La discriminazione tra i banchi: il sistema di valutazione e i suoi documenti
http://www.superando.it/content/view/5872/116/
(di Elena Duccillo)
È un organismo apparentemente "oggettivo", l'INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione), con le sue indagini periodiche sulla qualità del sistema scolastico nel nostro Paese. E tuttavia c'è chi ne intravede nei metodi e nei documenti prodotti una serie di discriminazioni attuate nei confronti degli studenti con disabilità, con il paradosso che alla fine rischiano di
essere penalizzate proprio le scuole maggiormente inclusive. Vediamo perché:
a) nato nel 1999 dalla trasformazione del CEDE (Centro Europeo per
l'Educazione) e ulteriormente riordinato nel 2004 dal Ministero
dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, l'INVALSI
(Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione) http://www.invalsi.it ha come sua principale
missione istituzionale quella di «fornire alle istituzioni scolastiche e
alle famiglie degli studenti adeguate informazioni e affidabili criteri
di giudizio, in aggiunta a quelli che ogni docente acquisisce
quotidianamente attraverso il contatto con gli allievi». Tale compito
viene innanzitutto svolto - come si può leggere nello stesso sito
dell'INVALSI - attraverso «verifiche periodiche e sistematiche sulle
conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva
dell'offerta formativa delle istituzioni di istruzione e di istruzione e
formazione professionale, anche nel contesto dell'apprendimento
permanente». In particolare viene gestito il cosiddetto "Servizio
Nazionale di Valutazione" (SNV http://www.invalsi.it/snv0910/),
tramite specifiche "prove di apprendimento". Viene infine prodotto un
Manuale per il somministratore, che dovrebbe fornire tutte le
indicazioni in vista delle prove che per quest'anno sono previste
esattamente dal 6 al 13 maggio prossimi e che sempre per quest'anno
riguarderanno le classi II e V della Scuola Primaria e la I della Scuola
Secondaria di Primo Grado, con una forma di obbligatorietà mai imposta
in precedenza.
Si tratta di premesse informative che riteniamo necessarie per meglio
inquadrare le ragioni che portano Elena Duccillo, in questa sua nota,
a ritenere come discriminanti - nei confronti degli studenti con
disabilità - una serie di azioni condotte in questi anni dall'INVALSI.
Nell'attuale contingenza, l'attenzione - e le critiche - si rivolgono in
particolare a una Nota dell'INVALSI prodotta il 15 aprile scorso,
«ritenuta opportuna, di fronte alle numerose domande pervenute»,
riguardanti appunto «la partecipazione degli alunni disabili alle prove
SNV».
b) Non vorrei dilungarmi troppo sui sei anni finora passati ad opinare cose lapalissiane sulle discriminazioni compiute e perpetrate a danno degli alunni con disabilità dalle prove di apprendimento somministrate
dall'anno di istituzione dell'INVALSI /[2004, N.d.R.]/. È infatti
sufficiente soffermarsi su alcuni fatti recenti*, nell'imminenza delle
prove del presente anno scolastico, previste dal 6 al 13 maggio prossimi.
Mi riferisco in particolare alla Nota prodotta dall'INVALSI il 15
aprile scorso, che pur non avendo, a mio parere, forza di legge, arriva
addirittura a contraddire le Circolari Ministeriali in materia di
strumenti compensativi e dispensativi, ad esempio per gli alunni con
Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA). Infatti vi si scrive tra
l'altro che «gli alunni con diagnosi di DSA partecipano alle prove SVN
nelle stesse condizioni degli altri».
In linea generale, poi, ritengo che non vi siano affatto i presupposti
per le opportune procedure a garanzia dei dirittidi coloro che
svolgeranno le prove tra i 188.000 alunni con disabilità tra i 6 e i 14
anni che i dati statistici (fermi al 1999) dichiarano frequentare le
scuole italiane: essi, infatti, potranno svolgere le prove o esserne
esclusi, a discrezionalità delle scuole stesse. Si scrive infatti nella
Nota dell'INVALSI che «la decisione di far partecipare alle prove gli
alunni con disabilità intellettiva (o di altra disabilità grave),
seguiti da un insegnante di sostegno alle prove INVALSI è rimessa al
giudizio della singola scuola. Questa può: 1) non far partecipare alle
prove gli alunni con disabilità intellettiva o altra disabilità grave,
impegnandoli nei giorni delle prove in un'altra attività; 2) farli
partecipare insieme agli altri studenti della classe, purché sia
possibile assicurare che ciò non modifichi in alcun modo le condizioni
di somministrazione, in particolare se si tratta di classi campione».
Ma non è tutto. Se guardiamo infatti al Manuale per il
somministratore- reso noto, tra l'altro, in versione definitiva solo
in data 28 aprile, a pochi giorni dall'inizio delle prove - va notato
che gli studenti con disabilità non vi vengono affatto menzionati* e
che questa carenza ha di fatto portato molti docenti - anche di sostegno
- a pensare che le prove debbano essere somministrate senza nemmeno una "personalizzazione" per tutti gli alunni, quale che sia la loro condizione.
Detto infine che nemmeno le prove previste nella spefiica Sezione SID
(Spazio INVALSI per la Disabilità) sono somministrabili /sic et
simpliciter/ ad alunni con una Programmazione Educativa
Individualizzata, vorrei concludere tornando a levare la mia protesta
per tutte queste continue decisioni discriminanti e nemmeno utili ai
fini statistici: va ricordato infatti che le prove degli alunni con
codice di disabilità restano agli atti della scuola e non vengono
trasmesse (e quindi rielaborate) all'INVALSI. Tutto ciò rischia alla
fine di penalizzare nei risultati delle prove di apprendimento proprio
le scuole maggiormente inclusive, senza dar luogo a dati attendibili
sulle prestazioni degli alunni italiani, o meglio di "tutti" gli alunni
italiani.
= = = = =
devo aggiungere che, in qualità di insegnante impegnato in attività di sostegno, ho da sempre sostenuto posizioni simili, molto critiche nei confronti dell'INVALS. Anche perchè gli alunni diversamente abili sono ormai presenti nelle nostre scuole dal circa 30 anni...e l'INVALSI non ne ha mai tenuto conto. Lo stesso dicasi degli alunni stranieri.
Lo so che c'è chi vorrebbe tornare agli istituto per i primi e (possibilmente) cacciare i secondi...però, almeno finora, sia gliuni che gli altri ci sono...Poi, almeno metà dei bambini del mio circolo didattico che vengono classificati burocraticamente come 'stranieri' sono nati in Italia e non parlano la lingua d'origine (e, detto per inciso, diversi di loro conseguono risultati migliori della media degli italiani: allora, perchè continuare a classificarli italiani?).
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