La campagna contro i matrimoni imposti ha avuto un primo lancio a Torino, il 21 ottobre 2008, a palazzo Graneri della Rocca, alla presenza di Marianne Vorthoren, responsabile del progetto contro i matrimoni forzati e coordinatrice campagna a livello europeo, Tariq Ramadan presidente del European Muslim Network, Hamza Roberto Piccardo, direttore islam-online.it e Patrizia Khadija Dal Monte responsabile del progetto in Italia. Significativa anche la presenza di Sumaya Abdel Qader già fondatrice del GMI, (Giovani Musulmani d'Italia) membro dell'Emw. Il saluto delle istituzioni è stato portato con da Ilda Curti, assessore alle politiche d'integrazione del Comune di Torino, la quale ha partecipato con vera attenzione e intelligenza. L’iniziativa è stata possibile grazie al generoso lavoro di Elvio Arancio, artista e attore sociale e politico.
Tale campagna è stata ora ripresa dall'Ucoii, alfine di chiarire come il matrimonio, secondo la tradizione e al giurisprudenza islamica richieda il libero consenso dei contraenti.
Si tratta di promuovere una campagna di informazione e non di repressione, una campagna dal basso, alfine di modificare alcune tradizioni culturali che spesso associano impropriamente questo costume alla religione e la cui sopravvivenza nella società occidentale è chiara nell’esperienza dei nostri partner europei. L'entità di tale fenomeno non ci è nota, nessuno è informato esattamente su ciò che avviene nel segreto delle famiglie circa le decisioni relative al matrimonio dei figli. Probabilmente è il silenzio in cui essa è avvolta che induce a pensare si tratti di una realtà marginale. Però si è constatato, in numerosi paesi europei, una recrudescenza delle fughe dei giovani (adolescenti o adulti) subito prima dell'estate, nel timore di essere condotti nei paesi d'origine e subire là un matrimonio non desiderato. Oltre a ciò abbiamo avuto anche in Italia alcuni fatti estremamente gravi nell'ambito di imposizioni parentali circa il matrimonio sfociati in vere e proprie tragedie, ad esempio a Novi di Modena...
I matrimoni imposti di per sé non concernono solo le ragazze, né una sola cultura o religione (sono praticati in Africa, in Asia, in America e in Europa tra gli induisti, i buddisti, gli ebrei, i cristiani e i musulmani, ecc.) e questa pratica attraversa tutte le classi sociali (dai più poveri fino agli ambienti aristocratici delle società contemporanee).
E' difficile determinare con esattezza quando si tratti di un matrimonio imposto o semplicemente di un « matrimonio combinato » nel quale l'individuo interessato può decidere e accettare liberamente i consigli e le scelte della famiglia. In molte culture tradizionali, anche in Italia fino a qualche decennio fa, vigeva la consuetudine che fosse la famiglia a presentare alla ragazza o al ragazzo dei possibili pretendenti. Nei paesi a cultura tradizionale i legami all’interno della famiglia sono più importanti che in quelli cosiddetti moderni. Le famiglie si fanno carico degli individui in difficoltà, per esempio in caso di malattia, o mancanza di lavoro, e di figli rimasti orfani. In Europa, tutte queste funzioni sono espletate sempre più dallo Stato, con l’ausilio di sussidi per anziani, per orfani e disoccupati, e di appositi provvedimenti e infrastrutture. Accompagna ciò un forte processo di individualizzazione che è la tendenza dominante in diversi campi, dal lavoro al tempo libero, ma anche nel campo della scelta del partner da sposare. Il matrimonio non è neppure più un legame tra due famiglie: piuttosto, è un legame tra individui, matrimonio d’amore, o matrimonio di libera scelta. Si tratta di una decisione presa da due individui. I diritti e i doveri che i componenti di una famiglia hanno gli uni verso gli altri si riducono sempre di più. I coniugi hanno diritti e doveri reciproci, ma molto deboli nei confronti dei loro familiari. Nella concezione tradizionale della famiglia, invece oltre ai legami derivanti da una necessità di aiuto reciproco, si riconosce il valore dell’esperienza degli adulti, in questo caso dei genitori nel scegliere una persona degna di fiducia, compagno per la vita e certo viene relativizzata l’importanza dell’innamoramento a favore di criteri più sostanziali per un matrimonio duraturo. Il legame profondo con la famiglia di origine e la comprensione verso i genitori non implica però l’accettazione di una scelta imposta, ma la necessità di resistere alle imposizioni altrui in modo garbato, magari cercando supporto all’esterno.
I matrimoni combinati diventano matrimoni imposti, e quindi violenza sulla persona quando dalla semplice proposizione si passa alla coercizione, alla minacce, alla violenza. Quest’ultima poi è doveroso ricordare non esiste solo nella forma fisica, che è più facile individuare, ma anche in forme più sottili di tipo psicologico, che si esprimono attraverso la pressione psicologica, la riprovazione, allontanamento, emarginazione del soggetto “non obbediente” dalla comunità familiare e religiosa. Quando il giovane, uomo o donna, è obbligato ad agire contro il suo cuore, i suoi desideri, e la sua coscienza in seguito ad una costrizione fisica o psicologica, si tratta di matrimonio imposto che deve essere prevenuto e rifiutato, nonostante tutto l'amore che si deve ai genitori.
Le due realtà, matrimonio imposto e matrimonio combinato, dunque convivono fianco a fianco e sono possibili sconfinamenti legati in particolare alle personalità coinvolte, gioca un ruolo essenziale la percezione dell’autorità dei genitori soprattutto del padre, ma anche la personalità dei figli, del modo in cui questi sono stati educati a sentirsi soggetti autonomi della propria vita e ancor più delle figlie che spesso vengono educate nelle culture tradizionali in carenza di esperienze di autonomia.
Per quattro anni l’associazione di Rotterdam SPIOR ha lavorato su questo problema e ha organizzato degli incontri con i genitori, i giovani, i responsabili religiosi, per ripetere con forza che niente può giustificare questo tipo di matrimonio. I responsabili dello SPIOR hanno sottolineato come benché non si tratti di una pratica esclusivamente musulmana, sia presente anche nelle comunità musulmane e ci siano genitori che pretendono di giustificarla in nome dell’islam, è necessario perciò pronunciarsi chiaramente contro questo tradimento degli insegnamenti islamici. Diversi elementi delle Fonti islamiche infatti ci parlano della necessità della libertà nel contrarre un matrimonio che sia valido, Al-Bukhârî ad esempio riporta il hadith seguente: “Secondo Khansa Bint Khaddam, suo padre la sposò, alla propria guardia del corpo, quando era in stato di vedovanza. Non avendo gradito questo comportamento, ella si recò a lamentarsi presso il Profeta (*), il quale annullò il matrimonio.”
Abû Burayda riporta dal racconto di suo padre che “una giovane venne dal Profeta e gli disse: “Mio padre mi ha sposato a suo nipote per scappare alla povertà con questo matrimonio.” Il Profeta le lasciò la libertà di decidere. Allora ella disse: “Io avvallo la decisione di mio padre, ma ho voluto protestando far capire alle donne che i nostri padri non hanno il diritto di prendere alcuna decisione al posto nostro.”
Non è consentito combinare un matrimonio per una vedova o una donna separata, a meno che la richiesta provenga da lei; non è consentito combinare un matrimonio per una vergine, senza che questa abbia prima dato il suo consenso.’
E' stato pubblicato un manuale d’informazione e insegnamenti pratici (Mano nella mano contro i matrimoni imposti) distribuito nelle famiglie, agli operatori sociali e ai responsabili di associazioni. Tariq Ramadan nell'ambito del suo impegno (accademico e sociale) presso il comune di Rotterdam, ha incontrato i responsabili dello SPIOR e ha loro proposto un lavoro in sinergia (SPIOR e Comune) per una campagna europea contro i matrimoni imposti. Il manuale è stato tradotto in otto lingue (tra cui l’italiano, l’arabo e il turco) e sono stati organizzati degli incontri nelle capitali europee da Bruxelles a Berlino, passando per Londra e Madrid, e anche a Torino.
La “freschezza” del fenomeno immigratorio in Italia, può essere un fattore positivo in quanto permette di operare da subito sulle nuove generazioni, attraverso un lavoro di educazione che esige una sinergia di sforzi delle comunità musulmane locali e di quelle politiche, alfine di svolgere un lavoro più articolato e profondo, che miri ad una vera emancipazione delle persone, lontano da quelle azioni scandalistiche politicamente sfruttate che non fanno che inasprire i problemi esistenti. La questione è certo delicata : si deve condannare i matrimoni imposti e le soluzioni esigono tempo, ascolto, empatia, riconoscimento dell'amore dei genitori, senza però accettare l’usurpazione dei diritti dei figli. E' insieme, unendo le nostre risorse e le nostre competenze, e in nome dei nostri valori comuni che possiamo vincere questa battaglia. Negare la libertà ad uomo o ad una donna di scegliere colui che sarà il compagno della propria vita, non è solo un problema religioso, ma tocca la libertà e la dignità dell’individuo ed è responsabilità di tutti, come ha dichiarato il Comune di Rotterdam che per primo ha dato appoggio a tale iniziativa, in una conferenza del 25 giugno 2007 con le parole: “la lotta alle costrizioni e alla violenza è responsabilità di tutti noi”.
Un lavoro contro i matrimoni imposti per noi musulmani e musulmane è anche un atto di fedeltà alla nostra religione, l'islam, che è basato sulla libera accettazione di sottomettersi e affidarsi ad Allah, libertà che è condizione di ogni valenza morale delle nostre azioni, ed è condizione di maturazione di donne e uomini equilibrati, in grado di dare un contributo positivo alla religione e alla società, inch’Allah.
Patrizia Khadija Del Monte
19 marzo ad Alberga
L’ “Associazione donne e mamme musulmane”, la Migrantes Diocesana con il patrocinio Comune di Albenga presentano il convegno : “No ai matrimoni forzati”
di Cinzia Aicha Rodolfi
Il viaggio è lungo da Reggio Emilia fino ad Albenga, un centinaio di gallerie, curva dopo curva arriviamo nella cittadina del Ponente ligure, ma dopo esser scese dalla macchina ci dimentichiamo subito della stanchezza, perché ad accoglierci è una dolce giornata primaverile dal clima mite, dal profumo di mare e di pini marittimi. Entriamo nella sede dell’ “Associazione donne e mamme musulmane” e scambiamo abbracci calorosi con le nostre sorelle che ci hanno preparato un invitante pranzo a base di focaccia ligure e cous cous marocchino.
Ci incamminiamo poi chiacchierando verso la parrocchia Sacro Cuore dove il diacono Don Pizzo ci sta già aspettando in una grande sala .
Apre l’incontro Don Fabrizio Fabris che illustra il matrimonio cattolico ricordando come, nel testo biblico, Dio creò la donna dalla costola dell’uomo e poi la ricondusse a lui come sua sposa. Da ciò evidenzia che uomo donna non sono uguali, ma certamente hanno la stessa dignità, e sottolinea, ancora, che l’unione tra due persone è prima di tutto un fatto naturale e biologico che acquista poi connotazioni religiose, la pastorale cristiana invita a scegliere il bene, ma in totale libertà, senza alcuna coercizione.
Patrizia Khadija Dal Monte responsabile in Italia della campagna “Mano nella mano contro i matrimoni imposti” (iniziativa promossa dal Comune di Rotterdam insieme con lo Spior (sigla che raduna diverse associazioni musulmane di Rotterdam), vice presidente Ucoii , cerca di promuovere in Italia attraverso articoli, convegni e incontri didattici la sensibilizzazione a questo problema evidenziando che le imposizioni matrimoniali non sono conformi all’Islam.
“ Fa parte dei suoi segni l’aver creato da voi, per voi, delle spose affinché riposiate presso di loro,
e ha stabilito tra di voi amore e tenerezza.
Ecco davvero dei segni per coloro che riflettono” Corano 30,23
L’unità dell’essere umano precede lo sdoppiamento in coppia che ricerca durante la vita quell’unità primordiale attraverso un reciproco ravvicinarsi. La coppia è Ayat di Allah ( segno di Allah) .
I versetti e gli hadith tramandati sono chiari a questo riguardo ribadiscono che il matrimonio esige la libertà dei contraenti. Nessuna etica tribale e nessun costume tradizionale può giustificare questo tipo di matrimonio e il nostro dovere come musulmani è quello di pronunciarci chiaramente contro tale abitudine incivile.
Patrizia Khadija evidenzia come questa usanza esista sia nelle famiglie agiate che in quelle poverissime e ci fa notare che la costrizione può essere esercitata in due modi differenti, ovvero quella fisica dove lo sposo o la sposa vengono chiaramente imposti attraverso durissime discussioni, e quella silente, psicologica, dove, di fatto, si emargina il soggetto non obbediente, giocando sui sensi di colpa. Questo secondo caso è più diffuso, più difficile da combattere e peraltro ben celato all’interno dell’intimità delle famiglie.
Esistono alcuni casi ben espliciti, ma altri che non sono evidenti e rimangono silenziosi anche in occidente all’interno di famiglie apparentemente colte ed integrate.
Interviene, poi, Mahmoud El Sayed, Imam di Milano, che propone un breve riassunto dei precetti islamici del matrimonio, cominciando ad evidenziare i due cardini della sana società islamica che sono la scienza, ovvero la luce attraverso la conoscenza che guida verso il bene e verso Dio; e la giustizia, che conduce al rispetto degli altri e dei loro e ad una serena convivenza.
Tema dell’importanza della conoscenza nell’islam che è stato anche sottolineato da Cinzia Aisha Rodolfi.
Se Dio non obbliga alla pratica del culto fede, perché essa deve essere un avvicinarsi a Lui in totale e sincera fiducia, come potrebbe allora obbligare alle pratiche sociali o familiari?
Certamente i genitori devono essere attivi consiglieri ed educatori, semmai indirizzare a scelte libere consapevoli, dopo aver dato gli strumenti culturali per farle.
Pieno e sincero consenso dei contraenti; dono alla sposa; testimoni affidabili e sinceri sono i fattori indispensabili affinché un matrimonio sia islamicamente valido.
A seguire ascoltiamo con piacere l’intervento del consigliere comunale Simona Vespo, che invita al dialogo interculturale e interreligioso, quindi quello del diacono che ci illustra l’opera dell’associazione diocesana Migrantes, all’interno della società albenganese .
Conclude la conferenza e apre il dibattito finale l’insegnante Giuliano Falco proponendo altri incontri e ci ringrazia per aver portato la ricchezza di contenuti davvero condivisibili.
Ci attende sulla strada di ritorno una pioggia battente, ma ciò non ci impedisce di riflettere su questa giornata costruttiva, all’insegna dell’informazione sul messaggio vero della nostra amata religione. Un sassolino alla volta potrà formare una montagna, se Dio vorrà.
Allah ci guidi al bene e alla prossima esperienza di dialogo.
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