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venerdì 29 aprile 2011

UNA PROPOSTA ALTERNATIVA ALLO SCIOPERO

Alla CGIL,
Al Movimento Nonviolento,
A Emergency,
A Peacelink
A Greenpeace.

Venerdì prossimo la CGIL ha indetto uno sciopero. Come cittadino e insegnante elementare avrei una proposta alternativa. Premetto che nella mia carriera di scioperi ne ho fatti moltissimi (a volte anche da solo). Premetto anche che condivido le motivazioni che hanno portato all'indizione dello sciopero. Però questa volta lo sciopero non lo faccio. Anzi avrei una modesta proposta:
 dato che quando facciamo sciopero, Tremonti è solo felice, propongo di andare a lavorare e versare la giornata di lavoro alle Associazioni cui questa proposta è indirizzata (o a chi volete voi, La Comunità di San Benedetto di Genova, a Associazioni pacifiste e nonviolente, ecc.):
di pubblicizzare questa iniziativa su blog, stampa locale e nazionale, ecc.;
di inviare copia del bollettino di versamento al Ministero dell'Istruzione (se insegnanti);
di informare Dirigenti, Colleghi e genitori dell'iniziativa.
Così facendo, informeremo lo Stato che, almeno per un giorno ha finanziato il 'nemico'...
Che ne dite?

Giuliano Falco

Albenga, 28 aprile 2011




giovedì 28 aprile 2011

PETIZIONECONTRO LA GUERRA

ho promosso una petizione on line contro la grave decisione del Governo, avallata dal presidente Napolitano. Ti prego di pubblicizzare questo link e d'invitare tutti-e a sottoscrivere l'appello. Grazie e un affettuoso saluto. Ermete Ferraro


LINK: http://www.petizionionline.it/petizione/litalia-ripudia-la-guerra-gli-italiani-ripudino-chi-vuole-farcela-fare/3990  

Caro Marescotti,



consentimi un commento alla Dichiarazione di Peacelink sui bombardamenti in Libia, che condivido largamente nello spirito e negli intenti.


Purtroppo non è vero che la risoluzione ONU autorizza solo la no-fly zone. Questa è prevista dal par. 6, ma il par. 4 autorizza invece qualsiasi stato membro "a prendere tutte le misure necessarie... per proteggere i civili e le aree a popolazione civile", una formula vaghissima che si presta alle interpretazioni più sperticate. E' vero però che anche l'interpretazione più audace non può giustificare atti come le bombe dirette a Gheddafi, o la fornitura di armi e assistenza agli insorti. Così come è vero che né il trattato ONU, né il trattato NATO obbligano l'Italia ad intervenire.


Ma al di là di questo, il fatto è che questa risoluzione, come altre che l'hanno preceduta, è un'autentica mostruosità giuridica e morale, come ho argomentato sul mio blog ( http://albertocacopardo.blogspot.com/ ) che invito gli interessati a visitare. Questa vicenda non fa che confermare che finché l'ONU non si darà una nuova Carta che definisca finalmente un sistema di regole e di controlli efficaci sugli interventi coercitivi, la pace nel mondo resterà una chimera.


Aggiungo che la partecipazione italiana non viola solo l'art. 11, che purtroppo è tecnicamente privo di efficacia operativa, ma, peggio ancora, viola il cardine dell'intero diritto internazionale, consacrato nell'art. 10, che è l'obbligo di rispetto dei trattati. Anche su questo si può vedere il post "L'Italia bombarda la Libia, il diritto e la democrazia" sul blog di cui sopra.


Permettimi infine di osservare che il link al testo italiano della Risoluzione 1973 riportato in calce alla Dichiarazione, conduce ad un sito che ha copiato la mia traduzione dal solito blog, ma omettendo la numerazione dei paragrafi, cosa che rende un po' ardua la lettura. Forse sarebbe opportuno sostituirlo con un link all'originale.


Cordialmente,


Alberto Cacopardo

Grave l'appoggio di Napolitano, Berlusconi e PD a un'operazione militare in Libia che - consentendo azioni di bombardamento - viola sia la risoluzione ONU sia l'articolo 11 della Costituzione Italiana.

Leggi l'editoriale di PeaceLink
http://www.peacelink.it/editoriale/a/33892.html

Sostieni la telematica per la pace, versa un contributo sul c.c.p.
13403746 intestato ad Associazione PeaceLink, C.P. 2009, 74100 Taranto
(TA)

mercoledì 27 aprile 2011

COMUNICATO UNITARIO CONTRO I BOMBARDAMENTI IN LIBIACOORDINAMENTO 2 APRILE
Le persone, le organizzazioni e le associazioni che in questo periodo hanno sentito la necessità,
attraverso appelli, prese di posizioni e promozione di iniziative, di levare la propria voce
· CONTRO LA GUERRA E LA CULTURA DELLA GUERRA· PER FERMARE I MASSACRI, I BOMBARDAMENTI E PER IL CESSATE IL FUOCO IN LIBIA·
DEI POPOLI MEDITERRANEI E DEI PAESI ARABI
PER SOSTENERE LE RIVOLUZIONI E LE LOTTE PER LA LIBERTÀ E LA DEMOCRAZIA · PER L'ACCOGLIENZA E LA PROTEZIONE DEI PROFUGHI E DEI MIGRANTI·
LE REPRESSIONI IN CORSO
CONTRO LE DITTATURE, I REGIMI, LE OCCUPAZIONI MILITARI,· PER IL DISARMO, UN'ECONOMIA ED UNA SOCIETÀ GIUSTA E SOSTENIBILEESPRIMONOLA LORO NETTA OPPOSIZIONE AL COINVOLGIMENTO DELL’ITALIA NEI BOMBARDAMENTI IN LIBIA
alla luce
· dell’articolo 11 della nostra Costituzione· del passato coloniale del nostro paese e delle stragi ad esso collegate· del sostegno e delle armi dati al regime di Gheddafi fino all’ultimo momento· del non impegno per il cessate il fuoco e l’apertura di corridoi umanitari per i profughi· della ripresa dei respingimenti dei migranti· della mancanza di una dignitosa politica di accoglienza· del silenzio colpevole e gravissimo contro la strage di oppositori disarmati in Siria· del disimpegno totale sulla transizione democratica in Tunisia e in Egitto·
NON C’E’ NIENTE DI UMANITARIO NELLE BOMBE ITALIANE IN LIBIA
della complicità con la occupazione militare in Palestina e con l’assedio a GazaC’E’ SOLO LA DIFESA DI INTERESSI ECONOMICI, ENERGETICI, STRATEGICI
La popolazione libica schiacciata dalla guerra e dalla dittatura e i popoli di tutto il mondo arabo
hanno bisogno di un’altra politica italiana ed europea
METTIAMO IN CAMPO TUTTE LE INIZIATIVE POSSIBILI DI DENUNCIA E SOLIDARIETA’
PER IL CESSATE IL FUOCO
PER DIFENDERE E AFFERMARE DAVVERO
LA DEMOCRAZIA, LA PACE E LA GIUSTIZIA, TUTTI I I DIRITTI UMANI, SOCIALI E CIVILIhttp://coordinamento2aprile.blogspot.com/

Un testo di David Maria Turoldo sulla Resistenza

Da una mail di Giovanna Miccichè, che qui ringrazio, ricavo questo testo di padre David Turoldo:


Dopo quarant'anni...
di David M. Turoldo
da “Ritorniamo ai giorni del rischio” del 1985

1945-1985. E oltre la stanchezza di molti, e quasi – per altri – il disagio e la vergogna a ricordare. E non rara malvagità di giudizi. E giovani, soprattutto giovani, generazioni senza memoria. «Dopo quarant'anni di solitudine e deserto», ecco il titolo che ero tentato di premettere alla presente piccola raccolta.
Perché un così alto richiamo per una tanto umile testimonianza, dedicata al quarantesimo
anniversario di quella che avrebbe dovuto essere liberazione dell'Italia dal fascismo e dal nazismo? e da ogni violenza e umiliazione e miseria.
Sì, insieme al mio fratello di convento, Camillo de Piaz, ho fatto la Resistenza: con molti giovani cattolici, e comunisti, e socialisti, e del Partito d'Azione, e altri; con Curiel e Gillo Pontecorvo, e Teresio Olivelli, quello della «Preghiera del Ribelle»; e con Mario ,Apollonio e amici dell'Università Cattolica, e altri ancora. Sì, in molti avevamo lottato e sperato insieme.
Sperato in che cosa: in simili risultati? No! Ed è inutile che mi attardi a dire le ragioni di questa profonda delusione. Lo sanno tutti gli anziani, i sopravvissuti, se appena ne hanno conservato un'illuminata memoria. Lo possono sapere anche i giovani, se appena ne vogliano prendere coscienza (basterebbe che leggessero, o rileggessero, le «Lettere dei condannati a morte dell'Italia e
dell'Europa»); se appena vogliano accertarsi di persona sulla realtà di quei giorni e di quegli anni che parevano un terribile vulcano in eruzione, in maledetta eruzione di fuoco e cenere e sassi; centinaia di vulcani esplosi dal cuore della terra: meglio, esplosi da oscurità insondabili nel cuore della Follia; quali possono esplodere di nuovo da un momento all'altro, e più incontenibili ancora, più
deliranti. Tempi segnati da furori di morte. E anzi, neppure di morte, ma di «oltre-morte».
E allora: da chi e da che cosa ci siamo liberati? Sono stati veramente vinti e «sepolti in mare cavalli e cavalieri» del Faraone? O piuttosto, non si è abbattuto un Faraone e assistito alla comparsa di altri Faraoni? Oh, quanti fascismi, e nazismi, e razzismi ancora! Già: il fascismo non è un'ideologia appena, il fascismo è un sesso!
Dicevo del perché del richiamo: «Dopo quarant'anni...», di questo riferimento preciso, per chi non lo sapesse, al primo Esodo; all'Esodo di Israele in lotta contro il Faraone per liberarsi dalla schiavitù egiziana: il primo grande evento che definisce la stessa storia dell'umanità quale storia di una continua liberazione.
Perché a liberarci non sono gli uomini e le ideologie. Se è un uomo a liberarmi, io sarò schiavo di quell'uomo. Per questo nella Bibbia è detto che non è Mosè che libera: nel caso, tu saresti schiavo di Mosè.
La liberazione è molto più misteriosa e radicale, tanto da travolgere e superare ogni ideologia. Ogni ideologia, per quanto rivoluzionaria, una volta arrivata al potere sarà sempre una forza conservatrice: se non altro, per conservare il potere che ha conquistato. È così anche per il cristianesimo, qualora lo si riduca a ideologia. La libertà trascende tutti i miti. Ed è la ragione per cui la libertà è molto rara, e costosa, e difficile. Perciò gli stessi ebrei nel deserto, a volte, rimpiangevano la loro schiavitù...
E dunque, perché questo richiamo?
Perché il Faraone non è stato vinto. Perché ne sono succeduti altri, ugualmente oppressori e schiavisti.
Perché non avrei mai immaginato, dopo tante speranze, che ci saremmo ritrovati in queste
condizioni: provate solo a pensare a questa Europa. (Senza pensare, non dico agli stati dell'Est, cui pensiamo da sempre – per fortuna –; ma, nel contempo, pensare agli stati dell'America Latina e a molti stati del Terzo Mondo: almeno tentare di pensare, pensare a intervalli almeno!)
Perché ho imparato sulla pelle che la liberazione è sempre un miraggio, e che raramente è una realtà; o meglio, un miraggio da realizzare tutti i giorni.
Perché ho imparato che ogni uomo – e tanto più un cristiano! — deve ritenersi sempre un
«resistente»: uno nel deserto, appunto.
Perché la Terra Promessa è sempre da raggiungere; come il «Regno» ha sempre da venire; e Cristo è per definizione «posto a segno di contraddizione tra le genti». Perciò la Resistenza fa corpo con lo stesso essere cristiano.
Ho scritto un giorno: «Beati coloro che hanno fame e sete di opposizione»; oggi aggiungerei: «Beato colui che sa resistere».

venerdì 22 aprile 2011

Se «in principio era la gioia». Per una spiritualità centrata sul creato

DOC-2348. ROMA-ADISTA. Tutto cambia radicalmente se «in principio era la gioia», se la spiritualità centrata sul peccato, dominante nella dottrina e nella vita della Chiesa cattolica, lascia il posto alla spiritualità che mette al centro il creato, e il peccato originale è costretto ad arretrare di fronte alla «benedizione originale». È a questo nuovo (e al tempo stesso antico) paradigma che è dedicato il capolavoro dell’ex frate domenicano Matthew Fox Original Blessing (per l’appunto, “benedizione originale”) tradotto per la prima volta in italiano, con il titolo In principio era la gioia, dalla casa editrice Fazi (Roma, 2011, pp. 423, euro 19,50), che con esso inaugura la collana di libera ricerca spirituale “Campo dei Fiori”, diretta da Elido Fazi insieme a Vito Mancuso («in omaggio alla libera ricerca spirituale che condusse Giordano Bruno a essere bruciato vivo» appunto a Campo dei Fiori).


Pubblicato negli Usa nel 1983, il libro di Fox è stato, come ricorda Mancuso nella sua Introduzione, «un autentico bestseller», al punto che il 25.mo anniversario della prima edizione, nel 2008, «è stato onorato da ben 65 autori». Un libro le cui tesi sono costate al teologo, nel 1993, l’espulsione dall’ordine domenicano ad opera di Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, in seguito alla quale Fox ha lasciato la Chiesa cattolica entrando in quella episcopaliana, ma soprattutto diventando «un prete post-denominazioni in un’era post-denominazioni», consapevole della necessità di «ricondurre le religioni alla loro essenza, che non è la religione, ma la spiritualità». «Il cardinal Ratzinger – si legge nella Prefazione di Fox all’edizione del 2000 – ha definito questo libro “pericoloso e fuorviante” (…). Io sono convinto che a essere pericolosa e fuorviante sia la crescita del controllo patriarcale, del pessimismo, dell’antropocentrismo e dell’ideologia del peccato originale». Proprio per questo, quando nel 2005 Ratzinger venne eletto papa, Fox pensò bene di affiggere al portone della chiesa di Wittenberg, dove nel 1517 Lutero aveva inchiodato le sue celebri 95 tesi contro le indulgenze papali, un suo proprio elenco di altrettante tesi, adeguate all’attualità. E lo stesso ha fatto il 3 aprile scorso a Roma (dove si trovava per partecipare a un dibattito attorno al suo libro nel contesto della rassegna «Libri Come»), alla basilica di Santa Maria Maggiore, il cui arciprete è il card. Bernard Francis Law, già arcivescovo di Boston, rimosso nel 2002 per aver insabbiato numerosi casi di pedofilia del clero.


 Archivio anno 2011 ::. Adista Documenti n. 33 www.adistaonline.it


15 miliardi di anni «di grazia cosmica»


Il libro di Fox offre un itinerario spirituale attraverso quattro sentieri, dalla Via Positiva (che ci pone in contatto con le bellezze e le profondità cosmiche del creato) alla Via Negativa (che ci apre al silenzio, all’oscurità, alla sofferenza e all’abbandono), alla Via Creativa (che segna il passaggio dal cosmo alla cosmogenesi rendendoci co-creatori) e infine alla Via Transformativa (che, attraverso la compassione ci riporta alla nostra origine in un modo rinnovato: il creato riemerso dallo stato di ingiustizia relazionale, «ricucito  e reso di nuovo integro»). È un percorso nella via della sapienza, nella consapevolezza che la conoscenza da sola non basta, che, anzi, da sola, «è un’arma carica» (il riscaldamento globale, scrive, si deve proprio all’impiego della conoscenza senza saggezza). Un viaggio che ribalta in maniera completa il tradizionale itinerario verso Dio del cattolicesimo ufficiale, il cui punto di partenza è il peccato, «il quale precisamente per questo – sottolinea Mancuso – va detto “originale”, perché origina, mette in moto, accende tutto il processo». Al contrario, per Fox (il quale non nega la dottrina del peccato originale, ma ne critica la preminenza nell’insegnamento ecclesiastico), all’origine c’è il bene, c’è la gioia, la grazia, la lode. «Non si tratta soltanto della “bontà” della nostra specie, ovviamente», ma «della benedizione che l’universo stesso rappresenta e ha rappresentato per 15 miliardi di anni fino ad oggi». Per questo, scrive il teologo, il libro «rappresenta l’essenza dei miei sforzi di decostruire e ricostruire le tradizioni religiose occidentali che abbiamo ereditato»: di decostruire la religione «antropocentrica e pessimistica di caduta e redenzione» e di ricostruire la religione stessa attraverso la tradizione più antica della spiritualità del creato. È la tradizione, afferma il teologo nella Prefazione all’edizione italiana, di cui fa parte lo stesso Gesù, che l’ha ripresa dalla sapienza dell’antico Israele, ed è la tradizione più antica della Bibbia, oltre ad essere quella che sta dietro l’«unica vera rinascita che è avvenuta in Occidente», quella del XII secolo, «il secolo che diede i natali a Francesco d’Assisi», ripresa poi da Tommaso d’Aquino, Matilde di Magdeburgo, Meister Eckart, Giuliana di Norwich, Niccolò Cusano. Così, se la religione giudaico-cristiana è stata da più parti accusata di aver creato e alimentato l’antropocentrismo, contribuendo in maniera determinante al saccheggio a cui è stato sottoposto il nostro pianeta (v. Adista nn. 72/08, 29 e 98/10 e 24/11), Matthew Fox mostra come esista al suo interno anche una tradizione più antica - e quasi del tutto dimenticata - che mette al centro il creato, e che potrebbe «inaugurare nuove possibilità di rapporto tra la spiritualità e la scienza, che modellerebbero a loro volta nuovi paradigmi per la cultura, le istituzioni e gli individui».
(claudia fanti)

ECOLOGIA SOCIALISMO / SPIRITUALITA' LAICITA'

In questi ultimi giorni ho ricevuto mail su ecosocialismo (quella di Adista, che pubblico per prima) e su la spiritualità laica e il rapporto con l'ecologia (di Paolo D'Arpini, con una risposta di Caterina Regazzi).
Mi sembra materiale interessante, per cui auguro ai lettori buona lettura e spero di riuscire a scrivere qualcosa sull'argomento...
Auguri a tutti

Giuliano

CI SALVERÀ L’ECOSOCIALISMO
di FERNANDO DE LA CUADRA
SECONDO UN SOCIOLOGO CILENO, SIAMO AL PUNTO DI NON RITORNO. DOBBIAMO RINUNCIARE AL CAPITALISMO O UN PROSSIMO SECOLO NON CI SARÀ

TRATTO DALL’AGENZIA BRASILIANA DI NOTIZIE SULL’AMERICA LATINA ADITAL 22 MARZO 2011. TITOLO ORIGINALE: LA PROPUESTA ECOSOCIALISTA A LA ACTUAL CRISIS GLOBAL
Gli ultimi avvenimenti che hanno commosso il mondo sono la manifestazione di un fenomeno che viene esposto e discusso da vari decenni: l’esaurimento di un modello produttivista e predatorio che minaccia con sempre maggiore incisività le basi materiali della vita del pianeta. Il cambiamento climatico è un fatto che a questo punto non possiamo negare. Sebbene ci sia un consenso quasi globale nel mondo scientifico sulla sua inevitabilità, ancora sussiste sufficiente incertezza sulle effettive conseguenze che esso può causare. In America Latina si stima che i maggiori impatti di questi cambiamenti ricadranno soprattutto sul’agricoltura, la pesca e l’accesso all’acqua potabile. Tale situazione rende ancora più evidente la seconda contraddizione del capitalismo, la prima essendo fra capitale e forza-lavoro: la preminente contraddizione fra le forze distruttive e predatorie del capitale e la natura.
La questione dei limiti ecologici alla crescita economica e delle interrelazioni fra sviluppo e ambiente è stata reintrodotta nel pensiero occidentale (1) negli anni ’60-inizio ’70 da un gruppo importante di teorici, fra i quali si possono segnalare Georgescu-Roegen, Kapp, Naess, Sachs y Schumacher. Per esempio, in un lavoro pionieristico di Ernst F. Schumacher, Small is Beautiful (“Piccolo è bello”, Mondadori, 1988, ndt), pubblicato nel 1973, l’economista anglo-tedesco espone una critica precisa al modello produttivista delle società occidentali che ci porterà al disastro ambientale e alla distruzione della stessa vita, per cercare di comprendere dal punto di vista dell’umanità il problema nella sua totalità e cominciare ad individuare forme di sviluppo, nuovi metodi di produzione e nuovi modelli di consumo secondo uno stile di vita disegnato per durare ed essere sostenibile. Malgrado le differenze di approccio e la posizione più o meno militante di ognuno di questi pensatori, quello che emerge come aspetto comune è la critica veemente al modello di produzione e di consumo inerente allo sviluppo capitalista.
Questo modello, che ha generato una crescita esponenziale di sfruttamento delle risorse naturali e che stimola il consumismo sfrenato, specialmente nei Paesi dell’emisfero Nord, è responsabile sia dell’esaurimento delle risorse (2) che della produzione di tonnellate di spazzatura che contaminano quotidianamente le acque, l’aria e la terra. Ogni anno si perdono 14,6 milioni di ettari di boschi e migliaia di specie, riducendo ed erodendo irreversibilmente la diversità biologica. Continua la devastazione delle foreste, di cui si perdono annualmente circa 17 milioni di ettari, quattro volte l’estensione della Svizzera. E siccome non ci sono alberi per assorbire le eccedenze di CO2, l’effetto serra e il riscaldamento si aggravano. La fascia d’ozono, malgrado il Protocollo di Montreal (1987), non si recupererà fino alla metà del secolo XXI. Il biossido di carbonio presente nell’atmosfera (370 parti per milione) ha subìto un incremento del 32% rispetto al secolo XIX, raggiungendo le maggiori concentrazioni degli ultimi 20 milioni di anni e oggi aggiungiamo annualmente all’atmosfera più di 23.000 milioni di tonnellate di CO2, accelerando il cambiamento climatico. Si prevede che le emissioni di biossido di carbonio aumenteranno di un 75% fra il 1997 e il 2020. Ogni anno emettiamo circa 100 milioni di tonnellate di biossido di zolfo, 70 milioni di ossidi di azoto, 200 milioni di monossido di carbonio e 60 milioni di particelle in sospensione aggravando i problemi causati dalle piogge acide, dall’ozono troposferico e dalla contaminazione atmosferica locale.
In definitiva, un complesso di indicatori ambientali studiati negli ultimi decenni sembra rivelare con sempre maggiore chiarezza che se l’umanità non cambia il suo modello di sviluppo, in meno di un secolo metteremo a serio rischio la sopravvivenza del pianeta e del genere umano. Come ci ricorda Istvan Mészáros, ad ogni nuova fase di rinvio forzato, le contraddizioni del sistema del capitale possono solo aggravarsi, comportando un pericolo ancora maggiore per la nostra stessa sopravvivenza.
Il susseguirsi di catastrofi ambientali e “climatiche” di cui sta soffrendo il pianeta, a partire da Cernobyl per terminare alla recente tragedia dell’impianto di Fukushima, ci permettono di sostenere senza esagerazione che ci troviamo ad uno stadio avanzato di rischio procurato o di crisi strutturale, non solo del capitale, ma della sostenibilità della specie. Il secolo XXI è iniziato con una impronta catastrofica, con un numero di disastri ecologici e naturali senza precedenti nella storia (3). Di fronte a questo panorama incerto e desolante sono sorte diverse iniziative (come la Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento climatico) che cercano di costruire alternative al modello produttivista, predatorio e sfruttatore attualmente imperante. L’ecosocialismo contemporaneo nasce precisamente come una risposta a questa dimensione autodistruttiva del capitalismo e si pone come alternativa razionale e percorribile di fronte alla crisi socio ambientale e di civiltà che sta affrontando l’umanità.
Come afferma il Manifesto Ecosocialista redatto da Kove e Löwy, «la crisi ecologica e il deterioramento sociale sono profondamente intrecciati e dovrebbero essere valutati come espressioni diverse delle stesse forze strutturali che caratterizzano la dinamica e l’espansione del sistema capitalista mondiale. Questa crisi avrebbe la sua origine, innanzitutto, nel processo di industrializzazione accelerato che supera la capacità della terra di mantenerlo, ammortizzarlo e contenerlo, e, con esso, nel processo di globalizzazione, con tutte le conseguenze e gli effetti disintegratori nelle società dove si impone. (…). Il sistema capitalista attuale non può regolamentare la crisi che esso stesso ha posto in essere, né tanto meno superarla. Il sistema non può individuare una soluzione alla crisi ecologica perché farlo richiederebbe fissare dei limiti all’accumulazione, opzione inaccettabile per un sistema sociale fondato sull’imperativo crescere o morire. Insomma, il sistema capitalista mondiale è storicamente rovinato e in termini ecologici è profondamente insostenibile; bisogna cambiarlo o sostituirlo, se si vuole che il futuro sia degno di essere vissuto».
In questo modo, l’ecosocialismo cerca di rompere drasticamente con le pratiche distruttive e le forme predatorie che derivano da un modo di produzione e di consumo altamente bisognoso di risorse naturali e umane. La risposta ecosocialista rappresenta una rottura tanto con il modello espansionista del capitale quanto con la prospettiva produttivistica del “socialismo reale”. Per gli ecosocialisti, sia la logica del mercato e del profitto, sia il produttivismo burocratico del marxismo economicista volgarizzato sono considerati modelli assolutamente incompatibili con l’urgente e improcrastinabile necessità di preservare l’ambiente.
Alcuni detrattori di questa corrente hanno segnalato che il concetto ecosocialista è un’utopia, una mera fantasia, creazionismo letterario senza base scientifica né percorribilità pratica. Tuttavia, anche se facciamo una lettura rapida del futuro del pianeta, possiamo arrivare direttamente alla conclusione che è vantaggioso ripensare, in primo luogo, l’attuale fonte energetica utilizzata per far “funzionare” la terra. La dipendenza e l’uso smodato dei combustibili fossili non solo hanno effetti disastrosi diretti sugli ecosistemi, ma provocano anche permanenti e sanguinosi conflitti per il controllo delle risorse petrolifere. Allora l’ecosocialismo include necessariamente la proposta di altre fonti di energia pulita e rinnovabile che cambia radicalmente il mito e la relazione di dominio/usufrutto/distruzione dell’uomo con la natura.
In secondo luogo, l’uso di energie alternative (geotermica, solare, eolica, ecc.) deve essere accompagnata da un dibattito ampio sulla stessa nozione di progresso/sviluppo che oggi è basata soprattutto sulla crescita economica (4). L’idea della decrescita può anche essere considerata una illusione, una specie di filosofia ingenua e recessiva, ma le recenti prove sulla devastazione del pianeta possono farci muovere in altra direzione: l’alternativa della decrescita e la discussione sul potere e sulla disuguale distribuzione dell’uso delle risorse naturali dovrà essere per forza parte imprescindibile di qualsiasi agenda che voglia discutere di futuro dell’umanità. In questo senso, il dibattito sulla decrescita può anche essere considerato parte della costruzione di un progetto ecologista e socialista, essendo co-sostanziale alla decrescita il concetto della necessità di avanzare verso un differente funzionamento della società, più democratica, egualitaria, partecipativa e che ridefinisca drasticamente l’attuale modello di produzione e consumo, con la meta del benessere di tutti nel quadro di una nuova relazione dell’umanità con la natura.
In questo modo, tanto il socialismo ecologico quanto la prospettiva della decrescita rappresentano una riorganizzazione della vita in molti ambiti, suppongono di rinunciare al consumo artificiale per volgersi ad un consumo auto-limitativo e adeguato alle necessità reali delle persone, suppongono di pensare l’uso di energie alternative e pulite, suppongono di ridurre l’impronta ecologica attraverso attività su scala locale e di relazioni più eguali fra i membri di una comunità..
In sintesi, ecosocialismo, decrescita o Sumak Kawsay (in lingua quechua, vivere in armonia con gli altri e con l’ambiente, ndt) cercano fondamentalmente di riflettere sulle strategie che si stanno costruendo in funzione di invertire il cammino deleterio dell’attuale modello di produzione e consumo, per formulare un cambiamento a livello di civiltà che permetta di aspirare a un buen vivir nel rispetto dei popoli e della natura. n
Note
(1) Parliamo di una reintroduzione perché consideriamo che all’origine di queste preoccupazioni si trovi l’opera anticipatrice di un contemporaneo di Marx, William Morris, il quale aveva già introdotto elementi di una visione ecosocialista nei suoi scritti, specialmente nel racconto utopico Notizie da nessuna parte.
(2) Per esempio, si calcola che, se il consumo medio di energia degli Usa fosse generalizzato fra la popolazione mondiale, le riserve conosciute di petrolio si esaurirebbero in soli 19 giorni.
(3) Un rapporto di Strategia Internazionale per la Riduzione dei Disastri (Eird), organismo delle Nazioni Unite, ha segnalato che il 2010 è stato l’anno in cui si è registrata la maggior quantità di disastri naturali degli ultimi tre decenni, dato che il numero di persone che hanno perso la vita a causa di questi sinistri ha raggiunto la cifra di 300mila vittime.
(4) Da circa un decennio, si è avviato un dibattito che ha avuto molto spazio sulle pubblicazioni accademiche e nella società civile sull’urgente necessità di sostituire il modello di crescita attualmente vigente con un modello di “decrescita” sostenibile.


Adista 22 aprile 2011. Archivio anno 2011. Adista Contesti n. 34 www.adistaonline.it




Annotazioni sul concetto di spiritualità laica e suo rapporto con l’ecologia profonda
Io appartengo al luogo
Ed il luogo mi appartiene.
Io sono il luogo
Ed il luogo è in me.
(Saul Arpino)
Così sente il ri-abitante bioregionale, colui che vive nel ed è in simbiosi con il luogo.
E d’altronde il vero spiritualista laico sente e vede il luogo come se stesso, in questo uniformandosi alla visione dell’ecologia profonda… Infatti io mi occupo del luogo come fosse mio, parlo del luogo come fossi la sua voce. Questo avviene per ogni luogo, un “luogo ideale” in cui si incontrano Yin e Yang, bene e male. Avviene per l’Italia che riconosco come la mia amata patria. Avviene per la Terra che è la mia matrice. Avviene per l’universo spazioso in cui si svolge il mio contesto esistenziale. Avviene per lo Spirito che mi compenetra.
Certo all’inzio questo sentire assomiglia molto ad una opinione, cioè ha la parvenza di un pensiero assunto come vero, ma con la pratica e con il costante e continuo contatto con la natura e con gli altri esseri viventi si percepisce chiaramente che il “tutto” in cui noi siamo immersi è esattamente noi stessi…. Questa consapevolezza matura pian piano, quasi per gradi… ed infine succede che…
Secondo i grandi saggi l’opinione è solo un riflesso personale della percezione individuale della verità. Insomma l’opinione è sempre e comunque parziale ed incapace di riferire un’interezza. Ma se siamo in grado di interpretare ogni opinione come un tassello del pensiero universale e cerchiamo di integrarla nell’insieme del conosciuto forse stiamo mettendo in pratica quel “sincretismo” di pensiero auspicabile per il superamento delle ideologie e delle religioni precostituite. Unica discriminante dovrebbe essere la qualità della sincerità in cui l’opinione viene espressa…
Infatti se un’opinione è solo “strumentale” allora non vale nemmeno la pena di considerarla, essa non è nemmeno etichettabile come “opinione” (che già di per se stesso è un termine “riduttivo”) ma possiamo definirla “imroglio giustificativo” teso alla soddisfazione di un vantaggio personale o ideologico… basato sull’assunzione di un pensiero (definito universale). Ciò avviene quando si mente sapendo di mentire o anche allochè non si è andati sufficientemente in profondità nell’analisi interiore!
Per questa ragione punto sul merito della laicità, o equanimità, ed è quanto cerco di affermare in ogni mia espressione… Ma secondo me “laicità” deve presupporre anche il lasciare agli altri la libertà di pensare a modo loro e non possiamo usare la laicità per continuamente controbattere sui punti che a noi sembrano ledere tale principio…
Insomma dovremmo essere laici persino nei confronti della laicità..
Questo atteggiamento mentale, super partes, è decisamente utile ed interessante per l’affermazione di un “sincretismo” che dovrebbe accomunare noi tutti esseri umani nel riconoscimento del pari valore del pensiero che in ognuno si manifesta…
Ah, per quel che riguarda l’ipotetica differenza fra Uomini, Animali od Extraterrestri è solo un fatto di gradiente o predisposizione intellettiva, ma la coscienza che anima queste categorie vitali è la stessa, la possibilità di auto-conoscenza è pure la stessa…
Amo gli animali, amo gli extraterrestri amo ogni forma di vita ed ogni elemento.. ma dovendo perseguire una mia crescita personale (unico presupposto per la crescita universale) vale il detto “ad ognuno il suo lavoro”. Krishna affermò: meglio fallire cercando di compiere il proprio dharma piuttosto che trionfare nell’espletamento del dharma altrui. E dal punto di vista umano, essendo io stesso un uomo, mi occupo della mia auto-conoscenza e lascio agli altri esseri (umani o non umani) di fare la parte che ad ognuno compete!
Tradotto in termini laici significa che per fare il bene di tutti è sufficiente non arrecar male ad alcuno.
Paolo D’Arpini
spirito.laico@libero.it
………….
Commento ricevuto:
A proposito di questo tuo scritto su laicità e sincerità di pensiero. E' vero che si dovrebbe essere aperti, senza preconcetti, senza opinioni precostituite e prese solo per un'abitudine, una situazione di comodo.
Dall'utente dove sono andata oggi: si lamentava (con me che non c'entro niente e che non ho titolo “IO” per andare a fare recriminazioni) per l'organizzazione del mercato domenicale dei polli. Ho detto semplicemente di andare a fare rimostranze all'assessore preposto. Mi è stato risposto che sono anni che si fanno richieste che non vengono ascoltate, io replico: allora andate a fare queste richieste tramite l'opposizione. Loro : eh no, all'opposizione no!
Qui in consiglio comunale c'è una consigliera che, per me, è una brava consigliera, fa una opposizione concreta su cose giuste e vere, ma, per principio, siccome è all'opposizione, non va bene.
Dispiace vedere che ci sono tante posizioni che vengono mantenute solo per pigrizia.
Ma io, a che titolo giudico? Non ho anche io i miei pregiudizi? E' facile vederli negli altri.
A questo proposito, sento molto la frase di Jung:
“L'incontro con se stessi
è una delle esperienze più sgradevoli
alle quali si sfugge proiettando
tutto ciò che è negativo sul mondo circostante.
Chi è in condizione di vedere la propria ombra
e di sopportarne la conoscenza
ha già assolto una piccola parte del compito”
(C. G. Jung)
Caterina Regazzi




martedì 19 aprile 2011

VOTA SI' AI REFERENDUM DEL 12 E 13 GIUGNO

DIFFONDETE A CHIUNQUE !!! Ai referendum di domenica 12 e lunedì 13 giugno vota SI

1 - Vota SI per dire NO AL NUCLEARE.

2 - Vota SI per dire NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA.

3 - Vota SI per dire NO AL LEGITTIMO IMPEDIMENTO.


RICORDATEVI CHE DOVETE PUBBLICIZZARLO VOI IL REFERENDUM... perchè i privati NON
faranno passare gli spot ne' in Rai ne' a Mediaset.
Sapete perché ? Perché nel caso in cui riuscissimo a raggiungere il quorum lo scenario sarebbe drammatico per i privati ma stupendo per tutti i
cittadini italiani:

1 - Se passa il SI per dire NO AL NUCLEARE.

2 - Se passa il SI per dire NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA.
3 - Se passa il SI per dire NO AL LEGITTIMO IMPEDIMENTO.
Vi ricordo che il referendum passa se viene raggiunto il quorum. E' necessario che vadano a votare almeno 25 milioni di persone. Secondo la
propaganda le cose devono andare a finire così:

1 - I cittadini si informano attraverso la Tv.

2 - Le Tv appartengono ai privati.

3 - Per i motivi sopra indicati, i privati non vogliono che il referendum passi.

4 - Il referendum non sarà pubblicizzato in TV.

5 – Molti cittadini, non sapranno nemmeno che ci sarà un referendum da votare il 12 giugno.

6 - I cittadini, non andranno a votare il referendum.


Vuoi che le cose non vadano a finire cosi ? Copia-incolla e pubblicizza il referendum a parenti, amici, conoscenti e non conoscenti.


Passaparola

domenica 17 aprile 2011

CIAO, VITTORIO!


Non sarebbe neanche il caso di parlarne. Ma oggi ho visto, nella rassegna stampa su RaiNews24 il titolo del quotidiano Libero. Di solito lo sbircio alla tv e, come ho già scritto, mi ricorda il settimanale satiroc che usciva un tempo, Il Male. Solo che si tratta di un quotidiano (e vorrebbe essere un giornale serio). Solo che il titolo di oggi era: "Lasciatelo là" riferito alla salma di Vittorio Arrigoni. Ora, commentare uno scritto apparso su Libero (o sul suo omologo/concorrente Il Giornale) è come sparare sulla Croce Rossa. Però l'ho trovato particolarment offensivo. Soprattutto perchè attaccava uno che non c'è più. e la cosa mi fa un po' schifo...

La ricreazione non aspetta. Pensieri di una lavoratrice della conoscenza.

Sono una prof. di sinistra. e allora?
Le ho tutte le aggravanti: docente della scuola statale, del sud, compagna per anni di una "toga rossa", dirigente di partito, non berlusconiana, infine, maiuscolo, di SINISTRA e dunque eversiva. Affascinata da un ideale terribile, pardon, ideologia: combattere le diseguaglianze sociali e battermi per i diritti civili. Praticamente una criminale. Credevo di essere una moderata: mi sono svegliata eversiva.

Sono una docente di sinistra. E allora? Non rubo, non imbroglio, non ho tra le mie armi la furbizia e non millanto. Non traffico in nulla se non in pensiero. Non compro persone e non svendo me stessa. Amo lo studio. Sono onesta: pago le tasse. Tutte le tasse. Per me e per chi non le paga. Amo lo studio. Sono un italiana.

Per questo mi detesti, Silvio Berlusconi, perchè ho l'onore e il merito di essere tra i tuoi peggior nemici. Vedi caso: scuola e magistratura. Sono lo Stato che disprezzi e lo Stato ricambia il tuo disprezzo. Questo è per te essere "comunisti": amare lo Stato e osservarne la legge e la Costituzione, servirne le Istituzioni. Se è così non posso che esserlo, comunista.

E non c'entra assolutamente nulla con quello che io insegno. E' proprio la libertà a esserti ostica: la libertà del dissenso.

Sono la vera, profonda, continua opposizione a questo governo infame. Per questo mi attacchi.
A me e ai giudici: perchè osserviamo la legge e insegniamo a farla osservare: i giudici ai cittadini, noi ai ragazzi.

"No, ragazzi, la questione non merita un commento". Avrei detto in altri tempi. "E’ ridicola". Avrei detto in altri anni. Ettepareva, pensavo invece qualche settimana fa al ripetuto attacco contro la mia categoria. E oggi ancora. Ma dai..Basta. Se non fosse che la parola "barzelletta" suona ormai fastidiosa, direi che proprio di barzelletta si tratta. Comincio a pensare che tra un po’ mi suoneranno alla porta..

Di nuovo? Contro i "docenti di sinistra"? Con tutto il fango realmente condannabile, giusto ai docenti deve andare il suo pensiero? Valori? A chi e da che pulpito? Quo usque tandem, berluskoi, abutere patientia nostra? Quante volte lo devo ripetere che la scuola s’è rotta?

"Pover’uomo, toglietegli il microfono, curatelo" disse la Veronica. E’ malato. Lo ha detto lei.
E’ lo stesso uomo che le figlie più fresche di quelle famiglie se le invita a cena fino all’alba. Che ci fa una diciottenne fino all’alba con un anziano nonno settantenne? Ripasso di valori validi? Che valore ha una serata uggiosa? Piuttosto, che prezzo ha. Fosse solo per una questione di stile.
Si togliesse di bocca la parola famiglia, l"Habemus nonnum" o "nonnullum". Mica sbaglia il nonno presidente quando mi accusa che a volte dissento dalle famiglie, che a volte remo contro le idee e i valori inculcati dalle famiglie di alcuni dei miei alunni: furbizia, malaffare, ignoranza. Contro le mamme che chiedono alle figlie quanto le ha pagate quel "vecchio taccagno". Sono queste le famiglie che bazzicano intorno ad Arcore? Penso siano ben altro le famiglie italiane.

Io, docente di sinistra, mi ostino a farli studiare nonostante mille altri interessi li allontanino dai libri e dalle idee: le sue televisioni su tutto. E’ una palese eversione, un attacco alla "libertà" educativa? Farli studiare? Perché è notorio: alle private non studiano, hanno un bonus per l’ignoranza.

"Mi consenta, professoressa, ma lei è matta? Li mandi a lavorare, mica si mangia coi suoi libri zeppi di storture ideologizzate".
Voce del verbo comprare. "E’ malato". Voce del verbo vendere. Mala tempora. Avrebbe detto persino Gianburrasca, se fossimo qualche lustro fa. Ma che disegno del mondo vuol fingerci?

La verità è ancor più evidente: non ci sono preoccupazioni educativo-pedagogiche in tutto ciò, c’è solo ricerca di consenso: da un lato tra le gerarchie cattoliche, detentrici di un piccolo impero economico-ideologico, cioè i loro istituti scolastici, e dall’altro in quella parte di elettorato che rappresenta lo zoccolo duro per Berlusconi: cattolico e di livello scolastico medio basso. Attenzione: non è un giudizio, è un dato.

Mi ostino ad essere "non berlusconiana", piuttosto che contro. Vorrei proprio che non ci fosse, altro che dedicargli le mie parole, o spendere tutto questo tempo a contraddirlo. Perché è ormai così ridicolo, grottesco, ridondante che il "contro" mi sembra un avverbio esagerato. E’ giunta l’ora di parlar d’altro. Purtroppo le ricadute sono Tremonti e la Gelmini e i loro tagli che affannano le mie giornate, come si fa a non pensarci?

Fosse solo lui…Provo sconcerto non per il personaggio, che ormai non sorprende ma deprime; mi sconcerta, mi spaventa, mi terrorizza la parte di paese che dimostra di non capire o, peggio, non capisce. Perché è più scemo il Carnevale o chi gli va dietro?
Inorridisco alla vista di una felpa per ragazzine al mercato con la scritta "rubacuori" e urlo al pensiero di chi ci ride su, di chi ci sorride su, ma ancor più di chi rimane indifferente e zitto. Mi terrorizza il silenzio degli onesti, non il vociare cicisbeo con annesso panino e coca cola davanti alla procura di Milano.

Mi terrorizza il silenzio rassegnato di centinaia di migliaia di miei colleghi, quello sì che mi disorienta e sempre di più. Come se davvero da un minuto all’altro qualcuno dovesse bussare alla loro, alla mia, porta.

Mila Spicola

17 aprile 2011
dal blog di Mila Spicola, segnalazione dell'amico Giovanni Falcetta.

Una nota mia:
anch'io sono un insegnante della scuola statale (e di sostegno, per di più). Sono di sinistra: non ne azzecco una? Sono anche pacifista e antinucleare. Collaboro con la Comunità Musulmana e i migranti in generale. Ho sbagliato tutto nella vita?
Nel mio circolo didattico siamo una settantina di docenti. Di sinistra (qualuqnue cosa voglia dire) siamo non più di cinque. Contando anche quelli di centro sinistra, non arriveremo alla ventina. Dove sono tutti questi comunisti?

Una proposta: a tutti i colleghi e colleghe, di indossare una maglietta con su scritto: Sono di sinistra. E allora?
Una richiesta: a Silvio. Fammeli conoscere tutti questi insegnanti di sinistra. Mi farebbe piacere...

sabato 16 aprile 2011

Berlusconi attacca gli insegnanti: "Inculcano valori di sinistra"

Nuovo affondo del premier sulla scuola pubblica e alle mamme dice: "Sapremo utilizzarvi, il nostro governo amico delle donne"  
Nuovo attacco del premier agli insegnanti pubblici. I genitori, ha scritto Silvio Berlusconi in un messaggio all'Associazione nazionale delle mamme, possono scegliere "quale educazione dare ai loro figli e sottrarli a quegli insegnamenti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi da quelli della famiglia". Il messaggio è arrivato in occasione della riunione dell'associazione, a Padova, a cui il premier ha voluto rivolgersi per sottolineare la vicinanza del suo governo alle esigenze delle madri italiane. "Poiché vantiamo una cultura che predilige l'amore e rifiuta l'invidia e l'odio cerchiamo di essere un governo amico delle donne e soprattutto delle mamme", ha fatto sapere Berlusconi elencando poi i provvedimenti che l'esecutivo ha elaborato a favore della famiglia. "L'abbiamo tutelata con i bonus bebé - ha rivendicato - il piano casa, gli affitti agevolati per le giovani coppie, la riduzione dei costi scolastici e il bonus per la scuola privata". Rivolgendosi poi alla donne Berlusconi ha rimarcato: "Siete più brave di noi uomini, a scuola, sul lavoro, siete più puntuali, più precise e più responsabili. Anche per questo ho voluto che nel nostro governo ci fossero ministri donne e mamme che sono attivissime e bravissime. Cara mamme - ha poi concluso - vi garantisco che il governo continuerà a lavorare con lo stesso entusiasmo e con lo stesso impegno per valorizzare il vostro ruolo nella famiglia nel mondo del lavoro e della società. Un bacio affettuoso - si è congedato il premier - a tutte voi con l'augurio che possiate realizzare tutti i progetti e i sogni che avete nella mente e nel cuore".


Allora, come si può commentare un'azione del genere? La prima reazione è stata "magari!".

Subito dopo mi sono detto: si potrebbe pensare all'ennesima prodezza del premier zelig (è muratore se parla ai muratori, scienziato se parla agli scienziati, sarto se parla ai sarti e via dicendo: gli spiace solo non aver potuto dire che "è mamma anche lui" (avrebbe anche un precedente storico: nei sussidiari del regime, quello di prima, la M veniva presentata come Mussolini, anzi, Mussolini mamma -se lo trovo, lo scannerizzo per gli scettici).

Però il Nostro, si fa per dire, ci ha abituati a ben altro. Nella sua campagna elettorale permanente, vorrebbe attirare i voti dell'Associazione Mamme (tutto fa brodo). In realtà, oltre a raccogliere voti, sta perseguendo due obiettivi:
il primo è quello di squalificare una categoria, un ceto, per poterla, dopo, colpire meglio (quante volte ci hanno screditato, noi insegnanti o statali, per poi fregarci alla grande?
il secondo è quello di sviarci da altri problemi. E' già riuscito a distrarci da tutto quello che succede: dalla crisi economica al pericolo nucleare a tutto il resto, compresa la presunta invasione dei maghrebini in Sicilia (parafransando un titolo da Buzzati), l'opinione pubblica non si è 'accorta' che è passato il processo breve e che, fra poco, passerà anche il DDL sulle intercettazioni. Negli ultimi vent'anni, complice anche Fini, ha sistemato tutti i processi che lo riguardavano, salvandosi il posteriore e attuando il programma della P2.
La domanda è sempre una: fino a quando saremo disposti a tollerare questo regime che è sempre in stato perenne precomatoso, ma poi non va mai in coma?
http://notizie.virgilio.it/notizie/top_news/2011/04_aprile/16/berlusconi_attacca_gli_insegnanti_inculcano_valori_di_sinistra,29214743.html

venerdì 15 aprile 2011

Chi ha ucciso Vittorio Arrigoni? E perchè? Alcuni dubbi su uno strano sequestro e un tragico assassinio

Da una mail di Roberto Vignoli a diverse mailing list


Marco Santopadre, Radio Città Aperta
15-04-2011/15:29 --- Il complottismo a tutti i costi spesso porta fuori strada nell’analisi di vicende oscure e ambigue, come è quella di Vittorio Arrigoni. Ma non può essere considerata seria e credibile l’analisi di un evento che non tenga razionalmente conto della ‘fabbrica del falso’ all’opera costantemente per renderne più difficile la lettura. Soprattutto se ha a che fare con un teatro - quello palestinese e medio orientale più in generale - dove in azione non ci sono solo attori riconoscibili e facilmente individuabili, ma anche gruppi, sigle e attori che rendono il quadro più torbido e spesso sono l’espressione di interessi e apparati che agiscono per conto terzi. A volte senza neanche esserne al corrente...
Con il passare del tempo gli elementi di ambiguità, le domande e i sospetti su quanto avvenuto a Gaza nel giro delle ultime 24 ore si fanno sempre più pressanti e numerose. E tornano alla mente vicende altrettanto oscure e torbide, come quelle che hanno avuto come protagonisti Enzo Baldoni o Giuliana Sgrena.
Mentre migliaia di persone con le lacrime agli occhi e il cuore gonfio di dolore sono nelle strade e nelle piazze d’Italia e di Palestina per dare un ultimo, combattivo saluto a Vittorio Arrigoni, si fa strada la domanda: chi ha assassinato Vik, e perché?
Le notizie da Gaza arrivano col contagocce, e sono frammentarie. L’isolamento israeliano e internazionale al quale è sottoposto quel fazzoletto di terra nel quale sopravvivono a stento un milione e mezzo di anime assediate non permette la libera circolazione delle notizie. Anche per questo era preziosa l’opera instancabile, minuziosa e precisa di informazione su quel che accadeva a Gaza alla quale Vittorio ci aveva in questi anni abituati. Anche grandi catene televisive o giornali nazionali erano stati in qualche modo obbligati – durante i bombardamenti israeliani al fosforo o i sanguinosi assalti alle carovane di aiuti via terra o via mare – a interpellare Vittorio per farsi raccontare eventi che nessun altro giornalista poteva – o voleva – riportare. Era pericoloso fare quello che faceva Arrigoni: si rischiava la vita sotto le bombe sganciate dai caccia israeliani sulle povere case palestinesi, oppure sotto il fuoco dei proiettili sparati dai soldati di Tel Aviv contro i contadini o i pescatori palestinesi che Vittorio e altri attivisti dell’ISM cercavano, con la propria semplice presenza fisica, di proteggere. Ma ora, scampato a tanti pericoli, Vittorio è morto per mano di quegli stessi palestinesi alla cui causa il 36enne si era votato. E’ questo, in fondo, il messaggio che gli assassini hanno voluto lanciare: i palestinesi hanno assassinato Vittorio Arrigoni, amico dei palestinesi. Ed è quello che stanno facendo notare, tronfi, i giornalacci filoisraeliani o il solito Pagliara da Gerusalemme. Ma è davvero così?
Come dicevamo, il complottismo e la dietrologia senza freni rischiano di portarci fuori strada. Però le domande che non sembrano trovare finora risposta sono molte:
- perché un gruppo palestinese, per quanto radicale, ha preso di mira un personaggio che nulla aveva a che fare né con gli occupanti israeliani né con le odiate autorità di Hamas accusate di aver incarcerato alcuni suoi leader?
- Perché il gruppo ‘salafita’ ha rapito un internazionalista ed un amico della causa palestinese, e non un dirigente di Hamas, o un funzionario dell’ONU o di qualche altra agenzia internazionale, che poteva valere ben di più come moneta di scambio?
- Nel farneticante testo che accompagna le immagini del video di youtube nel quale si dava l’ultimatum – non rispettato – e si avanzavano le richieste del gruppo dei rapitori, si accusa l’Italia di partecipare con i propri soldati all’occupazione militare di paesi islamici. Non sapeva – come tutti a Gaza sapevano – che il governo italiano mal soffriva la presenza in Palestina di un testimone scomodo come Vittorio e che nulla avrebbe fatto per trattare e per aiutarlo? Non a caso Frattini ieri ha affidato la gestione della vicenda al consolato italiano a Gerusalemme invece che all'ambasciata italiana al Cairo, che ha molta più esperienza e conoscenze su quanto avviene all'interno e intorno a Gaza...
- Perché il gruppo, se veramente era interessato ad ottenere, attraverso il rapimento di Vittorio, la liberazione di alcuni suoi leader, non ha portato veramente avanti la trattativa, cercando di ottenere qualche risultato concreto, ed invece lo ha ucciso poche ore dopo averlo sequestrato?
Anche i dubbi sulla sigla utilizzata dai sequestratori sono molti: poco dopo il ritrovamento del cadavere di Vittorio in un appartamento di Gaza City molti dei gruppi salafiti accusati del sequestro - Jund Al Islam, Jund Ansar Allah, Jund Allah - e la stessa rete informale di gruppi vicini ad Al Qaeda, hanno in qualche modo smentito il proprio coinvolgimento nella vicenda. sui siti vicini ad Al Qaida sono anche comparsi, nelle ultime ore, dei banner nel quale l'uccisione di Vittorio Arrigoni viene definito un "atto criminale".
Stando al video postato ieri su You Tube, il gruppo islamista radicale coinvolto sembrava essere il Tawhid Al Jihad. Il testo del video infatti chiedeva il rilascio di Abu Walid Al Madqisi, "emiro" del Tawhid Al Jihad. Ma poi la stessa al-Tawhid wal-Jihad ha risolutamente negato, tramite un comunicato, di essere responsabile dell’assassinio di Vittorio, anche se lo definisce «la conseguenza naturale della politica di Hamas contro i salafiti». Anche la sigla ‘Brigata Mohammed Bin Moslama’ è risultata sconosciuta.
Insomma autori del criminale - e stupido - gesto sarebbero dei palestinesi salafiti, ma che usano la sigla e il nome di un altro gruppo, e non una propria sigla, che colpiscono un nemico acerrimo di Israele, fonte di informazioni e denunce per centinaia di gruppi di solidarietà con la causa palestinese in tutto il mondo e neanche particolarmente collaborativo – se non in nome della realpolitik – con le odiate e rivali autorità di Hamas. Un oggettivo e innegabile regalo ad Israele, senza dubbio. Al di là dell’identità e delle reali intenzioni dei rapitori e degli assassini di Arrigoni – ancora tutte da definire - a guadagnarci dalla sua morte è solo Tel Aviv che da ora in poi non dovrà più fare i conti con uno scomodo ed autorevole testimone dei suoi crimini contro la popolazione di Gaza.
Che poi gli assassini di Vittorio siano alcuni dei suoi amati palestinesi, come vanno già dicendo alcuni dei giornalacci filoisraeliani, è tutto da dimostrare. Già in altri territori abitati dai palestinesi - i campi profughi del Libano, della Siria o della Giordania, ad esempio – abbiamo visto all’opera gruppi qaedisti o salafiti più attivi contro i propri fratelli palestinesi che contro gli israeliani o le autorità di governi ritenuti oppressivi. E spesso la regia delle provocatorie e controproducenti azioni di questi gruppi – formati da qualche palestinese ma soprattutto da miliziani provenienti da Afghanistan, Giordania, Egitto, Algeria, e addirittura da alcuni paesi occidentali – risiedeva a parecchia distanza. Laddove cioè i servizi segreti israeliani, o sauditi, o statunitensi, tentano di utilizzare le proprie pedine per dividere i palestinesi e fomentare divisioni più utili ai loro nemici che al conseguimento della loro libertà.
Che esistano gruppi fondamentalisti palestinesi interessati più al loro ruolo che alla causa del loro popolo è possibile. Che nel mondo arabo e islamico esista una rete più o meno formale di gruppi armati o terroristici legati ad Al Qaeda ed in concorrenza e competizione sia con le forze nazionaliste sia con quelle islamiche è certo e dimostrato. Non tutto ciò che si muove in questa ambigua e spesso informe galassia può essere considerato una creatura della Cia o del Mossad.
Ma la morte di Arrigoni non ci sembra il tragico epilogo di un goffo e maldestro tentativo di un gruppo islamico di farsi propaganda, ma il ricercato risultato di quella che appare ormai come una vera e propria esecuzione. L’esecuzione di un testimone dei crimini perpetrati finora dall’occupazione israeliana e, a questo punto è lecito sospettarlo, del possibile testimone di altri crimini che forse Tsahal si appresta a compiere contro i palestinesi.
Restiamo umani. O, almeno, proviamoci…
 
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ASSASSINATO VITTORIO ARRIGONI

Sono stato chiamato poco fa dagli Stati Uniti, da un giornalista della CNN con il quale avevo avuto un lungo colloquio in precedenza, che mi ha comunicato il ritrovamento del corpo di Vittorio Arrigoni.
La notizia è stata confermata da Haaretz e successivamente dall'ANSA.
Haaretz: "Hamas: Abducted pro-Palestinian activist found dead in Gaza
Four suspects have reportedly been arrested in the alleged kidnapping and subsequent murder of Italian Vittorio Arrigoni, an activist in the International Solidarity Movement.
By News Agencies".
ANSA
"Trovato a Gaza il corpo di Arrigoni
Lo ha reso noto la sicurezza di Hamas. Era stato rapito ieri
15 aprile, 03:16
Trovato a Gaza il corpo di Arrigoni (ANSA)- GAZA, 15 APR -Il corpo di Vittorio Arrigoni, volontario e attivista italiano rapito ieri mattina, e' stato trovato nella notte in una casa a Gaza. Lo hanno annunciato fonti della sicurezza di Hamas, aggiungendo che due uomini sono stati arrestati. Il giovane era stato sequestrato da un gruppuscolo salafita ultra-estremista. I rapitori lo avevano mostrato in un video finito su Youtube, minacciando di ucciderlo entro le 17 di oggi (le 16 in Italia), se Hamas non avesse liberato detenuti salafiti."
Avevamo scritto in precedenza:
"La notizia del "rapimento" di Vittorio Arrigoni a Gaza da parte di un gruppo salafita è stata confermata da contatti avuti a Gaza. A Gaza si stanno muovendo governo, partiti e società civile per ottenerne la liberazione. E' d'obbligo la massima cautela. E allo stesso il massimo di ottimismo."
Seguendo il poeta palestinese Mahmoud Darwish avevamo "coltivato la speranza".
Vittorio Arrigoni è stato un non-eroe, mite e positivo, che ha percorso ogni luogo della Striscia di Gaza con la sua umanità densa e intensa.
Gaza. Restiamo umani deve diventare il breviario di ogni attivista per i diritti umani.
Il suo nome si iscrive nel solco dei martiri palestinesi e degli internazionali come Rachel Corrie e Tom Hurndall, come i nove attivisti turchi uccisi dall'esercito israeliano sulla Mavi Marmara il 31 maggio 2010, tra i quali il giovanissimo Furkan Doğan.
A noi tutte/i il compito di non lasciar cadere la eredità umana, morale, culturale e politica di Vittorio.
La responsabilità morale e politica della sua morte è del governo israeliano e dei suoi complici non solo occidentali, tra i quali brilla per cinismo e servilismo il governo italiano.
Siamo colpiti, non tanto e non solo come attivisti dell'International Solidarity Movement, ma come donne e uomini di coscienza che sono dalla parte dei mondi offesi e dei popoli oppressi. Dalla parte dei diritti umani.
Ora dobbiamo unirci al dolore dei genitori e dei familiari.
Il silenzio deve caratterizzare il nostro cordoglio.
La determinazione a proseguire il nostro dovere.
Alfredo Tradardi
ISM-Italia
--
Palestina News - voce di ISM (International Solidarity Movement) Italia
http://www.ism-italia.org

mercoledì 13 aprile 2011

ESTERNAZIONI

Sono preoccupato, un po' spaventato e molto incazzato per quello che accade e su più fronti.
1. l'unione europea entra in guerra con la libia e bombarda per difendere i civili;
2. quando gli stessi civili cercano di andarsene (quanti di noi non farebbero lo stesso) si scatena l'iradidio e un razzismo becero e disgustoso a livello di massa (il massimo della schifezza la riservo ai dirigenti della lega che rimpiangono il fatto di non poter sparare sui barconi...
3. ma forse peggio di loro ci sono quelli che li votano, gente per bene, sicuramente, e magari la domenica va anche in chiesa (o, per par condicio, hanno la tessera CGIL);
4. cambiando 'fronte': il colabrodo nucleare giapponese continua a disperdere materiale radioattivo con una generosità incredibile;
5. sempre più italiani non arrivano a fine mese...e i nostri politici votano il processo breve (primo beneficiario, Silvio I);
6. molti sono preoccupati per l'arrivo di chissà quali e quanti delinquenti cal nordafrica e non si spaventano per le patrie galere e il fatto che questo governo (uno dei peggiori della storia repubblicana) ne libera chissà quanti, con la prescrizione breve...
7. altra cosa che mi fa incavolare non poco è l'assenza di segnali da parte dell'opposizione (non parlo del PD, che ormai è diventato ectoplasmatico) ma di quella che dovrebbe essere la sinistra. le sinistre. dov'è? dove sono? dove siamo?
8. rispolverando marx, mi piace citare una delle sue tesi su feurbach (se non ricordo male): chiamiamo comunismo quel movimento reale che cambia lo stato di cose presenti. è anche vero, che in opposizione al socialismo reale, ho spesso parlato e scritto di socialismo sognato...va bè: dov'è?
9. altra cosa che mi manda in bestia. non ho mai amato il tricolore (sono sempre stato internazionalista: nostra patria è il mondo intero) e ora sono costretto a guardarlo quasi con simpatia perchè è un segnale contro la lega. a che punti siamo arrivati!
buona notte...

martedì 12 aprile 2011

Giornata contro i Matrimoni imposti, Albenga 19 marzo 2011

 Termino con questi due interventi la pubblicazione delle relazioni tenute ad Albenga il 19 marzo in occasione della Giornata contro i matrimoni forzati promossa dal Comitato Donne e Mamme Musulmane della Liguria. Ringrazo i relatori e le relatrici per la gentilezza accordatami. Come ho già avuto occasione di ricordare loro, la giornata è stata molto piacevole sia per la serenità che per l'intelligenza degli intervenuti. Albenga si è rivelata ancora una volta un laboratorio per l'incontro e il dialogo (e di questi tempi non è poco). Va sottolineato che l'iniziativa si è tenuta nel Salone delle Opere Parrocchiali del Sacro Cuore e ha visto la collaborazione della locale Caritas diocesana e di Migrantes.


La campagna contro i matrimoni imposti ha avuto un primo lancio a Torino, il 21 ottobre 2008, a palazzo Graneri della Rocca, alla presenza di Marianne Vorthoren, responsabile del progetto contro i matrimoni forzati e coordinatrice campagna a livello europeo, Tariq Ramadan presidente del European Muslim Network, Hamza Roberto Piccardo, direttore islam-online.it e Patrizia Khadija Dal Monte responsabile del progetto in Italia. Significativa anche la presenza di Sumaya Abdel Qader già fondatrice del GMI, (Giovani Musulmani d'Italia) membro dell'Emw. Il saluto delle istituzioni è stato portato con da Ilda Curti, assessore alle politiche d'integrazione del Comune di Torino, la quale ha partecipato con vera attenzione e intelligenza. L’iniziativa è stata possibile grazie al generoso lavoro di Elvio Arancio, artista e attore sociale e politico.
Tale campagna è stata ora ripresa dall'Ucoii, alfine di chiarire come il matrimonio, secondo la tradizione e al giurisprudenza islamica richieda il libero consenso dei contraenti.
Si tratta di promuovere una campagna di informazione e non di repressione, una campagna dal basso, alfine di modificare alcune tradizioni culturali che spesso associano impropriamente questo costume alla religione e la cui sopravvivenza nella società occidentale è chiara nell’esperienza dei nostri partner europei. L'entità di tale fenomeno non ci è nota, nessuno è informato esattamente su ciò che avviene nel segreto delle famiglie circa le decisioni relative al matrimonio dei figli. Probabilmente è il silenzio in cui essa è avvolta che induce a pensare si tratti di una realtà marginale. Però si è constatato, in numerosi paesi europei, una recrudescenza delle fughe dei giovani (adolescenti o adulti) subito prima dell'estate, nel timore di essere condotti nei paesi d'origine e subire là un matrimonio non desiderato. Oltre a ciò abbiamo avuto anche in Italia alcuni fatti estremamente gravi nell'ambito di imposizioni parentali circa il matrimonio sfociati in vere e proprie tragedie, ad esempio a Novi di Modena...
I matrimoni imposti di per sé non concernono solo le ragazze, né una sola cultura o religione (sono praticati in Africa, in Asia, in America e in Europa tra gli induisti, i buddisti, gli ebrei, i cristiani e i musulmani, ecc.) e questa pratica attraversa tutte le classi sociali (dai più poveri fino agli ambienti aristocratici delle società contemporanee).
E' difficile determinare con esattezza quando si tratti di un matrimonio imposto o semplicemente di un « matrimonio combinato » nel quale l'individuo interessato può decidere e accettare liberamente i consigli e le scelte della famiglia. In molte culture tradizionali, anche in Italia fino a qualche decennio fa, vigeva la consuetudine che fosse la famiglia a presentare alla ragazza o al ragazzo dei possibili pretendenti. Nei paesi a cultura tradizionale i legami all’interno della famiglia sono più importanti che in quelli cosiddetti moderni. Le famiglie si fanno carico degli individui in difficoltà, per esempio in caso di malattia, o mancanza di lavoro, e di figli rimasti orfani. In Europa, tutte queste funzioni sono espletate sempre più dallo Stato, con l’ausilio di sussidi per anziani, per orfani e disoccupati, e di appositi provvedimenti e infrastrutture. Accompagna ciò un forte processo di individualizzazione che è la tendenza dominante in diversi campi, dal lavoro al tempo libero, ma anche nel campo della scelta del partner da sposare. Il matrimonio non è neppure più un legame tra due famiglie: piuttosto, è un legame tra individui, matrimonio d’amore, o matrimonio di libera scelta. Si tratta di una decisione presa da due individui. I diritti e i doveri che i componenti di una famiglia hanno gli uni verso gli altri si riducono sempre di più. I coniugi hanno diritti e doveri reciproci, ma molto deboli nei confronti dei loro familiari. Nella concezione tradizionale della famiglia, invece oltre ai legami derivanti da una necessità di aiuto reciproco, si riconosce il valore dell’esperienza degli adulti, in questo caso dei genitori nel scegliere una persona degna di fiducia, compagno per la vita e certo viene relativizzata l’importanza dell’innamoramento a favore di criteri più sostanziali per un matrimonio duraturo. Il legame profondo con la famiglia di origine e la comprensione verso i genitori non implica però l’accettazione di una scelta imposta, ma la necessità di resistere alle imposizioni altrui in modo garbato, magari cercando supporto all’esterno.
I matrimoni combinati diventano matrimoni imposti, e quindi violenza sulla persona quando dalla semplice proposizione si passa alla coercizione, alla minacce, alla violenza. Quest’ultima poi è doveroso ricordare non esiste solo nella forma fisica, che è più facile individuare, ma anche in forme più sottili di tipo psicologico, che si esprimono attraverso la pressione psicologica, la riprovazione, allontanamento, emarginazione del soggetto “non obbediente” dalla comunità familiare e religiosa. Quando il giovane, uomo o donna, è obbligato ad agire contro il suo cuore, i suoi desideri, e la sua coscienza in seguito ad una costrizione fisica o psicologica, si tratta di matrimonio imposto che deve essere prevenuto e rifiutato, nonostante tutto l'amore che si deve ai genitori.
Le due realtà, matrimonio imposto e matrimonio combinato, dunque convivono fianco a fianco e sono possibili sconfinamenti legati in particolare alle personalità coinvolte, gioca un ruolo essenziale la percezione dell’autorità dei genitori soprattutto del padre, ma anche la personalità dei figli, del modo in cui questi sono stati educati a sentirsi soggetti autonomi della propria vita e ancor più delle figlie che spesso vengono educate nelle culture tradizionali in carenza di esperienze di autonomia.

Per quattro anni l’associazione di Rotterdam SPIOR ha lavorato su questo problema e ha organizzato degli incontri con i genitori, i giovani, i responsabili religiosi, per ripetere con forza che niente può giustificare questo tipo di matrimonio. I responsabili dello SPIOR hanno sottolineato come benché non si tratti di una pratica esclusivamente musulmana, sia presente anche nelle comunità musulmane e ci siano genitori che pretendono di giustificarla in nome dell’islam, è necessario perciò pronunciarsi chiaramente contro questo tradimento degli insegnamenti islamici. Diversi elementi delle Fonti islamiche infatti ci parlano della necessità della libertà nel contrarre un matrimonio che sia valido, Al-Bukhârî ad esempio riporta il hadith seguente: “Secondo Khansa Bint Khaddam, suo padre la sposò, alla propria guardia del corpo, quando era in stato di vedovanza. Non avendo gradito questo comportamento, ella si recò a lamentarsi presso il Profeta (*), il quale annullò il matrimonio.”
Abû Burayda riporta dal racconto di suo padre che “una giovane venne dal Profeta e gli disse: “Mio padre mi ha sposato a suo nipote per scappare alla povertà con questo matrimonio.” Il Profeta le lasciò la libertà di decidere. Allora ella disse: “Io avvallo la decisione di mio padre, ma ho voluto protestando far capire alle donne che i nostri padri non hanno il diritto di prendere alcuna decisione al posto nostro.”
Non è consentito combinare un matrimonio per una vedova o una donna separata, a meno che la richiesta provenga da lei; non è consentito combinare un matrimonio per una vergine, senza che questa abbia prima dato il suo consenso.’
E' stato pubblicato un manuale d’informazione e insegnamenti pratici (Mano nella mano contro i matrimoni imposti) distribuito nelle famiglie, agli operatori sociali e ai responsabili di associazioni. Tariq Ramadan nell'ambito del suo impegno (accademico e sociale) presso il comune di Rotterdam, ha incontrato i responsabili dello SPIOR e ha loro proposto un lavoro in sinergia (SPIOR e Comune) per una campagna europea contro i matrimoni imposti. Il manuale è stato tradotto in otto lingue (tra cui l’italiano, l’arabo e il turco) e sono stati organizzati degli incontri nelle capitali europee da Bruxelles a Berlino, passando per Londra e Madrid, e anche a Torino.
La “freschezza” del fenomeno immigratorio in Italia, può essere un fattore positivo in quanto permette di operare da subito sulle nuove generazioni, attraverso un lavoro di educazione che esige una sinergia di sforzi delle comunità musulmane locali e di quelle politiche, alfine di svolgere un lavoro più articolato e profondo, che miri ad una vera emancipazione delle persone, lontano da quelle azioni scandalistiche politicamente sfruttate che non fanno che inasprire i problemi esistenti. La questione è certo delicata : si deve condannare i matrimoni imposti e le soluzioni esigono tempo, ascolto, empatia, riconoscimento dell'amore dei genitori, senza però accettare l’usurpazione dei diritti dei figli. E' insieme, unendo le nostre risorse e le nostre competenze, e in nome dei nostri valori comuni che possiamo vincere questa battaglia. Negare la libertà ad uomo o ad una donna di scegliere colui che sarà il compagno della propria vita, non è solo un problema religioso, ma tocca la libertà e la dignità dell’individuo ed è responsabilità di tutti, come ha dichiarato il Comune di Rotterdam che per primo ha dato appoggio a tale iniziativa, in una conferenza del 25 giugno 2007 con le parole: “la lotta alle costrizioni e alla violenza è responsabilità di tutti noi”.
Un lavoro contro i matrimoni imposti per noi musulmani e musulmane è anche un atto di fedeltà alla nostra religione, l'islam, che è basato sulla libera accettazione di sottomettersi e affidarsi ad Allah, libertà che è condizione di ogni valenza morale delle nostre azioni, ed è condizione di maturazione di donne e uomini equilibrati, in grado di dare un contributo positivo alla religione e alla società, inch’Allah.

Patrizia Khadija Del Monte





19 marzo  ad Alberga
L’ “Associazione donne e mamme musulmane”, la Migrantes Diocesana con il patrocinio Comune di Albenga presentano il convegno  :  No ai matrimoni forzati”

di Cinzia Aicha Rodolfi

Il viaggio è lungo da Reggio Emilia fino ad Albenga, un centinaio di gallerie, curva dopo curva arriviamo nella cittadina del Ponente ligure, ma dopo esser scese dalla macchina ci  dimentichiamo subito della stanchezza, perché ad accoglierci è una dolce giornata primaverile dal clima mite, dal profumo di mare e di pini marittimi. Entriamo nella sede dell’ “Associazione donne e mamme musulmane” e scambiamo abbracci calorosi con le nostre sorelle che ci hanno preparato  un invitante pranzo a base di  focaccia ligure e cous cous marocchino.
Ci incamminiamo poi chiacchierando verso la parrocchia Sacro Cuore dove il diacono Don Pizzo ci sta già aspettando in una grande sala .
Apre l’incontro Don Fabrizio Fabris che illustra il matrimonio cattolico ricordando come, nel testo biblico,  Dio creò la donna dalla costola dell’uomo e poi la ricondusse a lui come sua sposa. Da ciò evidenzia che uomo donna non sono uguali, ma certamente hanno la stessa dignità, e sottolinea, ancora, che l’unione tra due persone è prima di tutto un fatto naturale e biologico che acquista poi connotazioni religiose, la pastorale cristiana invita a  scegliere il bene, ma in totale libertà, senza alcuna coercizione.
Patrizia Khadija Dal Monte responsabile in Italia della campagna “Mano nella mano contro i matrimoni imposti” (iniziativa promossa dal Comune di Rotterdam insieme con lo Spior (sigla che raduna diverse associazioni musulmane di Rotterdam),  vice presidente Ucoii , cerca di promuovere in Italia attraverso articoli, convegni e incontri didattici la sensibilizzazione a questo problema evidenziando che le imposizioni matrimoniali non sono conformi all’Islam.    
 “ Fa parte dei suoi segni l’aver creato da voi, per voi, delle spose affinché riposiate presso di loro,
e ha stabilito tra di voi amore e tenerezza.
Ecco davvero dei segni per coloro che riflettono” Corano 30,23

L’unità dell’essere umano precede lo sdoppiamento in coppia che ricerca durante la vita quell’unità primordiale attraverso un reciproco ravvicinarsi. La coppia è Ayat di Allah ( segno di Allah) .
I versetti e gli hadith tramandati sono chiari a questo riguardo ribadiscono che il matrimonio esige la libertà dei contraenti. Nessuna etica tribale e nessun costume tradizionale  può giustificare questo tipo di matrimonio e il nostro dovere come musulmani è quello di pronunciarci chiaramente contro tale abitudine incivile.
Patrizia Khadija evidenzia come questa usanza esista sia nelle famiglie agiate che in quelle poverissime e ci fa notare che la costrizione può essere esercitata in due modi differenti, ovvero quella fisica dove lo sposo o la sposa vengono chiaramente imposti attraverso durissime discussioni, e quella silente, psicologica, dove, di fatto, si emargina il soggetto non obbediente, giocando sui sensi di colpa. Questo secondo caso è più diffuso, più difficile da combattere e peraltro ben celato all’interno dell’intimità delle famiglie.
Esistono alcuni casi ben espliciti, ma altri che non sono evidenti e rimangono silenziosi anche in occidente all’interno di famiglie apparentemente colte ed integrate.                                                       
Interviene, poi, Mahmoud El Sayed, Imam di Milano, che propone un breve riassunto dei precetti islamici del matrimonio, cominciando ad evidenziare i due cardini della sana società islamica che sono la scienza, ovvero la luce attraverso la conoscenza che guida verso il bene e verso Dio; e la giustizia, che conduce al rispetto degli altri e dei loro e ad una serena convivenza.
Tema dell’importanza della conoscenza nell’islam che è stato anche sottolineato da Cinzia Aisha Rodolfi.
Se Dio non obbliga alla pratica del culto fede, perché essa deve essere un avvicinarsi a Lui in totale e sincera fiducia, come potrebbe allora obbligare alle pratiche sociali o familiari?
Certamente i genitori devono essere attivi consiglieri ed educatori, semmai indirizzare a scelte libere consapevoli, dopo aver dato gli strumenti culturali per farle.
Pieno e sincero consenso dei contraenti; dono alla sposa; testimoni affidabili e sinceri sono i fattori indispensabili affinché un matrimonio sia islamicamente valido.
A seguire ascoltiamo con piacere l’intervento del consigliere comunale Simona Vespo, che invita al dialogo interculturale e interreligioso, quindi quello del diacono che ci illustra l’opera dell’associazione diocesana Migrantes, all’interno della società albenganese .
Conclude la conferenza e apre il dibattito finale l’insegnante Giuliano Falco proponendo altri incontri e ci ringrazia per aver portato la ricchezza di contenuti davvero condivisibili.
Ci attende sulla strada di ritorno una pioggia battente, ma ciò non ci impedisce di riflettere su questa giornata costruttiva, all’insegna dell’informazione sul messaggio vero della nostra amata religione. Un sassolino alla volta potrà formare una montagna, se Dio vorrà.
Allah ci guidi al bene e alla prossima esperienza di dialogo.