIONALE


1. Il Governo Provvisorio della Padania è autorizzato a chiedere il riconoscimento internazionale della Padania all'Unione Europea, alle Nazioni Unite e ad ogni altro governo democratico.


2. Al Governo Provvisorio della Padania è altresì delegato il compito di garantire la partecipazione della Padania alle istituzioni dell'Unione Europea e l'ammissione della Padania all'Organizzazione delle Nazioni Unite ed alle altre Organizzazioni e Conferenze internazionali cui riterrà utile aderire.


CONTINUITÀ' DI TRATTATI , ATTI, ACCORDI E CONTRATTI


1. La Padania assume gli obblighi e gode dei diritti enunciati nei trattati, nelle convenzioni e negli accordi internazionali dei quali l'Italia è parte alla data di accesso alla sovranità.


2. Gli atti amministrativi approvati dagli enti locali, dalle regioni e dalle amministrazioni dello Stato italiano sino alla data di accesso alla sovranità rimangono validi.


3. Gli accordi e i contratti stipulati prima di oggi dallo Stato italiano, dalle sue agenzie o dai suoi organismi, e vigenti in Padania alla data di accesso alla sovranità, restano in vigore sostituendo, se necessario, il Governo Provvisorio della Padania alla parte italiana. Quelli conclusi a partire dal 15 settembre 1996 rimarranno in vigore a condizione che siano ratificati dal Governo entro un mese dalla data di accesso alla sovranità.


PUBBLICI UFFICI


1. L'attività giudiziaria ed ogni altro pubblico ufficio possono essere svolti solo dai cittadini della Padania.


2. Entro 90 giorni dalla data odierna il Governo Provvisorio della Padania stabilisce le disposizioni dei regimi transitori, determinando le condizioni oggettive e soggettive necessarie per accedere al sistema amministrativo pubblico della Padania.


NORME REGOLATRICI


1. Sino alla data di accesso alla sovranità i rapporti giuridici, economici e sociali all'interno della Padania saranno retti dalle disposizioni dell'Unione Europea e dello Stato italiano vigenti nel territorio della Padania alla data odierna, in quanto compatibili con la presente Costituzione Transitoria.


2. Le disposizioni dello Stato italiano rimangono in vigore finché non siano modificate, sostituite o abrogate dal Governo della Padania.


3. Il Governo Provvisorio della Padania potrà in ogni momento apportare alla presente Costituzione transitoria ogni modifica, aggiunta od integrazione che riterrà utile ed opportuna.


CARTA DEI DIRITTI DEI CITTADINI PADANI


A Ogni cittadino padano ha diritto alla libertà, all'educazione, al lavoro, alla salvaguardia della vita privata e ad una giusta informazione.


I cittadini padani non possono essere costretti a servire nessuno, neppure i propri connazionali. Poiché una ordinata milizia è necessaria alla sicurezza di ogni libero Stato, essi partecipano alla difesa nazionale attraverso la volontaria adesione alla Guardia Nazionale Padana.


La famiglia è la prima e vitale cellula della società. I cittadini padani hanno diritto a fondare una famiglia, a vivere secondo le loro secolari tradizioni e a darsi istituzioni e regole di vita che corrispondano alle vocazioni ed ai valori in cui credono ed alle necessità che riconoscono.


Essi hanno il diritto di autogovernarsi, di scegliere nel loro seno e di controllare le persone alle quali afidare il compito di gestire gli interessi comuni, in primo luogo gli insegnanti, i magistrati e le forze dell'ordine. Tutti i dipendenti pubblici, inoltre, verranno assunti con contratto a termine di diritto privato.


Hanno il diritto di rifiutare ogni onere economico e giuridico che venga loro addossato senza il loro esplicito consenso. Hanno altresì il diritto di determinare la quantità delle risorse finanziarie necessarie a gestire i pubblici servizi di cui abbisognano, la distribuzione dei relativi oneri e i modi ed i tempi di riscossione; hanno il diritto di controllare l'impiego e la gestione di tali risorse.


I cittadini padani considerano la loro comunità aperta verso tutti gli altri uomini e donne ma ritengono loro diritto predisporre regole che impediscano lo snaturamento del loro patrimonio etico-culturale.


I cittadini padani riconoscono il dovere di aiutare quanti, senza loro colpa, non riescono a raggiungere un livello di vita eguale al loro. Ma questi aiuti devono essere esclusivamente incentivi a produrre ed a creare altre risorse, e devono essere determinati e decisi dagli stessi cittadini padani, attraverso le loro Istituzioni.


I diritti e le libertà delle Stirpi che compongono la Nazione Padana saranno tutelati dalle Istituzioni, così che l'identità di queste Etnie, Comunità Naturali e Popoli possa conservarsi e svilupparsi senza incontrare ostacoli diversi dal reciproco rispetto e dalla necessità di favorire scelte e decisioni comuni. La Repubblica Federale Padana sarà aperta alla collaborazione con tutti gli altri soggetti della Comunità delle Genti, ed in particolare con i popoli confinanti.


Le Istituzioni della Repubblica Federale Padana saranno basate sulla inviolabilità dei diritti e delle libertà individuali. Queste prerogative del cittadino troveranno un limite soltanto nell'esercizio dei medesimi diritti da parte degli altri.


La Repubblica Federale Padana riconosce ai comuni ed ai loro Governi liberamente eletti l'incomprimibile diritto di disporre senza vincoli delle loro risorse, di esercitare senza interferenze le competenze e di assumere senza limitazioni le responsabilità necessarie a garantire il pieno soddisfacimento delle esigenze della Comunità locale.