4 novembre: dov'è la vittoria?
Prima parte
Come ogni anno, si avvicina il 4 novembre. Come ogni anno rabbrividisco e non tanto per il freddo o la pioggia ma per l'ipocrita e patriottarda ipocrisia che investe la storica data (già c'è il 2 di novembre che quanto a ipocrisia e conformismo, non scherza).
Quest'anno, invece di scrivere qualcosa di mio, riporterò un testo di don Lorenzo Milani. Figura che amo e al quale questo blog è dedicato. Però occorre contestualizzare il brano: il 12 febbraio 1965 apparve sul quotidiano La Nazione (allora veniva definito 'reazionario', oggi invece -si fa per dire- nell'area berlusconide) un ordine del giorno sottoscritto da alcuni Cappellani militari in congedo della Toscana. In esso vi era scritto che consideravano «un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta 'obiezione di coscienza' che, estranea al comandamento cristiano dell'amore, è espressione di viltà». Ovviamente chi scrive è stato, ai suoi tempi, obiettore di coscienza...Altrettanto ovviamente, don Lorenzo Milani si infuriò e scrisse una risposta. La lettera (e il testo citato è pubblicato nel volume Documenti del Processo di Don Milani, L'obbedienza non è più una virtù1, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1991) inizia affermando che avrebbe voluto invitare i Cappellani militari a tenere una lezione alla sua scuola. Alla scuola di Barbiana, lo ricordo, erano saliti persone di diverse ideologie (tra cui socialisti e anarchici), in quanto il Priore invitava chiunque avesse qualcosa da dire ai suoi ragazzi. Già l'incipit non è male: «Da tempo avrei voluto invitare uno di voi a parlare ai miei ragazzi della vostra vita. una vita che i ragazzi e io non capiamo» e prosegue «Avremmo però voluto fare uno sforzo per capire e soprattutto domandarvi come avete affrontato alcuni problemi pratici della vita militare. non ho fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola.
Io l'avrei voluto privato, ma ora che avete rotto il silenzio voi, e su un giornale, non posso fare a meno di farvi quelle domande pubblicamente». Ricordo che a quei tempi, gli obiettori di coscienza al servizio militare, Cattolici o Testimoni di Geova, venivano incarcerati: solo dodici anni dopo verrà promulgata la legge 772 del 1972 che riconoscerà questo diritto. Ma don Lorenzo sarà morto da cinque anni...
Le domande che avrebbe voluto fare sono le seguenti:
«Primo perchè avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammirano. e nessuno, ch'io sappia, vi aveva chiamati in causa. a meno di pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristiana bruci dentro di voi una qualche vostra incertezza interiore.
Secondo perchè avete usato, con estrema leggerezza e senza chiarirne la portata, vocaboli che sono più grandi di voi». Dopo aver ricordato loro che «l'opinione pubblica è oggi più matura che in altri tempi e non si contenterà né di un vostro silenzio, né d'una risposta generica che sfugga alle singole domande. Paroloni sentimentali o volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti», don Lorenzo passa a discutere dell'idea di Patria:
«Non discuterò qui l'idea di Patria in sé non mi piacciono queste divisioni.
Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non hoPatria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.
Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loro idee pagano di persona.
Certo ammetterete che la parola Patria è stata usata male molte volte. Spesso essa non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben più alti di lei.
Non voglio in questa lettera rifermi al vangelo. È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò nemmeno la legittima difesa». E, in effetti, il Priore citerà due articoli della Costituzione: l'art. 11 (L'Italia ripudia la guerra...: uno degli articoli più violati dai governi di destra o di 'sinistra' -vedi D'Alema e la guerra nei Balcani) e l'art. 52 (La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino). E passa ad analizzare un secolo di storia: «Se vedremo che la storia del nostro esercito è tutta intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese più la Patria e l'onore della Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete sul pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L'obbedienza a ogni costo? E se l'ordine era il bombardamento dei civili, un'azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei partigiani […] una guerra di evidenti aggressioni, l'ordine di un ufficiale ribelle al popolo sovrano, le repressioni di manifestazioni popolari?
Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verità in faccia ai vostri 'superiori' sfidando la prigione o la morte? Se siete ancora vivi e graduati è segno che non avete mai obiettato a nulla. Del resto cene avete dato la prova nel vostro comunicato di non avere la più elementare nozione del concetto di obiezione di coscienza.
Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioè noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1000 miliardi l'anno [nel 1965, lo ricordo]) l'esercito è solo perchè difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranità popolare, la libertà, la giustizia». [Nonostante tutto, ritengo valida l'antica affermazione libertaria: Nostra Patria è il mondo intero]. «E allora (esperienza della storia alla mano) urgeva più educare i nostri soldati all'obiezione che all'obbedienza.
L'obiezione in questi 100 anni di storia l'han conosciuta troppo poco. L'obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l'han conosciuta anche troppo.
Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando occorreva obiettare».
A don Lorenzo, evidentemente, gli argomenti non mancano: l'elenco riempie quattro cinque facciate. Qui lo riportiamo schematicamente:
Nel 1860 un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di Patria, tentò di buttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua Patria. Fra quei briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertore della loro Patria. Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche piazza d'Italia un monumento come eroe della Patria […]. «I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, così come tutti ridiamo della Patria Borbonica. [...] Le divise dei soldati e dei cappellani militari le vedranno solo nei musei» e qui, temo, don Lorenzo, per una volta, sia stato troppo ottimista...Ma poi, cita la guerra seguente quella del 1866 contro l'Austria e quelle successive contro i Romani -a proposito del 150 anni dell'Italia unita... ma sarà l'argomento di un prossimo post. «I Romani non amavano molto la loro secolare Patria, tant'è vero che non la difesero. Ma non amavano molto neanche la loro nuova Patria che li stava aggredendo, tant'è vero che non insorsero per facilitarne la vittoria. Il Gregorovius spiega nel suo diario: 'L'insurrezione annunciata per oggi, è stata rinviata a causa della pioggia'». Pochi anni dopo, il Re «Buono», concedeva la Gran Croce Militare al generale Bava Beccaris che aveva cannoneggiato la folla affamata a Milano. Don Lorenzo commenta così: «L'avversario era una folla di mendicanti che aspettavano la minestra davanti a un convento di Milano. Il Generale li prese a colpi di cannone e di mortaio solo perchè i ricchi (allora come oggi) esigevano il privilegio di non pagare le tasse. Volevano sostituire la tassa sulla polenta con qualcosa di peggio per i poveri e di meglio per loro. Ebbero quel che volevano. I morti furono 80, i feriti innumerevoli. Fra i soldati non ci fu né un ferito né un obiettore. Finito il servizio militar tornarono a casa a mangiare polenta. Poca perchè era rincarata.
Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare 'Savoia' anche quando li portarono ad aggredire due volte (1896 e 1935) un popolo pacifico e lontano che certo non minacciava i confini della nostra Patria. Era l'unico popolo nero che non fosse ancora appestato dalla peste del colonialismo europeo. Quando si battono bianchi e neri siete con i bianchi? Non vi basta di imporci la Patria Italia? Volete anche imporci la Patria Razza Bianca? Siete di quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti perchè quel giornale considera la vita d'un bianco più di quella di 100 neri. Avete visto come ha messo in risalto l'uccisione di 60 bianchi nel Congo, dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne i mandanti qui in Europa?
Idem per la guerra in Libia».
(segue in un prossimo post)
1Non sempre viene citata la parte terminale della frase: L'obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni...
Nessun commento:
Posta un commento