dalla newslettere ucei informa (http://www.ucei.it/, per contatti info@ucei.it), ricevo, pubblico e aggiungo una piccola nota:
L’attentato terroristico contro Zeev Sternhell, accaduto nella notte tra mercoledì e giovedì a Gerusalemme ha suscitato molte reazioni, ma scarse riflessioni. Una mi sembra rilevante e comunque preliminare. Torna ad essere attuale la possibilità che un individuo si trasformi in un bersaglio in conseguenza di ciò che dice, per le sue opinioni, per ciò che scrive, per i libri che pubblica. Si potrebbe concludere che il giorno in cui questo accade costituisce un pessimo segnale per il futuro possibile di una democrazia. E’ vero. Ma credo che si debba anche aggiungere che questo accade perché anche il presente è problematico e nella quotidianità si è superata una soglia in cui molti freni si perdono. Qualcuno una mattina si è alzato, si è vestito, ha organizzato la sua giornata facendo ordinatamente tutte le cose in cui riconosce valore e a cui affida il senso del suo vivere e fra queste ha pensato bene che occorresse lanciare un avvertimento. Ha perciò ritenuto che l’atto più efficace fosse colpire – o intimidire – un intellettuale e che questo atto fosse coerente con tutto il suo ordine di vita. Non si è trattato di colpirne uno per educarne cento, ma di colpire uno per affermare chi ha il diritto di parola e chi no; che cosa si può e che cosa non si può dire. E, soprattutto, chi ha il potere di arrogarsi questo diritto. E’ sufficiente dire “mai più”?
David Bidussa, storico sociale delle idee
Concordo con quanto scrive Bidussa. Mi permetto solo di aggiungere che Sternhell non è solo uno storico dei fascismi, ma è anche un militante pacifista di Peace Now. Nei suoi libri, editi in Italia da Baldini Castoldi, nega la legittimità giuridica ed etic dell'occupazione dei territori palestinesi occupati con il conflitto del 1967.
Giuliano
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