Dall'amico Paolo Bertagnolli, ricevo e pubblico:
Certamente gli amici che pazientemente leggono queste note sanno ormai tutto dei referendum, e non voglio tediarli: mi limiterò a una breve sintesi dei quesiti referendari seguita dagli estratti o da brevi riassunti di tre testi particolari: Stefano Rodotà sulla sentenza della Cassazione, Sue Landau (giornalista dell’International Herald Tribune) sui preparativi europei per lo stoccaggio delle scorie nucleari, Elmar Altvater (gentilmente tradotto da Liliana Villani) sulla necessità di una riflessione a sinistra.
Referendum: promemoria
Il 12 e 13 giugno n tutta Italia si vota per quattro referendum:
1. Contro la privatizzazione dell'acqua: scheda rossa
2. Contro i profitti delle multinazionali dell’acqua: scheda gialla
3. Contro le centrali nucleari: scheda grigia
4. Contro l'impunità per i ministri: scheda verde
Sono tutti referendum “abrogativi” di leggi esistenti, e quindi bisogna scrivere SI per cancellare quelle norme. I referendum, per essere validi, devono raggiungere il 50% più uno di votanti, cioè occorre che almeno 25 milioni di elettori vadano alle urne.
E’ per questo motivo che i governi, che molto spesso vorrebbero impedire ai cittadini di far sentire la loro voce, cercano di rendere difficile la partecipazione al voto. In questo caso evitando l’accoppiamento tra elezioni amministrative e referendum (che certamente avrebbe portato alle urne un numero maggiore di elettori) e successivamente sospendendo (ma non cancellando) il piano di costruzioni delle centrali nucleari sperando così di eliminare un referendum e di ridurre il numero di votanti per i rimanenti tre, anche per quello che Berlusconi teme più di tutti, sul “legittimo impedimento”: se i SI dovessero prevalere e se i votanti fossero più della metà degli elettori aventi diritto al voto, Berlusconi sarebbe costretto, come tutti, a difendersi dalle pesanti accuse che gli vengono mosse, e a consentire che la verità venga a galla.
Un ultimo avvertimento relativamente ai due referendum sull’acqua: i sostenitori della privatizzazione osservano che la legge attuale prevede che la proprietà dell’acqua rimanga pubblica, e quindi, secondo loro, i referendum sono inutili. Rispondo con le parole di Raniero La Valle: «I due referendum abrogativi tendono ad eliminare, con la vittoria del SI, le norme che col pretesto di regolare la distribuzione dell'acqua (che dalle mani pubbliche si intende sia trasferita a mani private) di fatto attribuiscono l'esclusività della gestione dell'acqua alle imprese private, pur senza attribuirne loro la proprietà; e perciò i privatizzatori, che ci sono in tutti i partiti, anche a sinistra, gridano che la proprietà dell'acqua non è in discussione e che pertanto i referendum sarebbero pretestuosi e andrebbero disertati. Ma l'esclusività è precisamente un connotato della proprietà, e perciò chi ha l'esclusività della distribuzione, di fatto ha la proprietà di ciò che distribuisce e commercia, e perciò sfrutta come privato un bene pubblico, un bene comune».
Il diritto di votare (Stefano Rodotà, Repubblica, 2 giugno 2011)
La Corte di Cassazione ha fatto la sua parte, con intelligenza giuridica e senso delle istituzioni. Gli effetti della decisione di far tenere il referendum sul nucleare sono evidenti, viene sventato il colpo di mano di un governo prepotente e incompetente. Viene impedita una frode del legislatore a danno degli elettori. Viene restaurata la legalità costituzionale, disprezzata da chi pensava che con uno sgangherato tratto di penna potesse essere fatta tacere la voce dei cittadini. Viene così disinnescata la trappola congegnata con l'apparenza dell'abrogazione delle norme sulla costruzione delle centrali nucleari e con la sostanza di un governo che pretendeva di tenersi le mani libere per far ripartire a suo piacimento il programma nucleare. Un espediente misero, un'evidente legge truffa, che violava il principio secondo il quale il referendum non si tiene solo se la nuova legge va esattamente nella direzione voluta dai suoi promotori.
La Cassazione ha colto la malafede governativa (implacabilmente documentata dalla memoria presentata da Alessandro Pace) e ha trasferito il referendum proprio sulla parte truffaldina della nuova norma. La morale di ieri è limpida: è ancora possibile sottrarre libertà e diritti all'aggressione di cui sono continuamente oggetto. La sconfitta politica del governo e,della maggioranza non poteva essere più chiara. Da tempo, infatti, eravamo costretti a fare i conti con una linea governativa sempre più pericolosa, avventurosa, costosa. Una linea, però, che ormai incontra resistenze sempre più decise, che hanno cominciato a demolirla e che, insieme, stanno facendo emergere le vere questioni nelle quali si riconoscono i cittadini.
[ … ]
Riportati nella loro interezza sulla scena istituzionale, i quesiti referendari sono destinati a caratterizzare ulteriormente e ad accelerare le dinamiche politiche appena avviate. Le elezioni amministrative hanno visto la comparsa di nuovi soggetti, non solo i nuovi sindaci, ma tutto quel mondo di donne, giovani, studenti, lavoratori, indignati di ogni età che, nei mesi passati hanno rivitalizzato la politica e che più d'uno aveva liquidato con un'alzata di spalle. I referendum, da parte loro, segnalano ora la comparsa di una nuova agenda politica, costruita intorno a temi forti, che parlano del futuro di tutti. Di un punto di unione tra queste due vicende, le elezioni amministrative e i referendum, e che si trova proprio nelle forze in campo, perché il miracolo del milione e quattrocentomila firme per i referendum sull' acqua "bene comune", record assoluto per la materia referendaria, nasce proprio.dalla mobilitazione di persone che poi sono state protagoniste nel tempo delle elezioni e che, a maggior ragione tornano ad esserlo in queste giornate.
Beni comuni, appunto. Questo è il tratto unificante dei quesiti referendari. Il bene comune dell'acqua sottratto alle pretese speculative. Il bene comune della salute e dell'ambiente sottratto al rischio nucleare. Il bene comune della legalità sottratto ad una giustizia a due velocità prodotta dal legittimo impedimento. II caso, o l’astuzia della ragione o la Provvidenza, hanno fatto sì che si producesse una congiunzione così significativa. In un colpo solo possiamo dare alla vita, ai bisogni, all'eguaglIanza, al futuro un senso che sembrava perduto.
Molti. sono,sconcertati, continuano ·a giudicare i referendum, sull'acqua in particolare, con criteri di convenienza economica e non colgono le dimensioni un vero passaggio d'epoca che non può essere affrontato con le categorie del passato. Forse stiamo entrando davvero in un mondo tutto nuovo, e questo può far tirare un respiro di sollievo. Ma servono molta fede e molto impegno.
La prova è vicina, il12 e 13 di giugno.
Labirinti per le scorie nucleari (Sue Landau, International Herald Tribune, 3 giugno 2011)
Raggiungibile solo per stradine che attraversano pittoreschi villaggi, in un luogo così lontano da tutto che sino a dieci anni fa, quando cominciarono i lavori, il vicino villaggio di Bure, in Lorena, non era neppure connesso alla rete elettrica, a cinquecento metri di profondità sotto campi di colza e di grano, sta sorgendo un laboratorio dell’Andra, l’agenzia nazionale per la gestione delle scorie radioattive, per la ricerca di una soluzione definitiva al problema delle scorie [in francese “déchets”, da cui l’acronimo, nota mia].
Il laboratorio, insieme ad altri in Finlandia e Svezia, rientra in un piano europeo, che dovrà essere approvato dal Parlamento in giugno, per la ricerca di depositi sicuri per il combustibile nucleare esaurito.
La Francia, che possiede il secondo parco nucleare al mondo (dopo gli Stati Uniti) processa il combustibile esaurito, estraendone plutonio e uranio impoverito [entrambi, come è noto, di uso militare, nota mia], e il residuo, un cocktail di elementi radioattivi alcuni dei quali attivi per centinaia di migliaia di anni, viene chiuso ermeticamente e immagazzinato in depositi temporanei per 50 o 100 anni. Ad oggi la Francia ha prodotto circa 90.000 metri cubi di combustibile spento, divenuti, dopo il processamento, 15.000 m³ di scorie. E’ per queste scorie che il laboratorio di Bure sta cercando una modalità di stoccaggio permanente.
Il compito è tutt’altro che facile, e la sperimentazione richiede anni: mentre gli operai scavano gallerie su gallerie nelle viscere della terra gli scienziati stanno sperimentando l’effetto del calore sulle rocce circostanti, la resistenza dei metalli usati per i contenitori alla corrosione; anche un effetto minimo, continuato per migliaia e migliaia di anni, è pericoloso. Il laboratorio e le gallerie sono scavati in uno strato di roccia sedimentaria del periodo giurassico, scelta per il suo bassissimo contenuto d’acqua, solo il 15%. “L’acqua, spiega il direttore del laboratorio, è il nemico. L’acqua si muove e potrebbe contaminare le acque di superficie. Ma un 15% di acqua è praticamente zero”. Un’altra importante caratteristica del materiale roccioso è che è estremamente compatto e quasi privo di fissurazioni attraverso le quali alcune radiazioni potrebbero raggiungere la superficie.
Nel sito, una volta entrato in funzione attorno al 2025, le scorie radioattive, già “raffreddate” per 40 o 50 anni, verrebbero sigillate in contenitori metallici, murati con una speciale argilla che trattiene l’acqua ed è ricca di ioni negativi, in grado cioè di intrappolare eventuali particelle radioattive sfuggite all’involucro, in generale positive, e inseriti in fori allineati lungo le gallerie. La radioattività verrebbe monitorata per almeno cento anni, e successivamente i singoli cunicoli e le gallerie verrebbero chiusi. Si prevede che i contenitori metallici possano disintegrarsi entro quattromila anni, ma la roccia dovrebbe garantire la piena sicurezza per almeno altri centomila anni (un tempo più lungo dalla prima apparizione sulla terra dell’Homo sapiens), quando la radioattività residua non costituirà più nessun pericolo.
Naturalmente non mancano gli scettici: per quanto approfonditi siano gli studi e accurate le sperimentazioni, sostengono gli esperti di Greepeace, nessuno può escludere un evento straordinario, e nessuno può affermare di conoscere veramente le molteplici interazioni chimiche che possono verificarsi nel corso dei secoli.
Fukushima, mon horreur (Elmar Altvater, Wochenzeitung, 28 aprile 2011)In un articolo del 28 aprile scorso su Wochenzeitung Elmar Altvater, esponente della "Linke" e professore emerito alla libera Università di Berlino, si interroga sulla politica della sinistra europea. Dopo aver ricordato l'Engels della “Dialettica della natura”, «Non vantiamoci troppo delle nostre vittorie umane sulla natura. Per ognuna di queste vittorie essa si vendica su di noi, per cui ad ogni pie' sospinto ci viene ricordato che noi non possiamo dominare in nessun modo la natura, bensì le apparteniamo in carne, sangue e cervello e le stiamo in mezzo», invita la sinistra a un ripensamento globale del proprio orientamento "sviluppista".
Osserva che la catastrofe di Fukushima ha reso obsoleti concetti politici e strategie non solo in Giappone. Il disastro nucleare a 9.000 km di distanza ha fatto di più, per far capire cosa sia la globalizzazione (con i suoi container che trasportano materiale radioattivo in tutto il mondo), che non la stessa crisi economica mondiale, che ha portato tanti stati sull'orlo della bancarotta e ha portato la zona euro quasi al collasso.
[…]. Con la crescita e ancora meglio con una «accelerazione nella crescita» i problemi economici del nostro tempo possono essere superati; perciò nella borsa delle meraviglie della coalizione conservatrice liberale [in Germania] era contenuta anche una «legge sulla accelerazione nella crescita», peraltro non esclusiva della destra, se il governo di sinistra Lula in Brasile a partire dal 2007 ha varato un «programma per l'accelerazione nella crescita», dal punto di vista economico abbastanza di successo, ma con un bilancio ecologico disastroso. I verdi invece con il loro concetto di «green new deal» promettono una crescita «verde» e duratura. In Germania la sinistra persevera nella necessità di crescita, una crescita certo socialmente equilibrata e in grado di ottimizzare le risorse,ma che comunque, come ha scritto il filosofo austriaco Guenther Anders negli anni '50, «fabbrica senza sosta la produzione della propria rovina» e intende poter proseguire fino alla triste fine questa produzione soltanto attraverso un sempre maggior utilizzo di risorse e di energie, quindi attraverso la crescita.
[ … ] Il modello energetico del secolo scorso, al cui centro sono il carbone, il gas, il petrolio e l’atomo, deve essere abbandonato al più presto. Ma rapide uscite dal sistema fossile-nucleare sono difficili da trovare. Certo, in alternativa abbiamo a disposizione energie rinnovabili. Ma questo risultato richiede non solo la sostituzione del carburante fossile con benzina da biomassa o dell’energia nucleare con l’energia eolica, ma anche una trasformazione fondamentale dei modi di vita e di produzione, dei rapporti sociali e con la natura. Questo non avviene dall’oggi al domani. Sarebbe quindi meglio cominciare oggi, e non domani.
Fukushima ammonisce: una società socialmente giusta ed un futuro di pace li potremo avere solo con l’utilizzazione dell’energia solare.
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