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venerdì 17 aprile 2009

TERMOVALORIZZATORI: UN SISTEMA STUPIDO PER RISOLVERE UN PROBLEMA SEMPLICE

Prof. Federico VALERIO dell’I.S.T.

Questa è la sintesi della mia lunga intervista che avrebbe dovuto andare in onda il 14 settembre su RAI 1, in un numero speciale di Super – Quark, dedicato all’incenerimento dei rifiuti, in cui Piero Angela aveva garantito un adeguato spazio alle ragioni di chi non gradisce questa opzione.
Per una serie di circostanze, il giorno prima della messa in onda, un cambiamento di programma ha annullato la trasmissione e gli italiani non avranno mai più la possibilità di capire per quali motivi c’è qualcuno che ritiene essere una scelta assolutamente stupida quella che pensa di risolvere con la termovalorizzazione i problemi creati dai rifiuti.
Infatti, come si può definire altrimenti la scelta che, per risolvere il problema dell’ingombro di giornali, imballaggi, fazzoletti di carta, bucce di patate e pannoloni, li termovalorizza trasformandoli, da oggetti ingombranti e nel peggiore dei casi maleodoranti, in composti altamente tossici?
E quale giudizio si può dare ad una tecnologia che per cercare di neutralizzare la tossicità dei composti da lei stessa prodotta, costringe a gestire complessi impianti di trattamento fumi, il cui costo di installazione e gestione fa diventare la termovalorizzazione, in assoluto, il più costoso sistema di trattamento dei rifiuti urbani?
Peraltro, nonostante i sofisticati sistemi di disinquinamento dei termovalorizzatori dell’ultima generazione, dai camini non esce, come qualcuno crede, profumo di limoni. In base alle dichiarazioni pubbliche del Vice Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti della Campania, il costruendo termovalorizzatore di Acerra “ garantisce, “ per chi abita nelle zone di ricaduta dei suoi fumi, qualcosa come 1.024 tonnellate all’anno di anidride solforosa, acido cloridrico, polveri, ossidi di azoto ed una ventina di chili tra cadmio, tallio e mercurio.
Per quanto riguarda le emissioni di diossine e furani, la quantità giornaliera che il Vice Commissario di Governo per l’Emergenza Rifiuti, Bonifiche e tutela delle acque della Regione Campania “ garantisce “ ai cittadini di Acerra e dintorni, è di 548 milioni di picogrammi, quanto basta per coprire la dose massima giornaliera, giudicata tollerabile dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per tre milioni novecento quattordicimila e rotti soggetti adulti.
Ma l’impianto ambientale dei tanto decantati termovalorizzatori dell’ultima generazione non finisce qui. Molti degli inquinanti che meravigliosi macchinari sottraggono ai fumi non spariscono certo per magia!
Rimangono intrappolati nelle cosidette polveri volanti o nei fanghi prodotti dal lavaggio dei fumi. In altre parole, i termovalorizzatori oltre che inquinanti aeriformi, producono rifiuti tossici che devono essere smaltiti con le dovute cautele.
E non è un problema da poco, anche in termini finanziari.
I due tanto decantati inceneritori di Vienna, ogni anno spediscono 506 tonnellate di questi rifiuti da loro prodotti, nelle ex miniere di salgemma di Heilbrom, a nord di Stoccarda, con un viaggio di oltre 200 chilometri. E in queste stesse miniere finiscono, a caro prezzo, le polveri volanti dei termovalorizzatori tedeschi, come pure quelle prodotte dal termovalorizzatore di Brescia!
La stupidità della scelta che in modo massiccio si vuole imporre, anche con la forza, agli italiani è che i termovalorizzatori neanche riescono a far meno delle discariche.
Dopo la termovalorizzazione, dal 20 al 30% in peso di quello che entra nell’impianto lo si trova, sotto forma di scorie e ceneri pesanti, tutt’altro che inerti come si vuol far credere, con l’aggravante che metalli e diossine, ancora presenti in queste ceneri, risultano più solubili e biodisponibili dei metalli e delle diossine che si trovano nei rifiuti prima della termovalorizzazione.
La stupidità della termovalorizzazione a tutti i costi è che esistono altri metodi, non solo accettati dalla popolazione, ma anche più economici, meno energivori, intrinsecamente a minore impatto ambientale, idonei a risolvere i problemi rifiuti e questi metodi sono: il riuso, il riciclaggio, il compostaggio, l’ossidazione biologica.
Ancora migliori, dal punto di vista ambientale, economico energetico sono le politiche che inducono una minore produzione di rifiuti, come il compostaggio domestico e la reintroduzione del vuoto a rendere. Ognuno di voi faccia mente locale e quanta posta indesiderata ha trovato questa mattina nella propria casella postale, per valutare gli effetti di una semplice norma che vietasse la pubblicità a domicilio, o sul parabrezza delle auto, peraltro pratiche giudicate poco efficaci anche da parte degli stessi pubblicitari!.
La richiesta di privilegiare queste scelte, prima di pensare a qualunque termovalorizzatore, non è solo da parte di alcune minoranze disinformate, come in Italia si vuol far credere. E’ la scelta che gran parte dell’Europa ha avviato da tempo, ma ancor più, queste sono le scelte di una Nazione che non a caso, non viene mai citata dagli amici dei termovalorizzatori: gli Stati Uniti.
In questo Paese, grazie ad opportune scelte politiche, la produzione procapite dei rifiuti si è ridotta, in dieci anni, del 19% ed è ormai stabile da diversi anni; il 32% di tutti i prodotti negli è riciclato o compostato e l’incenerimento è passato dal 30,6% degli anni “60”, all’attuale 15,9%. Questo forte alo non è casuale.
La crisi degli inceneritori negli USA è cominciata quando gli Stati Federali, uno dopo l’altro, hanno deciso di non sovvenzionare l’elettricità prodotta dai termovalorizzatori. Questo ha comportato l’annullamento dei progetti di oltre duecento nuovi termovalorizzatori e la chiusura di numerosi altri impianti, diventati improvvisamente troppo costosi.
La crisi dei termovalorizzatori negli U.S.A. ha costretto le multinazionali dei rifiuti a trovare mercati più facili nel terzo mondo e l’Italia, che offre generose sovvenzioni ed agevolazioni di ogni genere, a che realizza termovalorizzatori, è diventata terra di conquista.
Prof. Federico VALERIO

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