La delinquenza pervade lo StatoDomenica 17 ottobre 2010 - . Il giorno 2 ottobre 2010 in una intervista al Corriere della Sera (che Marco Travaglio chiama "Pompiere delle sera", il neo vicepresidente del CSM, Michele Vietti, dell’UDC, votato in massa anche dal PD di Bersani, ha dichiarato: «Se era importante mettere in sicurezza il presidente del Consiglio, la soluzione l’avevamo indicata: legittimo impedimento e norma costituzionale» (Il Corriere della sera", 2-10-2010). Signore e Signori, ecco a voi le Istituzioni di Garanzia!
«Mettere in sicurezza» vuol dire che il «presidente del consiglio» è simile ad un colapasta che perde da tutti i pori per cui bisogna intervenire con saldatore e stagno per arginare le perdite. Questa gentaglia lo vuole salvare a tutti i costi, anche contro il Diritto, anche contro il buon senso, anche contro la democrazia, anche contro il fatto che ormai è in decadenza in discesa libera.
A questo punto per analogia bisognerebbe stabilire alcune conseguenze che ritengo essenziali: «si metta in sicurezza» Berlusconi dai suoi processi che non sono bruscolini: corruzione di giudice e di testimone, evasione fiscale alla grande tramite n. 64 società off-shore, falso in bilancio e furto di Mondadori. IL motivo che i soloni del piffero adducono è: deve governare tranquillamente. Berlusconi aggiunge che lavora dalla mattina alla sera e viceversa senza respiro perché è lui che governa il mondo, salva le economia, e mentre Obama andava a caccia, lui ha salvato gli Usa. Peccato che in parlamento si è visto due volte soltanto: al momento della fiducia e dopo l’uscita di Fini. Peccato che fa lavorare gli altri per impedire i processi, mentre il Paese sta andando diritto alle discariche che non ci sono. Eppure, diciamo anche: Bene.
Allo stesso modo, se la legge è uguale è per tutti:
a) Anche un omicida stupratore o pedofilo o rapinatore di banche, ecc. ha una famiglia da mantenere e non può lasciare "il lavoro", per cui bisogna mettere in sicurezza anche lui e impedire che si arrivi a processo
b) Un mafioso o ‘ndranghetaro o camorrista, volete mettere? quanti impegni può avere? Sono incalcolabili perché tra una ammazzatina e l’altra, un pizzo e un pizzino, come fa a trovare il tempo per andare in tribunale? E’ necessaria una messa in sicurezza a beneficio mafie, ma forse non ce n’è bisogno perché questo governo è il governo degli amici degli amici che si sentono ben protetti e tutelati, visti gli illustri rappresentanti che siedono in parlamento: Berlusconi, Dell’Utri, Cosentino et amici amicorum.
c) La messa in sicurezza vale per la Lega che ha fatto votare un commicino –ino –ino che dichiara non più punibile la resistenza armata: uno legge e dice, ostrega! questi fan sul serio; ostregheta! se fanno sul serio: un gruppo dei loro stavano per essere portati in tribunale per insurrezione armata tentata anni fa a Venezia e ora con questo codicillo se la svignano tutti. Il partito della legalità, c’è dentro fino al collo nella melma del malaffare e della malversazione.
Si potrebbe continuare all’infinito perché una messa in sicurezza non si deve né si può negare ad alcuno, specialmente ai delinquenti, agli assassini, ai mafiosi, ai piduisti, purché stiano nell’ambito del «contesto» berlusconiano: tutti gli altri, tutti dentro.La pazzia galoppa e l’Italia affonda
IL 12 ottobre 2010 per commemorare Francesco Cossiga, anti-italiano per eccellenza, il suo degno affiliato, Silvio Berlusconi fa leggere un suo intervento dal suo magnaccia Gianni Letta, nobiluomo di sua santità per meriti immorali. Lo scenario è l’aula del Senato: il massimo della rappresentanza etica (almeno, così dovrebbe essere). Dice il corrotto, maestro di corruttori che Cossiga è grande perché ha attaccato la Costituzione e che lui, il corrotto, ha salvato l’Italia dalle forze illiberali.
Se c’è un illiberale in Italia costui si chiama Berlusconi perché è tutto, comunista compreso, tranne che liberale. Ormai la pazzia è in discesa, la demenza narcisistica in libera uscita e da uno che salva il mkondo c’è da aspettarsi soltanto che si faccia saltare in aria per dimostrare di essere refrattario anche alle bombe: speriamo che faccia l’esperimento al più presto. Senza replica.Per il repubblichino La Russa non c’è rimedio e salvezza
Doveva essere una missione di pace; ce l’hanno venduta per una pacifica missione; sono andati armati fino ai denti; in una terra non loro, in un paese che non conoscevano ammazzano a più non posso donne, bambini, anziani e innocenti , a questi sono errori, sbagli umani; pinzillacchere diceva Totò. Se gli Afghani che sono nella loro terra (anche i Talebani sono afghani) possono o non possono rispondere e/o difendersi dagli attacchi di esercviti stranieri che hanno occupato un paese perché alla ricerca di Bin Laden che però pare che in Afghanistan ci sia solo passato? Se cercano Bin Laden perché non lo vanno a cercare? Siamo sicuri che lo vogliono trovare? Se lo trovano non finirebbe subito la guerra?, scusate "la missione di pace"?).
Ora La Russa-Mefisto vuole armare di bombe aerei e elicotteri: la Nato non aspettava altro e ha dato subito il consenso, segno inequivocabile che la guerra è guerra e lì siamo in guerra. Berlusconi e il suo governo purché faccia scelte scellerate è pronto a tutto anche ad armare il Colosseo. Il PD di Bersani invita alla riflessione: «Riflettiamo!»: una strategia da cardiopalmo perché la riflessione si sa è micidiale: se il Pd riflette, Bin Laden trema e la foresta amazzonica langue.
Nota a margine: i quattro militari che sono stati uccisi sono "martiri" della Patria? Poveretti! Vittime doppiamente: della mancanza di lavoro, del sud (su 4, solo 1 è del nord) e vittime della guerra voluta dai signori che si guardano bene dal mandarci i propri figli. Questi militari hanno fatto quattro conti in tasca: vado, li ammazzo, mi diverto, guadagno un sacco, torno, metto su casa e chi se ne frega! Non hanno calcolato la variabile: anche gli altri hanno armi, sparano, ammazzano, non tornano, ma restano, si divertono, guadagnano e chi se ne frega! Peccato che in mezzo c’è la popolazione civile presa tra due fuochi e paga per tutti.
Non si va in guerra per mettere su casa, non si va in guerra per fare soldi, non si va in guerra "per menare le mani", non si va in guerra "volontariamente": bisogna essere malati per tutto ciò. Eppure i disoccupati creati da questo governo, i senza lavoro endemici ogni volta ci cascano perché ragionano come pazzi: «A me non succederà nulla, non può succedere nulla; io sono furbo, io!». Ecco quattro morti freschi, gli ultimi 300 solo italiani. No, non sono né possono essere eroi. Sono figli della miseria e vittime della sventurata Italia berlusconiana, vittime di se stessi anche perché hanno accettato di essere vittime della retorica patriottarda di stampo fascista. Lo stesso ministro per alimentare questa assurda ideologia vuole fare corsi di aggiornamento militare nelle scuole, a spese nostre. I soldi per questo scempio, li tira fuori il ministero della difesa, cioè Tremonti, lo stesso che ha tagliato mani, piedi, testa, polmoni, fegato e milza alla scuola pubblica per interposto ministero, quello della scuola, cioè la Gelmini. Mai decadenza fu più decaduta.
Nel giorno del funerale (12 ottobre 2010), il vescovo con le stellette, dopo avere definito i militari morti «profeti del bene comune» ha proseguito: «Tutto il Paese è raccolto simbolicamente in questo luogo. I nostri militari sono coinvolti nel grande compito di dare allo sviluppo e alla pace un senso pienamente umano. Dinanzi a tale responsabilità nessuno può restare neutrale o affidarsi a giochi di sensibilità variabili, che indeboliscono la tenuta di un impegno così delicato per la sicurezza dei popoli». Mi dispiace per il monsignore: sarà pure tutta l’Italia, ma meno uno, il sottoscritto, che non fa parte della combriccola né dello «sviluppo della pace» costruito con le armi e gli assassinii. Solo una mente aberrante poteva definire i militari «profeti» e poi anche «bene comune»: il loro mestiere è ammazzare la gente e la violenza è insita nella loro formazione. Un vescovo che parla così ha perso la grazia del sacramento e diventa un terrorista da strapazzo. Chi parlava non era il vescovo, infatti, ma il generale di corpo d’armata alle dipendenze del ministro La Russa, notoriamente guerrafondaio dalle radici repubblichine. Al monsignore che tanto si sbraca, voglio ricordare solo un brano della Tradizione Apostolica
«Il catecumeno o il fedele che vogliono dedicarsi alla vita militare siano rimandati via perché hanno disprezzato Dio» (Ippolito di Roma, La Tradizione apostolica 16; ed. a cura di Rachele Tateo, Paoline, Milano 2010, 77; cf anche J. Daniélou, La non violence dans l’Ecriture e la Tradition, Paris 1955).Il papa contro se stesso?
Lunedì 11 ottobre, anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II (anno 1962) con papa Giovanni che fece una grande riflessione, pietra miliare per la chiesa di tutti i tempi, il pappa ha aperto il Sinodo della Chiesa cattolica per il Medio Oriente. Il giorno prima in san Pietro, celebrando la Messa inaugurativa, ha criticato con toni forti e accenti accorati il capitalismo: «Pensiamo alle grandi potenze della storia di oggi, pensiamo ai capitali anonimi che schiavizzano l’uomo, che non sono più cosa dell'uomo, ma sono un potere anonimo al quale servono gli uomini, dal quale sono tormentati gli uomini e perfino trucidati. Sono un potere distruttivo, che minaccia il mondo» (L’Osservatore Romano dell’11-10-2010). Come non condividere queste parole che sono nella loro asciuttezza la fotografia del mondo e dell’Italia? Eppure sono anche parole che stonano in bocca al papa.
Il papa che dice quelle parole è lo stesso che nel 2008 fece una entusiasmante prefazione al libro di Marcello Pera, senatore Pdl e fanatico del «civiltà occidentale cristiana». Scrive il papa:
«In questi giorni ho potuto leggere il Suo nuovo libro Perché dobbiamo dirci cristiani. Era per me una lettura affascinante. Con una conoscenza stupenda delle fonti e con una logica cogente Ella analizza l’essenza del liberalismo a partire dai suoi fondamenti, mostrando che all’essenza del liberalismo appartiene il suo radicamento nell’immagine cristiana di Dio… Con una logica inconfutabile Ella fa vedere che il liberalismo perde la sua base e distrugge se stesso se abbandona questo suo fondamento» (Corriere delle Sera, 23-11-2008)
Se non vado errato il liberalismo è il padre del capitalismo come storicamente si è attestato in occidente e per la proprietà transitiva, esaltare l’uno significa celebrare anche l’altro. Il capitalismo liberale è la causa della povertà nel mondo come oggi la sperimentiamo, è la madre della distruzione del mondo, è il parente parassita che si piazza in casa e non se ne va più perché è onnivoro come Minosse. Guerre, fame, sete, sperpero, disuguaglianze, miserie, povertà sono generate dal capitalismo che è basato sul principio assoluto e apodittico: la ricchezza deve stare in mani a pochi, la povertà deve essere la piattaforma su cui i ricchi (pochi) prosperano.
Ps. Ho semplificato parecchio, per cui spero di non ricevere osservazioni sulle "distinzioni" all’interno del liberalismo e sul comunismo e su mia sorella che non ho.LE DIECI STRATEGIE DI MANIPOLAZIONE MEDIATICA
Fonte: http://www.visionesalternativas.com (traduzione per Voci Dalla Strada a cura di Vanesa)
http://www.vocidallastrada.com/2010/09/le-10-strategie-di-manipolazione.html
(Inviata da Giovanni Di Nino Sulmona AQ)
La paternità del seguente schema è del linguista statunitense Noam Chomsky (1928-…), da sempre impegnato sul versante della comunicazione, di cui è uno dei più grandi teorici nel mondo. Questo decalogo delle "STRATEGIE DELLA MANIPOLAZIONE ATTRAVERSO I MASS MEDIA» è inquietante e attivo. 1. La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. "Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza. Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo "Armi silenziose per guerre tranquille"). 2. Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato "problema- reazione- soluzione". Si crea un problema, una "situazione" prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici. 3. La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni 80 e 90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta. 4. La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come "dolorosa e necessaria", ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che "tutto andrà meglio domani" e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento. 5. Rivolgersi al pubblico come ai bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile. Perché? "Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedere "Armi silenziosi per guerre tranquille"). 6. Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.
Sfruttate l'emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.7. Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù.
* "La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori". 8. Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti ... 9. Rafforzare l’auto-colpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s’incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione! 10. Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscano.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il "sistema" ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso. La bestemmia e il suo contesto
di Paolo Farinella, prete
[pubblicato su la Repubblica/Il Lavoro (locale) domenica 10 ottobre 2010, pp. XIX: «La doppia morale dei cattolici»]
Domenica 3 ottobre 2010, ho passato il pomeriggio quasi sempre al telefono: i lettori confermavano la veridicità di quanto avevo scritto al mattino sulle cause del calo dell’8xmille. Quasi tutte le telefonate si concludevano con: «perché non scrive sulla bestemmia di Berlusconi e non spiega che cosa significa il «contesto» auspicato da Mons. Rino Fisichella»? Per rispetto quindi verso i nostri lettori tralascio il pezzo che avevo preparato e rispondo. Il fatto: Berlusconi ha raccontato ad un gruppetto di curiosi di passaggio due barzellette, di cui una termina con una bestemmia che è la chiave della risata del gruppo e l’altra è una ignobile irrisione della Shoàh ; gli astanti ridono, non si sa se compiaciuti o per servilismo. Berlusconi è l’unico che si crede spiritoso ad oltranza e con il suo spirito da caserma dei bassifondi cerca di coprire il vuoto del suo pensiero e il nulla della sua politica: un narciso vacuo, vestito di nulla che siede sul vuoto. Ecco l’uomo che un po’ meno di metà degli Italiani e Italiane applaudono.
Un presidente del consiglio che bestemmia in pubblico, pur in una conversazione non ufficiale, fa scandalo, specialmente se non perde occasione di dichiarare che è cattolico e praticante. Il mondo cattolico non poteva fare finta di nulla e sebbene a malincuore sia l’Avvenire che l’Osservatore Romano sono intervenuti in modo più forte che non per gli scandali di primavera/estate (minorenne, prostitute, droga). I cattolici militanti nel partito dell’amore, dove si sbranano a vicenda con passione e odio solerte, erano disperati alla ricerca di un santo, cui appigliarsi. La Provvidenza esiste e manda mons. Rino Fisichella, uomo torbido in torbido «contesto» che offre la scappatoia: «la bestemmia di Berlusconi dev’essere contestualizzata»: l’ambiente, a chi, dove, in che condizioni. «Il contesto» è una cosa seria che si applica in tutte le scienze serie, specialmente nella Bibbia, dove ogni parola, ogni frase, ogni racconto deve essere inserito nel «contesto» originario, ma Fisichella lo applica male anzi lo strumentalizza per giustificare il governo «amico del Vaticano», che concede tutto in saldo e anche di più.
Fisichella fa finta di non sapere che è Berlusconi stesso «il contesto» di sé: il suo narcisismo, la sua struttura psicotica, l’imprenditore (!?), il mafioso, il corruttore, l’evasore, l’utilizzatore «prima, durante e dopo» della religione per interessi privati. Dentro questo «ambiente vitale» fatto di stupidità, banalità, rozzezza, ladrocinio e corruttela, la bestemmia ci sta benissimo anzi è la quint’essenza del berlusconismo così caro ai clerici miscredenti. Nessuno infatti si è accorto che l’Osservatore Romano, «costretto» ad intervenire, ha pur tuttavia cercato di sminuire la portata della bestemmia con una bugia: «Appaiono deplorevoli alcune battute del capo del governo, più o meno recenti e di cui peraltro Berlusconi si è subito scusato, che offendono …». Se la matematica non è una opinione, qui si parla di battute non di bestemmie; si dice che si è scusato e non è vero; in quel «più o meno recenti» infine vi è tutto il fastidio per un uomo vanesio incontenibile che pur di essere il primo presenzierebbe anche al suo funerale.
Possiamo anche accettare il consiglio di Fisichella, ma allora gli poniamo alcune domande facili facili: anche il divorzio e il conseguente nuovo matrimonio di un poveraccio/a deve essere contestualizzato? Il gesto di un familiare che stacca la spina ad un moribondo senza speranza rientra nei casi da contestualizzare? Una coppia che vive di fatto perché non deve essere contestualizzata? Un prete che s’innamora può avere il suo contesto? Oppure il criterio del «contesto» vale solo per Berlusconi che adesso per rimarginare la ferita scucirà soldi alle scuole cattoliche, impedirà il testamento biologico e affosserà le coppie di fatto? Sì, ogni contesto ha il suo prezzo.
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