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venerdì 16 marzo 2012

Razzismo e intelligenza …

È stata pubblicata qualche giorno fa sul sito dell’ansa, la notizia della pubblicazione su una rivista scientifica specializzata (Psychological Science) dei risultati di una ricerca che alcuni studiosi canadesi hanno condotto in Inghilterra sul rapporto tra basso quoziente intellettivo misurato in tenera età e la tendenza ad assumere comportamenti razzisti e conservatori da adulti.


La ricerca è stata condotta da Gordon Hodson della Brock University dell’Ontario su oltre 15.000 soggetti cui è stato misurato il Quoziente di Intelligenza (QI) all’età di 10/11 anni ed è stato misurato una volta superati i 30 anni. I risultati hanno dimostrato, secondo i ricercatori, il rapporto tra basso quoziente intellettivo e i comportamenti razzisti grazie all’accordo degli intervistati a frasi campioni del tipo “Le mamme che lavorano sono una rovina per le famiglie” o “La scuola dovrebbe insegnare agli alunni a obbedire all’autorità, mentre i pregiudizi razziali sono stati studiati attraverso la concordanza a frasi del tipo “Non lavorerei mai con persone di altre razze”. In altre ricerche è stata utilizzata una domanda simile: “Vorresti come vicino un immigrato (o rom, o altro)?”


Il risultato della ricerca pubblicata dimostra che i bambini con un QI più basso hanno mostrato maggiori tendenze al razzismo e, in generale, a meno contatti con persone di altre razze. Il già citato Gordon Hodson spiega che: "Questo ovviamente non vuol dire che tutti i conservatori sono stupidi e i liberali intelligenti qui si parla di tendenze medie: possiamo dire che in generale gli uomini sono più alti delle donne, ma non si può dire se si prende un uomo a caso e una donna a caso quale dei due sia più alto”.


Apparentemente sembra una bella notizia: lo abbiamo sempre detto o no che non occorre essere intelligenti per essere razzisti? Ma vediamo un po’ di capire meglio cosa sono i test di intelligenza e che cosa misurano.


Si tratta di una serie di test, solitamente un insieme di quesiti di logico-matematica, nonostante la moderna letteratura scientifica abbia acquisito la nozione di differenti tipi di intelligenza. I test che consistono in prove, danno dei risultati. Questi divisi per l’età cronologica e moltiplicato per 100, danno il Quoziente di Intelligenza (QI).


Ben presto sono stati sottoposti a severe critiche: innanzitutto perché al più misurano solo l’intelligenza logico-matematica, a scapito di tutte le altre intelligenze; in secondo luogo perché sono tarati per persone appartenenti alla cultura occidentale, che padroneggino bene la lingua e che abbiano un ambiente famigliare che abbia favorito in loro il formarsi di competenze così ristrette. Inoltre perché sono serviti a selezionare e a condannare chi otteneva un basso punteggio a una carriera scolastica e sociale negativa. Insomma hanno contribuito a inferiorizzare e a razzializzare i figli delle classi subalterne (anche se occidentali). Sorte simile era toccata, per fare un esempio, ai figli di immigrati italiani in Germania che finivano in classi differenziali perché ottenevano punteggi bassi Al loro apparire sembravano la panacea universale, poi sono stati sottoposti a una serie di critiche che, in questa sede, non affronteremo. Ne parliamo solo perché una recente ricerca pubblicata dalla Rivista Psychological Science rivela che chi ha un basso quoziente intellettivo da piccolo, è più probabile che da grande sviluppi pregiudizi e abbia un comportamento politico conservatore. La notizia è stata pubblicata sul sito dell’ANSA e si riferisce a una ricerca condotta da un’università canadese su popolazione inglese. Come accennavo è pur vero che i test d’intelligenza sono stati sottoposti a severe e giuste critiche (tra cui quella di privilegiare alcune forme di intelligenza come quella logico-matematica o di essere tarati solo su soggetti occidentali.


Non solo: attribuire comportamenti razzisti al basso risultato conseguito nei test d’intelligenza è estremamente fuorviante. Perché, se da un lato è vero che le teorie razziste fanno presa sulla parte meno acculturata della popolazione, dall’altro è vero che c’è chi spinge alla diffusione di queste teorie per fini politici (e questi, di solito, non sono stupidi, anzi…). Attribuire quindi il razzismo al basso quoziente di intelligenza significa, al più vedere metà del problema…


Ci sarebbe poi la questione di definire in maniera univoca cosa sia l’intelligenza, ma questo è un altro discorso. Quello che sarebbe bello capire, al di là dell’intelligenza o dell’idiozia razzista, è perché il razzismo si diffonda.


Giuliano Falco


publicato su: http://giornalismo2012.wordpress.com

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