INTERVENTI - L'interpretazione dialogica delle storie di vita
Il simbolico come chiave di accesso alle identità profonde dei soggetti che si incontrano nel dialogo interculturale
Gli insegnanti nelle classi multietniche mettono in pratica, come prima forma di didattica interculturale, la condivisione di feste, leggende, storie, con tutta la loro variopinta simbologia di miti, fiabe, manifestazioni artistiche, riti religiosi che si diversificano nel modo di esprimersi, ma che sono riferibili a un patrimonio simbolico comune, dove il simbolo è una struttura che mette in rapporto, fa stare insieme e collega le parti.
I simboli, le identità, la memoria, l'attitudine necessaria a rispecchiarsi nell'altro, l'idea dello sradicamento sono elementi che confluiscono in una pedagogia dell'incontro fra culture, nell'interscambio di forme, voci, memorie e modelli, dove il muoversi verso altri paesi, incontrare e accogliere in sé un'altra cultura, andare verso l'altro sono operazioni complesse che mettono alla prova gli esseri umani dal punto di vista fisico, emotivo, cognitivo e affettivo.
Qualunque educazione è interculturale in quanto gli individui sono profondamente diversi nelle caratteristiche personali collegate all'età, al sesso, alle capacità generali e alle abilità fisiche e mentali e, in certe circostanze, esterne, come la provenienza sociale, le condizioni ambientali: abbiamo caratteristiche e aspetti esterni diversi; veniamo alla vita con dotazioni differenti di ricchezze ed oneri ereditari; viviamo in ambienti naturali diversificati più o meno ostili di altri; infine le società e le comunità cui apparteniamo offrono opportunità molto varie.
Il dialogo inteso come interscambio di memoria è il primo strumento di una epistemologia interculturale, perché consente di tradurre per gradi una cultura che non si conosce, straniera, nelle categorie tipiche della nostra cultura e presuppone un trasferimento nell'ambiente relazionale regolato dalle categorie etiche e spirituali dell'altro.
Il dialogo, la memoria si manifestano nella funzione narrativa che consente l'interscambio tra regole, norme, credenze e convinzioni che costituiscono l'identità di una cultura, dove la discussione e l'argomentazione riconoscono il rispetto all'interlocutore: la condizione prima per dialogare è la considerazione dell'altro. I rapporti tra individui e le relazioni tra gruppi, attraverso un atteggiamento di comprensione dialogica, possono entrare in contatto alla pari, senza prevaricazione, perché il dialogo permette di rileggere la propria cultura destrutturandola in base alla voce dell'altro.
In questo senso la pratica didattica può presupporre l'interpretazione di fiabe, leggende, gestualità, posture, lingue, storie che appartengono alle culture originarie dei bambini stranieri, dove il viaggio, gli spostamenti, le difficoltà, ma anche il senso di scoperta, di nuovo, di speranza sono argomenti che possono essere raccontati in classe e posti all'attenzione e alla comprensione comune. Nella classe scolastica è possibile proporre attività di decostruzione di storie, fiabe, vicende di vita che appartengono all'immaginario e alla memoria degli allievi stranieri con l'analisi dei luoghi, dei tempi, dei personaggi, dei paesaggi, delle strutture narrative, ponendole a confronto e paragone con altri aspetti della cultura del paese di provenienza e con altre realtà etniche.
La comprensione dialogica e l'atteggiamento ermeneutico di interpretazione delle fonti sono procedimenti che aiutano nel costruire un'identità, integrando i saperi con quelli dell'esterno, ponendo a confronto le differenze, ma anche ricercando gli elementi comuni fra individui, gruppi, culture, con la convinzione che si tratta di un processo difficile, perché nel momento in cui l'altro arricchisce la nostra identità e determina una consapevolezza di noi stessi, ci limita, mostra i confini della nostra cultura, che - prima dell'incontro - appariva giusta, equilibrata, sconfinata e degna di legittimazione assoluta.
L'identità si consolida nella relazione, nella memoria storica conoscitiva del sé che sperimenta l'approccio interpretativo della realtà multilaterale e multietnica, potenzialmente analizzabile tramite la decostruzione di storie personali, leggende mitologiche, racconti rievocanti il passato e il futuro della persona, dello studente, adulto e bambino, donna e uomo, nel femminile e nel maschile dei resoconti esistenziali, nelle storie di vita che presuppongono l'ermeneutica del reale, ibrido di commistioni mnemoniche delle diversità.
La classe multietnica, nel contesto formativo e intercomunitario, presenta molteplici difficoltà, discrepanze, distonie, discrasie esistenziali che implicano interventi educativi atti ad esplorare l'ignoto, il remoto, lo sconosciuto che si perde nella lontananza dei luoghi di provenienza, dove la comunicazione dialogica e il processo interpretativo delle storie di vita, degli usi, dei costumi, della cultura di provenienza deve prendere atto di tutte le differenze di cui i soggetti sono portatori nelle diversità individuali, nelle alterità conoscitive. Le molteplici culture devono essere poste a confronto e a paragone, interpretando i miti, le leggende, i racconti presenti nella memoria storica di un luogo e di un territorio prossimo o remoto, nell'analisi attenta dei segni, dei simboli, degli oggetti che le varie realtà offrono e prospettano alla teoria dell'educatore, dove l'educando trovi spunti di crescita, di conoscenza, di ricordo e rimemorazione in un costruttivo interscambio di idee, progetti e testimonianze sul perché del viaggio, dello spaesamento, dell'erranza e dei conseguenti sintomi da sradicamento, al fine di offrire a tutti accoglienza e comprensione.
Le storie di vita rievocano viaggi, vicissitudini, difficoltà, nostalgie, mancanze, in cui l'altro, noi, tutti siamo implicati e coinvolti nel corso dell'emotività del racconto, del resoconto dettagliato nei particolari dell'esistenza, nella specificità del ricordo che richiama luoghi, ambienti, occasioni di incontro, ambiti di ritrovo, in un processo evolutivo e emozionale che conduce dal narratore all'ascoltatore, in infiniti rimandi emozionali di ricordi, nostalgie, rimpianti, errori ed erranze del divenire languido di un tempo sempre attanagliato nella scansione di attimi, momenti, istanti del vivere quotidiano, nello spazio dedicato al racconto e allo studio individuale, collettivo, nell'insieme del gruppo che si racconta in infinite catarsi salvifiche.
Il timore, le paure, le angosce dei racconti, nella monotonia dei gesti e delle inflessioni idiomatiche e dialettali, riconducono ad attimi infinitesimali di remote erranze, di spaesamenti nostalgici, di timori difficili da rievocare ed esorcizzare nel gruppo, nella collettività attenta alle emozioni di tutti e di ciascuno, nei rimandi subitanei di inflessioni vocali, di pianti, di risa a ripetizione in interminabili istanti di gioie, vivacità, tristezze e dolori che richiamano il passato così difficile da dimenticare, così difficile da rievocare nel ricordo amaro del presente, nella fatica esacerbata della speranza nella progettualità futura.
Il cerchio del gruppo si racchiude nel racconto rievocativo di memorie individuali, collettive, storiche di interi popoli, di complesse culture, di semplici donne, di umili uomini che sprigionano dai volti espressivi necessità di aiuto, di ascolto, di accoglienza da parte dell'educatore che ascolta e riporta le narrazioni raccolte in momenti interpretativi di storie, leggende, mitologie, eventi sacri, ritualità festive e momenti religiosi.
Laura Tussi
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