Raccogliamo l’appello degli antirazzisti lampedusani, da giorni mobilitati insieme alla popolazione a contribuire all’accoglienza degli oltre 5000 migranti giunti nell’isola. Il Centro di primo soccorso e di accoglienza di contrada Imbriacola è sostanzialmente chiuso dal maggio 2009 in seguito all’accordo sui respingimenti in Libia; da allora, anche se i migranti sbarcavano a Lampedusa, in giornata venivano deportati altrove per dimostrare l’efficacia della tolleranza zero a qualsiasi forma d’accoglienza.
In questi giorni per oltre 3 notti centinaia di migranti hanno dormito all’aperto sui moli senza assistenza.
Com'era prevedibile, la difficile fase di transizione che sta attraversando la Tunisia dopo la caduta del regime di Ben Ali, ha acuito la crisi economica e le condizioni di vita di migliaia di persone ormai allo stremo. Era inevitabile che la caduta di un regime liberticida, sostenuto dai governi occidentali a difesa della fortezza Europa, rimettesse in moto il cammino di migliaia di migranti . Non è però per il nostro paese un'emergenza biblica, come l'ha irresponsabilmente definita Maroni, che minaccia di inviare l'esercito direttamente in Tunisia per fermare la presunta invasione. Crediamo che quello che sta succedendo sia un'ulteriore testimonianza della disumana miopia delle politiche migratorie occidentali, in contrasto con i diritti fondamentali e inalienabili, quali il diritto alla vita ed alla libera circolazione, che dovrebbero essere il fondamento di uno stato di diritto.
Il ministro Maroni, oggi a Catania, si è guardato bene dal chiarire se è intenzione del governo utilizzare stabilmente l’(ex) villaggio USA di Mineo per accogliere profughi e/o i richiedenti asilo o come ennesimo centro di detenzione per migranti; dietro il proclama del “villaggio della solidarietà” non si capisce come i migranti tunisini possano essere realmente accolti, quando con i respingimenti in Libia da anni si continua a calpestare il diritto d’asilo (negato anche a Catania ai 68 migranti deportati in Egitto nell’ottobre scorso).
Non si sa come sarà esercitato il controllo e quali soggetti verranno chiamati alla gestione dell’infrastruttura. È tuttavia necessario ricordare che il villaggio non è assolutamente una struttura appartenente alle forze armate italiane o statunitensi, ma si tratta invece di un complesso di proprietà di una grande impresa di costruzioni, la Pizzarotti Parma, che lo ha ceduto in affitto, sino ad oggi, dietro canoni milionari, al Dipartimento della Marina Militare USA. Quando a Washington è stato deciso di revocare il contratto di utilizzo del villaggio di Mineo, la società, in collaborazione con amministratori e politici locali,ha tentato in tutti i modi di “convertire” il villaggio in un centro sociale – commerciale e/o in un residence di lusso per i cittadini di Mineo, nel tentativo di non perdere i lucrosi guadagni sino ad ora fatti. I tentativi espletati non devono essere andati a buon fine se sino a qualche tempo fa la società ha tentato di stipulare gli affitti delle villette direttamente con le famiglie dei militari USA. Adesso a sbloccare l’empasse ci pensa la nuova emergenza “immigrati” tunisini. Legittimo domandarsi come mai non si sia pensato di utilizzare in Sicilia altre infrastrutture di proprietà pubblica, a partire ad esempio dalle centinaia di villette che gli statunitensi realizzarono a Comiso alla vigilia dell’installazione dei missili nucleari Cruise e che dopo il ritiro dei contingenti USA sono state abbandonate alla mercè di vandali e occupanti abusivi. Che ancora una volta le “emergenze” umanitarie servano a favorire interessi dei privati?
C’è poi il sospetto che essendo il villaggio di Mineo del tutto isolato, distante alcuni chilometri dal più vicino centro abitato, sia il luogo più “indicato” per confinare i migranti, lontano da occhi indiscreti, secondo le logiche governative di militarizzazione e rafforzamento dei dispositivi di sicurezza contro immigrati e richiedenti asilo. In verità, ancora una volta è l’opzione militare a governare tragedie e dinamiche sociali internazionali a cui l’Italia contribuisce con le proprie scelte economiche dissennate. Alla ri-trasformazione di Lampedusa in una fortezza-prigione, all’invio di nuovi reparti militari lì come a Pantelleria, al rafforzamento dei dispositivi navali e di pattugliamento aereo del Mediterraneo si aggiunge adesso la “conversione” dei villaggi residenziali a centri di massima vigilanza. E se ciò non bastasse, spuntano come i funghi in Sicilia le stazioni radar fisse e mobili della Guardia di finanza in funzione anti-sbarco. Acquistati con fondi dell’Unione europea dalle aziende chiave del complesso militare industriale israeliano dopo una loro sperimentazione contro il popolo palestinese, i radar vengono implementati all’interno di riserve e parchi marini, come ad esempio quello in via di realizzazione a Capo Murro di Porco, Siracusa. Si tratta d’impianti estremamente pericolosi per l’uomo e l’ambiente, esattamente come il terminal MUOS per le telecomunicazioni satellitari che la Marina USA sta realizzando all’interno della riserva naturale di Niscemi. Anche la proliferazione degli aerei senza pilota a Sigonella, a partire dai famigerati “Global Hawk”, risponde in parte alle logiche di repressione dei flussi di migranti nel Mediterraneo. Anziché costruire nuove politiche d’accoglienza ci si ostina a dilapidare ingenti risorse pubbliche, in tempi di crisi economica e di tagli sociali, per militarizzare sempre più i nostri territori perseguitando persone che non hanno commesso alcun reato.
Per questo è necessario che le forze politiche e sociali, le associazioni antirazziste, le organizzazioni che difendono i diritti umani, gli antimilitaristi e gli ambientalisti uniscano i propri sforzi contro ogni programma di trasformazione del territorio della Sicilia in lager o avamposto armato contro coloro che fuggono dalla fame, dalle guerre e dalle tragedie ambientali in nome del diritto alla vita e alla speranza.
Per tutto ciò ci associamo alla richiesta di quanti in questi giorni stanno chiedendo le dimissioni di Maroni.
Ct 15/2/2010
Rete Antirazzista Catanese, Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella
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