SOCIALISMO PROSSIMO VENTURO
Recentemente, sul blog Vento Largo di Giorgio Amico è stata pubblicata la recensione di Goffredo Fofi al volumetto del filosofo Gerald Cohen, Socialismo perchè no? (Ponte alle Grazie, Firenze, 2010). Premetto che non sono ancora riuscito a leggere il volume testé citato, mi accontenterò (si fa per dire) di quanto scrivono, sia l'amico Giorgio che Fofi. Giustamente il primo ci ricorda che il termine 'Socialismo' “sembra essere diventata ormai una parola
impronunciabile. A usarla si corre il rischio di essere guardati, se va bene, come inguaribili utopisti incapaci di staccarsi dalle ideologie del secolo scorso. Ma è davvero così?”
Ovviamente questo breve testo è solo un pretesto per allargare il discorso. Ma vediamo cosa scrive Fofi, la cui recensione si intitola Qualcuno era socialista (per il testo integrale, invito i lettori ad andare sul blog di Giorgio, Vento Largo o su L'Unità del 9 ottobre di quest'anno). Scrive Fofi: «Il socialismo, diceva Albert Einstein, è il tentativo dell’umanità di superare e lasciarsi alle spalle la fase predatoria dello sviluppo umano». Lo ricorda alla fine di un candido e convincente libricino intitolato Socialismo perché no? il filosofo canadese Jerry Cohen, morto purtroppo un anno fa, che aggiunge: «Qualunque mercato, anche un mercato socialista, è un sistema di predazione.
Fino a questo momento il nostro tentativo di superare i rapporti di predazione è fallito. Ma non è detto che la giusta conclusione sia arrenderci». Premetto che ritengo che il Socialismo sia necessità improcrastinabile, pena la distruzione del gene umano operata dai capitalismi (liberisti, liberali o sedicenti comunisti -come quello cinese) occorre però specificare di quale
Socialismo si stia parlano e di tralasciare anche il Socialismo nostrano, almeno quello ufficiale, da respingere insieme a quella sinistra che non ha saputo costituire/costruire l'alternativa ma si è omologata alla logica del potere.
Prima di proseguire, ricordiamo che Fofi si rivolge“ai nostri saccenti, ignoranti, chiacchieroni, cinici funzionari della politica” e consiglia loro non solo la lettura del volume in questione, ma anche l'ultimo numero della rivista
statunitense Dissent, sottolineando che gli stessi personaggi 'di sinistra' «sono in generale più yankee di Obama e più capitalisti di Marchionne». E ricorda che la stessa rivista ha pubblicato nel suo numero estivo un dibattito
intitolato, guarda caso, Socialism Now?in cui tra gli autori intervenuti, troviamo «Sheri Berman, che si chiede che fine ha fatto la sinistra europea» («e una risposta dall’Italia non potrebbe che essere comica e disastrosa» è il commento sarcastico di Fofi), mentre, in sintonia con quanto scriviamo, un altro autore, Michael Walzer, si pone il problema di «quale socialismo».
Evidentemente non siamo gli unici a porci questi problemi...Nel suo pamphlet, Cohen si chiede se «ammesso chepossa essere realizzabile, il socialismo sia anche desiderabile, e si confronta con le ideologie del mercato, che 1) fa leva su motivazioni di bassa lega, 2) per fini desiderabili; ma 3) producendo anche effetti indesiderabili, compreso un alto grado di disuguaglianza».
Accenneremo più avanti all'opposizione tra cosiddetto Socialismo reale e il Socialismo Sognato e, ovviamente a quanto il secondo sia preferibile al primo…Anche perchè occorre che il Socialismo riscopra il senso della comunità, della collettività, senza che questa soffochi l'individuo e le sue potenzialità. Non a caso, anche Fofi scrive che, se da un lato «l’aspirazione socialista è di estendere il senso della comunità e la giustizia a tutta quanta la nostra vita economica», dall'altro è indispensabile difendere la comunità «dall’aggressiva minaccia del principio di mercato».
«Qualsiasi tentativo di realizzare l’ideale socialista si scontra con l’irriducibilità del potere capitalista e l’egoismo individuale» [...] ma non è sufficiente constatarlo per rinunciare all’impresa: contribuire a superare “la fase predatoria dello sviluppo umano” resta il compito fondamentale di coloro che temono le tendenze del presente, affermate dal dominio dell’oligarchia capitalista e della sua morale, della sua capacità di corrompere o annichilire».
Certamente, occorre che la Politica riscopra la persona e la sua onnilateralità (per dirla con Gramsci) non che l'appiattisca sul solo aspetto economico... Perché sarà anche vero come dice il 'simpatico' Tremonti, che si mangiano
gli agnolotti e non la 'cultura', ma è anche vero che di soli agnolotti non si vive (o si vive male o non si vive appieno).
Sarà che non ho mai avuto tanti soldi, ma ritengo che i valori siano ben altri da quelli depositati in banca: essendomi considerato anarchico per tanti anni, ogni tanto torna in me lo spirito proudhoniano, per cui faccio fatica a parlare di 'mercato' e di 'proprietà'. La fase predatoria citata «ama presentarsi come l’unica possibilità disponibile, e ha a disposizione della sua propaganda tutti coloro che ne possono trarre vantaggi o che si sono lasciati abbrutire dal coro unanime di chi sostiene che è questo l’unico modo possibile di stare sulla terra, oggi e proprio oggi. Ci si fa piacere, grazie al vantaggio particolare che se ne ricava e grazie alla sfiducia ossessivamente diffusa nella possibile realizzazione di un altro modello, tutta la sua merda o barbarie, si comprano e conquistano con quattro denari e un po’ di fama transitoria i diffusori di questo modello allo stesso modo in cui Berlusconi compra e conquista i suoi lacchè. E intanto, dice Cohen [...], il “gigantesco abisso” che separa i ricchi dai poveri nel mondo capitalista è destinato crescere ancora, e la differenza tra loro non dipende certo dalla fortuna o dall’azzardo. Oggi il gioco d’azzardo lo si può evitare ma il mercato no: «il mercato è un casinò dal quale è molto difficile fuggire, ed è per questo che le disuguaglianze da esso prodotte sono macchiate dall’ingiustizia».
Fofi afferma di ignorare se, come ha scritto The Guardian, Cohen sia «il miglior filosofo politico che la sinistra abbia avuto negli ultimi decenni. Ma fa certamente piacere vedere che in giro per il pianeta ci sono ancora pensatori
e studiosi che sanno che un’alternativa al sistema capitalista è ancora possibile. Nel nichilismo diffuso che pervade i migliori tra noi e che è alla base della morale dei nostri politici economisti intellettuali, tutti convinti che non c’è
altro da fare che “accettare”, fa certamente piacere non sentirsi troppo soli».
Certo, è difficile non sentirsi soli, in un mondo che funziona al contrario e dove dilagano le ideologie più balorde, dove il razzismo permea la vita sociale e la chiusura identitaria regna sovrana, dove anche quella che era la
democrazia borghese (come si diceva un tempo) diviene sempre più un regime autocratico. Il vero problema (o uno dei tanti) è che questa sensazione di vivere “negli ultimi giorni di Pompei”, intacchi tutto il resto, privandoci anche
della voglia di sognare un mondo diverso (erano le Orme, complesso che ascoltavo quand'ero ragazzino, che dicevano in una loro canzone: «Qui per sognare ci toccherà dormire!».
Qualcuno era socialista, scrive Fofi parafrasando Gaber. Ma siamo così messi male che occorre specificare meglio, per non cadere in fraintendimenti. Non c'è nessun collegamento né rimpianto con il PSI, con Craxi o i partiti della diaspora socialista. Così come nessuno rimpiange (almeno lo spero!) i 'Gruppi' di un tempo, dell'oramai lontano '68.
Dell'epoca -ma nel Sessantotto, avevo dieci anni: ho fatto appena in tempo a respirare un po' di aria sessantottina, nel ritardo della provincia- può mancare, forse, l'idea di impegno. Anche perchè il disimpegno che è seguito ha contribuito a portarci alla palude in cui siamo e in cui resteremo, se non ci svegliamo...
Qualcuno era socialista. È vero che il 'socialismo' craxiano ha, come dire, inquinato il termine, gettandolo nel discredito, squalificandolo, rendendolo sinonimo di intrigo, di intreccio tra politica e affari, di potere e di 'mazzette'.
Ma forse vale la pena di recuperarlo. Recuperarlo perchè abbiamo bisogno di un'alternativa credibile, fattibile, che non sia un surrogato dell'escatologia di stampo religioso (“Quando verrà il Socialismo...”) ma un'alternativa concreta allo stato di cose presenti, tanto per citare Marx. Un socialismo sognato che sappia cacciare gli incubi rappresentati dal socialismo reale. Un socialismo nuovo, segnato da diverse peculiarità:
1. che sappia recuperare l'aspetto utopico, tanto denigrato da Marx e dai socialisti scientifici, sulla scia di Martin Buber e della sua rivalutazione dei socialisti utopisti; che sappia selezionare, discriminare e rinnovare il
patrimonio dei socialisti utopisti, dei socialisti libertari (Berneri) e emocratici – liberali (Fratelli Rosselli); che sappia coniugare le istanze di riscatto sociale, di liberazione del / dal lavoro con la capacità costruttiva dell'uomo;
2. che sappia fondere le esigenze libertarie con quelle di un sano fondamento 'religioso' (don Lorenzo Milani) e nonviolento (Ignazio Silone e Aldo Capitini); che sappia raccogliere le esigenze e le riflessioni pedagogiche e
filosofiche di personalità della filosofia ebraica-tedesca del '900 e penso soprattutto ancora a Martin Buber, nella sua ricerca di dialogo con l'Altro; che sappia cogliere il senso profondo di un ecologismo che non sia né di
comodo, né di maniera, e, tanto meno, una comoda scappatoia per qualche poltrona da assessore; che sappia essere tutt'uno con le lotte pacifiste e nonviolente e che sappia, soprattutto, informare di questo spirito quelle già in atto per la difesa del posto di lavoro, della salute, della difesa del territorio, contro le varie forme di sopruso e via dicendo.
Ovviamente occorre specificare alcuni concetti: quando parlo di 'religione' non parlo certo delle religioni rivelate che hanno saputo costruire apparati dogmatici e di potere, compromesse con il mondo. Ma nel mio senso religioso c'è una vena eretica medievale (i Catari, ad esempio) ma anche cristiano (Gioacchino da Fiore che afferma perentoriamente che “Dio ha creato le anime, non le istituzioni”!). In una sorta di gioco alla ricerca degli 'antenati', comincerei dai presocratici, da Socrate, dall'internazionalismo degli stoici, dal collettivismo delle prime comunità cristiane, agli eretici già citati, per giungere fino ai pensatori e gradi dell' '800: qualcosa di Marx (per carità!), qualcosa di Bakunin (come fare senza?), qualcosa di Nietzsche ('Non accetterò nessun maestro che non sappia ridere di se stesso', una delle sue massime preferite). Nel '900, i Fratelli Rosselli, un po' di Berneri, un pizzico di Heidegger,
qualcosa di Silone (che si definiva 'cristiano senza chiesa, socialista senza partito'; scherzosamente (?), mi definisco 'cristiano senza partito, socialista senza chiesa' (cristiano, come ho già spiegato, ma forse è bene ripeterlo: persona che ha il senso del sacro, senza aderire a nessuna fede o religione rivelata), la Teologia della Liberazione, di Freire, tutto (o quasi) don Milani e di Balducci, di Alexander Langer...mi immagino già qualcuno che farà un salto sulla sedia, chi penserà che sia un povero idiota che mescola pensatori diversi in una macedonia filosofica...
No, non si tratta di confusione mentale: si tratta di saper pensare un pensiero meticcio, plurale, che sappia cogliere la complessità, contro il riduzionismo, la ricchezza di offerte, contenuti e proposte contro la verità preconfezionata, in una parola: la complessità contro il riduzionismo del pensiero unico. Che sappia costruire un'identità plurima che è il contrario delle chiusure identitarie che vediamo diffondersi a macchia d'olio...
Giuliano Falco
per contatti tombesi@libero.it tratto dal n. 0 della rivista Cuore e Critica
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