RICORDANDO DON MILANI CON PROFONDA GRATITUDINE
Ricorrendo il 27 maggio l'anniversario della nascita di don Lorenzo Milani (1923-1967), il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo lo ricorda con profonda gratitudine, ridiffondendo il testo della "Lettera ai cappellani militari toscani che hanno sottoscritto il comunicato dell'11 febbraio 1965", uno dei documenti poi raccolti, insieme alla successiva "Lettera ai giudici" (l'autodifesa milaniana al processo in cui fu imputato proprio per aver scritto quella lettera aperta), nel volume intitolato L'obbedienza non e' piu' una virtu', che costituisce uno dei grandi testi a sostegno dell'obiezione di coscienza contro ogni guerra, contro ogni esercito, contro ogni uccisione.
Il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo
Viterbo, 25 maggio 2012
Mittente: "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Allegato 1. Breve notizia su don Lorenzo Milani
Lorenzo Milani nacque a Firenze nel 1923, proveniente da una famiglia della borghesia intellettuale, ordinato prete nel 1947. Opera dapprima a S. Donato a Calenzano, ove realizza una scuola serale aperta a tutti i giovani di estrazione popolare e proletaria, senza discriminazioni politiche. Viene poi trasferito punitivamente a Barbiana nel 1954. Qui realizza l'esperienza della sua scuola. Nel 1958 pubblica Esperienze pastorali, di cui la gerarchia ecclesiastica ordinera' il ritiro dal commercio. Nel 1965 scrive la lettera ai cappellani militari da cui derivera' il processo i cui atti sono pubblicati ne L'obbedienza non e' piu' una virtu'. Muore dopo una lunga malattia nel 1967; era appena uscita la Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana. L'educazione come pratica di liberazione, la scelta di classe dalla parte degli oppressi, l'opposizione alla guerra, la denuncia della scuola classista che discrimina i poveri: sono alcuni dei temi su cui la lezione di don Milani resta di grande valore. Opere di Lorenzo Milani e della scuola di Barbiana: Esperienze pastorali, L'obbedienza non e' piu' una virtu', Lettera a una professoressa, pubblicate tutte presso la Libreria Editrice Fiorentina (Lef). Postume sono state pubblicate le raccolte di Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Mondadori; le Lettere alla mamma, Mondadori; e sempre delle lettere alla madre l'edizione critica, integrale e annotata, Alla mamma. Lettere 1943-1967, Marietti. Altri testi sono apparsi sparsamente in volumi di diversi autori. La casa editrice Stampa Alternativa ha meritoriamente effettuato nell'ultimo decennio la ripubblicazione di vari testi milaniani in edizioni ultraeconomiche e criticamente curate. La Emi ha recentemente pubblicato, a cura di Giorgio Pecorini, lettere, appunti e carte varie inedite di don Lorenzo Milani nel volume I care ancora. Altri testi ha pubblicato ancora la Lef. Opere su Lorenzo Milani: sono ormai numerose; fondamentali sono: Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell'ultimo, Rizzoli, Milano 1993; Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Baldini & Castoldi, Milano 1996; Mario Lancisi (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Ernesto Balducci, L'insegnamento di don Lorenzo Milani, Laterza, Roma-Bari 1995; Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, Lef, Firenze 1974; Antonio Schina (a cura di), Don Milani, Centro di documentazione di Pistoia, 1993. Segnaliamo anche l'interessante fascicolo monografico di "Azione nonviolenta" del giugno 1997. Segnaliamo anche il fascicolo Don Lorenzo Milani, maestro di liberta', supplemento a "Conquiste del lavoro", n. 50 del 1987. Tra i testi apparsi di recente: il testo su don Milani di Michele Ranchetti nel suo libro Gli ultimi preti, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1997; David Maria Turoldo, Il mio amico don Milani, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1997; Liana Fiorani, Don Milani tra storia e attualita', Lef, Firenze 1997, poi Centro don Milani, Firenze 1999; AA. VV., Rileggiamo don Lorenzo Milani a trenta anni dalla sua morte, Comune di Rubano 1998; Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Firenze 1998; Liana Fiorani, Dediche a don Milani, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2001; Edoardo Martinelli, Pedagogia dell'aderenza, Polaris, Vicchio di Mugello (Fi) 2002; Marco Moraccini (a cura di), Scritti su Lorenzo Milani. Una antologia critica, Il Grandevetro - Jaca Book, Santa Croce sull'Arno (Pi) - Milano 2002; Jose' Luis Corzo Toral, Lorenzo Milani. Analisi spirituale e interpretazione pedagogica, Servitium, Sotto il Monte (Bergamo) 2008.
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Allegato 2. Lorenzo Milani, Lettera ai cappellani militari toscani che hanno sottoscritto il comunicato dell'11 febbraio 1965
Da tempo avrei voluto invitare uno di voi a parlare ai miei ragazzi della vostra vita. Una vita che i ragazzi e io non capiamo.
Avremmo pero' voluto fare uno sforzo per capire e soprattutto domandarvi come avete affrontato alcuni problemi pratici della vita militare. Non ho fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola.
Io l'avrei voluto privato, ma ora che avete rotto il silenzio voi, e su un giornale, non posso fare a meno di farvi quelle stesse domande pubblicamente.
Primo, perche' avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo. E nessuno, ch'io sappia, vi aveva chiamati in causa. A meno di pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristiana bruci dentro di voi una qualche vostra incertezza interiore.
Secondo, perche' avete usato, con estrema leggerezza e senza chiarirne la portata, vocaboli che sono piu' grandi di voi.
Nel rispondermi badate che l'opinione pubblica e' oggi piu' matura che in altri tempi e non si contentera' ne' d'un vostro silenzio, ne' d'una risposta generica che sfugga alle singole domande. Paroloni sentimentali o volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti. Se avete argomenti saro' ben lieto di darvene atto e di ricredermi se nella fretta di scrivere mi fossero sfuggite cose non giuste.
Non discutero' qui l'idea di Patria in se'. Non mi piacciono queste divisioni.
Se voi pero' avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi diro' che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.
Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loro idee pagano di persona.
Certo ammetterete che la parola Patria e' stata usata male molte volte. Spesso essa non e' che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben piu' alti di lei.
Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. E' troppo facile dimostrare che Gesu' era contrario alla violenza e che per se' non accetto' nemmeno la legittima difesa.
Mi riferiro' piuttosto alla Costituzione.
Articolo 11 "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli...".
Articolo 52 "La difesa della Patria e' sacro dovere del cittadino".
Misuriamo con questo metro le guerre cui e' stato chiamato il popolo italiano in un secolo di storia.
Se vedremo che la storia del nostro esercito e' tutta intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese piu' la Patria e l'onore della Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L'obbedienza a ogni costo? E se l'ordine era il bombardamento dei civili, un'azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei partigiani, l'uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l'esecuzione d'ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di evidente aggressione, l'ordine d'un ufficiale ribelle al popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari?
Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verita' in faccia ai vostri "superiori" sfidando la prigione o la morte? se siete ancora vivi e graduati e' segno che non avete mai obiettato a nulla. Del resto ce ne avete dato la prova mostrando nel vostro comunicato di non avere la piu' elementare nozione del concetto di obiezione di coscienza.
Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioe' noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1.000 miliardi l'anno) l'esercito, e' solo perche' difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranita' popolare, la liberta', la giustizia. E allora (esperienza della storia alla mano) urgeva piu' che educaste i nostri soldati all'obiezione che all'obbedienza.
L'obiezione in questi 100 anni di storia l'han conosciuta troppo poco. L'obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l'han conosciuta anche troppo.
Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando occorreva obiettare.
1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di Patria, tento' di buttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua Patria. Fra quei briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria. Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche piazza d'Italia un monumento come eroe della Patria.
A 100 anni di distanza la storia si ripete: l'Europa e' alle porte.
La Costituzione e' pronta a riceverla: "L'Italia consente alle limitazioni di sovranita' necessarie...". I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, cosi' come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I nostri nipoti rideranno dell'Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani militari le vedranno solo nei musei.
La guerra seguente 1866 fu un'altra aggressione. Anzi c'era stato un accordo con il popolo piu' attaccabrighe e guerrafondaio del mondo per aggredire l'Austria insieme.
Furono aggressioni certo le guerre (1867-1870) contro i Romani i quali non amavano molto la loro secolare Patria, tant'e' vero che non la difesero. Ma non amavano molto neanche la loro nuova Patria che li stava aggredendo, tant'e' vero che non insorsero per facilitarle la vittoria. Il Gregorovius spiega nel suo diario: "L'insurrezione annunciata per oggi, e' stata rinviata a causa della pioggia".
Nel 1898 il Re "Buono" onoro' della Gran Croce Militare il generale Bava Beccaris per i suoi meriti in una guerra che e' bene ricordare. L'avversario era una folla di mendicanti che aspettavano la minestra davanti a un convento a Milano. Il Generale li prese a colpi di cannone e di mortaio solo perche' i ricchi (allora come oggi) esigevano il privilegio di non pagare tasse. Volevano sostituire la tassa sulla polenta con qualcosa di peggio per i poveri e di meglio per loro. Ebbero quel che volevano. I morti furono 80, i feriti innumerevoli. Fra i soldati non ci fu ne' un ferito ne' un obiettore. Finito il servizio militare tornarono a casa a mangiar polenta. Poca perche' era rincarata.
Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare "Savoia" anche quando li portarono a aggredire due volte (1896 e 1935) un popolo pacifico e lontano che certo non minacciava i confini della nostra Patria. Era l'unico popolo nero che non fosse ancora appestato dalla peste del colonialismo europeo.
Quando si battono bianchi e neri siete coi bianchi? Non vi basta di imporci la Patria Italia? Volete imporci anche la Patria Razza Bianca? Siete di quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti perche' quel giornale considera la vita d'un bianco piu' che quella di 100 neri. Avete visto come ha messo in risalto l'uccisione di 60 bianchi nel Congo, dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne i mandanti qui in Europa?
Idem per la guerra di Libia.
Poi siamo al '14. L'Italia aggredi' l'Austria con cui questa volta era alleata.
Battisti era un Patriota o un disertore? E' un piccolo particolare che va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti?
Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una "inutile strage"? (l'espressione non e' d'un vile obiettore di coscienza ma d'un Papa canonizzato).
Era nel '22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l'esercito non la difese. Stette a aspettare gli ordini che non vennero. Se i suoi preti l'avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l'Obbedienza "cieca, pronta, assoluta" quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al mondo (50.000.000 di morti). Cosi' la Patria ando' in mano a un pugno di criminali che violo' ogni legge umana e divina e riempiendosi la bocca della parola Patria, condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra "Patria", quelli che di quella parola non avevano mai voluto approfondire il significato, quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla Patria (e, sia detto incidentalmente, disonorarono anche la Chiesa).
Nel '36 50.000 soldati italiani si trovarono imbarcati verso una nuova infame aggressione: Avevano avuto la cartolina di precetto per andar "volontari" a aggredire l'infelice popolo spagnolo.
Erano corsi in aiuto d'un generale traditore della sua Patria, ribelle al suo legittimo governo e al popolo suo sovrano. Coll'aiuto italiano e al prezzo d'un milione e mezzo di morti riusci' a ottenere quello che volevano i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello sciopero, del sindacato, dei partiti, d'ogni liberta' civile e religiosa.
Ancor oggi, in sfida al resto del mondo, quel generale ribelle imprigiona, tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d'aver difeso allora la Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l'obbedienza dei "volontari" italiani tutto questo non sarebbe successo.
Se in quei tristi giorni non ci fossero stati degli italiani anche dall'altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno spagnolo. Per l'appunto questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro Patria. Gente che aveva obiettato.
Avete detto ai vostri soldati cosa devono fare se gli capita un generale tipo Franco? Gli avete detto che agli ufficiali disobbedienti al popolo loro sovrano non si deve obbedire?
Poi dal '39 in la' fu una frana: i soldati italiani aggredirono una dopo l'altra altre sei Patrie che non avevano certo attentato alla loro (Albania, Francia, Grecia, Egitto, Jugoslavia, Russia).
Era una guerra che aveva per l'Italia due fronti. L'uno contro il sistema democratico. L'altro contro il sistema socialista. Erano e sono per ora i due sistemi politici piu' nobili che l'umanita' si sia data.
L'uno rappresenta il piu' alto tentativo dell'umanita' di dare, anche su questa terra, liberta' e dignita' umana ai poveri.
L'altro il piu' alto tentativo dell'umanita' di dare, anche su questa terra, giustizia e eguaglianza ai poveri.
Non vi affannate a rispondere accusando l'uno o l'altro sistema dei loro vistosi difetti e errori. Sappiamo che son cose umane. Dite piuttosto cosa c'era di qua dal fronte. Senza dubbio il peggior sistema politico che oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto escogitare. Negazione d'ogni valore morale, di ogni liberta' se non per i ricchi e per i malvagi. Negazione d'ogni giustizia e d'ogni religione. Propaganda dell'odio e sterminio d'innocenti. Fra gli altri lo sterminio degli ebrei (la Patria del Signore dispersa nel mondo e sofferente).
Che c'entrava la Patria con tutto questo? e che significato possono piu' avere le Patrie in guerra da che l'ultima guerra e' stata un confronto di ideologie e non di patrie?
Ma in questi cento anni di storia italiana c'e' stata anche una guerra "giusta" (se guerra giusta esiste). L'unica che non fosse offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana.
Da un lato c'erano dei civili, dall'altra dei militari. Da un lato soldati che avevano obbedito, dall'altra soldati che avevano obiettato.
Quali dei due contendenti erano, secondo voi, i "ribelli", quali i "regolari"?
E' una nozione che urge chiarire quando si parla di Patria. Nel Congo p. es. quali sono i "ribelli"?
Poi per grazia di Dio la nostra Patria perse l'ingiusta guerra che aveva scatenato. Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono a ricacciare i nostri soldati.
Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici contadini o operai trasformati in aggressori dall'obbedienza militare. Quell'obbedienza militare che voi cappellani esaltate senza nemmeno un "distinguo" che vi riallacci alla parola di San Pietro: "Si deve obbedire agli uomini o a Dio?". E intanto ingiuriate alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere per fare come ha fatto San Pietro.
In molti paesi civili (in questo piu' civili del nostro) la legge li onora permettendo loro di servir la Patria in altra maniera. Chiedono di sacrificarsi per la Patria piu' degli altri, non meno. Non e' colpa loro se in Italia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione.
Del resto anche in Italia c'e' una legge che riconosce un'obiezione di coscienza. E' proprio quel Concordato che voi volevate celebrare. Il suo terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di coscienza dei Vescovi e dei Preti.
In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si e' ancora pronunziata ne' contro di loro ne' contro di voi. La sentenza umana che li ha condannati dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, non che son vili. Chi vi autorizza a rincarare la dose? E poi a chiamarli vili non vi viene in mente che non s'e' mai sentito dire che la vilta' sia patrimonio di pochi, l'eroismo patrimonio dei piu'?
Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo dei profeti e' la prigione, ma non e' bello star dalla parte di chi ce li tiene.
Se ci dite che avete scelto la missione di cappellani per assistere feriti e moribondi, possiamo rispettare la vostra idea. Perfino Gandhi da giovane l'ha fatto. Piu' maturo condanno' duramente questo suo errore giovanile. Avete letto la sua vita?
Ma se ci dite che il rifiuto di difendere se stesso e i suoi secondo l'esempio e il comandamento del Signore e' "estraneo al comandamento cristiano dell'amore" allora non sapete di che Spirito siete! che lingua parlate? come potremo intendervi se usate le parole senza pesarle? se non volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete!
Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi auspicate: Auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia, Liberta', Verita'.
Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la verita' e l'errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima.
Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che, avvelenati senza loro colpa da una propaganda d'odio, si son sacrificati per il solo malinteso ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale umano.
Lorenzo Milani sac.
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