E il neo direttore di Avvenire: retromarcia clamorosa, ma le scuse non bastano
Feltri ci ripensa: Boffo va ammirato
Il direttore del Giornale: la verità è che non è implicato in vicende omosessuali. La Cei: «Ammissioni tardive»
MILANO - «Boffo ha saputo aspettare, nonostante tutto quello che è stato detto e scritto, tenendo un atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione». Lo dice Vittorio Feltri, rispondendo su Il Giornale, il quotidiano da lui diretto, a una lettrice che gli chiede «perché una cosa così piccola sia diventata tanto grande al punto da procurare un fracasso mediatico superiore a quanto meritasse. Lei che ha accesso la miccia che ne dice a distanza di tre mesi?».
«NON E' IMPLICATO»- Dal fascicolo sottolinea Feltri «non risulta implicato in vicende omosessuali, tanto meno si parla di omosessuale attenzionato. Questa è la verità. Oggi Boffo sarebbe ancora al vertice di Avvenire». «Personalmente - spiega Feltri - non mi sarei occupato di Dino Boffo, giornalista prestigioso e apprezzato, se non mi fosse stata consegnata da un informatore attendibile, direi insospettabile, la fotocopia del casellario giudiziario che recava la condanna del direttore a una contravvenzione per molestie telefoniche. Insieme, un secondo documento (una nota) che riassumeva le motivazioni della condanna. La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali».
FUOCHI D'ARTIFICIO - Il direttore de Il Giornale sottolinea poi che all'epoca, «un periodo di fuochi d'artificio sui presunti eccessi amorosi di Berlusconi», venne giudicato interessante il caso Boffo «per cercare di dimostrare che tutti noi faremmo meglio a non speculare sul privato degli altri, perché anche il nostro, se scandagliato, non risulta mai perfetto. Poteva finire qui». La cosa, «forse, sarebbe rimasta piccina - continua Feltri - se Boffo, nel mezzo delle polemiche (facile a dirsi, adesso) invece di segretare il fascicolo, lo avesse reso pubblico, consentendo di verificare attraverso le carte che si trattava di una bagatella e non di uno scandalo».
«SCUSE TARDIVE» - Domenico Pompili, il portavoce della Cei, la conferenza episcopale italiana che è l'editore di Avvenire, replica all'intervento di Feltri spiegando che «l’articolo di oggi conferma il valore della persona del dottor Boffo che, ancora prima delle tardive ammissioni di Feltri, si è volontariamente fatto da parte per non coinvolgere la Chiesa, che ha peraltro servito da sempre con intelligenza e passione». L'Avvenire ha invece deciso di aprire il proprio sito web con la notizia del «ripensamento» (il verbo è quello scelto dal quotidiano di piazza Carbonari) di Feltri dopo quella che è ancora considerata un'«aggressione». Il quotidiano riporta anche le dichiarazioni del nuovo direttore, Marco Tarquinio, secondo cui quella di Feltri è «una retromarcia clamorosa e importante». «Dicemmo all'inizio della vicenda - ha proseguito - che con un galantuomo come Boffo il tempo sarebbe stato galantuomo. Questa volta abbiamo dovuto aspettare meno del consueto. Le scuse pubbliche pubblicate sulla prima pagina del Giornale, tuttavia non riparano completamente ai danni subiti non solo da Boffo ma anche da un metodo di informazione corretta fondata sui fatti, e non cancella le responsabilità di chi conduce battaglie mediatiche con mezzi tutt'altro che limpidi».
NÈ SCUSE NÈ LACRIME - «Nè scuse né lacrime», nè tanto meno «una retromarcia», ma solo «una doverosa precisazione». Vittorio Feltri definisce in questo modo la sua presa di posizione sul caso Boffo. «Sono trascorsi tre mesi dalla notizia che abbiamo pubblicato su Boffo - ricorda Feltri - e soltanto negli ultimi giorni il nostro condirettore Alessandro Sallusti ha avuto la possibilità di dare una sbirciatina alle carte secretate e ha verificato che non si parla di «omosessuale attenzionato». Perciò abbiamo dato la precisazione, e basta. Se Boffo avesse desecretato gli atti, probabilmente l'avremmo fatta il giorno dopo. L'omosessualità, certo, non è un reato, ma le molestie rimangono e così pure la pena pecuniaria». Per Feltri, si è dunque trattato di «una doverosa precisazione: se si dà una notizia in un modo e poi si scopre che un particolare era sbagliato, è giusto provvedere. Non ho mai avuto nulla di personale contro Boffo: sappiamo che è un bravo giornalista e una persona perbene alla quale nella vita è capitato un incidente e noi l'abbiamo riferito. Nel riferirlo, visto che gli atti erano secretati a abbiamo detto una cosa che non era, abbiamo rettificato - conclude - come usano fare giornali corretti».
IL CDR DI AVVENIRE - E il comitato di redazione di «Avvenire» in una nota risponde a Feltri: «Un buon giornalista avrebbe verificato la notizia prima di pubblicarla. Le sue ammissioni rendono ancor più evidente la necessità di una seria riflessione sulla professione giornalistica, sulla responsabilità dell'informazione, a tutela del lettore e di chi, questo mestiere, cerca ancora di onorarlo con onestà intellettuale e umano rispetto».
da www.corriere.it
1 commento:
Strano che nessuno abbia notato che, invece, sulle "esuberanze sessuali" del cavaliere non sia giunta alcuna precisazione nè marcia indietro e che, della vicenda, non si parli praticamente più.
O tempora, o mores
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