ROMA, 19 maggio 2008
- L’incontro giornaliero con l’informazione a mezzo stampa e televisione si fa ogni giorno più duro. Lo sconcerto per le notizie che occupano le prime pagine è grande. Mi riferisco in particolare a quelle che parlano di violenza, pubblica e privata. La violenza di branco dei ragazzi su coetanei. Torture, stupri, omicidi. La violenza contro i Rom. Gli incendi. Gli sgomberi. La deportazione. Malattia sociale endemica che sta rapidamente esplodendo epidemica, cieca, acuta con la complicità delle istituzioni. Le retate. Gli arresti di massa. “Pulizia” di Stato. Esseri umani spazzatura. Si è perfino affacciato nel clima di “tolleranza zero” (= intolleranza) il reato di “clandestinità”. Una mostruosità perfino averla concepita. Una persona diventerebbe criminale, quindi passibile di reclusione, semplicemente quando è sul territorio italiano senza avere i permessi in regola. Se non si vogliono considerare i drammi che ci sono nella biografia della gran maggioranza di coloro che approdano in Italia spesso dopo viaggi pericolosissimi - e andrebbero attentamente considerati, a meno di una spietata miopia spirituale - , dei diritti della persona facciamo carta straccia? Ogni persona è soggetto di diritti inalienabili a partire da quelli che sono affermati nella dichiarazione universale dei diritti umani come l’art. 3 “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona” o l’art. 6 “Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica”. In ogni luogo. Diritti e doveri. Ogni persona è anche responsabile delle proprie azioni. Anche quando delinque. Se una persona delinque va punita. Se non delinque punirla è un abuso intollerabile. E non può essere incolpata un’intera etnia o un’intera comunità e i bambini di quella comunità, perché alcuni di quella etnia delinquono. Sarebbe come condannare e deportare tutti gli italiani perché in Italia ci sono i mafiosi o i corrotti o i pedofili.
Ma queste sono considerazioni elementari. Cosa è accaduto perché queste verità siano state così presto dimenticate? Perché così rapidamente si diffonda la barbarie del razzismo ostentato?
E perché nelle giovani, giovanissime generazioni attecchisce la violenza fine a se stessa come pura espressione di potenza del forte sul debole?
C’è un collegamento fra tutte le forme di violenza che vanno emergendo? Cosa c’è in comune fra la violenza dei condomini, gli stupri di famiglia e di strada, la tratta e lo sfruttamento sessuale, e oggi le retate delle giovani prostitute-schiave, gli incendi dei campi Rom, le violenze fisiche e sessuali di branco, l’accanimento contro i soggetti più fragili e i portatori di handicap nelle scuole? Tutta questa è violenza che quasi sempre si auto-giustifica e non conosce rimorso. Ne avevo sentito parlare anni fa da una mia amica che lavora da anni come insegnante in un carcere minorile. Mi diceva che i giovanissimi assassini di oggi, gli “assassini per caso”, quelli che uccidono per un’occhiata o per un motorino, non mostrano alcuna coscienza dell’enormità del crimine commesso. Oggi questo fenomeno della banalità del male si sta diffondendo. Ed è violenza vigliacca perché si accanisce sui più deboli. E’ violenza che chiede consensi sociali dai gruppi di appartenenza e spesso li ottiene. E’ ,a volte, violenza esibita quasi fosse un diritto. Ed è quasi sempre violenza di gruppo. A volte è violenza di gruppo organizzata. Infine siamo ai primi segnali di violenza di Stato. Non quella verso il singolo criminale, ma quella generalizzata razzista e xenofoba. Ettore Masina ricordava che gli squadroni della morte che ripulivano i quartieri di Rio de Janeiro o di San Paolo in Brasile dal fastidio della piccola criminalità facendo sparire nel nulla migliaia di piccoli di strada ebbero origine dalle polizie private messe su da associazioni di commercianti con l’incarico di “ripulire la città” e “dare una lezione” alla microcriminalità. Oggi si sente parlare di ronde e polizie private e nessuno pare sconvolgersi. La “sicurezza” è il nuovo idolo cui si sacrifica tutto, si accantonano le garanzie democratiche, si calpestano i diritti individuali, si giustificano le ingiustizie e le violenze sommarie. Proprio come negli Usa del dopo 11 settembre si è data una giustificazione alla tortura e ai rapimenti di Stato.
Io credo che le violenze cui assistiamo sono apparentate fra loro. Le strutture di violenza si assomigliano tutte. Individualmente hanno un’origine profonda nella scarsa autostima e nella paura di non essere accettati. Si maschera tutto questo dimostrando la propria forza, la propria fittizia onnipotenza sull’elemento più debole. Avviene così per la violenza contro le donne e contro i bambini. Ma è fenomeno sociale pericoloso quando una società frammentata e incerta, collettivamente si alimenta e si contagia delle sue paure. Quasi mai questo è un fenomeno spontaneo. Più spesso ci sono i manovratori, una paura istillata ad arte insieme a linguaggio violento crea un nemico fuori da noi, identificabile, isolabile. Ci sentiamo sicuri quando cacciamo via il nemico, lo allontaniamo, lo eliminiamo. Il nemico prende i nomi che servono ai manovratori. Sono i terroristi. Sono gli extracomunitari. Sono i rumeni. Sono gli zingari. Sono i musulmani. Sono... I nazisti che erano per le soluzioni definitive lavorarono per l’annientamento del nemico. Poterono farlo perché diffusero pregiudizi e menzogne, le ripeterono all’infinito nelle adunanze di massa e per radio (avevano il ministro per la propaganda), isolarono anche fisicamente ebrei, zingari, omosessuali. La deportazione e i campi di sterminio furono figli naturali di questo processo. Pochi si opposero. La massa, obbediente, approvò, silenziosa e complice.
E’ in atto un processo. Forze interessate a noi come “mercato”, anche di consensi, docile e addomesticabile sta trasformando il popolo italiano in massa. Il popolo è formato da cittadini. La massa, la “gente” va dove vuole chi la manovra. Il “crocifiggilo” del racconto evangelico dell’assassinio di Gesù serva da monito perenne. Ove questo processo dovesse affermarsi sarà dittatura anche se i simulacri di democrazia restassero in piedi.
C’è ancora margine per resistere e sperare in un’inversione di rotta. Noi credenti evangelici crediamo nella verità che rende liberi. Per questo dobbiamo aborrire il pregiudizio diffuso e accollarci la fatica di un’informazione critica e plurale. Dobbiamo cercare di capire la realtà che ci circonda con le sue complessità. Non è il momento per cercare il quieto vivere. E’ il momento di prendere le difese dei deboli, di quelli la cui voce è soffocata dalle grida scomposte dei manovratori. E’ il momento di credere nella forza creativa della nonviolenza e cercare ogni possibile alleanza per affermare il principio biblico dell’uguaglianza e i diritti di tutti e di ciascuno alla vita, al futuro.
ma del silenzio degli onesti
Martin Luther King
Martin Luther King
tratto da http://www.ucebi.it/,
sito dell'Unione Chiese evangeliche battiste italiane
per contatti: internet@ucebi.it
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