Un articolo dell'"Osservatore romano" tratto da "La nonviolenza è in cammino". Mons. A.M. Vegliò è presidente dl Pontificio consiglio per i Migranti di cui segretario è mons. Marchetto. Shalom S.P.
UNA SOLA UMANITA'. NICOLA GORI INTERVISTA ANTONIO MARIA VEGLIO'
[Dal quotidiano "L'Osservatore Romano" del 25 settembre 2009 col titolo "Il
dovere della solidarieta' verso i rifugiati e i migranti" e il sottotitolo
"Intervista a monsignor Antonio Maria Veglio', a cura di Nicola Gori"]
Alla Chiesa non compete valutare le scelte politiche in materia di
immigrazione, ma spetta comunque la responsabilita' di richiamare tutti al
"dovere della solidarieta' verso coloro che vivono in situazioni di maggiore
vulnerabilita', come rifugiati e migranti". Lo afferma l'arcivescovo Antonio
Maria Veglio', presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i
Migranti e gli Itineranti, ricordando che quello all'asilo e' "un diritto
umano fondamentale", il cui rispetto "viene prima dei problemi concreti
legati alla sua attuazione". Anche se - riconosce - esistono difficolta'
economiche e giuridiche reali che richiedono "politiche lungimiranti".
Basate, come precisa l'arcivescovo, su una "conoscenza oggettiva del
fenomeno a livello internazionale" e orientate a "gestirlo tenendo in dovuta
considerazione i suoi differenti aspetti".
*
- Nicola Gori: Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma che la Chiesa
difende il diritto dell'uomo a emigrare e tuttavia non ne incoraggia
l'esercizio, riconoscendo che "la migrazione ha un costo molto elevato e a
pagarne il conto sono sempre i migranti". Non c'e' contraddizione tra queste
due asserzioni?
- Antonio Maria Veglio': Poste nei rispettivi contesti, le due affermazioni
non si contraddicono, ma si completano. In effetti, il fenomeno migratorio
esige di essere analizzato e interpretato da diverse angolature, per la
vastita' e la complessita' dei fattori che lo compongono. La visione del
Pontificio Consiglio anzitutto coglie le migrazioni come conseguenza di
situazioni di ingiustizia e come "male minore" per milioni di donne e
uomini, anziani e bambini che ne sono coinvolti. Tuttavia, e' pure
importante non trascurare l'elemento positivo e provvidenziale delle
migrazioni, che il magistero della Chiesa non ha mancato di mettere in luce
gia' a partire da quando, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, si
verificavano migrazioni di massa specialmente dal continente europeo verso
quello americano. Del resto, la migrazione e' un fatto complesso e
ambivalente, con elementi positivi e negativi, nei quali siamo interpellati
a riconoscere il progetto di Dio, in una dimensione cristiana. Dunque, si
tratta spesso di coniugare aspetti diversi, in modo che non accada che
nell'interpretazione sociologica prevalgano gli elementi negativi, mentre in
quella teologica si intravedano improvvisamente ingenui bagliori.
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- Nicola Gori: Il Pontificio Consiglio si occupa di varie categorie di
persone, tra le quali i nomadi, i rifugiati, la gente del mare e della
strada. A proposito del dramma della tratta degli esseri umani, che colpisce
spesso bambini e donne, quali iniziative concrete promuove il dicastero?
- Antonio Maria Veglio': Secondo stime ufficiali, nel mondo sarebbero 2,5
milioni le vittime della tratta degli esseri umani. Per rispondere alla sua
domanda, prendo lo spunto da un esempio concreto: l'osservatorio pastorale
della Conferenza episcopale dell'America Latina (Celam) ha recentemente
diffuso le cifre sulla tratta dei migranti secondo un'inchiesta della
commissione nazionale dei diritti umani messicana, durata da settembre 2008
a febbraio di quest'anno. Ebbene, ogni mese in Messico spariscono piu' di
1.600 persone dirette irregolarmente negli Stati Uniti d'America. E' lo
scandalo del sequestro massiccio di immigrati, che sono oltraggiati e,
spesso, vengono liberati solo dopo aver pagato un gravoso riscatto a bande
organizzate, che contano su reti e risorse. Il Messico - come Paese di
origine, transito, meta e ritorno di migranti - rappresenta una delle
frontiere con la maggiore affluenza migratoria al mondo. Ogni anno, secondo
le cifre del Consiglio nazionale della popolazione, circa 550.000 messicani
emigrano negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, negli ultimi tre anni
l'Istituto nazionale per la migrazione ha riscontrato una media annuale di
140.000 migranti senza documenti, in maggioranza dei Paesi dell'America
Centrale, che cercano di arrivare nel Paese nordamericano. L'ampiezza di
questo fenomeno costituisce una singolare sfida dovuta alla complessita' che
caratterizza l'immigrazione internazionale attuale. Inoltre questa
situazione risulta aggravata dalla grande estensione e dall'alto rischio dei
tragitti che le persone devono percorrere, che spesso le espone e le rende
vulnerabili a differenti violazioni dei loro diritti umani. Di solito i
migranti sono catturati a bordo dei treni che li portano oltre confine,
oppure mentre si nascondono nelle stazioni in attesa di partire. Dopo averli
maltrattati, i trafficanti chiedono ai migranti un riscatto dai 1.500 ai
5.000 dollari a persona. Cifre alla mano, il traffico potrebbe aver fatto
guadagnare ai malviventi almeno 25 milioni di dollari in soli sei mesi. In
questo contesto, come in altre situazioni simili in diverse zone del mondo,
il nostro Pontificio Consiglio esercita una particolare azione di promozione
e di sostegno alle conferenze episcopali, agli istituti religiosi e a tutti
quegli organismi, soprattutto di ispirazione cristiana, che gia' sono
presenti sul territorio e si occupano, nel vasto fenomeno della mobilita'
umana, anche della tratta dei migranti. Come dice la Costituzione apostolica
Pastor bonus, all'articolo 149, nostro compito e' quello di assistere il
Papa per dirigere "la sollecitudine pastorale della Chiesa alle particolari
necessita' di coloro che sono stati costretti ad abbandonare la propria
patria o non ne hanno affatto". Ecco perche' incoraggiamo il lavoro "in
rete" di tutte quelle cristallizzazioni regionali e continentali in favore
dei migranti, dei rifugiati e di altre persone in mobilita'. E' di esempio
la recente costituzione dell'International network of religious against
trafficking in persons (Inratip), una rete di religiose che opera sia nelle
nazioni di provenienza che in quelle di destinazione delle vittime della
tratta, che sono in maggioranza donne e bambini. In tal modo, si promuovono
solidi legami tra Chiese, organizzazioni caritative e istituzioni locali,
per avviare progetti in grado di studiare e stroncare il tragico fenomeno.
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- Nicola Gori: Il Papa ha definito "doverosa" l'accoglienza di quanti
fuggono da situazioni di guerra e persecuzione, pur ammettendo che essa
"pone non poche difficolta'". Come si puo' salvaguardare il dovere
dell'accoglienza di fronte alle obiettive difficolta' che essa comporta?
- Antonio Maria Veglio': Quello dell'asilo e' un diritto umano fondamentale,
come recita la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo all'articolo
14. Il rispetto di tale diritto viene prima dei problemi concreti legati
alla sua attuazione. Si costituisce in tal modo la piattaforma di uno Stato
di diritto, il quale deve sentirsi impegnato a fare tutto il possibile per
rispettare i diritti umani fondamentali. Bisogna ricordare che l'80 per
cento dei rifugiati del mondo - che solo lo scorso anno 2008 sono stati 42
milioni - si trova nei Paesi in via di sviluppo, cosi' come la stragrande
maggioranza degli sfollati, stando ai dati diffusi dal "Global Trends", il
rapporto statistico annuale pubblicato dall'Alto commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati (Unhcr). L'Unhcr si occupa di 25 milioni di persone,
fra i quali 14,4 milioni di sfollati e 10,5 milioni di rifugiati. Sono,
invece, 4,7 milioni i rifugiati palestinesi sotto la competenza dell'Agenzia
delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi
(Unrwa). Dai dati provvisori del 2009, poi, si assiste a un consistente
movimento forzato di popolazioni, principalmente in Pakistan, Sri Lanka e
Somalia. Concretamente, se fissiamo l'attenzione sui Paesi dell'Unione
europea, emergono chiare indicazioni sul diritto d'asilo: la Convenzione di
Ginevra sui rifugiati, la Carta europea dei diritti dell'uomo e le direttive
dell'Unione sul diritto d'asilo esplicitano la prassi concordata da adottare
nei confronti dei rifugiati riconosciuti come tali. I problemi sorgono, come
sempre, laddove vi sono risorse da condividere e ricchezze da distribuire,
vale a dire alloggio, casa, sanita', istruzione, impiego lavorativo, e via
dicendo. Lo Stato, in tale contesto, deve vigilare e agire in modo da
garantire questi beni a tutti, autoctoni e non, comprese le fasce di
popolazione piu' vulnerabili, tra cui vi sono i rifugiati. Ora, per il fatto
che essi pesano, soprattutto inizialmente, sulle casse dello Stato - sono
gli ultimi arrivati e sono stranieri - negli ultimi decenni e' stato facile
per alcune frange di certi Paesi europei, come Germania, Svizzera, Gran
Bretagna, Austria e Olanda, identificarli come intrusi e approfittatori dei
sistemi di assistenza sociale. Invece, nei recenti Paesi di rifugio - come
Italia, Grecia, Malta e nazioni dell'Est europeo - il rifugiato e' ancora
troppe volte confuso con l'immigrato per motivi economici e non gode dei
dovuti sostegni sociali. In effetti, non bisogna dimenticare che i motivi di
fuga sono molto complessi e spesso le persone non scappano da persecuzioni
politiche direttamente rivolte alle loro persone, ma da situazioni generali
di pericolo e di violazione dei diritti umani, che rendono la vita
impossibile in numerosi Paesi, per cui risulta difficile distinguere tra
migranti "economici" e rifugiati. Il vero problema, poi, risiede
nell'accesso allo status di rifugiato. Dal momento, infatti, che esso
reclama diritti, gli Stati tendono a concederlo a un numero limitato di
persone per risparmiare denaro e strutture, anche perche' tendenzialmente le
domande si moltiplicano. Di anno in anno, comunque, le leggi riguardanti
l'asilo in Europa si fanno sempre piu' restrittive. La tendenza recente
sviluppata dai Paesi dell'Unione europea e' quella della esternalizzazione
del diritto d'asilo, che mira a impedire l'accesso al territorio dell'Unione
e a obbligare i richiedenti asilo a fermarsi nei Paesi di transito. Non
compete al magistero della Chiesa valutare le scelte politiche in questo
campo, ma certo non posso eludere una considerazione generale, indirizzata a
tutte le persone di buona volonta', che domanda conto alla retta coscienza
del dovere di solidarieta' verso coloro che vivono condizioni di maggiore
vulnerabilita', come rifugiati e migranti, ma anche, mutatis mutandis,
anziani, disabili e malati terminali, nei confronti dei quali non possiamo
tollerare che si avallino tentativi che vanno contro il diritto alla vita.
E' ovvio che bisogna fare i conti con la limitatezza delle risorse, ma
dobbiamo anche chiederci: si sta gia' facendo il possibile per l'equa
distribuzione delle ricchezze? A che punto siamo con l'impegno, a livello
internazionale, per risolvere conflitti di lunga durata? Quali comportamenti
vengono adottati nei confronti di Governi dittatoriali che "producono"
migranti e rifugiati? Quali orientamenti stanno indirizzando la gestione del
fenomeno migratorio, in maniera lungimirante e non populista?
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- Nicola Gori: La tutela della sicurezza e della legalita' e' conciliabile
con le dimensioni e le caratteristiche del flusso immigratorio che
attualmente interessa il continente europeo?
- Antonio Maria Veglio': E' probabile che sicurezza e legalita', in equa e
armonica simbiosi, non possano essere raggiunte pienamente in nessuna
societa'. Si constata, infatti, che nelle "societa' aperte", come quelle dei
Paesi democratici, caratterizzate dall'economia di mercato e dal libero
movimento di alcune categorie di persone, e' quasi impossibile non correre
rischi. D'altra parte, un eccessivo apparato di sicurezza rallenta la
mobilita' e gli scambi necessari ai sistemi economici e, cio' che
maggiormente conta, lede la liberta' di cui i cittadini sono legittimamente
gelosi. Nello specifico ambito migratorio, legalita' e sicurezza possono
essere favorite da politiche lungimiranti, che si basano sulla conoscenza
approfondita e oggettiva del fenomeno a livello internazionale e cercano di
gestirlo tenendo in dovuta considerazione i suoi differenti aspetti, senza
sottovalutare le conseguenze delle scelte politiche. Per fare qualche
esempio, possiamo senz'altro accertare che un'eccessiva chiusura delle
frontiere determina l'aumento dell'immigrazione irregolare e alimenta le
organizzazioni malavitose che trafficano esseri umani; poi, il mancato
investimento in progetti di inserimento dei figli degli immigrati nell'area
della formazione crea insuccesso e abbandono scolastico, alimentando il
disagio giovanile e la conseguente criminalita' o devianza; ancora,
l'insufficiente attenzione alla situazione abitativa di immigrati e
cittadini autoctoni piu' poveri favorisce la crescita di ghetti e di aree
socialmente degradate; infine, le paure dei cittadini possono essere
alimentate o sottaciute da chi amministra la cosa pubblica e da chi gestisce
i canali dell'informazione, anche in risposta a propri interessi. Tutto cio'
non puo' essere ingenuamente ignorato e deve essere affrontato con
oggettivita', per non rischiare di creare reazioni xenofobe e razziste. A
ogni buon conto, sicurezza e legalita' si raggiungono solo con il positivo
apporto di tutti, anche degli immigrati. Allo stesso tempo, sia gli
immigrati che gli autoctoni devono poter vivere sicuri e rapportarsi in
egual misura alle leggi del Paese in cui vivono.
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- Nicola Gori: Le paure che si diffondono tra la gente nei confronti degli
immigrati sono gestibili attraverso appositi provvedimenti politici e
legislativi oppure e' necessario coinvolgere anche le istanze culturali,
educative e sociali?
- Antonio Maria Veglio': Senza dubbio non bastano le leggi per favorire la
crescita di una societa' integrata, in cui le varie componenti convivano
pacificamente e mutuamente si arricchiscano. Tutte le istanze culturali ed
educative devono essere coinvolte in un processo che e' epocale e riguarda
tutti gli ambiti di vita. L'Europa presenta gia' un volto multietnico,
multireligioso e multiculturale, ma ancor piu' manifestera' tali
caratteristiche nel futuro, in un dinamismo che investira' anche le
rimanenti aree del pianeta. Questo dato attualmente non puo' essere messo in
discussione. Negare la metamorfosi che sta avvenendo a livello
internazionale non solo e' un'assurdita' - smentita comunque dalla realta'
dei fatti - ma e' anche una scelta pericolosa e irresponsabile, perche' non
accetta di gestire un fenomeno che ha gia' assunto tratti strutturali e
globali, cercando di favorirne gli aspetti positivi e di ridurre quelli
negativi. E' necessario, quindi, offrire adeguati percorsi di formazione
alle nuove generazioni, in modo particolare, ma anche a tutta la
popolazione - sia autoctoni che immigrati - per prepararsi alla convivenza
con le diversita'. Certamente in questo processo i Governi devono essere in
prima linea, soprattutto legiferando e adottando opportuni provvedimenti per
dare impulso in misura corretta ed equilibrata a tale cammino di
apprendimento.
*
- Nicola Gori: La sfida che gli immigrati pongono alle comunita' si gioca
anche a livello ecclesiale oltre che sociale. Non vi e' il rischio di
perdere l'identita' cristiana di fronte a consistenti afflussi di rifugiati
appartenenti ad altre religioni?
- Antonio Maria Veglio': Il rischio potrebbe essere reale, quantunque io sia
convinto che l'arrivo di migranti e rifugiati appartenenti ad altre
religioni sia uno stimolo piu' che una minaccia per l'identita' cristiana.
In effetti, essi arricchirebbero se stessi e il nuovo ambiente se si
trovassero a confronto con una diversa identita' religiosa davvero solida e
coerente. A mettere in pericolo l'identita' cristiana e' piuttosto il
processo di avanzata secolarizzazione, che talora sta degenerando in
secolarismo intollerante e, nel vecchio continente, sta ormai facendo
perdere le radici cristiane dell'Europa, negate in sede istituzionale e in
alcuni ambiti della societa'. Di fatto, mediante il laicismo e il
relativismo, l'Europa sta costruendo una comunita' senza Dio e cio' non e'
solo un ostacolo alla sua identita', ma e' anche un impedimento alle
politiche di integrazione. Se fossimo coraggiosi testimoni del Vangelo,
forse un numero maggiore di migranti e di rifugiati, in ricerca e in fuga da
realta' oppressive, anche sul piano religioso, sarebbe affascinato dalla
fede cristiana o, quanto meno, essa sarebbe apprezzata per il suo contributo
nell'ambito culturale, storico e artistico. Mi pare, invece, che il
cristianesimo in Europa sia guardato con sospetto da migranti e rifugiati
non cristiani allorquando si lascia identificare con uno stile di vita che
lo contraddice e con la mancanza di genuina religiosita' da parte degli
autoctoni. Talvolta, poi, si paventa l'espansione demografica dei non
cristiani in Europa. Ma anche in questo caso dovremmo chiederci perche' non
siamo in grado di equilibrare il dinamismo demografico e, soprattutto, di
trasmettere la fede cristiana alle nostre nuove generazioni, che, per quanto
in calo, sono ancora numericamente in maggioranza.
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- Nicola Gori: Sul terreno del rispetto dei diritti e della dignita' della
persona, crede che le Chiese siano adeguatamente impegnate nel sollecitare
le coscienze dei fedeli e della societa'?
- Antonio Maria Veglio': Le Chiese locali sono molto impegnate a
sensibilizzare cittadini e societa' al rispetto dei diritti e della dignita'
della persona umana, a seconda dei vari contesti nazionali in cui si
trovano. Talora, in verita', esse corrono il rischio di limitarsi
all'annuncio dei principi fondamentali o alla risposta immediata alle
emergenze umanitarie, forse senza tenere sufficientemente in conto che e'
necessaria anche un'adeguata formazione ed educazione cristiana, soprattutto
delle giovani generazioni. Infatti, accanto agli interventi sociali e alle
opere caritative, e' importante investire molto anche nella formazione dei
cristiani, affinche' possano comprendere a fondo e applicare negli ambiti
della societa' il rispetto dei diritti e della dignita' della persona.
Infine, per quanto riguarda i migranti, e' urgente superare il tono
assistenzialista, che prevale talvolta nelle prese di posizione di chi vede
nel migrante soltanto il povero disgraziato, mentre anch'egli e' portatore
di diritti e di doveri. Cosi' come e' indispensabile operare una corretta
sensibilizzazione dei media perche' offrano un'informazione obiettiva e
realistica.
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- Nicola Gori: Quali sono le prossime iniziative e gli appuntamenti che ha
in programma il Pontificio Consiglio?
- Antonio Maria Veglio': I migranti non hanno pausa e anche durante il
periodo estivo il Pontificio Consiglio, sebbene a ritmo meno serrato, ha
continuato senza interruzioni la sua attivita' di promozione della pastorale
specifica della Chiesa nel mondo della mobilita' umana. Ora, comunque, ci
prepariamo a importanti appuntamenti, che ci porteranno in varie parti del
mondo. Dopo il terzo incontro nazionale di pastorale della mobilita' umana,
che si e' svolto a Brasilia, dal 16 al 18 settembre, celebreremo, nella sede
del nostro Pontificio Consiglio, il primo incontro europeo per la pastorale
della strada, dal 29 settembre al 2 ottobre. Nei giorni 27 e 28 novembre, a
Bhopal, in India, parteciperemo alla conferenza nazionale per la pastorale
dei nomadi nel continente indiano, mentre sempre nella sede del dicastero
organizzeremo l'incontro dei direttori nazionali della pastorale per i
circensi e i fieranti, l'11 e 12 dicembre. Nel frattempo, offriremo il
nostro contributo a diversi incontri dell'apostolato del mare in Finlandia,
Australia, India, Oceania, Giappone e Corea. Ma l'evento piu' significativo
sara' senza dubbio il VI congresso mondiale per la pastorale dei migranti e
dei rifugiati, che si svolgera' in Vaticano dal 9 al 12 novembre. E' un
appuntamento quinquennale di verifica, studio e progettazione, che
convochera' oltre trecento esperti e operatori internazionali della
pastorale dei migranti e dei rifugiati sul tema "Una risposta al fenomeno
migratorio nell'era della globalizzazione".
da nonviolenzaincammino
2 commenti:
leggere l'intero blog, pretty good
good start
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