Chi passeggia anche per poco tempo attraverso il nostro centro storico, non può fare a meno di notare l’alto numero di stranieri che, a vario titolo, lo frequenta. È qui, fra questo passato (le emergenze storiche, architettoniche, archeologiche e ambientali) e questo presente (i nuovi cittadini) che Albenga, deve trovare le opportunità per costruirsi un futuro. Futuro che a mio parere deve basarsi su almeno tre direttrici:
1. l’ambiente e lo sviluppo dell’agricoltura, magari biologica (valorizzando, come sta già avvenendo, alcune colture specifiche);
2. il turismo intelligente;
3. gli stranieri.
Non sono un esperto agronomo o un vecchio contadino, per cui, almeno in questo settore, lascio la parola agli altri. Anche se sarebbe bello per l’intera piana operare una conversione al biologico, investendo uomini e mezzi nella produzione di essenze e ortaggi senza l’uso di sostanze di sintesi (ma, a proposito di ambiente, sarebbe bello anche investire sulle energie rinnovabili ad esempio installando pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici pubblici, installando lampade a basso consumo ove possibile e ridurre il numero di quelle presenti dove non necessarie o, sempre per esempio, adottando, a livello comunale, una delibera che proibisca l’utilizzo di alimenti provenienti da produzioni OGM nelle mense comunali).
Questo significherebbe adottare una politica che non pensi all’ambiente come una riserva da saccheggiare all’infinito e che non veda nel territorio solo uno spazio per costruire…
Lo stesso si potrebbe dire per il patrimonio storico e archeologico della nostra città che è, mi piace ricordarlo anche se sembra che pure gli addetti ai lavori se ne siano dimenticati, la stessa città in cui grazie agli scavi del Professore Lamboglia è nata in Italia la moderna archeologia. Così come, sempre Albenga è uno di quei siti, insieme all’isola di Spargi e a Populonia, in cui è nata l’archeologia sottomarina. Ebbene, la nostra città potrebbe diventare un laboratorio a cielo aperto per un turismo archeologico intelligente, che non sia solo il mordi e fuggi di adesso…certo il turista dovrebbe trovare percorsi allestiti, punti di ristoro, strutture ospitanti, materiale informativo (dal sito internet alla carta stampata), filmati, brochure, cartelli indicatori ed esplicativi e quant’altro). Alberga avrebbe così un ritorno anche economico e il turista avrebbe scoperto la nostra preistoria, il periodo romano, quello medievale e via dicendo fino ai giorni nostri. Se poi queste iniziative si collegassero al territorio circostante, faremmo come si usa dire oggi, sistema: il nostro entroterra ha forse qualcosa da invidiare ad altri in quanto a monumenti da visitare, emergenze ambientali e paesaggistiche, trattorie e strutture agrituristiche?
Non solo: dobbiamo puntare sulle scuole e coinvolgere quelli che saranno i futuri cittadini nella conoscenza del territorio in cui vivono perché sappiano apprezzarlo e valorizzarlo: quanti sanno, per fare un solo esempio, del valore e dell’importanza di un monumento come il Battistero? In un passato non tanto lontano, si era parlato di un master in archeologia, da tenersi in Albenga, poi è calato il silenzio…
Ovviamente, si tratta di inventare quasi tutto perché in questi anni si è fatto ben poco. La nostra città, se vuole uscire dal bozzo in cui si è rinchiusa, deve rimboccarsi le maniche e, per primi, devono farlo gli amministratori locali, da quelli comunali a quelli provinciali fino a quelli regionali.
Ma veniamo agli stranieri. Come insegnante elementare e presidente di un’Associazione che si occupa di stranieri, nuove marginalità ed handicap, qualche idea ce l’avrei.
Prima di approfondire, ritengo che parlando di stranieri sia bene tenere presente alcuni dati, sia pure parziali:
I. sono poco più del 6 % della popolazione residente nel territorio comunale;
II. il 38 % degli stranieri provengono dal Marocco, moltissimi dalla zona di Beni Millal;
III. in soli 6 mesi, dal dicembre 2005 al giugno 2006, gli stranieri sono aumentati di ben 115 unità (nello stesso periodo le persone provenienti dal Marocco ammontano a 44).
Ancor più dettagliatamente, e solo per fare un esempio, nelle scuole del II° Circolo, dove lavoro, abbiamo dei plessi, come la Scuola materna di Ortovero, dove gli alunni stranieri iscritti ammontano al 19,64 % del totale, percentuale che sale ulteriormente nella materna di Casanova Terrone con il 22,22 %. Analogamente, nella scuola elementare, a Casanova troviamo il 35,7% degli stranieri, il 12,8% a Ortovero e il 10,07 % nel Plesso delle Paccini, qui in città. La maggioranza di questi nuovi alunni proviene dal Marocco e dall’Albania.
Prima di parlare delle esperienze didattiche attuate nelle nostre scuole, vorrei puntualizzare alcuni concetti:
a) non utilizziamo, almeno in questa sede, il termine ‘extracomunitario’ e sostituiamolo con straniero, migrante o nuovi cittadini…a suo tempo, papa Giovanni XXIII diceva: “Quando incontri un viandante, non chiedergli da dove viene, ma chiedigli dove va”. Sostituiamo al termine ‘viandante’ quello di ‘migrante’ e il gioco è fatto. Invece di pensare quale sia la sua provenienza, chiediamogli quale sia il suo progetto di vita.
b) Proviamo a chiedere al migrante quali siano le sue conoscenze, i suoi titoli di studio, i suoi desideri e i suoi sogni. Agendo altrimenti come possiamo sapere se tra questi nuovi cittadini c’è qualcuno che ha qualcosa da offrire alla comunità, oltre la sua forza lavoro? Alla costruzione di una comunità solidale devono contribuire tutte le intelligenze, a prescindere dalla loro nazionalità. Come educatori, genitori e insegnanti dobbiamo difendere le peculiarità e sviluppare le abilità di ogni persona, soprattutto se si tratta di bambini. E questo è un altro punto dolente: è pur vero che spesso i migranti hanno bisogno dell’apporto lavorativo ed economico dei propri figli, ma questo non deve diventare una condanna per i ragazzi. Ma non sta scritto da nessuna parte che i migranti o i figli dei migranti debbano per forza frequentare gli istituti professionali? Con tutto il rispetto per questi istituti, quante intelligenze perdiamo come comunità solo perché la pelle di chi le porta non è pallida e la lingua in cui si esprimono è un’altra, diversa dalla nostra?
c) Quando arrivano alunni stranieri c’è sempre qualcuno che teme che la classe rimanga indietro per colpa dei nuovi arrivati. Peccato che dopo pochi mesi, spesso e volentieri, gli stranieri diano dei punti agli italiani. Perché sono più intelligenti? A volte. Ma spesso è perché sono più motivati: purtroppo, per gli italiani la cultura non è più un valore: conta solo l’apparire, i soldi e il modello televisivo che tutto permea.
d) A scuola accade anche un altro fenomeno: le classi in cui sono iscritti ragazzini segnalati come diversamente abili hanno un insegnante impegnato in attività di sostegno (come il sottoscritto); gli stranieri hanno –purtroppo non sempre- personale volontario che li aiuta ma chi rimane scoperto è l’alunno svantaggiato italiano (proveniente da famiglie problematiche). A questi chi ci pensa? Gli insegnanti di classe si trovano schiacciati da mille problematiche (classi sempre più numerose, bambini con situazioni familiari più o meno gravi, caos sui programmi in seguito a riforme mai applicate o applicate un po’ o solo abbozzate…). Ma questi sono problemi che affliggono la scuola in generale.
Per affrontare queste problematiche occorre avere idee, risorse umane, e perché no? anche economiche. L’Associazione di Promozione Sociale Centro Scuola Territorio, qualche idea l’ ha avuta avviando progetti che hanno cercato di colmare un vuoto istituzionale e delle carenze strutturali. Ma di questo parleremo fra poco.
Un’ultima precisazione: quando si parla di stranieri si tende sempre (o, almeno, spesso) a generalizzare: i ‘marocchini’, gli ‘albanesi’, e via dicendo: è un errore comune, come lo è parlare di ‘tedeschi’ o di ‘liguri’ è una trappola linguistica pericolosa perché si descrive un gruppo, una nazione, una classe sociale o una fede come un qualcosa di omogeneo e monolitico…nulla di più errato: noi incontriamo le persone non le culture. Persone che possono essere buone o cattive, simpatiche o antipatiche, ma pur sempre persone con le loro storie, esperienze, affetti, difetti e abitudini. Le generalizzazioni sono stupide, oltre che semplicistiche e stereotipate: ci sarà pure qualche tedesco che non beve birra, qualche svizzero poco puntuale, e via dicendo…Come afferma Marco Aime, “a incontrarsi o a scontrarsi non sono culture, ma persone. Se pensate come un dato assoluto, le culture divengono un recinto invalicabile, che alimenta nuove forme di razzismo. Ogni identità è fatta di memoria e di oblio. Più che al passato, va cercata nel suo costante divenire”.
Insieme alle generalizzazioni, incontriamo le assimilazioni, strumenti diabolici di quel moderno demonio che è il pensiero riduzionista, che combatte la complessità, laddove questa è un toccasana, una salvezza. “La pluralità abita il mondo”, ricordava Hannah Arendt. E la valorizzazione della biodiversità andrebbe estesa dall’ambito ecologico a quello sociale e culturale: perché quando saremo in grado di capire che la diversità è una risorsa allora avremo posto le basi per la costruzione di una società non già multi ma interculturale. E la differenza non è da poco: nella società interculturale, ognuno di noi deve perdere un pochino del suo beneamato io per far posto a un pochino dell’altro io, del diverso da sé. Così agendo diviene più ricco, fa nuove esperienze e nuove conoscenze.
Un esempio molto semplice è il seguente: qualche anno fa, a Savona, in via Venezia, ho letto un autoadesivo che mi ha colpito. Il testo recitava: “No al cous cous sì alla polenta”. Ho pensato che si trattasse di un’affermazione molto sciocca. Prima di tutto non vedo l’opposizione tra i due alimenti: non posso mangiare, volendo, una porzione di polenta e una di cous cous? In secondo luogo, può darsi che mi sia distratto, ma non ho mai sentito nessun maghrebino voler imporre il cous cous sulle nostre tavole…Però, la logica soggiacente al testo è quella di chi vuole creare schieramenti contrapposti: per avere un nemico, bisogna inventarlo, creando aut aut inesistenti…del resto, certi partiti non fanno altro che gettare benzina sul fuoco agitando ad esempio in continuazione la pericolosità dei clandestini (quando una legge firmata dai loro massimi dirigenti ne ha fabbricati a centinaia di migliaia), agitando la sindrome da accerchiamento (chi non ricorda il tragico e patetico allo stesso tempo slogan “Padroni a casa nostra”?) o puntando esplicitamente sulla xenofobia: l’Italia agli italiani…a questo proposito, giustamente Elide Taviani, in occasione di un incontro che abbiamo organizzato con alcuni docenti delle scuole medie albenganesi nell’ambito di un’iniziativa di formazione alle tematiche interculturali e di educazione alla mondialità, ricordava che se in tutto il mondo venisse approvata una legge che rispedisca a casa tutti gli stranieri, tornerebbero talmente tanti italiani che non sapremmo neanche dove metterli: sparsa per il globo, c’è, numericamente, un’altra Italia…del resto abbiamo esportato migranti per cento cinquanta anni…
Un altro dato interessante à la giovane età dei migranti: abbiamo già visto le percentuali in alcuni plessi di scuola dell’infanzia. Vorrei ricordare, ad esempio, che nella materna di Ortovero, il prossimo anno scolastico, ci sarà una sezione di scuola dell’infanzia con 19 alunni marocchini su 21 iscritti. È anche per questo motivo che il Coordinamento Cooperazione Decentrata (che raccoglie tutte le associazioni che si occupano di intercultura, di migrazioni e di cooperazione in città) ha pensato di intervenire su quella che una volta si chiamava scuola materna. Si tratta del segmento formativo rimasto scoperto per una serie di fattori diversi o che ha visto interventi differenziati ma poco o non abbastanza strutturati. Agendo sulle materne, l’intervento è precoce e si facilita l’inserimento e l’inclusione non solo dell’alunno non italiano ma anche dei suoi genitori.
Sarebbe bene che gli stranieri compissero un’operazione trasversale alle nazionalità e costituissero un’Associazione dei migranti, al fine di acquisire maggiore valenza politica. Sarebbe anche bene che si iscrivessero a sindacati, in modo da poter difendere i propri diritti. Personalmente non mi interessa la nazionalità di chi chiede aiuto (e, a chi avesse bisogno, non chiederei neppure se sia in regola): siamo cittadini del mondo e anche don Milani insegnava a ridere “dei sacri confini delle Patrie”. Penso che non si possa non ascoltare chi chieda aiuto…Occorre agire pedagogicamente verso tutti, a partire dai più bisognosi se davvero vogliamo costruire una scuola per tutti e di ciascuno. Se vogliamo che l’altro concetto programmatico di don Milani, “nessuno escluso”, venga applicato e non resti un mero auspicio. E, soprattutto, prima che sia troppo tardi…
Iniziative intraprese
L’Associazione di Promozione Sociale Centro Scuola Territorio si è costituita formalmente il 9 maggio del 2006. Nasce dal preesistente Centro Scuola Territorio che ha coordinato le volontarie dell’Associazione Centro d’Ascolto della Caritas diocesana negli anni compresi tra il 2003 e il 2006, offrendo loro l’occasione di partecipare a riunioni di sintesi mensili in cui venivano discussi problematiche e soluzioni, ansie e situazioni diverse.
Ultima iniziativa promossa congiuntamente dai due enti è stato il già citato corso di formazione A come Accoglienza (tenutosi ad Albenga, nel periodo di febbraio-maggio 2006). Questo corso ha prodotto un Protocollo d’Accoglienza che è stato diffuso presso tutte le istituzioni scolastiche afferenti al distretto scolastico albenganese. Al percorso formativo hanno partecipato rappresentanti del personale docente e non docente del I e del II Circolo, volontarie dell’Associazione Centro d’Ascolto della Caritas Diocesana, mediatori culturali stranieri e operatori dei Servizi sociali. I mediatori e gli operatori sono stati anche membri del Gruppo Formazione Operatori Genitori “Wissal”, costituitosi nell’ambito del Progetto Integrazione promosso dalla citata Associazione Centro d’Ascolto.
Ha ottenuto dall’Università di Genova il riconoscimento quale ente presso cui gli studenti possono svolgere l’attività di tirocinio. Ha infine organizzato un incontro sulle tematiche di educazione alla mondialità tenutosi a marzo e il Convegno Marocco così vicino così lontano: esperienze didattiche a confronto al di qua e al di là del mare (Palazzo Ester Siccardi, 11 maggio u.s.)
Lo stato giuridico della nuova Associazione le permette di operare quale soggetto attivo nel processo di integrazione delle comunità straniere, a partire dai genitori e dai bambini che frequentano le scuole cittadine.
L’attività dell’Associazione è centrata sul volontariato a sostegno degli alunni stranieri. Questa attività, per quanto importante e portata avanti con passione dalle volontarie, non esaurisce le finalità della nostra Associazione che si occupa, come recita lo Statuto, anche di diversamente abili e di nuove marginalità.
Nel marzo del 2006, ha presentato alla Regione, ai sensi della Legge regionale n. 28/2004, in partenariato con il Comune di Albenga (Assessorato ai Servizi Sociali e Assessorato alla Pubblica Istruzione) il Progetto Città Solidale che si classifica al XVIII posto (su una cinquantina di progetti ammessi al finanziamento, più altrettanti esclusi).
Il finanziamento regionale ha permesso di attivare molte iniziative, tra cui:
1. l’apertura di due sportelli psicologici genitori-insegnanti nei due circoli didattici della città: due psicologhe sono a disposizione di genitori e insegnanti delle scuole materne ed elementari, senza spesa alcuna per la scuola, per due ore settimanali da novembre a fine maggio. Gli sportelli iniziano ad essere utilizzati anche da persone straniere;
2. il finanziamento dei corsi di lingua italiana per adulti stranieri in collaborazione con il locale Centro di Territoriale Permanente di Albenga;
3. la traduzione di avvisi per la scuola materna e di brevi percorsi di animazione interculturale presso plessi del II° Circolo;
4. l’organizzazione, in collaborazione con l’ASAL una serie di incontri di formazione per insegnanti su tematiche di educazione alla mondialità e interculturali;
5. l’avvio di contatti con le comunità migranti grazie al lavoro di tirocinanti dell’Università di Genova per attuare progetti di coinvolgimento delle comunità migranti in percorsi di cittadinanza attiva
6. l’attivazione del Progetto Ulisse, avviato già lo scorso anno scolastico. Ha coinvolto una quarantina di alunni del Liceo Classico, Scientifico e Linguistico di Albenga su attività di volontariato nel plesso Paccini e di Vadino. Prevede che gli studenti liceali svolgano attività propedeutiche al volontariato (è da sottolineare che la parola d’ordine della giornata del volontariato che si è tenuta pochi giorni fa, era quella di coinvolgere i giovani);
7. l’ organizzazione di convegni come questo.
L’Associazione di Promozione Sociale Centro Scuola Territorio nel tempo ha stabilito contatti fruttuosi con diversi enti tra cui:
Africa e Mediterraneo
Si tratta di una ong bolognese che lavora soprattutto con i ragazzi delle scuole medie e superiori, avendo individuato quale mezzo di comunicazione privilegiato il fumetto. Sono in fase di preparazione diversi progetti che prevedono momenti di incontro e formazione su tematiche interculturali, di educazione alla mondialità e di ricerca dei valori comuni alle diverse fedi religiose.
Associazione Kikoa
L’Associazione gestisce il negozio equo e solidale di via Roma. Sono allo studio progetti di interventi nelle scuole sull’educazione alla mondialità e all’intercultura.
Associazione SJAMO
Si occupa di adozioni a distanza e di intercultura. Insieme stiamo cercando di coinvolgere la comunità marocchina in processi di affido familiare.
Associazione di Studi America Latina
Una delle più vecchie organizzazione non governative italiane (fondata una quarantina di anni fa), opera in America Latina e Africa e ha promosso, con un’altra associazione, il Progetto Marocco centrato sul reinserimento di giovani marocchini della zona di Beni Millal –da cui provengono quasi tutti i marocchini presenti ad Albenga. Con queste due associazioni, abbiamo promosso il Convegno sul Marocco cui si è fatto cenno in precedenza. L’ASAL ha deciso, dopo questo Convegno di portare la sua sede regionale qui ad Albenga e di condividerla con la nostra Associazione.
Coordinamento Cooperazione Decentrata
Nato da poco tempo si tratta dell’organismo che riunisce gli enti che si occupano attivamente di intercultura. L’Associazione svolge una funzione di collegamento tra il Coordinamento e le Comunità migranti.
A questo elenco vanno aggiunti l’Ufficio Cooperazione Europa dell’Amministrazione Provinciale con il quale siamo in stretto contatto.
Studentesse universitarie
Abbiamo già fatto cenno alle tirocinanti universitarie che prestano la loro attività di tirocinio grazie a una Convenzione. A queste vanno aggiunte altre che si sono rivolte a noi, tra cui una laureata presso l’Università di Trieste, che ha citato il CST nella sua tesi, altre universitarie albenganesi che, a diverso titolo sono interessate alla nostra attività interculturale (una di esse sta lavorando a una tesi sui progetti di integrazione nel savonese, per cui una parte cospicua del suo lavoro riguarderà la nostra Associazione e, in particolar modo, il Progetto Ulisse).
conclusioni
Albenga ha molte potenzialità. Sta a tutti noi, cittadini e amministratori, far sì che le sappia sviluppare per poter avere un futuro dignitoso e armonioso. Come recita il vecchio adagio, la carne al fuoco è molta, e molte sono le cose vorremmo fare. L’Associazione di Promozione Sociale Centro Scuola Territorio che presiedo sta facendo la sua parte, spesso anche al di là delle nostre limitate risorse. A questo proposito, vorrei ringraziare le volontarie che affrontano il compito più delicato e importante: quello del sostegno agli alunni stranieri: ancor prima di essere operatrici didattiche, sono persone che rassicurano i bambini, cui comunicano la loro disponibilità e il loro affetto. Le volontarie, con la loro presenza, la loro sensibilità e la loro intelligenza, accolgono veramente la bambina o il bambino straniero.
È bello vedere come i piccoli attendano con ansia il loro arrivo (e quale sia la loro delusione, le rare volte in cui le volontarie sono assenti ). Ed è proprio in questo che si rivela l’importanza del volontariato: nel far sapere a questi bimbi che sono lì per loro…per far sì che i nuovi arrivati si sentano a casa, che sappiano che ci sono persone che pensano a creare un ambiente accogliente. Perché non bisogna dimenticare che una comunità dove ci sia spazio per i più piccoli, per gli “ultimi”, è una comunità dove tutti vivono meglio. Nessuno escluso non è solo uno slogan: è un programma e un progetto per costruire una scuola e una città per tutti e per ciascuno dove insieme si possano vincere i meccanismi di esclusione e di abbandono, di emarginazione e di rifiuto. È una strada lunga e difficile, ma è l’unica da percorrere.
Giuliano Falco
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