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lunedì 17 novembre 2008

Intervista a Adam Michnik

Tratto da NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 642 del 17 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Sommario di questo numero:
1. Attilio Bolzoni: La sfida di Danilo Dolci
2. Eugenia Diponti: Etiopia oggi
3. Salvo Palazzolo: Poliziotti all'Universita' a lezione di nonviolenza
(2003)
4. Giuliano Battiston intervista Adam Michnik
5. Tommaso Di Francesco intervista Predrag Matvejevic
6. Pietro Polito presenta "La non-violence expliquee' a' mes filles" di
Jacques Semelin
7. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009"
8. L'Agenda dell'antimafia 2009
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

4. TESTIMONIANZE. GIULIANO BATTISTON INTERVISTA ADAM MICHNIK
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 aprile 2008, col titolo "Il nostro
lungo processo di apprendimento della liberta'" e il sommario "Variazioni
sul tema della democrazia in una intervista allo storico, politico e ex
dissidente polacco, che venne definito dal filosofo Leszek Kolakowski
'disobbediente, scettico e avido di sapere'. Questa mattina sara' ospite del
festival di filosofia all'auditorium di Roma. Dobbiamo tendere alle
'temperature medie': lo dico sempre anche a me che sono un impulsivo"]

Definendolo "diffidente, disobbediente, scettico, avido di sapere", il
filosofo polacco Leszek Kolakowski ha restituito integralmente la fisionomia
esistenziale del suo connazionale Adam Michnik, "la bestia nera del governo
comunista". Forse meglio di chiunque altro, ne ha poi individuato la
traiettoria politica, orientata a "definire un percorso che non fosse ne'
quello di un moralismo naif e inefficace, ne' quello di uno pseudo-realismo
ancora piu' inefficace". In effetti, sin dall'inizio della sua lunga
battaglia contro l'Homo sovieticus - "un uomo corrotto dalla menzogna,
educato al servilismo, avvilito dal vivere quotidiano nella
mistificazione" - Adam Michnik ha fatto sua la convinzione del fatto che la
vera saggezza politica risiede nel "sapere quando si deve pagare di persona
per difendere le proprie ragioni, e quando invece si deve cercare un
compromesso, e fino a dove puo' arrivare questo compromesso". Per questo,
pur pagando di persona l'opposizione a un regime "nel quale il discorso era
stato statalizzato, la verita' monopolizzata, e il controllo della memoria
collettiva affidato in esclusiva agli amministratori", Michnik ha continuato
a cercare un difficile equilibrio tra idealismo e pragmatismo, conservando
l'intransigenza di chi chiede liberta' e autodeterminazione ma rigettando
sia il fanatismo "degli inquisitori ideologici" che "la retorica
rivoluzionaria del tutto o niente". Che in termini generali proprio da
questo equilibrio sia derivato "il piu' grande contributo della Polonia alla
storia del XX secolo", come ritiene Michnik, o che la politica di
riconciliazione nazionale e del compromesso adottata dai dirigenti di
Solidarnosc sia stata un "tradimento" delle istanze rivoluzionarie, "come
credono alcuni puristi", e' ancora materia di dibattito, in Polonia e non
solo. Quel che e' certo e' che Michnik ha avuto sempre il coraggio di "non
recitare il proprio monologo dietro le quinte", riuscendo con la sua
determinazione a "impregnare l'universo dei valori burocraticamente
codificati del ridere del buffone e dello scetticismo del liberto
pensatore".
Abbiamo incontrato Adam Michnik a Roma, dove e' stato invitato dagli
organizzatori del festival della filosofia, nell'ambito del quale
partecipera' stamattina, insieme a Daniel Cohn-Bendit, Paul Berman e
Fernando Savater alla tavola rotonda "Etiche della rivolta: 1968-1989",
coordinata da Paolo Flores d'Arcais.
*
- Giuliano Battiston: In "Conversazioni nella Cittadella", un saggio
pubblicato nel 1982 sulla rivista "Krytyka" e poi raccolto nel volume Etica
della resistenza, lei scrive: "Bisogna maturare per la liberta'. La liberta'
va imparata". A quasi vent'anni dal crollo dell'impero sovietico, nei paesi
dell'Europa centro-orientale a che punto e' il processo di apprendimento
della liberta'?
- Adam Michnik: Ho scritto quel saggio quando ero in galera, e quando ci si
trova in galera si conosce la liberta' in modo esclusivamente teorico,
stabilendo una semplice equivalenza tra liberta' e assenza di prigionia,
senza scendere nei dettagli. Uscendo di prigione, invece, si comprende che
la democrazia e' la liberta' circoscritta all'interno delle regole delle
istituzioni, quel che definiamo come stato di diritto. Ed e' proprio sotto
questo aspetto che si individuano immediatamente quali, tra i paesi
dell'Europa centrale e orientale, sono meglio preparati all'esperienza
democratica. Il processo di apprendimento, comunque, non e' affatto
concluso, anche perche' nel frattempo e' entrato in crisi il nostro modello
di riferimento, quello delle democrazie occidentali, e noi ci siamo
ritrovati come ciclisti che pedalano senza manubrio: ci manca un buon
modello, siamo costretti a misurarci con una serie di problemi inattesi.
*
- Giuliano Battiston: Di fronte agli "autoproclamati possessori della
verita' assoluta" lei ha sempre rivendicato "il diritto alla ricerca
indipendente, al dubbio e allo scetticismo". Ritiene che una matura cultura
politica democratica sia quella in cui il diritto allo scetticismo viene
inteso anche come un dovere?
- Adam Michnik: Credo che alla base dell'ordine democratico debba esserci
una sana e rigorosa tendenza al dubbio, ma allo stesso tempo, seguendo
Cartesio, ritengo che in alcune circostanze estreme, pur mantenendo la
convinzione che la propria posizione possa essere opinabile, occorra
difenderla come fosse assoluta. Il dialogo, infatti, puo' essere condotto
solo da individui liberi, mentre in alcune circostanze non si da' pari
liberta' tra gli interlocutori. Nel mio caso, quando ero in prigione, pur
ammettendo tra me e me che il procuratore che avevo di fronte potesse avere
ragione su alcuni punti, avevo il dovere di difendere con intransigenza le
mie posizioni.
*
- Giuliano Battiston: A proposito di intransigenza: recentemente lei ha
discusso le obiezioni polemiche rivolte da Ratzinger alla democrazia
"orientata al relativismo e allo scetticismo, che non si basa sui valori e
sulla verita', ma sulle procedure". Ci vuole spiegare qual e', invece, la
sua posizione, quella dello "scettico democratico"?
- Adam Michnik: Secondo me la democrazia e' una comunita' che si regge sul
rispetto della dignita' e della liberta' umana, mentre secondo Ratzinger
dovrebbe reggersi su valori molto piu' "radicati", perche' soltanto
l'assolutismo dei valori impedisce che la democrazia conduca al relativismo
e si trasformi paradossalmente in un'istituzione dal carattere totalitario.
Non condivido questo ragionamento perche' ritengo che la scelta della
democrazia non debba essere suffragata dal riferimento ai valori cristiani o
religiosi, e debba invece poggiare, come dicevo, sul rispetto della liberta'
e della dignita' umana. Anche se si puo' essere d'accordo sull'idea che ci
siano valori non negoziabili, occorre continuamente interrogarsi sul confine
che separa cio' che e' relativo da cio' che non lo e'. In questo senso, se
la Chiesa ritiene che la piu' grave minaccia sia quella del liberalismo, io
credo invece che la democrazia liberale sia la condizione "sine qua non" per
tentare di rendere migliore il mondo in cui viviamo e garantire le
condizioni della convivenza. Allo stesso tempo, pero', critico l'ateismo
selvaggio di chi pretende di eliminare la religione dal dibattito sulle
forme contemporanee della societa'.
*
- Giuliano Battiston: Insieme all'assolutismo morale, lei sostiene che
dall'ambito della dialettica politica vada esclusa anche ogni "utopia di un
mondo giusto, armonioso e perfetto". Non crede, pero', che il liberalismo
politico a cui faceva riferimento prima, un liberalismo che esclude sia
l'assolutismo morale che la tensione utopica, corra il rischio di ridursi a
una cornice che depoliticizza la societa', depotenziando i conflitti
sociali?
- Adam Michnik: No, non lo credo. Ovviamente per liberalismo politico
possiamo intendere cose molto diverse, ma per quanto mi riguarda ritengo che
il liberalismo sia innanzitutto cio' che protegge sia i singoli che la
societa' dai tentativi di ricondurli alle gabbie dei sistemi totalitari.
Inoltre, pur escludendo la tensione utopica, tende comunque al
miglioramento, e lo fa sulla base di una consapevolezza centrale per la
democrazia: l'idea che gli uomini siano imperfetti, e che proprio per questo
nessuno abbia il diritto di imporre agli altri le proprie idee. Idee che
possono essere oggetto di discussione, eventualmente di persuasione, ma mai
di imposizione. La democrazia liberale, dunque, che e' intrinsecamente
imperfetta perche' tale e' il mondo degli uomini, solo se e' accompagnata
dalla consapevolezza di trovarsi in uno stato di perenne minaccia e' davvero
una democrazia liberale. In questo senso, dobbiamo tendere costantemente
all'equilibrio, cercando quelle che in termini liberali vengono definite
"temperature medie". Lo ripeto sempre anche a me stesso, visto che ho un
temperamento da fanatico impulsivo.
*
- Giuliano Battiston: "La sconfitta del comunismo - ha scritto - ha lasciato
un grande buco nero" che e' stato riempito dal nazionalismo. Lo scrittore
austriaco Grillparzer, da lei piu' volte citato, ritiene che alcuni paesi
dell'Europa dell'est stiano gia' percorrendo - uso le sue parole - la strada
che "dall'umanesimo, passando per il nazionalismo, porta alla bestialita'".
Lo pensa anche lei?
- Adam Michnik: Il pericolo c'e'. D'altronde la stessa "primavera dei
popoli" si presento' prima come un moto nazionalista e democratico, poi
esclusivamente nazionalista, infine come un serbatoio per il nazismo. Anche
nel caso della guerra nei Balcani il nazionalismo e' stato usato in fasi
diverse per differenti obiettivi politici: nella prima fase veniva
ricondotto alla difesa della nazione, dei suoi valori culturali e
democratici; nella seconda serviva a giustificare il separatismo; nella
terza invece per legittimare la pulizia etnica. In altri termini, il rischio
della bestialita' e' sempre presente.
*
- Giuliano Battiston: Come molti della sua generazione, lei si e'
interrogato sulla possibilita' di riformare il comunismo "dall'interno".
Alla fine, pero', a differenza di altri, e' arrivato alla conclusione che
"non esiste comunismo che non sia totalitario. O e' totalitario o cessa di
essere comunismo". Questo vuol dire, nella sua prospettiva, che la stessa
idea di giustizia sociale e l'egualitarismo contengono in se' un germe
totalitario?
- Adam Michnik: Credo di si', perche' paradossalmente l'egualitarismo ideale
puo' essere realizzato solo in un campo di concentramento, e allo stesso
tempo non esiste campo di concentramento che non abbia dei carcerieri. In
questo senso, quella dell'uguaglianza assoluta e' un'idea che si
auto-confuta. Io credo piuttosto nell'uguaglianza di fronte alla legge che
regola la vita democratica, mentre l'idea che tutti dovremmo godere dello
stesso salario perche' abbiamo lo stesso stomaco mi sembra molto pericolosa:
apre la strada alla demagogia e questa alimenta l'invidia e se ne nutre,
costringe all'uniformita' che uccide la creativita'. Allo stesso tempo,
esclude quello spazio all'interno del quale, grazie alla discussione, e'
possibile ricercare soluzioni diverse e negoziabili.
*
- Giuliano Battiston: Un'ultima domanda legata al tema del festival della
filosofia: lei ha scritto che per la sua generazione "la strada per la
liberta' ha inizio nel 1968", e in diverse occasioni ha analizzato
differenze e similitudini tra i movimenti di Praga e Varsavia da un lato e
quelli di Parigi, Roma, Berlino ovest e Berkeley dall'altra. Ora, secondo
alcuni il '68 si concluderebbe veramente solo nel 1989: ritiene che ci sia
effettivamente un legame tra il maggio francese e l'implosione del
socialismo reale?
- Adam Michnik: Ci vorrebbe un libro per rispondere. Per noi il '68 era la
primavera di Praga e la rivolta degli studenti polacchi. Per il movimento
occidentale, il cui linguaggio diversamente dal nostro era costruito
interamente sull'opposizione al capitalismo, il punto di riferimento era la
guerra in Vietnam e l'antiamericanismo, non l'antisovietismo; inoltre mentre
a Parigi e Berkeley veniva attaccato l'ordine della democrazia borghese, noi
combattevamo per una liberta' che solo quella democrazia borghese ci
sembrava potesse garantire. Nello specifico, poi, la contestazione francese
era mossa sin dall'inizio dalla critica rivolta al partito comunista. Per
quanto riguarda il legame con l'implosione del socialismo reale, credo che
la maniera migliore per comprendere quegli anni sia mettere insieme tre
date: 1968, 1989 e 1789, l'anno della rivoluzione francese. Solo cosi'
riusciremo a illuminare il senso di quegli anni, anni formidabili per quelli
della mia generazione.
*
Postilla. La sua vita
Nato a Varsavia nel 1946, sin da ragazzo Adam Michnik si e' dedicato
all'attivita' politica; gia' sospeso due volte dall'Universita' di Varsavia,
nel 1968 ne venne espulso, e condannato a tre anni di prigione. Rilasciato
grazie a una amnistia nel 1969, gli venne impedito di continuare gli studi.
Dopo avere trascorso due anni in Francia, torno' a Varsavia, diventando uno
dei principali attivisti del Kor, il Comitato di difesa degli operai.
Animatore di riviste e giornali clandestini e dei corsi dell'"Universita'
volante", tra il 1980 e il 1981 e' stato consigliere di Solidarnosc.
Arrestato nel dicembre 1981, ha rifiutato di firmare la "dichiarazione di
lealta'" che gli avrebbe concesso la liberta'; rilasciato grazie a una nuova
amnistia nel 1984, nel 1985 e' stato di nuovo arrestato. Tra i principali
protagonisti della tavola rotonda che ha portato la Polonia alla svolta
democratica, Michnik e' stato membro del parlamento dal 1989 al 1991.
Saggista e storico, l'ultimo suo libro tradotto e' Il pogrom (Bollati
Boringhieri, 2007), curato da Francesco M. Cataluccio, il quale, insieme a
Jaroslaw Mikolajewski, questa sera alle 19 discutera' con Michnik presso
l'Istituto polacco di Roma.

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