Cari amici,
sto gongolando come poche altre volte nella mia vita. Chi mi segue ha certamente letto quel post dove riportavo ciò che era accaduto al papà di Umberto Eco. In breve: antifascista veniva perseguitato dalle camicie nere di Alessandria; arrestato quando qualche autorità veniva in città, 'trattato' più volte con l'umiliante cura dell'olio di ricino, diceva sempre al fascista che lo perseguitava: "Girerà il vento!". Inutile dire che il 25 aprile 1945, il fascista in questione ha preso una fraccata di botte, e il signor Eco gli ha ricordato che l'aveva avvisato che il vento sarebbe cambiato.
Ora, mi rendo conto che non si tratta proprio di una pagina di nonviolenza, ma frende bene l'idea. E' girato, finalmente, il vento, un'altra volta. E' stata sconfitta, finalmente, l'Italietta di plastica, arrogante, razzista e xenofoba. E' stata sconfitta la detestabile lega nord, proprio nel 'suo' nord! E' stato sconfitto l'imperatore, che fino poco tempo fa sembrava invincibile.
Ora, avanti così! Con i nervi saldi e con l'intento di portare a termine il lavoro, per ripulire l'Italia dagli affaristi senza scrupoli, dalle connivenze mafiose, dagli arroganti!
lunedì 30 maggio 2011
domenica 29 maggio 2011
SE QUESTO E' UN UOMO: BORGHEZIO E IL PATRIOTA MLADIC
Per quel che riguarda il concetto di Patria, uno dei più ostici, per me, della storia del pensiero umano (neanche la relatività è così diccile...forse ;-)rimando, come al solito, a quello che scrive don Lorenzo Milani nella Lettera ai Giudici (un brano lo trovate qui a destra).
Se il concetto di 'patria' mi è ostico, figuriamoci quello di 'patrioti'. Se poi, il 'patriota' in questione è un feroce militare, figuriamoci...Già Durrenmat, a suo tempo, ha scritto che "Quando lo stato si prepara ad assassinare, si fa chiamare patria"...
Nei Balcani della ex Yugoslavia, poi, le patrie si sono un po', tragicamente, incasinate. E l'Occidente tutto è stato a guardare (quando non è stato tra i principali disgregatori dello stato yugoslavo: si sa, la legge del mercato lo impone...).
Comunque, visto e considerato che abbiamo la memoria corta, pubblico due foto (una tratta dal sito della http://www.rtve.es/ e l'altra dal sito http://www.enriquesmeneses.es/) sui massacri perpretrati dal 'patriota' Mladic (a Srebenica vennero massacrate, con la complice indifferenza dell'Europa e dei Caschi Blu dell'ONU tra gli 8.000 e i 10.000 musulmani; per questo che Borghezio pensava che potesse fermare l'invasione islamica, massacrandoli tutti...)
Se il concetto di 'patria' mi è ostico, figuriamoci quello di 'patrioti'. Se poi, il 'patriota' in questione è un feroce militare, figuriamoci...Già Durrenmat, a suo tempo, ha scritto che "Quando lo stato si prepara ad assassinare, si fa chiamare patria"...
Nei Balcani della ex Yugoslavia, poi, le patrie si sono un po', tragicamente, incasinate. E l'Occidente tutto è stato a guardare (quando non è stato tra i principali disgregatori dello stato yugoslavo: si sa, la legge del mercato lo impone...).
Comunque, visto e considerato che abbiamo la memoria corta, pubblico due foto (una tratta dal sito della http://www.rtve.es/ e l'altra dal sito http://www.enriquesmeneses.es/) sui massacri perpretrati dal 'patriota' Mladic (a Srebenica vennero massacrate, con la complice indifferenza dell'Europa e dei Caschi Blu dell'ONU tra gli 8.000 e i 10.000 musulmani; per questo che Borghezio pensava che potesse fermare l'invasione islamica, massacrandoli tutti...)
sabato 28 maggio 2011
SE QUESTO E' UN UOMO...L'ONOREVOLE BORGHEZIO E IL CRIMINALE DI GUERRA MLADIC
L'onorevole Borghezio ha definito "un patriota" uno dei peggiori criminali di guerra del secondo novecento. Non solo utilizzava cecchini contro gente inerme, ma ha anche fatto massacrare almeno 8.000 persone a Sbrenica la cui unica colpa era di essere nate dalla parte svagliata, con l' "aggravante" di essere musulmani. La cittadina, lo ricordo, era considerata sicura perchè otto la protezione (si fa per dire) dell'ONU...
Un solo dubbio mi rimane: Mladic non ha certo massacrato da solo le sue vittime musulmane. Quanti dei suoi complici sono stati arrestati?
Borghezio: "Mladic patriota, serbi potevano fermare islam"
Dopo l’arresto dell’ex generale serbo-bosniaco Ratko Mladic, accusato di crimini di guerra dal Tribunale Penale Internazionale dell’Aja in particolare per l’assedio di Sarajevo e la strage di Srebrenica, sono diversi i commenti e le prese di posizione. C’è anche quello di Mario Borghezio, eurodeputato della Lega Nord, che ha detto la sua in diretta durante il programma La Zanzara su Radio 24. "Non ho visto le prove", ha affermato riferendosi a quelle contro Mladic. "I patrioti sono patrioti e per me Mladic è un patriota", ha aggiunto, "quelle che gli rivolgono sono accuse politiche". Dopo aver espresso la sua perplessità sul Tribunale dell’Aja, per il quale ha "una fiducia di poco superiore allo zero", così ha continuato: "i serbi avrebbero potuto fermare l’avanzata islamica in Europa, ma non li hanno lasciati fare". "Sto parlando di tutti i serbi, compreso Mladic", ha spiegato, "io comunque andrò certamente a trovarlo, ovunque si troverà".
Valentino Salvatoretratto da
http://www.uaar.it/news/2011/05/24/berlusconi-e-borghezio-contro-pisapia-filo-islamico/
Berlusconi e Borghezio contro Pisapia "filo-islamico"http://www.uaar.it/news/2008/12/24/striscione-sul-duomo-milano-borghezio-protesta-contro-moschee/ha esposto oggi pomeriggio un lungo striscione dalle guglie del Duomo di Milano, con lo slogan "No moschee", assieme a tre teli con la stessa immagine: un cuore sovrastato da una croce. Gli addetti alla sicurezza hanno però bloccato l’esponente della Lega e gli altri due manifestanti, che sono stati identificati poi dalla Digos.
Borghezio ha affermato che il suo gesto è una risposta alle dichiarazioni recenti del cardinal Tettamanzi, che si è detto favorevole alla costruzione di nuove moschee e al dialogo con l’islam. L’eurodeputato ha inoltre precisato che "non è stata un’iniziativa di partito, ma di un’associazione, Padania Cristiana. È stato un gesto simbolico, rispettoso dei luoghi e del momento. Non abbiamo fatto confusione, non abbiamo pronunciato una sola parola". Borghezio continua: "Di moschee a Milano ce ne sono già troppe e rappresentano spesso un problema per la sicurezza. Bisogna stopparne l’espansione".
tratto http://www.uaar.it/news/2011/05/27/borghezio-mladic-patriota-serbi-potevano-fermare-islam/
Un solo dubbio mi rimane: Mladic non ha certo massacrato da solo le sue vittime musulmane. Quanti dei suoi complici sono stati arrestati?
Borghezio: "Mladic patriota, serbi potevano fermare islam"
Dopo l’arresto dell’ex generale serbo-bosniaco Ratko Mladic, accusato di crimini di guerra dal Tribunale Penale Internazionale dell’Aja in particolare per l’assedio di Sarajevo e la strage di Srebrenica, sono diversi i commenti e le prese di posizione. C’è anche quello di Mario Borghezio, eurodeputato della Lega Nord, che ha detto la sua in diretta durante il programma La Zanzara su Radio 24. "Non ho visto le prove", ha affermato riferendosi a quelle contro Mladic. "I patrioti sono patrioti e per me Mladic è un patriota", ha aggiunto, "quelle che gli rivolgono sono accuse politiche". Dopo aver espresso la sua perplessità sul Tribunale dell’Aja, per il quale ha "una fiducia di poco superiore allo zero", così ha continuato: "i serbi avrebbero potuto fermare l’avanzata islamica in Europa, ma non li hanno lasciati fare". "Sto parlando di tutti i serbi, compreso Mladic", ha spiegato, "io comunque andrò certamente a trovarlo, ovunque si troverà".
Valentino Salvatoretratto da
http://www.uaar.it/news/2011/05/24/berlusconi-e-borghezio-contro-pisapia-filo-islamico/
Berlusconi e Borghezio contro Pisapia "filo-islamico"http://www.uaar.it/news/2008/12/24/striscione-sul-duomo-milano-borghezio-protesta-contro-moschee/ha esposto oggi pomeriggio un lungo striscione dalle guglie del Duomo di Milano, con lo slogan "No moschee", assieme a tre teli con la stessa immagine: un cuore sovrastato da una croce. Gli addetti alla sicurezza hanno però bloccato l’esponente della Lega e gli altri due manifestanti, che sono stati identificati poi dalla Digos.
Borghezio ha affermato che il suo gesto è una risposta alle dichiarazioni recenti del cardinal Tettamanzi, che si è detto favorevole alla costruzione di nuove moschee e al dialogo con l’islam. L’eurodeputato ha inoltre precisato che "non è stata un’iniziativa di partito, ma di un’associazione, Padania Cristiana. È stato un gesto simbolico, rispettoso dei luoghi e del momento. Non abbiamo fatto confusione, non abbiamo pronunciato una sola parola". Borghezio continua: "Di moschee a Milano ce ne sono già troppe e rappresentano spesso un problema per la sicurezza. Bisogna stopparne l’espansione".
tratto http://www.uaar.it/news/2011/05/27/borghezio-mladic-patriota-serbi-potevano-fermare-islam/
SOLIDARIETA' A HIND TALIBI
La comunità islamica Italiana tutta esprime il suo sdegno di fronte all'aggressione subita dalla sorella Hind Talibi, giovane studentessa universitaria di origini marocchine residente a Padova e figlia dell'imam della moschea di via Anelli.
La ragazza mentre era alla fermata dell'autobus, è stata avvicinata da una donna che, urlandole addosso i peggiori epiteti, l'ha aggredita strappandole il velo dalla testa.
Questo episodio è stato solo l'ultimo in ordine cronologico di una serie di avvenimenti analoghi che le donne musulmane residenti in Italia hanno purtroppo dovuto sopportare.
E' quasi all'ordine del giorno sentire che una musulmana è stata aggredita (talvolta verbalmente e talvolta, come in questo caso, perfino fisicamente), discriminata, offesa.
La donna musulmana fa fatica a trovare lavoro, soprattutto quando indossa il velo, viene derisa e additata per la strada, è oggetto di continui commenti e battutine espressi non solo da giovani, ma perfino da adulti e addirittura anziani che giungono al punto di gridarle parolacce e insulti per la strada. La ragazza musulmana viene perfino osteggiata nell'ambito scolastico da professori che le intimano di togliere il velo oppure la vorrebbero costringere a nutrirsi di cibi che non le sono consentiti, ridicolizzando la sua fede anche in presenza dei compagni di classe.
Sono episodi vergognosi realmente accaduti, e che ogni giorno anzichè diminuire purtroppo aumentano anche in gravità, come dimostra ciò che è avvenuto alla giovane sorella Hind.
Questo è l'inevitabile frutto di un approccio sociale completamenet errato, che insiste col mostrare lo straniero e, peggio, il musulmano (che sempre più spesso straniero non è, data l'alta percenuale di convertiti e di giovani di seconda generazione che si sono ormai da anni stabiliti nel nostro Paese) come un pericolo e un qualcuno da cui difendersi.
Il tutto anche a causa dei media che hanno contribuito ad evidenziare le figure sbagliate, dando risalto solamente al musulmano che delinque piuttosto che a quello che vive e lavora con la massima onestà, contribuendo allo sviluppo del paese e - perchè no? - a rimpinguare le tasse statali facendo sì che gli anziani possano avere un minimo di pensione assicurata grazie al loro lavoro.
E' ora di far fronte a questa ingiusta situazione. Tra l'altro ci preme sottolineare che in Italia tanto si sbandiera il fatto che la donna - e sempre la musulmana in particolare, che si crede erroneamente essere in difficoltà maggiore rispetto a donne di altre fedi- deve essere protetta e tutelata, di conseguenza riteniamo fondamentale che, le istituzioni facciano qualcosa per migliorare quanto prima possibile la situazione delle donne in generale e, nel caso specifico, delle credenti musulmane che altro non fanno che dimostrare la loro devozione all'Unico Dio coprendosi un po' di più rispetto alle donne .
Ci rivolgiamo perciò al ministro delle Pari Opportunità, alle associazioni che si occupano della tutela delle donne e degli stranieri, nonchè a tutti i cittadini di buona volontà affinchè tutti insieme si faccia qualcosa per far sì che questa vergogna vada a scemare e, col tempo, a finire.
Primi firmatari:
Ucoii
Associazione donne e mamme musulmane
Associazione Life Argenta
Associazione Casa Africa Imperia
Comunità dei Musulmani della Liguria
A p s “associazione culturale islamica” “La Guida Retta”Vicenza
Admi
La ragazza mentre era alla fermata dell'autobus, è stata avvicinata da una donna che, urlandole addosso i peggiori epiteti, l'ha aggredita strappandole il velo dalla testa.
Questo episodio è stato solo l'ultimo in ordine cronologico di una serie di avvenimenti analoghi che le donne musulmane residenti in Italia hanno purtroppo dovuto sopportare.
E' quasi all'ordine del giorno sentire che una musulmana è stata aggredita (talvolta verbalmente e talvolta, come in questo caso, perfino fisicamente), discriminata, offesa.
La donna musulmana fa fatica a trovare lavoro, soprattutto quando indossa il velo, viene derisa e additata per la strada, è oggetto di continui commenti e battutine espressi non solo da giovani, ma perfino da adulti e addirittura anziani che giungono al punto di gridarle parolacce e insulti per la strada. La ragazza musulmana viene perfino osteggiata nell'ambito scolastico da professori che le intimano di togliere il velo oppure la vorrebbero costringere a nutrirsi di cibi che non le sono consentiti, ridicolizzando la sua fede anche in presenza dei compagni di classe.
Sono episodi vergognosi realmente accaduti, e che ogni giorno anzichè diminuire purtroppo aumentano anche in gravità, come dimostra ciò che è avvenuto alla giovane sorella Hind.
Questo è l'inevitabile frutto di un approccio sociale completamenet errato, che insiste col mostrare lo straniero e, peggio, il musulmano (che sempre più spesso straniero non è, data l'alta percenuale di convertiti e di giovani di seconda generazione che si sono ormai da anni stabiliti nel nostro Paese) come un pericolo e un qualcuno da cui difendersi.
Il tutto anche a causa dei media che hanno contribuito ad evidenziare le figure sbagliate, dando risalto solamente al musulmano che delinque piuttosto che a quello che vive e lavora con la massima onestà, contribuendo allo sviluppo del paese e - perchè no? - a rimpinguare le tasse statali facendo sì che gli anziani possano avere un minimo di pensione assicurata grazie al loro lavoro.
E' ora di far fronte a questa ingiusta situazione. Tra l'altro ci preme sottolineare che in Italia tanto si sbandiera il fatto che la donna - e sempre la musulmana in particolare, che si crede erroneamente essere in difficoltà maggiore rispetto a donne di altre fedi- deve essere protetta e tutelata, di conseguenza riteniamo fondamentale che, le istituzioni facciano qualcosa per migliorare quanto prima possibile la situazione delle donne in generale e, nel caso specifico, delle credenti musulmane che altro non fanno che dimostrare la loro devozione all'Unico Dio coprendosi un po' di più rispetto alle donne .
Ci rivolgiamo perciò al ministro delle Pari Opportunità, alle associazioni che si occupano della tutela delle donne e degli stranieri, nonchè a tutti i cittadini di buona volontà affinchè tutti insieme si faccia qualcosa per far sì che questa vergogna vada a scemare e, col tempo, a finire.
Primi firmatari:
Ucoii
Associazione donne e mamme musulmane
Associazione Life Argenta
Associazione Casa Africa Imperia
Comunità dei Musulmani della Liguria
A p s “associazione culturale islamica” “La Guida Retta”Vicenza
Admi
mercoledì 25 maggio 2011
APPELLO AGLI ELETTORI MILANESI...E A TUTTI GLI ALTRI
Lo so, il centrosinistra non è esaltante, ma questa destra sta combinando distrastri a tutto spiano: ritorno al nucleare, 15.000.000 di residenti in povertà, pensioni che non arrivano a 500 euro al mese (ma, dall'altro lato, i ricchi sono sempre più ricchi, alla faccia della crisi: lo scorso anno sono state immatricolate 200.000 autovetture di lusso -il cui prezzo supera i 200.000 euro [non sapevo neanche esistessero automobili così care!!! La mia Fiesta, prima auto acquistata nuova, l'ho pagata 8 o 0 mila euri e già mi sembrava tanto!]. I giovani sono sempre più senza lavoro e quelli che ce l'hanno sono precari o sottopagati: conosco psicologhi che guadagnano meno di un bidello -con tutto il rispetto dei bidelli!
E che dire del razzsimo dilagante, sponsorizzato e strumentalizzato dalla destra? Con la costante minaccia dell'invasione dei comunisti, dei rom, dei gay ecc. ecc. Che dire dell'uso strumentale della donna, ecc. ecc.
Non solo: la destra che per anni ci ha scassato l'anima (per dire altro) con il fatto che aveva vinto le elezioni e che la sovranità appartiene al popolo (ma va? e pensare che la Costituzione...) e che ora ci vuole scippare il referendum, per ripresentare il progetto nucleare tra poco tempo...
E allora, cosa aspettiamo a mandarli a casa? E' vero che al peggio non c'è mai fine, ma alòmeno respiriamo un po'...
E che dire del razzsimo dilagante, sponsorizzato e strumentalizzato dalla destra? Con la costante minaccia dell'invasione dei comunisti, dei rom, dei gay ecc. ecc. Che dire dell'uso strumentale della donna, ecc. ecc.
Non solo: la destra che per anni ci ha scassato l'anima (per dire altro) con il fatto che aveva vinto le elezioni e che la sovranità appartiene al popolo (ma va? e pensare che la Costituzione...) e che ora ci vuole scippare il referendum, per ripresentare il progetto nucleare tra poco tempo...
E allora, cosa aspettiamo a mandarli a casa? E' vero che al peggio non c'è mai fine, ma alòmeno respiriamo un po'...
NON VOTATE PER LA DESTRA!
VOTATE SI' AI REFERENDUM DI GIUGNO!!!
LADRI DI DEMOCRAZIA: IL GOVERNO VUOLE SCIPPARCI IL REFERENDUM SUL NUCLEARE!!!
Appello per il referendum sul nucleare
L’emendamento governativo all’art.5 della legge di conversione del decreto-legge n.34 del 2011, approvato col voto di fiducia della Camera del 24 maggio, rivela in maniera palese l’intento del legislatore, del resto apertamente dichiarato dal Presidente del Consiglio e dai principali esponenti della maggioranza, di impedire lo svolgimento del referendum abrogativo contro l’istallazione in Italia di centrali nucleari, già fissato per il 12 e il 13 giugno. E’ pur vero che tale emendamento prevede l’abrogazione delle norme sottoposte a referendum. Tuttavia esso esprime, nel suo primo comma, la chiara volontà non già di abbandonare, come propongono i quesiti referendari, bensì di sospendere la “definizione ed attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”, in attesa e “al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare”. Tale volontà è confermata dal comma 8^ dell’emendamento, che prevede che “entro dodici mesi dall’entrata in vigore” della legge sarà adottato un piano energetico nazionale che non esclude affatto, ma implicitamente include l’opzione nucleare, in evidente contrasto con la proposta referendaria. Fu proprio con riferimento a un simile contrasto che la Corte Costituzionale, con la sentenza n.69 del 1978, decise che, qualora una nuova disciplina legislativa, pur abrogando “le singole disposizioni cui si riferisce il referendum”, non ne modifichi “i principi ispiratori” e “i contenuti normativi essenziali”, allora “il referendum si effettui sulle nuove disposizioni legislative”. I sottoscritti auspicano perciò che l’Ufficio per il referendum presso la Corte di Cassazione, sulla base dell’accertamento dell’evidente contrasto tra i principi ispiratori dell’emendamento approvato e l’intento dei proponenti del referendum, voglia trasferire il quesito referendario sul primo e sull’ottavo comma di tale emendamento, così consentendo agli elettori di pronunziarsi contro la pervicace volontà del legislatore di non abbandonare il programma nucleare.
I Comitati Dossetti per la Costituzione, 25 maggio 2011
Nota mia:
Questo governo finchè pensava di avere la maggioranza degli elettori ci ha ammorbato con il ritornello della 'sovranità popolare'. Ora che, finalmente, il vento sta cambiando, se ne fa un baffo della sovranità popolare! Fino a quando potremo sostenere un regime del genere? Occorre una forte risposta popolare nonviolenta: mobilitiamoci!!!
L’emendamento governativo all’art.5 della legge di conversione del decreto-legge n.34 del 2011, approvato col voto di fiducia della Camera del 24 maggio, rivela in maniera palese l’intento del legislatore, del resto apertamente dichiarato dal Presidente del Consiglio e dai principali esponenti della maggioranza, di impedire lo svolgimento del referendum abrogativo contro l’istallazione in Italia di centrali nucleari, già fissato per il 12 e il 13 giugno. E’ pur vero che tale emendamento prevede l’abrogazione delle norme sottoposte a referendum. Tuttavia esso esprime, nel suo primo comma, la chiara volontà non già di abbandonare, come propongono i quesiti referendari, bensì di sospendere la “definizione ed attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”, in attesa e “al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare”. Tale volontà è confermata dal comma 8^ dell’emendamento, che prevede che “entro dodici mesi dall’entrata in vigore” della legge sarà adottato un piano energetico nazionale che non esclude affatto, ma implicitamente include l’opzione nucleare, in evidente contrasto con la proposta referendaria. Fu proprio con riferimento a un simile contrasto che la Corte Costituzionale, con la sentenza n.69 del 1978, decise che, qualora una nuova disciplina legislativa, pur abrogando “le singole disposizioni cui si riferisce il referendum”, non ne modifichi “i principi ispiratori” e “i contenuti normativi essenziali”, allora “il referendum si effettui sulle nuove disposizioni legislative”. I sottoscritti auspicano perciò che l’Ufficio per il referendum presso la Corte di Cassazione, sulla base dell’accertamento dell’evidente contrasto tra i principi ispiratori dell’emendamento approvato e l’intento dei proponenti del referendum, voglia trasferire il quesito referendario sul primo e sull’ottavo comma di tale emendamento, così consentendo agli elettori di pronunziarsi contro la pervicace volontà del legislatore di non abbandonare il programma nucleare.
I Comitati Dossetti per la Costituzione, 25 maggio 2011
Nota mia:
Questo governo finchè pensava di avere la maggioranza degli elettori ci ha ammorbato con il ritornello della 'sovranità popolare'. Ora che, finalmente, il vento sta cambiando, se ne fa un baffo della sovranità popolare! Fino a quando potremo sostenere un regime del genere? Occorre una forte risposta popolare nonviolenta: mobilitiamoci!!!
martedì 24 maggio 2011
MILANO ISLAMICA E PISAPIA
Ho ascoltato l'imperatore blaterare sull'eventuale islamizzazione di Milano (e, a peggiorare le cose, della certa invasione della città meneghina da parte di orde barbariche costituite da zingari, gay, unni e centri sociali -in tribù separate o in un'unica ondata?).
Ci sarebbe da ridere se non fosse tragica, la faccenda. Da un lato dimostra che la destra sta perdendo le staffe. Dall'altro che punta, ancora una volta -l'ennesima- sulla pancia della gente. Il problema è che categorizza il nemico, giocando sporco: il 'pulito' è da una parte, lo sporco dall' 'altra'. Certo che è una semplificazione, ma tutte le dittature si basano su queste semplificazioni.
Spero di cuore che a Milano vinca Pisapia. Non perchè il centro sinistra mi faccia impazzire ma, se non altro, Pisapia è una brava persona che non veicola messaggi razzisti.
Mentre sentivo l'imperatore blaterare sugli zingarri/comunisti/islamici/gay che premono ai confini dell'impero, ho anche letto che in Italia, 1 cittadino su 4 è povero. Cifra da far paura! Oddio, lo sarebbe anche se si trattasse di una persona sola, ma qui stiamo parlando di 15.000.000 di persone!!!
Fino a quando potremo tollerare questa situazione?
In conclusione: amici milanesi, votate Pisapia: fatelo anche per noi!
E voi tutti: votate SI' ai refrendum di giugno!!
Ci sarebbe da ridere se non fosse tragica, la faccenda. Da un lato dimostra che la destra sta perdendo le staffe. Dall'altro che punta, ancora una volta -l'ennesima- sulla pancia della gente. Il problema è che categorizza il nemico, giocando sporco: il 'pulito' è da una parte, lo sporco dall' 'altra'. Certo che è una semplificazione, ma tutte le dittature si basano su queste semplificazioni.
Spero di cuore che a Milano vinca Pisapia. Non perchè il centro sinistra mi faccia impazzire ma, se non altro, Pisapia è una brava persona che non veicola messaggi razzisti.
Mentre sentivo l'imperatore blaterare sugli zingarri/comunisti/islamici/gay che premono ai confini dell'impero, ho anche letto che in Italia, 1 cittadino su 4 è povero. Cifra da far paura! Oddio, lo sarebbe anche se si trattasse di una persona sola, ma qui stiamo parlando di 15.000.000 di persone!!!
Fino a quando potremo tollerare questa situazione?
In conclusione: amici milanesi, votate Pisapia: fatelo anche per noi!
E voi tutti: votate SI' ai refrendum di giugno!!
Referendum 12-13 giugno: come votare fuori sede
Per votare non serve iscriversi al comitato, basta inviarci una mail con i tuoi dati, e sarai designato rappresentante di lista!
Ricorda che per votare SERVE ASSOLUTAMENTE la tessera elettorale in originale: se non ce l’hai, fattela spedire da casa o chiedine una copia al tuo comune di Residenza!
Se sei impossibilitato a raggiungere il tuo comune di residenza per il referendum del 12-13 giugno e non rientri nelle categorie che possono votare al di fuori del proprio comune di residenza (militari, naviganti, ecc..) potrai votare lo stesso nel seggio genovese che ti è più comodo. Ecco come:
Mandaci una mail entro i primi giorni di giugno con i tuoi dati personali (nome, cognome, data e luogo di nascita, comune di residenza (quello dove dove dovresti votare), mail, cellulare, codice fiscale, numero di tessera elettorale, seggio di preferenza a cui essere assegnato (quello genovese dove VORRESTI votare). Sarai designato RAPPRESENTANTE DI LISTA.
- I rappresentanti di lista POSSONO VOTARE PRESSO IL SEGGIO DI ASSEGNAZIONE QUI A GENOVA (anche se residenti altrove in altre parti d’Italia)
- Non necessariamente devono presenziare nel seggio per tutta la durata del referendum
- Non devono necessariamente essere iscritti ad un partito (la grande maggioranza di noi del comitato non lo è)
- Hanno diritto al riposo compensativo dal lavoro
- Non sono retribuiti
Ti contatteremo in seguito. Grazie della collaborazione: diffondi la voce presso altri amici realmente impossibilitati a raggiungere la sede di voto!!!
Se invece sei genovese e il giorno del referendum sarai FUORI GENOVA e vuoi votare nel posto dove sarai, prova a contattare i referenti locali del posto. qui trovi i loro recapiti
Tratto da: http://www.acquapubblicagenova.org/voto-fuori-sed/
e naturalmente vota sì anche agli altri referendum!!!
lunedì 23 maggio 2011
dall'amica Annalisa ricevo e pubblico:
Corso di in-formazione
Luogo Seminario Vescovile
Galileo Galilei, 36
Albenga
--------------------------------------------------------------------------------
CON FORZA DICIAMO NO ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE
3 serate dedicate al tema della violenza contro le donne.
dalle ore 18 alle ore 21
Martedì 07 giugno: Aspetti Giuridico– Legali
Martedì 14 giugno: Aspetti Medico - Psicologici
Martedì 21 giugno: “Sportello Artemisia Gentileschi”
La cittadinanza è invitata a partecipare.
Per informazioni:
tel. 0182.1901439
tel./fax 0182.543079
segreteria@sportelloartemisia.it
www.sportelloartemisia.it
DON MILANI, IL VANGELO SECONDO SOCRATE
Anti-idolatrico e anti-ideologico, il priore di Barbiana vedeva se stesso come il maestro che deve risvegliare la libertà e lo spirito critico dei futuri cittadini
di Roberta De Monticelli
Roberta De Monticelli è docente di Filosofia della persona presso l’università Vita-Salute del San Raffaele di Milano. Il testo di cui pubblichiamo in questa pagina un brano è tratto dalla premessa a un volume, in uscita per Chiarelettere con il titolo A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca (pp. 112, e7), in cui sono raccolti alcuni scritti di don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana, relativi alla vicenda che nel 1965 lo coinvolse in un processo per apologia di reato, per avere difeso l’obiezione di coscienza alla leva militare. Don Milani (Firenze 1923-1967) è stato un prete scomodo per la Chiesa , che nel 1954 lo esiliò in una minuscola comunità sopra Firenze: Sant’Andrea a Barbiana. Di qui, con i suoi ragazzi avviò una straordinaria avventura umana e spirituale, culminata nel maggio del 1967 con la pubblicazione di Lettera a una professoressa.
“E poiché sei venuto al mondo, sei stato allevato e educato, come puoi dire di non essere, prima di tutto, creatura nostra, in tutto obbligato a noi, tu e i tuoi avi?». Questo dicono le leggi a Socrate, secondo un celeberrimo passo del platonico Critone. Più di un padre e una madre sono per Socrate le leggi, senza le quali non esiste Città dove ragione si oppone a ragione, ma solo la ragione del più forte, la guerra o il dispotismo. Perciò Socrate accetta la morte e non fugge, pur sapendo che la condanna è ingiusta.
Antigone, nella più celebre tragedia di Sofocle, disobbedisce invece alla legge di Tebe e di Creonte: la giovane donna è «fuorilegge, devota» a una legge non scritta e «misteriosamente eterna», che a quella positiva si oppone.
Nelle figure di Socrate e di Antigone si incarnano i modi dell’obbedienza e della disobbedienza in quanto entrambi espressioni della libertà. Perché c’è obbedienza e obbedienza. Obbedire a una legge cui si consente – e non a un uomo che si pone al di sopra di essa – è esercizio di libertà come autonomia, sovranità su se stessi. E don Milani si rivolge ai ragazzi della sua scuola come ai «sovrani di domani». Come ai cittadini che saranno, il cui esercizio di libertà è anche esprimere la volontà di leggi più giuste, e dunque anche obiettare, accettando socraticamente le conseguenze penali, a quelle ingiuste. Invece l’obbedienza che «non è più una virtù», se mai lo è stata, non è un modo della libertà, ma del suo contrario: dell’asservimento, prigionia della mente e servitù del cuore. Può essere l’obbedienza a un uomo e non a una norma legittima, o può essere l’obbedienza cieca, o indifferente. Servitù è il vero nome di quell’obbedienza che non è virtù. Questo è il cuore del pensiero di don Lorenzo Milani, cittadino e cristiano, che si esprime in questi testi pubblicati nel 1965 in difesa dei primi obiettori di coscienza alla coscrizione militare e in risposta all’accusa di apologia di reato, per la quale don Milani subì un processo.
L’orrore della servitù volontaria è il punto di fusione – al calor bianco – fra il demone di Socrate, che libera dalla prigionia della mente, e la divinità nell’uomo di Cristo, figlio e non servo, che libera dalla sudditanza del cuore. Don Milani lo sa: lo dice nella Lettera ai Giudici, la sua fiammante, socratica apologia, che ogni ragazzo dovrebbe leggere appena si sveglia al dubbio e all’esistenza. Il Critone e l’Apologia di Socrate, insieme con i quattro Vangeli: ecco le prime due fonti di quella «tecnica di amore costruttivo per la legge» di cui il maestro di Barbiana si fa apprendista, insieme con i suoi ragazzi. [...]
È importante capirlo: non è la «legge divina» che suggerisce a don Milani il suo «costruttivo amore» per la legalità repubblicana, o se lo è, lo è solo in quanto questa legge divina non decreta affatto il primato, sulla legge dello Stato, di un’altra Sovranità, di una Chiesa, di un Libro o di una Dottrina, ma solo il primato della coscienza individuale; e con questa limpida affermazione, come nella difesa di quei testimoni solitari che erano gli obiettori, sfugge anche alla banalizzazione di chi lo classifica come catto-comunista.
«La dottrina del primato della coscienza sulla legge dello Stato» è certamente, scrive con candore don Milani, «dottrina di tutta la Chiesa ». Era il 1965. E quello fu anche l’anno della Dignitatis humanae, che in coda al Concilio Vaticano II dichiarava: «Gli imperativi della legge divina l’uomo li coglie e li riconosce attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente... Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza». Ecco: quell’anno fu pensata fino in fondo, e dimostrata possibile, la radicale laicità di un cattolicesimo che veramente avesse voluto rinnovarsi al fuoco dello spirito, o meglio del Vangelo. Se questo pensiero avesse vinto, la storia del nostro paese sarebbe stata diversa, e – per l’influenza della Chiesa – anche la storia del mondo. Perciò è importante capire fino in fondo questo pensiero, che fu invece sconfitto, e poi calunniato, e poi sepolto.
Che la legge divina consista qui nel liberare da ogni nome di Dio la legge terrena, quella che istituisce e protegge il pubblico confronto delle volontà e delle ragioni; che la legge divina stessa induca il sacerdote a ritirarsi, in primo luogo, per lasciar posto al maestro, che deve risvegliare la libertà e la coscienza critica dei futuri cittadini: perché questo è tanto importante? Perché porta alla luce il cuore dell’intuizione cristiana della vita, quel cuore che – se davvero ancora pulsasse – riscatterebbe la religione dalla sua vergogna, la vergogna di avere nei secoli legato la libertà e reso infante la coscienza. La riscatterebbe, mostrando che Cristo libera l’anima da questa religio. Le chiede di svegliarsi alla verifica personale dei valori e delle loro relazioni delicate, di superiorità e inferiorità. Talitha kumi: «svegliati, ragazza». Dietrich Bonhoeffer l’aveva capito, ma quanto più arduo sarà stato capirlo per un sacerdote cattolico, quale don Milani voleva essere? Questo pensiero nutre quella radicalità anti-idolatrica, o anti-ideologica, per la quale la coscienza parla, certamente, di fronte all’assoluto, ma non in nome dell’assoluto.[...]
Non in nome di Dio dunque don Milani difende la disobbedienza alla legge umana, benché indubbiamente lo faccia al cospetto del suo Dio. Ecco perché a differenza di quanto abbiamo fatto noi, per introdurre le due grandi figure della coscienza in relazione alle quali comprendiamo l’obbedire e il disobbedire come modi della libertà, don Milani non parla di Antigone. Che pure sarebbe la figura che rappresenta la legge divina. No, tutto socratico resta il suo ragionare, anche quando cita Gandhi o altri. Certo, il passaggio potrebbe essere anche più immediato: non può servire un uomo chi serve un dio, e la legge di questo dio, non scritta, vale più di quella scritta da un re. Ma non è il passaggio che fa don Milani. Perché non è in nome di un particolare ethos, fosse pure quello della propria fede, che si può volere una legge dello Stato.
Una legge dello Stato, che vincola tutti, è giusta soltanto se la coscienza di chiunque – o almeno di chiunque riconosca la pari dignità di ciascun essere umano – può consentirvi indipendentemente dalla fede che ha, e che obbliga solo chi ce l’ha. Ecco perché l’ulteriore ragionamento di don Milani è tutto fatto di ragione umana: parla della Costituzione, del suo articolo 11: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli»; delle guerre di aggressione fatte e subite in passato, dei gerarchi nazisti che si giustificarono con «la virtù dell’obbedienza». Parla di doveri e diritti, che stanno alla libertà dei cittadini come la sudditanza al potere illimitato sta alla libertà dei servi. L’opposizione è la stessa che corre fra «I care» e «Me ne frego», scrive il sacerdote.
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domenica 22 maggio 2011
BARBIANA: QUELLA VOLTA CHE HO INCONTRATO LETTERA A UNA PROFESSORESSA
http://www.facebook.com/notes/arturo-ghinelli/barbiana/10150190718211472
Nel giugno del 1967, avendo finito la terza magistrale ero andato a lavorare in libreria per racimolare un po’ di soldi,come facevo tutte le estati dalla prima media. Un mattino dovetti portare a casa ad un cliente il libro appena uscito "Lettera a una professoressa" di Don Milani, che conoscevo perché mi aveva già avvinto con "L’obbedienza non è più una virtù". Ciò che mi affascinò subito di Don Milani fu la radicalità, la passione e la coerenza. Una coerenza e una radicalità che non smettono mai di provocarmi, una passione che non smette mai di entusiasmarmi. Il valore che Don Milani dà alla parola fece da subito venire i brividi a me che ero nipote timido di contadini e figlio di un operaio con la terza elementare. A me che ero della classe 1950 e che, malgrado fossi figlio di due operai, ero riuscito ad essere sempre promosso, senza aver fatto in tempo a fare la media unica, quella lettera fece molta impressione,consolidò la convinzione che volevo fare il maestro per impedire che i Gianni continuassero ad essere bocciati, come del resto tutti gli amici, miei coetanei di un intero quartiere "Il villaggio spontaneo"di case popolari sulle Morane a Modena. Le sue parole mi colpirono perché avevo provato le stesse umiliazioni dei ragazzi di Barbiana. Alle medie ricordo ancora di aver sentito la prof. di matematica tenerci una filippica con frasi come quelle che, anni dopo, avrei sentito nella canzone di Pietrangeli "Oggi anche l’operaio vuole il figlio dottore e pensi che ambiente ne può venir fuori…". Infatti la vecchia scuola media "Carducci"non mi offrì il Tempo Pieno, anche se mia madre lavorava e quando tornavo da scuola dovevo prepararmi il pranzo,mi offrì invece al pomeriggio un costosissimo corso di scherma, che poteva andar bene solo al mio compagno di classe figlio di un colonnello dell’Accademia militare o di quello figlio del Questore Gualandi,che tuttavia apprezzava i panini con la mortadella che preparavo quando veniva a casa mia a fare i compiti.
Con le lettere ai cappellani militari e ai giudici avevo tormentato, per tutto l’anno precedente, le lezioni dell’insegnante di religione. La "Lettera a una professoressa" divenne il mio punto di riferimento per tutti gli anni a venire. Nell’unico anno in cui,come i figli di papà,ho frequentato solo l’Università costituii un comitato di quartiere genitori-studenti e fu lì che diffusi il donmilani-pensiero. Nel Comitato i genitori c’erano davvero:erano le donne del mio quartiere di case popolari,alcune erano militanti dell’UDI,dove infatti andammo a ciclostilare i nostri volantini. Riuscii a coinvolgere anche un papà, un vecchio muratore,che dopo aver conosciuto Tanassi in guerra, aveva smesso di essere socialista ed era diventato comunista. Io e questo muratore andammo notte tempo ad affiggere,davanti alla scuola elementare del nostro quartiere,due manifesti copiati da "Lettera a una professoressa". I manifesti li avevo fatti in casa con l’aiuto di un compagno di università bravissimo a disegnare,senza il quale non sarei mai riuscito a riprodurre sulla carta da pacchi la piramide degli esclusi di una stessa leva scolastica.
Nell’altro manifesto campeggiava la scritta insegnanti vergognatevi ,perché le maestre della scuola "Manzoni"disincentivavano in tutti i modi la partecipazione dei ragazzi al doposcuola comunale.
Vinsi il concorso magistrale in provincia di Varese e il 1°ottobre del ‘69mi trovavo già dall’altra parte della cattedra. A Varese rimasi tre anni. Il secondo anno ebbi la sede a Somma Lombardo. In questa cittadina il consiglio comunale mi nominò direttore della Biblioteca Comunale. In tale veste organizzai alcuni dibattiti sulla scuola. Uno di questi dibattiti fu proprio sull’esperienza di Don Milani . Infatti ero riuscito a chiamare, per l’ introduzione, Michele Gesualdi,allora Segretario della FIM-CISL di Varese, che era stato allievo alla scuola di Barbiana. Il dibattito più seguito fu quello sulla scuola a Tempo Pieno a cui feci intervenire maestri del MCE di Milano e di Torino,che stavano già sperimentando la proposta contenuta nella "Lettera a una professoressa". Ricordo ancora che il cinema cittadino era stracolmo,erano venuti da Varese i segretari dei sindacati scuola Sinascel-CISL e della neonata CGIL-scuola.Unica assente la direttrice didattica Maria Mazzarisi.
Dopo tre anni riuscii a venire in provincia di Modena,a Carpi, dove nel 1974 arrivarono i primi posti di Tempo Pieno statale in base alla legge 820 del 1971. Era l’utopia di Don Milani che si realizzava,così quando il Direttore Stentarelli mi chiese se volevo sperimentare il Tempo Pieno,accettai entusiasta e ci insegno ancora.
I frutti del tempo pieno,che mi legano dal passato al futuro
Insegno continuativamente nella stessa scuola dal 1980,avevo già insegnato nel tempo pieno,ma c’era stata un’interruzione dovuta al mio distacco sindacale per due anni. Quando sono rientrato a scuola sono andato ad insegnare nella scuola"Giovanni XXIII°"posta nel quartiere Madonnina della mia città .
Siccome dopo tanti anni c’è ancora chi mette in discussione il Tempo Pieno,ho provato a riflettere sulla mia esperienza,pensandomi come un contadino che da tanti anni semina piante i cui frutti raccolgono altri. Ho catalogato le mie piante a seconda dell’età che hanno raggiunto:35 anni,30 anni,25 anni,20 anni,15 anni,10 anni. Sono tutte distanziate di cinque anni,che è appunto il periodo di tempo in cui io le curo prima che si spargano per il mondo. Mi ha sempre fatto imbestialire l’anatema lanciato dagli allievi della scuola di Barbiana a noi insegnanti: -Le maestre sono come i preti e le puttane. Si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno il tempo di piangere.-
Per questo ho sempre cercato di seguirne qualcuno per ogni classe,ma non ho certo potuto seguirli tutti(nemmeno il botanico ET. ce l’ha fatta) e perciò parlerò solo di alcuni. Si tratta quasi sempre di quelli che mi avevano stimolato di più e mi hanno aiutato a crescere nella mia professione.
35 anni: si tratta della prima classe in cui ho insegnato al mio arrivo nella scuola,con questi ragazzi ho lavorato solo due anni:la quarta e la quinta. Tra questi alberi c’è una pianta molto robusta Giacomo,affetto dalla nascita da tetraparesi spastica,ha proseguito gli studi fino alla seconda superiore. Ha dovuto abbandonare quando è andata in pensione la sua prof di lettere,l’unica che era disposta a dargli una mano. Le scuole superiori dell’epoca ignoravano l’esistenza dei disabili,Sergio Neri non era ancora riuscito a far passare la Circolare che ne prevedeva l’ingresso anche lì.
Giacomo non si è dato per vinto, lavora al computer in un ufficio commerciale ed è andato a vivere da solo con l’ausilio di un assistente.
30 anni: questa classe che ho avuto per tutti i cinque anni,è stata quella che più di altre ogni tanto mi invita a cena per ricordare i bei tempi. Francesca si è sposata pochi mesi fa e ha invitato al matrimonio mia figlia,con cui era diventata amica.
Francesca si è laureata e ha trovato un lavoro in banca,per questo può farsi una famiglia anche se ha solo trent’ anni.
25 anni: in questa classe ho piantato il primo seme venuto d’altrove. Jens era andato ad abitare in provincia e ci eravamo persi di vista. Poi ho saputo dal giornale che è diventato un campione e si allena nel campo di atletica vicino alla nostra scuola. Da allora ci sentiamo e ho saputo che si è diplomato perito,lavora e alla fine del turno si allena perché ha un grande sogno:partecipare alle Olimpiadi di Pechino.
20 anni: li credevo ancora bambini,poi ho saputo da sua madre,che Andrea sarà presto padre,studia all’Università di Bologna con Frabboni e sogna di diventare attore,come gli scrissi io sul diario per la bella interpretazione che aveva fatto durante uno spettacolo in inglese.
15 anni: avevano sperato che andassi con loro alle medie perché era stata approvata la legge Berlinguer che avrebbe permesso ai maestri di insegnare nelle ex medie. Invece con loro è andata la Moratti,in compagnia di Bossi e Fini e così Leonard e Mamoudou hanno dovuto lasciare le impronte per transitare dalla scuola media. Oggi resistono ancora alle superiori,naturalmente sono uno al professionale e l’altro al tecnico. Per Mamoudou vado io dai prof a sentire come va ,col permesso del papà,che si è fatto convincere a continuare a mandarlo a scuola dopo le medie.
Leonard è stato promosso in seconda con un debito in italiano, Mamoudou una volta alla settimana va allo sportello aperto dal suo prof di lettere.
10 anni : Hana e Rihab per quattro anni hanno potuto seguire il corso di lingua araba che abbiamo tenuto nella nostra scuola,mi sembra perciò che sapranno resistere meglio dei due ragazzi che sono già alle superiori ,sono più orgogliose della loro lingua e della loro cultura, anche se cantano insieme agli altri,ritmando come tifosi allo stadio :"Arturo … alle medie….vieni con noi!"è più per gioco che per necessità.
Post fazione,quarant’anni dopo
Non mi è mai capitato di essere così entusiasta per un libro e sentirmi ancora obbligato a dire agli altri:" leggetelo!". L’ho fatto anche come commissario all’esame del Concorso riservato a posti di insegnante elementare che bandì Berlinguer e con mia grande sorpresa mi resi conto che molte giovani maestre non lo avevano mai letto. Fui contento perciò quando lo citarono durante le prove d’esame.
Per far conoscere ai giovani "Lettera a una professoressa" quarant’anni dopo mi piacerebbe organizzare una iniziativa. In cinque insegnanti potremmo dare appuntamento in un teatro cittadino per una lettura ad alta voce di brani tratti dalla lettera. Sarebbe bello se fossimo un insegnante di asilo nido,uno della scuola dell’infanzia,uno dell’elementare,uno delle medie e uno delle superiori e ciascuno di noi leggesse i brani che più hanno influito sulla sua professione. Naturalmente bisognerebbe cercare di fare in modo che ad ascoltarci non ci fossero solo i nostri coetanei ma soprattutto i ragazzi delle scuole superiori da cui,al termine delle nostre letture,potremmo ascoltare i commenti alla "Lettera". Sono sicuro che direbbero ancora : la scuola è sempre meglio della merda!
Arturo Ghinelli
tratto da:
Nel giugno del 1967, avendo finito la terza magistrale ero andato a lavorare in libreria per racimolare un po’ di soldi,come facevo tutte le estati dalla prima media. Un mattino dovetti portare a casa ad un cliente il libro appena uscito "Lettera a una professoressa" di Don Milani, che conoscevo perché mi aveva già avvinto con "L’obbedienza non è più una virtù". Ciò che mi affascinò subito di Don Milani fu la radicalità, la passione e la coerenza. Una coerenza e una radicalità che non smettono mai di provocarmi, una passione che non smette mai di entusiasmarmi. Il valore che Don Milani dà alla parola fece da subito venire i brividi a me che ero nipote timido di contadini e figlio di un operaio con la terza elementare. A me che ero della classe 1950 e che, malgrado fossi figlio di due operai, ero riuscito ad essere sempre promosso, senza aver fatto in tempo a fare la media unica, quella lettera fece molta impressione,consolidò la convinzione che volevo fare il maestro per impedire che i Gianni continuassero ad essere bocciati, come del resto tutti gli amici, miei coetanei di un intero quartiere "Il villaggio spontaneo"di case popolari sulle Morane a Modena. Le sue parole mi colpirono perché avevo provato le stesse umiliazioni dei ragazzi di Barbiana. Alle medie ricordo ancora di aver sentito la prof. di matematica tenerci una filippica con frasi come quelle che, anni dopo, avrei sentito nella canzone di Pietrangeli "Oggi anche l’operaio vuole il figlio dottore e pensi che ambiente ne può venir fuori…". Infatti la vecchia scuola media "Carducci"non mi offrì il Tempo Pieno, anche se mia madre lavorava e quando tornavo da scuola dovevo prepararmi il pranzo,mi offrì invece al pomeriggio un costosissimo corso di scherma, che poteva andar bene solo al mio compagno di classe figlio di un colonnello dell’Accademia militare o di quello figlio del Questore Gualandi,che tuttavia apprezzava i panini con la mortadella che preparavo quando veniva a casa mia a fare i compiti.
Con le lettere ai cappellani militari e ai giudici avevo tormentato, per tutto l’anno precedente, le lezioni dell’insegnante di religione. La "Lettera a una professoressa" divenne il mio punto di riferimento per tutti gli anni a venire. Nell’unico anno in cui,come i figli di papà,ho frequentato solo l’Università costituii un comitato di quartiere genitori-studenti e fu lì che diffusi il donmilani-pensiero. Nel Comitato i genitori c’erano davvero:erano le donne del mio quartiere di case popolari,alcune erano militanti dell’UDI,dove infatti andammo a ciclostilare i nostri volantini. Riuscii a coinvolgere anche un papà, un vecchio muratore,che dopo aver conosciuto Tanassi in guerra, aveva smesso di essere socialista ed era diventato comunista. Io e questo muratore andammo notte tempo ad affiggere,davanti alla scuola elementare del nostro quartiere,due manifesti copiati da "Lettera a una professoressa". I manifesti li avevo fatti in casa con l’aiuto di un compagno di università bravissimo a disegnare,senza il quale non sarei mai riuscito a riprodurre sulla carta da pacchi la piramide degli esclusi di una stessa leva scolastica.
Nell’altro manifesto campeggiava la scritta insegnanti vergognatevi ,perché le maestre della scuola "Manzoni"disincentivavano in tutti i modi la partecipazione dei ragazzi al doposcuola comunale.
Vinsi il concorso magistrale in provincia di Varese e il 1°ottobre del ‘69mi trovavo già dall’altra parte della cattedra. A Varese rimasi tre anni. Il secondo anno ebbi la sede a Somma Lombardo. In questa cittadina il consiglio comunale mi nominò direttore della Biblioteca Comunale. In tale veste organizzai alcuni dibattiti sulla scuola. Uno di questi dibattiti fu proprio sull’esperienza di Don Milani . Infatti ero riuscito a chiamare, per l’ introduzione, Michele Gesualdi,allora Segretario della FIM-CISL di Varese, che era stato allievo alla scuola di Barbiana. Il dibattito più seguito fu quello sulla scuola a Tempo Pieno a cui feci intervenire maestri del MCE di Milano e di Torino,che stavano già sperimentando la proposta contenuta nella "Lettera a una professoressa". Ricordo ancora che il cinema cittadino era stracolmo,erano venuti da Varese i segretari dei sindacati scuola Sinascel-CISL e della neonata CGIL-scuola.Unica assente la direttrice didattica Maria Mazzarisi.
Dopo tre anni riuscii a venire in provincia di Modena,a Carpi, dove nel 1974 arrivarono i primi posti di Tempo Pieno statale in base alla legge 820 del 1971. Era l’utopia di Don Milani che si realizzava,così quando il Direttore Stentarelli mi chiese se volevo sperimentare il Tempo Pieno,accettai entusiasta e ci insegno ancora.
I frutti del tempo pieno,che mi legano dal passato al futuro
Insegno continuativamente nella stessa scuola dal 1980,avevo già insegnato nel tempo pieno,ma c’era stata un’interruzione dovuta al mio distacco sindacale per due anni. Quando sono rientrato a scuola sono andato ad insegnare nella scuola"Giovanni XXIII°"posta nel quartiere Madonnina della mia città .
Siccome dopo tanti anni c’è ancora chi mette in discussione il Tempo Pieno,ho provato a riflettere sulla mia esperienza,pensandomi come un contadino che da tanti anni semina piante i cui frutti raccolgono altri. Ho catalogato le mie piante a seconda dell’età che hanno raggiunto:35 anni,30 anni,25 anni,20 anni,15 anni,10 anni. Sono tutte distanziate di cinque anni,che è appunto il periodo di tempo in cui io le curo prima che si spargano per il mondo. Mi ha sempre fatto imbestialire l’anatema lanciato dagli allievi della scuola di Barbiana a noi insegnanti: -Le maestre sono come i preti e le puttane. Si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno il tempo di piangere.-
Per questo ho sempre cercato di seguirne qualcuno per ogni classe,ma non ho certo potuto seguirli tutti(nemmeno il botanico ET. ce l’ha fatta) e perciò parlerò solo di alcuni. Si tratta quasi sempre di quelli che mi avevano stimolato di più e mi hanno aiutato a crescere nella mia professione.
35 anni: si tratta della prima classe in cui ho insegnato al mio arrivo nella scuola,con questi ragazzi ho lavorato solo due anni:la quarta e la quinta. Tra questi alberi c’è una pianta molto robusta Giacomo,affetto dalla nascita da tetraparesi spastica,ha proseguito gli studi fino alla seconda superiore. Ha dovuto abbandonare quando è andata in pensione la sua prof di lettere,l’unica che era disposta a dargli una mano. Le scuole superiori dell’epoca ignoravano l’esistenza dei disabili,Sergio Neri non era ancora riuscito a far passare la Circolare che ne prevedeva l’ingresso anche lì.
Giacomo non si è dato per vinto, lavora al computer in un ufficio commerciale ed è andato a vivere da solo con l’ausilio di un assistente.
30 anni: questa classe che ho avuto per tutti i cinque anni,è stata quella che più di altre ogni tanto mi invita a cena per ricordare i bei tempi. Francesca si è sposata pochi mesi fa e ha invitato al matrimonio mia figlia,con cui era diventata amica.
Francesca si è laureata e ha trovato un lavoro in banca,per questo può farsi una famiglia anche se ha solo trent’ anni.
25 anni: in questa classe ho piantato il primo seme venuto d’altrove. Jens era andato ad abitare in provincia e ci eravamo persi di vista. Poi ho saputo dal giornale che è diventato un campione e si allena nel campo di atletica vicino alla nostra scuola. Da allora ci sentiamo e ho saputo che si è diplomato perito,lavora e alla fine del turno si allena perché ha un grande sogno:partecipare alle Olimpiadi di Pechino.
20 anni: li credevo ancora bambini,poi ho saputo da sua madre,che Andrea sarà presto padre,studia all’Università di Bologna con Frabboni e sogna di diventare attore,come gli scrissi io sul diario per la bella interpretazione che aveva fatto durante uno spettacolo in inglese.
15 anni: avevano sperato che andassi con loro alle medie perché era stata approvata la legge Berlinguer che avrebbe permesso ai maestri di insegnare nelle ex medie. Invece con loro è andata la Moratti,in compagnia di Bossi e Fini e così Leonard e Mamoudou hanno dovuto lasciare le impronte per transitare dalla scuola media. Oggi resistono ancora alle superiori,naturalmente sono uno al professionale e l’altro al tecnico. Per Mamoudou vado io dai prof a sentire come va ,col permesso del papà,che si è fatto convincere a continuare a mandarlo a scuola dopo le medie.
Leonard è stato promosso in seconda con un debito in italiano, Mamoudou una volta alla settimana va allo sportello aperto dal suo prof di lettere.
10 anni : Hana e Rihab per quattro anni hanno potuto seguire il corso di lingua araba che abbiamo tenuto nella nostra scuola,mi sembra perciò che sapranno resistere meglio dei due ragazzi che sono già alle superiori ,sono più orgogliose della loro lingua e della loro cultura, anche se cantano insieme agli altri,ritmando come tifosi allo stadio :"Arturo … alle medie….vieni con noi!"è più per gioco che per necessità.
Post fazione,quarant’anni dopo
Non mi è mai capitato di essere così entusiasta per un libro e sentirmi ancora obbligato a dire agli altri:" leggetelo!". L’ho fatto anche come commissario all’esame del Concorso riservato a posti di insegnante elementare che bandì Berlinguer e con mia grande sorpresa mi resi conto che molte giovani maestre non lo avevano mai letto. Fui contento perciò quando lo citarono durante le prove d’esame.
Per far conoscere ai giovani "Lettera a una professoressa" quarant’anni dopo mi piacerebbe organizzare una iniziativa. In cinque insegnanti potremmo dare appuntamento in un teatro cittadino per una lettura ad alta voce di brani tratti dalla lettera. Sarebbe bello se fossimo un insegnante di asilo nido,uno della scuola dell’infanzia,uno dell’elementare,uno delle medie e uno delle superiori e ciascuno di noi leggesse i brani che più hanno influito sulla sua professione. Naturalmente bisognerebbe cercare di fare in modo che ad ascoltarci non ci fossero solo i nostri coetanei ma soprattutto i ragazzi delle scuole superiori da cui,al termine delle nostre letture,potremmo ascoltare i commenti alla "Lettera". Sono sicuro che direbbero ancora : la scuola è sempre meglio della merda!
Arturo Ghinelli
tratto da:
sabato 21 maggio 2011
MI RACCOMANDO! NON VOTATE PDL/LEGA
Oggi ho ascoltato su La7 l'onorevole (?) Straquadanio blaterare su Milano e Pisapia. E' vero che spesso la destra ha mostrato di usare il linguaggio, piegandolo alle esigenze del momento. Però, il soggetto in questione ha toccato il fondo quando ha affermato che loro sono per l'integrazione degli stranieri e che la sinistra vuole i ghetti.
E' un po' di tempo che sto riflettendo sulla cosiddetta integrazione e sull'intercultura, come spero, sia stato possibile evincere anche da acuni post pubblicati. E' anche per questo che ho tolto entrambi i termini dal sottotitolo del blog: ormai anche Bossi, quando non vuole bombardare i migranti, parla di integrazione.
Loro usano questi termini, ma intanto si fanno promotori di una cultura (?) segregazionista, razzista e violenta, disegnano una società chiusa e stratificata. Mandiamoli a casa, togliamoceli dai piedi: facciamo una campagna elettorale per far sì che la gente non li voti più! Impegnamoci per i 4 SI' ai referendum!
E' un po' di tempo che sto riflettendo sulla cosiddetta integrazione e sull'intercultura, come spero, sia stato possibile evincere anche da acuni post pubblicati. E' anche per questo che ho tolto entrambi i termini dal sottotitolo del blog: ormai anche Bossi, quando non vuole bombardare i migranti, parla di integrazione.
Loro usano questi termini, ma intanto si fanno promotori di una cultura (?) segregazionista, razzista e violenta, disegnano una società chiusa e stratificata. Mandiamoli a casa, togliamoceli dai piedi: facciamo una campagna elettorale per far sì che la gente non li voti più! Impegnamoci per i 4 SI' ai referendum!
Prima delle elezioni, Elena ha ricevuto una lettera da una professoressa ciellina che la invitava a votare per alcuni candidati della lista Moratti. Ecco la risposta...
Milano 19 maggio 2011
Gentile prof…,
ho ricevuto i suoi suggerimenti per le votazioni amministrative nella nostra città. Non dubito che le persone da lei indicate siano persone serie e che operino con onestà e soprattutto buona fede per il bene comune; io non le conosco personalmente e quindi non le giudico.
Il mio giudizio negativo è sulla coalizione di cui fanno parte, sui personaggi che, a livello cittadino e a livello nazionale sono ai vertici di queste coalizioni, sulla propaganda aggressiva, sfacciata, scorretta, che hanno usato per affermare la loro presunta superiorità. Per spiegarmi meglio le accludo una lettera di don Virginio Colmegna in risposta ad un articolo apparso sul settimanale “Tempi”. Io concordo pienamente con don Colmegna e ho firmato anch’io il comunicato di cui si parla nell’articolo.
Non posso accettare un presidente del consiglio che racconta pubblicamente barzellette sconce (l’ho ascoltato e visto in diretta TV compiacersi della propria volgarità in presenza di una delegazione di sindaci con tanto di fascia tricolore). Lei che è una stimata insegnante non pensa all’esempio pessimo sui giovani, agli scandali…di cui si parla nel Vangelo. Non mi è capitato di sentire una parola volgare da nessuno dei candidati dello schieramento opposto.
Non accetto che si pubblicizzi, generando terrore, la teoria che Pisapia riempirebbe Milano di moschee: c’è una grande e bella moschea a Roma che certo non mina la sopravvivenza dello stato Vaticano. Abbiamo migliaia di musulmani che si riuniscono in moschee clandestine, molto più “pericolose” di una grande, ufficiale, dove si possa instaurare un dialogo serio con chi a Milano c’è e lavora e si comporta normalmente. Non credo che dobbiamo, per essere accoglienti, aspettare la reciprocità dei cosiddetti paesi musulmani. Noi abbiamo un Vangelo che ci indica di andare incontro a chi ha bisogno; i paesi musulmani hanno spesso regimi che strumentalizzano la religione e ne fanno oggetto di oppressione: vogliamo adeguarci a questi ultimi, o vogliamo dare esempio di una civiltà forgiata dai valori del Vangelo?
Non accetto che si imputi a Pisapia l’intenzione di riempire Milano di “buchi”…quando i centri sociali ci sono e sarebbe bene cercare di orientarli a divenire (come in parte già sono) una palestra di attività ludiche, sportive e formative, con l’impiego di educatori e l’organizzazione di attività. Non tutti i giovani possono o vogliono frequentare gli oratori, che sono spesso ottimi luoghi di formazione. La società civile deve avere spazi, tempi e professionalità dedicate a loro e ben venga se i giovani stessi hanno cominciato ad indicare delle strade (appunto i centri sociali) che possono e devono essere aiutati a crescere con correttezza all’interno di una comunità che li accolga e li ami, anche se per il vuoto in cui gli adulti li hanno lasciati molti di loro ancora “si bucano”.
Non accetto che, anche se si hanno tantissimi soldi, si abbia il diritto di spenderli in una campagna elettorale stramiliardaria; quando a Milano tante famiglie stentano ad arrivare alla fine del mese, intendo dire a mangiare per trenta giorni al mese. Questo non si può fare, soprattutto se si è il sindaco, cioè colui o colei che ha a cuore, più di ogni altro, il benessere di tutti i cittadini.
Spero mi perdoni la lunghezza, ma lei ha avuto la cortesia di scrivermi e io, e mio marito con me, riteniamo giusto risponderle.
I miei più cordiali saluti, a lei e alla sua mamma
Elena Milazzo Covini
martedì 17 maggio 2011
PDL: L'ENNESIMA PROPOSTA VERGOGNOSA!!!
AL SENATO DISEGNO DI LEGGE DELLA MAGGIORANZA.
(DIRE - Notiziario Minori)
Roma, 17 mag. -
Il Pdl apre ai privati per sostenere gli alunni disabili. Lo Stato ci mette quello che puo', ma non e' mai abbastanza. Cosi', con una proposta di legge presentata a palazzo
Madama, i senatori Pdl Francesco Bevilacqua e Antonio Gentile aprono al
ricorso ai privati. La legge e' stata depositata a marzo e nelle prossime ore sara' discussa dalla commissione competente al Senato.
Il testo fa perno sull'autonomia scolastica: l'inclusione dei disabili, dicono i due senatori, deve collocarsi "in questa nuova logica". Insomma, le scuole devono pensare anche al fai-da-te. In quest'ottica "per superare le carenze e le disfunzioni" del sistema di assistenza ai disabili saranno le scuole a "dover coordinare l'insieme dei diversi servizi". Realizzando progetti con "la collaborazione di privati". In particolare la legge, che si compone di due articoli, parla della "definizione di progetti" a sostegno
dei diversamente abili, inclusa "la stipula di apposite polizze assicurative a carico dei soggetti privati per la copertura dei rischi correlati all'impiego di personale o di consulenti privati esterni alla scuola".
http://www.direnews.it/newsletter_minori/anno/2011/maggio/17/?news=04
(DIRE - Notiziario Minori)
Roma, 17 mag. -
Il Pdl apre ai privati per sostenere gli alunni disabili. Lo Stato ci mette quello che puo', ma non e' mai abbastanza. Cosi', con una proposta di legge presentata a palazzo
Madama, i senatori Pdl Francesco Bevilacqua e Antonio Gentile aprono al
ricorso ai privati. La legge e' stata depositata a marzo e nelle prossime ore sara' discussa dalla commissione competente al Senato.
Il testo fa perno sull'autonomia scolastica: l'inclusione dei disabili, dicono i due senatori, deve collocarsi "in questa nuova logica". Insomma, le scuole devono pensare anche al fai-da-te. In quest'ottica "per superare le carenze e le disfunzioni" del sistema di assistenza ai disabili saranno le scuole a "dover coordinare l'insieme dei diversi servizi". Realizzando progetti con "la collaborazione di privati". In particolare la legge, che si compone di due articoli, parla della "definizione di progetti" a sostegno
dei diversamente abili, inclusa "la stipula di apposite polizze assicurative a carico dei soggetti privati per la copertura dei rischi correlati all'impiego di personale o di consulenti privati esterni alla scuola".
http://www.direnews.it/newsletter_minori/anno/2011/maggio/17/?news=04
Quattro anni di Controinformazione, ECOlogia, ECOnomia, ECO politica Arcore, Portorotondo e SARDEGNA ANTINUCLEARE ... tre significative, ma censurate batoste elettorali per Berlusconi
Eco-new 13/5/2011)
Controinformazione) Sua Eemittenza soffre: è rimasta particolarmente addolorata perché i vicini di casa (ingrati) gli voltano le spalle ed i Sardi (traditori) votano in massa contro al Nucleare. Ovviamente le tre scomodissime notizie (soprattutto la terza)sono state accuratamente censurate dalle imperanti Videocrazie. Ed allora sveliamo e sottolineiamo gli ultimi dati. (Referendum Antiberlusconi del 12-13 giugno: mancano 26 giorni)
>>> http://www.eco-news.it
Eco-new 13/5/2011)
Controinformazione) Sua Eemittenza soffre: è rimasta particolarmente addolorata perché i vicini di casa (ingrati) gli voltano le spalle ed i Sardi (traditori) votano in massa contro al Nucleare. Ovviamente le tre scomodissime notizie (soprattutto la terza)sono state accuratamente censurate dalle imperanti Videocrazie. Ed allora sveliamo e sottolineiamo gli ultimi dati. (Referendum Antiberlusconi del 12-13 giugno: mancano 26 giorni)
>>> http://www.eco-news.it
LE PAROLE DI DANILO DOLCI
Cari amici,
all'indirizzo http://www.inventati.org/educazionedemocratica/pdf/biblioteca/Michele_Ragone_Le_parole_di_Danilo_Dolci.pdf
trovate questo prezioso lavoro del nostro Michele Ragone " Le parole di Danilo Dolci". Chi volesse può ordinare il libro anche su supporto cartaceo.
un caro saluto a tutti voi
francesco cappello
all'indirizzo http://www.inventati.org/educazionedemocratica/pdf/biblioteca/Michele_Ragone_Le_parole_di_Danilo_Dolci.pdf
trovate questo prezioso lavoro del nostro Michele Ragone " Le parole di Danilo Dolci". Chi volesse può ordinare il libro anche su supporto cartaceo.
un caro saluto a tutti voi
francesco cappello
lunedì 16 maggio 2011
DUE BUONE NOTIZIE: LA LEGA PERDE E LA SARDEGNA RESPINGE IL NUCLEARE
I due dati che così, a caldo, emergono da questa giornata elettorale sono quelli citati nel titolo del post: la lega ha perso a Milano e, a quanto pare, in tutta la Lombardia, da Varese a Gallarate...andrò a dormire più contento, stasera! La lega, partito xenofobo, razzista, che ha fatto dell'aggressività contro il debole una scelta di vita e del mito del 'buongoverno leghista' un mito per l'appunto, non ha fatto il pieno, anzi ha perso e con lei Berlusconi e il berlusconismo. Che goduria!
Infine, il dato sardo: il referendum ha bocciato il nucleare! E due!
Ora prepariamoci pe i referendum di giugno: 4 SI' PER UNA SOCIETA' PIU' GIUSTA E PIU' CIVILE. Vi sembra poco?
Speriamo di riuscire a non perdere questa occasione per costruire una Italia migliore, buttando a mare berlusconidi di destra, di centro e di sinistra...
Avanti, o popolo!
Buona notte!
Infine, il dato sardo: il referendum ha bocciato il nucleare! E due!
Ora prepariamoci pe i referendum di giugno: 4 SI' PER UNA SOCIETA' PIU' GIUSTA E PIU' CIVILE. Vi sembra poco?
Speriamo di riuscire a non perdere questa occasione per costruire una Italia migliore, buttando a mare berlusconidi di destra, di centro e di sinistra...
Avanti, o popolo!
Buona notte!
Le amiche del Comitato Donne e Mamme Musulmane della Liguria mi hanno detto che, almeno per il momento dovrei togliere il post che avevo pubblicato, per motivi squisitamente burocratici. Spero che possano risolverli al più presto.
Non so se qualche lettore avesse già firmato per il Comitato...Spero di no.
In ogni caso chiedo venia...
Giuliano
Non so se qualche lettore avesse già firmato per il Comitato...Spero di no.
In ogni caso chiedo venia...
Giuliano
domenica 15 maggio 2011
L'incontro tra culture, l'Occidente, l'Islam, gli ebrei
di Giorgio Gomel, Lettera internazionale, n.3/4 2002
1. L'incontro interculturale L’incontro tra culture e "diversità" è problematico in quanto impone a individui e gruppi di ripensare la definizione di sé, l’identità. L’identità umana si forma come intersezione di molteplici riferimenti o appartenenze collettive. All’ossessione della differenza e delle gerarchie fra identità, propria di atteggiamenti razzisti, non bisogna però opporre il mito di un’uguaglianza astratta fra gli uomini, perché le differenze esistono ed à il confronto fra di esse a generare progresso. Occorre evitare "l’avvento di un mondo in cui le culture, animate da una passione reciproca, non aspirassero ad altro che a celebrarsi l’un l’altra, in una confusione in cui ciascuna di esse perderebbe il fascino che avrebbe potuto esercitare sulle altre, e la propria ragione di esistere"(1).
La tolleranza dell’altro, come principio su cui fondare le relazioni umane, poggia sulla capacità di affermare la propria identità e nello stesso tempo di riconoscere nell’altro le differenze e un uguale diritto di affermazione. L’identità non va però affermata in modo esclusivistico, etnocentrico. L’individuo o il gruppo devono essere disposti a mettere in dubbio i propri riferimenti culturali ponendoli in rapporto e anche in conflitto con quelli dell’altro. Nella storia dell’Occidente troppo spesso concezioni falsamente universalistiche, totalizzanti – di matrice cristiana, illuministica o marxista – hanno negato le differenze, "rifiutando come residuo o reazione al progresso o alla redenzione ogni specificità culturale altrui. Gli universalismi hanno agito come forza di assimilazione e omologazione a un modello dominante, come a voler recidere alle radici le identità storiche collettive"(2).
In generale non ritengo che vi siano ricette facili per lo sviluppo di società multiculturali. Pensare che il conflitto tra culture possa essere soppresso è illusorio, ma trovare gli antidoti perché le relazioni interculturali siano sì dialettiche, ma non di dominio non è possibile, se non si abbandona la vecchia prassi per cui la cultura minoritaria è chiamata ad assimilarsi a quella egemone. 2. La Diaspora ebraica e Israele
La condizione degli ebrei della Diaspora, in quanto popolo disperso fra le genti, è stata quella di una minoranza che, sulla base di un’identità sedimentatasi fondendo elementi di religione, cultura, appartenenza comune, ha interagito strettamente con le società nelle quali si è storicamente inserita.
Tale rapporto con le culture circostanti è stato voluto nella forma di comunità, in cui gli ebrei si aggregavano, non solo come spazio offerto all’individuo. Oggi la condizione ebraica nel mondo è cambiata. Con la nascita dello stato di Israele gli ebrei hanno ritrovato una dimensione politico-statuale, dopo due millenni di esilio senza una terra né uno stato.
La storia del popolo ebraico è stata segnata dall’utopia di fondare una civiltà senza stato: un popolo disperso fra gli altri, in una successione di persecuzioni, esili, ma anche di feconde interazioni culturali. Ma dopo l’orrore del nazismo esso ha dovuto assimilare gli strumenti del potere statuale, la politica, la forza delle armi. Ha esercitato il suo "diritto al ritorno" nella terra di Israele molto tardi, dopo grandi esitazioni e laceranti fratture al suo interno fra sionisti, non sionisti e antisionisti, e si è risolto ad edificare uno stato sovrano solo nel pieno della catastrofe immane del genocidio.
Osserva acutamente Amos Oz: "Sarei lieto di vivere in un mondo nel quale coesistono civiltà che si sviluppano ognuna con il suo ritmo interiore, fecondandosi a vicenda – ma nessuno stato nazionale: né emblema, né passaporto, né inno nazionale. Ma il popolo ebraico ha già inscenato questo spettacolo, da solo e a lungo.. Ma nessuno si è azzardato a imitare questo modello, che gli ebrei sono stati costretti a tener in vita per duemila anni – un modello di nazione senza gli strumenti del potere. Questo dramma è terminato con lo sterminio degli ebrei d’Europa da parte di Hitler. E così sono costretto a giocare anch’io il gioco degli Stati con tutti gli attributi connessi ..e anche giocare alla guerra, se questa è assolutamente necessaria alla mia sopravvivenza" (3).
Si è così realizzato almeno in parte l’obiettivo storico del sionismo sorto appena un secolo fa come movimento di emancipazione nazionale degli ebrei: un luogo, nella terra di Israele, o piuttosto su una frazione di essa, secondo l’idea della spartizione di Eretz Israel o della Palestina, (ovvero, nel moderno lessico della politica e delle risoluzioni delle Nazioni Unite, di "due popoli, due stati"), dove gli ebrei fossero maggioranza, potessero vivere in pace e sicurezza, fossero un popolo "normale". Tale aspirazione si è attuata solo in parte, in quanto la normalità della pace, della sicurezza, dell’integrazione nella regione è ancora lontana.
Come gli eventi di ogni giorno ricordano dolorosamente, uno stato ebraico non significa di per sé sicurezza fisica per i suoi abitanti né la rimozione della condizione ebraica di precarietà e angoscia. Anzi il diritto di Israele a esistere come stato accettato nella sua integrità e sicurezza nel Medio Oriente è oggi messo in forse. Lo è nei fatti, per il pericolo che incombe ogni giorno sulla vita dei suoi abitanti sotto l'azione folle dei terroristi suicidi; lo è per il senso di insicurezza psicologica che questa situazione infonde negli israeliani, l'angoscia di un Israele forte ma anche debole, occupante ma anche assediato, 5 milioni di ebrei in un immenso mare di arabi e mussulmani.
Oggi vi è dunque, nel concreto esistere degli ebrei nel mondo, una bipolarità: Diaspora e Israele, esilio e stato-nazione. Questa dualità non è scevra da conflitti, ma offre agli ebrei una scelta possibile tra l’integrazione nelle società occidentali che si evolvono pur con fatica verso forme multiculturali e un’identità politico-nazionale.
La dualità tra Diaspora e Israele, la separazione tra le due "famiglie" del popolo ebraico sono destinate ad accentuarsi con il tempo, tanto più quanto più Israele diventerà uno stato-nazione "normale", con eguali diritti per i suoi cittadini e pienamente integrato in un Medio Oriente pacificato. Divergono, infatti, gli interessi oggettivi di Israele, dove gli ebrei vivono un'esistenza nazionale indipendente sotto un governo "ebraico", che persegue gli interessi nazionali di uno stato retto da una maggioranza ebraica, e della Diaspora, dove gli ebrei sono cittadini di altri stati, alle cui leggi rispondono, alla cui vita civile e politica partecipano, pur mantenendo un legame affettivo-culturale con la terra e lo stato di Israele (4).
Israele pretende talora di rappresentare gli ebrei nella loro totalità; è una posizione inaccettabile, ma è indubbio che gli atti di Israele si riverberano oggettivamente sugli ebrei nel mondo e che quindi esso non può prescindere da tali effetti nel modulare le sue scelte politiche. Il mondo ebraico d'altra parte è tutt'altro che un soggetto unico e monolitico, percorso come è da forti diversità di identità religiosa, culturale e politica. Nel rapporto con Israele, gli ebrei sono uniti nella difesa del suo diritto irrinunciabile di esistere come popolo e come stato, in pace e sicurezza, ma divisi, spesso critici circa le scelte contingenti dei suoi governi.
Nelle società occidentali, dove gli ebrei prevalentemente oggi vivono, vi è un loro interesse oggettivo a lottare contro ogni forma di discriminazione, perché molte volte nella storia l'ostilità al diverso, il razzismo, il nazionalismo si sono tradotti in odio antiebraico, nonché a vivere in società che siano autenticamente multiculturali, in cui le differenti identità siano rispettate, legittimate a convivere, viste come un beneficio per tutti. Ma c'è poi un qualcosa di soggettivo, un dovere di noi ebrei, come portatori della memoria, di essere particolarmente sensibili a fenomeni di intolleranza e di esclusione al di fuori di noi, di essere solidali con i deboli, gli stranieri, per la nostra stessa esperienza esistenziale di profughi. Le navi cariche di curdi, albanesi, o arabi che arrivano sulle sponde dell'Europa evocano, infatti, assonanze emotive con la nostra storia: con le navi dei sopravvissuti alla Shoà che nel 1946-47 varcavano il Mediterraneo cercando di giungere in Palestina e venivano respinti o internati in campi di prigionia dagli inglesi o con le vicende degli ebrei che prima della seconda guerra mondiale cercavano disperatamente di trovare rifugio dalla furia antisemita in Svizzera, Spagna, Francia o negli Stati Uniti. 3. Occidente e Islam
Il rispetto della diversità di culture, etnie e religioni è concetto che va esteso al di là di una nazione, al mondo nella sua interezza. Nella tensione fra Occidente "cristiano" e Oriente "islamico" gli ebrei vivono una condizione difficile, quasi in bilico. Essi sono parte dell’Occidente e dell’Oriente. L’ebraismo diasporico è oggi infatti quasi esclusivamente occidentale, concentrato negli Stati Uniti e in Europa. Ma Israele è parte del Medio Oriente, destinato a integrarsi in esso in un futuro desiderato di pace e normalità. Da 50 anni è scomparso, per l’esplodere dei nazionalismi, la decolonizzazione, le espulsioni di ebrei conseguenti al conflitto arabo-israeliano, l’ebraismo che per secoli fiorì nei paesi arabi ed islamici. I legami fra ebrei e Islam furono fecondi; quella ebraica fu una condizione di soggezione, di una minoranza tollerata ma raramente oggetto di persecuzioni violente (5). Il ghetto – mostruoso edificio di segregazione, di esclusione dell’ebreo dal corpo della società in quanto diverso e sovvertitore dell’ordine sociale – è stato costruito dalla Chiesa cattolica, non dall’Islam. La storia dell'Occidente è stata segnata fortemente dall’antigiudaismo cristiano – fondamento antico dell’antisemitismo moderno. La macchina hitleriana dello sterminio degli ebrei d’Europa è stata organizzata nella nazione reputata la più civile e istruita dell’Occidente. Lo stato di diritto, il pluralismo, il rispetto della diversità sono soltanto oggi e in maniera incompiuta un’acquisizione delle nazioni dell’Occidente, non certo il risultato di una sua congenita superiorità (6).
La mancanza di democrazia è il limite maggiore del mondo arabo-islamico, dominato da regimi burocratico- autoritari e percorso dall’agitazione di movimenti integralisti che raccolgono il consenso di masse depauperate e oppresse da quei regimi. L’estremismo politico e religioso islamico – o meglio islamista – si nutre del risentimento e della frustrazione degli esclusi dalla società. Così trovano consenso, come soccorritori dei poveri e dei disperati, come fornitori di una rete di assistenza sociale alternativa a quella dello stato burocratico, movimenti come Hamas in Palestina o la Jihad islamica in Egitto. Per questo occorre annientare politicamente e militarmente il terrorismo integralista, che glorifica in un’apoteosi di nichilismo omicida l’atto di "martirio" ; ma bisogna anche comprendere ed estirpare le radici di questo male, con il progresso economico-sociale, la democratizzazione, la liberazione della politica dal dominio della religione.
Resta un caso a parte quello di Bin Laden, figlio dell’oligarchia saudita ben integrata nel capitalismo globalizzato e diventato poi oppositore di quel regime. Quell’Arabia Saudita, dove un regime dispotico e protetto dall’America – per Bin Laden e i suoi seguaci il nemico assoluto in quanto occupa e profana i luoghi santi dell’Islam (7) – non ha mai combattuto l’estremismo islamico purchè operasse fuori dei confini del regno, che ha finanziato attraverso le sue "charities" le attività di Al Qaida e di altri movimenti integralisti, ed è alla radice della violenza terroristica per il conflitto che oppone la famiglia regnante occidentalizzante e i fanatici di un Islam wahhabita, puritano, geloso della purezza originaria delle fede e avverso alla modernizzazione. Lì, in Arabia Saudita, il conflitto si è originato e lì va risolto.
Stefano Levi della Torre, op.cit.
Amos Oz, In terra di Israele, Marietti,1992, pagg. 93-94
La discussione più approfondita di questo tema si trova in David Vital, The future of the Jews, Harvard University Press, 1990.
Cfr. Bernard Lewis, The Jews of Islam, Princeton University Press, 1984.
Questo non significa soggiacere al relativismo culturale più becero, secondo cui i sistemi di valori sono tutti uguali e indistintamente validi. Vi sono diversità "neutre" – attinenti al modo di vestire, di mangiare, di comunicare – che non implicano scale di valori. Ma vi sono diversità relative a valori decisivi (i diritti umani, le libertà individuali, la parità fra i sessi) che distinguono nettamente una società da un’altra.
Cfr. Bernard Lewis, License to Kill: Osama bin Ladin’s Declaration of Jihad, Foreign Affairs, 6, 1998
tratto da http://www.martinbubergroup.org/documenti/art02-2.asp
sabato 14 maggio 2011
NON POSSO
Non posso dirvi per chi votare, ma posso dirvi per chi non votare:
non votate per chi ha portato l'Italia allo sfacelo politico, morale, etico, sociale ed economico;
non votate per chi vuol tornare al nucleare, scelta infausta e criminale;
non votate per chi vuole costruire una società razzista, dove ci siano cittadini di serie A e sudditi di serie B;
non votate per chi vuole una societò sempre più autoritaria, chiusa e beghina...
non votate per chi ha portato l'Italia allo sfacelo politico, morale, etico, sociale ed economico;
non votate per chi vuol tornare al nucleare, scelta infausta e criminale;
non votate per chi vuole costruire una società razzista, dove ci siano cittadini di serie A e sudditi di serie B;
non votate per chi vuole una societò sempre più autoritaria, chiusa e beghina...
In Libreria: Dante Lattes, "Apologia dell’ebraismo", Prefazione di Giuseppe Laras, Nota di Claudio Vercelli, Edizioni La Zisa, pp. 122, euro 9,90
Quest’opera di Dante Lattes, pubblicata per la prima volta dall’editore Formiggini nel 1923, all’interno di una collana di Apologie, continua ad essere un valido strumento per un primo, esaustivo approccio alla religione e alla cultura ebraica, ancora oggi poco o approssimativamente conosciute in Italia, ma alle quali tutti siamo largamente debitori. Se a ragione l’uomo moderno "non può non dirsi cristiano", non è meno vero che la storia dell’umanità avrebbe preso una strada diversa, e senza dubbio peggiore, senza l’apporto fecondo e determinante del popolo ebraico. Conoscere l’ebraismo è, dunque, necessario per riflettere sulle nostre radici e, nel contempo, valutare se il nostro percorso ha pienamente tenuto conto degli insegnamenti morali e sociali elaborati dalla Chiesa e dalla intellighenzia di Israele.Dante Lattes (1876-1965), uno dei maggiori rappresentanti dell’ebraismo italiano, è stato scrittore, giornalista ("Il corriere israelitico", "Israel", "La Rassegna Mensile di Israel", del quale è stato direttore fino alla morte), traduttore, educatore, rabbino. Oltre al presente volume, si ricordano: "Commento alla Bibbia", "Il sionismo", e "Nel solco della Bibbia".Le Edizioni La Zisa aderiscono ad "Addiopizzo" e a "Libera" di don Ciotti e tutti i volumi pubblicati sono certificati "pizzo free".________________________________________________
Davide Romano - Resp. Ufficio stampa "Edizioni La Zisa"
Tel. +39 091 331104 - fax +39 091 6127870
cell. +39 328 4728708
e-mail:
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Blog; http://edizionilazisa.blogspot.com/
mercoledì 11 maggio 2011
TROTE E BESUGHI
Mi perdoneranno i lettori non liguri, ma proverò a scrivere un post in dialetto savonese...
Oh bélin, ho appenna sentiu che a Zena u ghe saia, cuntra a muschea,
anche u figgiu de Bossi, a Trota.
Mi nu ghe capisciu tanto de pesci, ma me faieva piascei distingue
tra na trota e un besugo, perchè na vota de trote, a Zena, nu ghe nea.
Ma perchè, me dumandu, nun so u tegnan in sciù stu figgiu, invece de vegni a rumpì u belin in liguria? eppoi discian, liutri, "Padroni a casa nostra". Ma va la belinun, stattene a ca tu che chi nu te vu nessciun.
Va be, non sarà un testo degno di Biagio Marin o di qualche altro, ma è sempre un modo per dire al Trota di starsene a casa sua...
Sia detto per inciso: a Genova sino al 1700 c'erano ben 4 moschee e non mi sembra che la cristianità della città ne abbia risentito...
Oh bélin, ho appenna sentiu che a Zena u ghe saia, cuntra a muschea,
anche u figgiu de Bossi, a Trota.
Mi nu ghe capisciu tanto de pesci, ma me faieva piascei distingue
tra na trota e un besugo, perchè na vota de trote, a Zena, nu ghe nea.
Ma perchè, me dumandu, nun so u tegnan in sciù stu figgiu, invece de vegni a rumpì u belin in liguria? eppoi discian, liutri, "Padroni a casa nostra". Ma va la belinun, stattene a ca tu che chi nu te vu nessciun.
Va be, non sarà un testo degno di Biagio Marin o di qualche altro, ma è sempre un modo per dire al Trota di starsene a casa sua...
Sia detto per inciso: a Genova sino al 1700 c'erano ben 4 moschee e non mi sembra che la cristianità della città ne abbia risentito...
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