Renzi
continua con i suoi giochetti che cercano, spesso sembra riescano, a
togliere la parola ai cittadini e ridurre la tanto decantata "
democrazia" ad una scatola vuota.
Decide
che il referendum contro le trivellazioni nel Mediterraneo, meglio,
il solo referendum che ha superato lo scoglio della Corte
Costituzionale, verrà fatto il 17 aprile 2016 e non verrà accorpato
alle elezioni amministrative. La ragione è chira: spera che i
cittadini non vadano a votare e, quindi, si possa iniziare a
trivellare nel Mediterraneo. Non inchiniamoci ai giochini sporchi di
certa politica.
Il disastro
ambientale della piattaforma
petrolifera Deepwater
Horizon,
affiliata alla British
Petroleum,
è stato uno sversamento massiccio di petrolio nelle
acque del Golfo
del Messico in
seguito a un incidente riguardante il Pozzo Macondo, posto a oltre
1.500 m di profondità.
Lo sversamento è iniziato il 20 aprile 2010 ed è terminato 106 giorni più tardi, il 4 agosto 2010, con milioni di barili di petrolio che ancora galleggiano sulle acque di fronte a Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida, oltre alla frazione più pesante del petrolio che ha formato ammassi chilometrici sul fondale marino. ( cfr. Wikipedia 2010)
Lo sversamento è iniziato il 20 aprile 2010 ed è terminato 106 giorni più tardi, il 4 agosto 2010, con milioni di barili di petrolio che ancora galleggiano sulle acque di fronte a Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida, oltre alla frazione più pesante del petrolio che ha formato ammassi chilometrici sul fondale marino. ( cfr. Wikipedia 2010)
I
danni di questo svasamento furono enormi e tuttora non risolti,
figuriamoci se ciò dovesse avvenire nel Mediterraneo che è un mare
chiuso, quindi diverrebbe impossibile per sempre la pulizia di queste
acque, non solo, gli ammassi sul fondo del mare, sarebbero la fine
per ogni forma di vita nel " Mare Nostrum", quel mare che
è, oggi, cimitero, per altre ragioni, per migliaia di vite.
Riteniamo,
forse, che l'Italia sia esente da possibili disastri ambientali?
Domani,
il 17 aprile, se per pigrizia o disinteresse, non andassimo a votare
al referendum, il mare di cui siamo giustamente orgogliosi, che da
lavoro a migliaia di cittadini con il turismo, verrà sfruttato da
alcune compagnie petrolifere che aumenterebbero i loro capitali e
abbandonato dal turismo che distribuisce ricchezza a molti.
Altra
nota: il petroglio, oggi, vale meno di 28 dollari al barile, quindi
la volontà di diventare liberi dall'acquisto di questo bene, non è
più impellente; le affermazioni, poi, che si perderebbero posti di
lavoro è una fanfalucca: se volessimo veramente creare posti di
lavoro potremmo farlo molto meglio con la ricerca, lo sviluppo e
l'attuazione di fonti alternative non inquinanti salvando quello che
ci rimane del nostro ambiente.
Alcune
cose che dobbiamo ricordare:
Nell’ultimo
decreto del Governo Renzi, lo Sblocca Italia, c’è una norma che
sblocca…le trivelle. In pratica toglie alle Regioni il potere di
veto sui permessi di ricerca e sulla trivellazione di pozzi di
petrolio e metano. L’esecutivo vuole così tagliare i tempi
burocratici, aumentare la capacità estrattiva e sbloccare
investimenti
Può
la classe politica da un lato decantare la Sicilia come “isola in
una mare di luce” e puntare sul turismo, e dall’altro lato
consentire le trivellazioni, definendo lo sfruttamento degli
idrocarburi “un’importanza strategica” per il Paese?
La
Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il referendum
sulle trivelle:
il quesito ammesso riguarda la durata delle autorizzazioni a
esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate. A
proporlo sono nove Consigli regionali (inzialmente erano 10 ma
l'Abruzzo si è defilato nei giorni scorsi): l'Emilia Romagna non
aveva aderito.
Il
premier si trova a dover fronteggiare un’artiglieria che, a sentire
i suoi, sembra pesante. Intorno al comitato ‘No triv’ che oggi
esulta per la decisione della Consulta, c’è tutto un fronte largo
che va dal M5s, a Sel, la Lega, pezzi di Pd e ben nove
amministrazioni regionali di centrosinistra, più il mondo cattolico
e ambientalista. Ce n’è di roba per temere che la consultazione
popolare possa avere successo: come è accaduto nel 2011 con il
referendum contro la privatizzazione dell’acqua.
La
Corte ha bocciato cinque altri refereendum sui quali però Regioni e
No Triv vogliono far ricorso presentando un conflitto di
attribuzione.
Paolo
Bertagnolli
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