giovedì 6 ottobre 2011
DOPO LA MARCIA DELLA PACE, L'IMPEGNO PER IL DISARMO CONTINUA
di Pasquale Pugliese,
segreteria nazionale del Movimento Nonviolento
La Marcia del sale e la Marcia della pace
Uno degli strumenti nonviolenti più importanti sperimentati da Gandhi furono le marce, svolte sia in Sudafrica che in India, fino alla più importante e decisiva "Marcia del sale", che segnò il punto di svolta nella lotta per l'auto-governo del popolo indiano.
Le marce furono poi riprese in Occidente, negli USA dal movimento per i diritti civili guidato da Martin Luther King, in Inghilterra dal movimento antinucleare guidato da Bertand Russel, in Italia dal movimento per la pace di Aldo Capitini. Sulle orme di Capitini, lo scorso 25 settembre abbiamo marciato ancora da Perugia ad Assisi, cinquanta anni dopo quella prima volta che fu definita dal lungimirante Pier Paolo Pasolini "il fenomeno politico più importante dell'anno, una specie di riproposta modernissima del CLN".
Capitini, a commento della Marcia del 1961, scrisse "una marcia non è fine a se stessa, continua negli animi, produce onde che vanno lontano, fa sorgere problemi, orientamenti, attività". Cinquanta anni dopo, Mao Valpiana presidente del Movimento Movimento, a conclusione della "Marcia della pace e la fratellanza dei popoli" dalla Rocca di Assisi, evocando le parole di Capitini, ha ricordato: "la vera marcia, lo sappiamo, comincerà questa sera, quando ognuno di noi tornerà nella propria casa con l'impegno di realizzare il programma politico nonviolento: pace e fratellanza. Per cominciare dobbiamo partire da noi stessi, ognuno deve fare il proprio disarmo. Un disarmo unilaterale, un disarmo culturale. Fare cadere i muri dentro le nostre teste. Spezzare il proprio fucile. Non aspettiamo che siano gli altri a disarmare, incominciamo noi!"
Ancora in marcia per il disarmo
In oltre duecentomila abbiamo marciato da Perugia ad Assisi, provenienti da tanti luoghi geografici, culturali e politici in rappresentanza di quell'Italia pulita e onesta, che c'è a dispetto della sua triste rappresentazione governativa. E' la stessa Italia che si è manifestata in tutta la sua forza nei referendum per i beni comuni della scorsa primavera. Questa Italia ha coperto a piedi i 25 chilometri di distanza tra i Giardini del Frontone di Perugia e la Rocca di Assisi manifestando una consapevolezza nuova: la difesa dei beni comuni e la difesa della pace sono una cosa sola! Non solo perchè la pace è il fondamentale bene comune, ma anche perchè si colpiscono con la finanziaria i principali presìdi dei legami comunitari e si salvaguardano solo i presìdi della guerra: gli armamenti e la loro intoccabile casta di sacerdoti.
Di fronte ad una crisi economica e finanziaria che sta dando al governo il pretesto per generare un massacro sociale senza precedenti, travolgendo i diritti costituzionali al lavoro, alla protezione sociale, alla salute, all'istruzione e alla cultura, principali beni comuni, il popolo in marcia per la pace ha affermato coralmente che la crisi si risolve attraverso il disarmo, il taglio drastico delle spese militari, il ripudio della guerra e della sua preparazione, cioè ribadendo i principi fondamentali della Costituzione. Dare un taglio netto alle spese militari per non tagliare i diritti sociali. Ripudiare la guerra per non ripudiare la Costituzione.
Ma i principi non basta affermarli, vanno declinati in una consapevole ed efficace azione culturale e politica. La forza delle marce gandhiane è stata la capacità di trasformare i partecipanti in attivisti della nonviolenza che puntavano a realizzare gli obiettivi specifici per i quali avevano marciato insieme. Non si può essere marciatori per un giorno, ma bisogna portare nelle nostre associazioni, nei nostri partiti, nelle nostre parrocchie, nei nostri enti locali, nelle nostre università, nelle nostre scuole l'energia raccolta alla Marcia e trasformarla in azione politica e collettiva per il disarmo. Una rivoluzione costituzionale e nonviolenta che apre e principia tutte le altre.
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