Chi sono gli Zingari?
Intervista a Leonardo Piasere
Il prof. Leonardo Piasere, antropologo, è uno dei maggiori conoscitori della vita zingara in Italia. Una conoscenza che non si è evoluta a tavolino ma che è iniziata all'interno dei Campi, dove, allora giovane studente, visse con gli Zingari la loro stessa vita e conobbe di prima mano usi, costumi e tradizioni spesso vietate agli occhi degli estranei.
Questa intervista, rilasciata a Dafne Turillazzi per la trasmissione radiofonica Ethnos, trasmessa da Radio Sardegna, è stata da egli stesso rivista e adattata per la pubblicazione in La terza metà del cielo.
Prof. Piasere, direi di iniziare questo breve viaggio tra i popoli nomadi illustrando innanzi tutto che cosa comprende, comunemente, il termine "Zingari", ossia quante comunità esistono e, per quanto riguarda l'Italia, dove esse sono dislocate...
Questa è la classica domanda a cui è molto difficile rispondere, perché il termine "zingaro" è un termine che viene dato dall'esterno ad un insieme di popolazioni e, dal momento che le popolazioni così denominate normalmente non accettano questo termine, il suo uso è questione di convenzione. Un po' come usare il termine "crucchi" per le popolazioni del Nord Europa. Chi sono i "crucchi"? Sono un 'insieme di popolazioni che noi definiamo così. Ma dal momento che il termine ha una connotazione negativa, gli interessati, di norma, non vogliono essere definiti in questo modo.
Molto in generale, si può dire che quelli che noi chiamiamo Zingari comprendono un insieme di popolazioni parlanti lingue di origine neo-indiana e un insieme di popolazioni non parlanti lingue di origine neo-indiana. Questi due grandi insiemi condividono caratteristiche di vita particolari. Caratteristiche segnate per esempio dal nomadismo, in certe regioni d'Europa, e da altri tratti culturali in altre regioni. Perché una caratteristica da sottolineare, in quelli che noi chiamiamo Zingari, è che essi sono per la stragrande maggioranza sedentari e non nomadi.
Quindi avrebbero abbandonato la caratteristica fondamentale dello spostamento?
E' difficile dire se abbiano abbandonato o se abbiano sempre praticato il nomadismo. Sta di fatto che oggi non sono nomadi, ed è molto difficile dire se un tempo lo siano stati.
Tornando alla domanda iniziale, brevemente, possiamo schematizzare a grandi linee quali sono queste comunità? Noi conosciamo maggiormente i Rom, perché li conosciamo direttamente. Poi immagino che ve ne siano molte altre...
Sì. Le comunità Rom, tra quelle che noi chiamiamo zingare, sono senz'altro le comunità più numerose in tutta Europa. Sono concentrate soprattutto nell'Est Europa, oltre la linea immaginaria che va da Roma a Helsinki. Nella parte occidentale d'Europa abbiamo comunità che si definiscono altrimenti, come ad esempio i Sinti, i Manus, i Kalé della Spagna o del Galles (questi ultimi in via di estinzione). All'interno dell'Europa occidentale ci sono anche popolazioni che non parlano lingue neo-indiane, come ad esempio i Voyageurs francesi, gli Jenis tedeschi, i Minceir irlandesi, i Tattaren della penisola scandinava, che pure sono considerati "Zingari" dalle popolazioni locali. Nella letteratura specializzata degli ultimi anni è invalso l'uso di denominare "Zingari" solo le popolazioni che si ritengono originarie dell'India e "Viaggianti"solo quelle di origine autoctona. Ma una netta divisione è spesso impossibile da stabilire.
Per quanto riguarda la religione, qual è quella più sviluppata tra i Nomadi?
La caratteristica principale degli Zingari è che normalmente adottano la religione delle popolazioni non zingare fra cui vivono. Per cui nei Paesi musulmani, come in certe regioni dei Balcani, essi sono musulmani (gli Zingari della Bosnia, della Macedonia e del Kosovo) e restano in sintonia con le religioni dominanti in quei territori. Nel Nord Europa sono protestanti, in Serbia sono ortodossi, in Italia, i Spagna e in Francia sono cattolici e così via. Da segnalare che negli ultimi anni ha preso piede la Chiesa Evangelica, che sta facendo adepti zingari un po' ovunque in Europa.
Una suddivisione importante tra le varie comunità di Nomadi credo sia, oltre quella religiosa, anche quella basata sulla ricchezza, cioè sulle risorse economiche degli Zingari. Possiamo spiegare quali comunità sono più o meno ricche? Il perché e quali valori comprendono la povertà o la ricchezza delle comunità? Quelle più ricche si avvicinano maggiormente ai nostri valori di vita oppure mantengono intatte le loro caratteristiche, anche se in condizioni economiche diverse?
Non credo che si possa stabilire un confronto in questo senso. E le spiego
subito il perché. Da noi la ricchezza e il benessere sono collegati all'appartenenza ad una classe sociale. Fra gli Zingari non esistono le classi sociali come noi le intendiamo. Le uniche distinzioni all'interno delle comunità sono quelle tra i sessi, tra maschi e femmine, e un po' meno quelle relative alle diverse età. Vi possono essere comunque degli Zingari più ricchi o più poveri, ma la ricchezza o la povertà sono sempre congiunturali, causate dal momento, perché i modelli di distribuzione delle risorse all'interno delle comunità seguono canali egualitari. Per cui quando vi è accumulazione di ricchezza all'interno di una famiglia il tentativo non è quello di consumare quanto accumulato al suo interno, ma di distribuirlo. Per cui lo Zingaro oggi ricchissimo, all'indomani può essere veramente povero e vi assicuro che spesso succede veramente così...
Noi ad esempio, qua a Cagliari, abbiamo visto poco tempo fa l'arrivo dei Lovara, molto ricchi rispetto agli Zingari che siamo abituati a vedere nelle nostre periferie, cioè i Rom...
Che ci siano dei gruppi che attuino delle strategie verso l'esterno più efficienti dal punto di vista del guadagno personale è senz'altro vero. D'altra parte i confronti tra Zingari ricchi e Zingari poveri intersecano parzialmente i confini dei gruppi. E vero quindi che i Lovara, a partire dagli ultimi venti, trent'anni, sono riusciti ad arricchirsi, anche se il discorso forse non vale per tutte le famiglie. Ciò è successo perché ad un certo punto sono riusciti a praticare strategie economiche vincenti.
Sono cambiati i loro valori di vita, in rapporto a questa maggiore ricchezza?
Dipende dalle comunità. In certe comunità sì, in altre no. E' difficile generalizzare da questo punto di vista. Comunque, normalmente, diciamo a livello statistico, quello che conta è la singola comunità. Ma soprattutto ciò che conta è che all'interno delle comunità non si creino disuguaglianze, perché la tensione principale è quella di mantenere un'uguaglianza che non permetta la formazione di capi veri e propri.
Comunque, all'interno delle comunità, i capì ci sono?
Non ci sono capi all'interno della comunità. Ci sono certo dei leaders che possono essere considerati più prestigiosi degli altri, ma il loro prestigio dipende dalle proprie singole capacità. Non sono investiti di potere da parte della comunità, questo no, assolutamente...
In questo discorso che ruolo ha l'anziano? E' considerato di più rispetto ai giovani?
Sì, l'anzianità normalmente ha più prestigio. Ma l'anziano che fa degli errori perde il proprio prestigio. Voglio dire che dipende sempre dai comportamenti reali.
Nella famiglia nucleare, che è sempre spinta all'autonomia, il prestigio viene conquistato dal capofamiglia per quello che realmente fa in realtà e non tanto perché riesce ad imporre la propria volontà su altre persone.
Mi sembra di capire che in questa sua situazione in pratica acquista più autonomia e potere decisionale. Da questo punto di vista le donne hanno possibilità di emancipazione all'interno della famiglia? Di potere decisionale?
Bisogna vedere come s'intende il termine "emancipazione". C'è il rischio di voler trapiantare i nostri valori, i nostri concetti, in situazioni un diverse. Che all'interno delle comunità zingare vi sia una divisione tra i gruppi maschile e femminile, è certo. Più o meno tutti i gruppi zingari presentano questa grande dicotomia. Che i maschi adulti abbiano da questo punto di vista più potere delle donne, è anche questo sicuro. All'interno della famiglia il ruolo della donna è però fondamentale, importante dal punto di vista della conduzione familiare. In tanti gruppi sono di fatto le donne di famiglia, le mogli, che danno le direttive di azione, anche se ufficialmente, per l'esterno, è sempre il maschio che fa la figura del capofamiglia. Molto spesso vi sono delle forti personalità, senza che questo porti a quel fantomatico matriarcato degli Zingari che qualcuno ha voluto vedere.
Che rapporti hanno i Nomadi con la città? I nomadi accampati nelle periferie? Rispetto anche ai valori che si possono assimilare dalla città?
Normalmente, per gli Zingari, i non zingari circostanti costituiscono grosso modo l'ambiente su cui operare. Il fenomeno dell'urbanizzazione degli Zingari, intensificatosi in molti Paesi dell'Europa occidentale egli ultimi quaranta, cinquant'anni, ha seguito grosso modo il fenomeno dell'urbanizzazione della popolazione non zingara. Quindi, da questo punto di vista, non possiamo dire che il rapporto tra Zingari e non zingari sia cambiato. E' cambiato soltanto semmai, in rapporto alle condizioni di vita sia degli uni che degli altri: tutti si sono inurbati con un'azione intensiva.
Ci sono dei casi di Zingari e famiglie zingare che si sono inurbate e vivono in modo tranquillo, e ci sono casi di famiglie e di comunità di Zingari che si sono inurbati in modo non tranquillo, ad esempio nelle periferie desolate delle nostre città, così come è avvenuto per i non zingari.
Lei ha vissuto per alcuni anni all'interno di vari Campi nomadi. Ci vuole raccontare la sua esperienza? Come si è svolta? Ha incontrato problemi? E' stato accettato subito?
La mia esperienza si è sviluppata soprattutto presso due diversi gruppi, in un gruppo di Roma xoraxané e in un gruppo di Roma sloveni, cioè proveniente dalla Slovenia ma che vivono in Italia.
I due gruppi sono molto diversi dal punto di vista sociale e culturale. I Xoraxane sono un grande gruppo venuto in Italia dal Sud della Jugoslavia a partire dagli anni '60. Quando io sono entrato nella comunità alla fine degli anni '70, e sono andato a vivere con loro, erano da poco in Italia: quindi avevano problemi di tipo linguistico e giuridico. I Roma sloveni invece sono qui da una cinquantina di anni, sono già più o meno alla terza generazione di residenti in Italia e non avevano più questi problemi. I primi sono di religione musulmana, i secondi cattolica.
I primi attuano strategie economiche che da noi sono considerate illegali, soprattutto la mendicità infantile e femminile, i furtarelli etc., quindi hanno sempre problemi di contatti e di scontro con le istituzioni e le autorità. I secondi attuano invece strategie economiche già molto più accettate. Sono commercianti di ferro vecchio, di macchine usate, e un tempo facevano i commercianti di cavalli. Oggi alcuni sono ancora commercianti, ma di cavalli da corsa. Questi secondi rappresentano un esempio di adattamento senz'altro più riuscito o perlomeno più tranquillo. Il fatto che essi siano commercianti non significa però che riescano ad essere sempre in regola, perché per loro è sempre molto difficile ottenere le licenze di commercio, per cui si può dire che anche loro sono fuorilegge sotto molti punti di vista. Hanno comunque dei rapporti di tipo diverso con i non zingari circostanti.
Per parlare del mio ingresso in queste due comunità bisogna tenere presente una situazione più ampia. Le situazioni molto diverse delle due comunità hanno portato ad un inserimento di tipo completamente diverso. Sono stato molto ben accettato dai primi, che non avevano problemi di chiusura verso l'esterno e anzi ricercavano in, qualche modo degli "amici" fra i non zingari italiani. Per gli altri invece, che godevano di una certa floridezza economica e che tutto sommato si erano ben impiantati, e che quindi non avevano il problema di cercare "amici" all'esterno, il mio inserimento non è stato molto tranquillo.
Quali sono stati i problemi iniziali fra i Roma, considerato anche che lei stava lavorando?
Non è che ci siano stati veri problemi, che ti dicano: "no, non ti vogliamo " Perché questo non si dice chiaramente al non zingaro. Però nel momento che tu sei accampato fra loro si fa soltanto pesare la tua presenza, non ti si avvicina, ti si lascia solo. In questo modo, dopo alcune settimane di questa vita, uno è triste...
Lei si è adeguato completamente ai loro modi di vita, nel periodo in cui è vissuto con loro?
Sì. Ho tentato perlomeno...
Questo le ha causato dei problemi?
Certo, lo shock culturale c'è sempre per un ricercatore...
Non era quindi una ricerca a tavolino?
No, assolutamente. D'altra parte gli antropologi che fanno ricerca col metodo dell'osservazione partecipante conoscono bene il problema dello shock culturale del ricercatore: è lui che si deve adattare alla comunità. E non è sempre facile, ci vuole del tempo.
Qual è stata la realtà all'interno dei Campi che l'ha segnata maggiormente, come sua sensazione od emozione personale?
In tutte e due le comunità quello che ho vissuto di più, quello che in qualche modo si è incarnato in me, è il senso della solidarietà interna. Nonostante a volte tra le famiglie possano esservi dei litigi, discussioni di tutti i giorni, c'è un gran senso della solidarietà interna, un senso che noi non conosciamo assolutamente e che si manifesta in mille modi; per esempio tutti sono disposti ad aiutarti nel momento in cui tu hai bisogno. Ad esempio, nel momento in cui io sono stato accettato, ero di fatto mantenuto da loro, perché non avevo borse di studio, non avevo soldi, non avevo niente di mio. Io praticamente sono stato mantenuto da loro. Poi ho cominciato a fare il loro mestiere, che mi hanno insegnato. Poi ho cominciato a conoscere la loro rete di clienti, e così via.
A parte il valore della solidarietà, come sono vissuti valori come "amore" e "fedeltà", rispetto a come sono vissuti da noi?
L'amore tra marito e moglie, tra ragazzi e ragazze? Anche qui le manifestazioni esterne variano da comunità a comunità, da gruppo a gruppo. Comunque è un valore che è sentito moltissimo; certo, la visione della Zingara focosa, ben disponibile verso il non zingaro, è veramente una visione romantica. L'adulterio femminile, anche se la situazione varia da comunità a comunità, resta un caso fuori dalla norma. La fedeltà ha un valore molto sentito soprattutto da parte delle donne; anche qui, come da noi, grosso modo l'ideologia che possiamo chiamare maschilista è certamente presente.
Che importanza hanno per i Nomadi la festa, la musica e la danza. Sono tutt'ora "vive" anche tra quelle comunità urbanizzate?
Direi che anche qui non si può generalizzare, perché non tutti gli Zingari sono abili suonatori, come vuole il cliché dello Zingaro normalmente riconosciuto in Italia. In Italia sono pochi i gruppi in cui, soprattutto gli uomini, fanno i suonatori di professione. Comunque la festa, il momento della festa, è sentito da tutti. Perché la festa è la manifestazione verso l'esterno della coesione interna ed è il momento di massima apertura di una comunità. Nelle feste degli Zingari i non zingari sono sempre ben accolti.
Le feste di solito cosa celebrano?
Dunque, dipende come sempre da comunità a comunità...
Si festeggiano, per esempio, i compleanni? Al di là delle feste religiose?
No, solitamente. Anche se alcuni gruppi hanno cominciato a farlo da un decennio. Ma non sono molto importanti. Normalmente gli Zingari festeggiano, né più né meno, le occasioni rituali che assumono dalle popolazioni circostanti. Ad esempio certi Xoraxané che vengono dal Sud della Jugoslavia festeggiano il San Giorgio, la grande festa del Maggio. Il San Giorgio è una festa molto importante nei Balcani, perché San Giorgio è l'unico santo che è venerato dai cattolici, dagli ortodossi e dai musulmani. I Rom Kalderas presenti nel Nord, ma più o meno sparpagliati in tutta Italia, festeggiano la Slava, che è una festa familiare adottata dai Serbi ortodossi.
I Rom cattolici normalmente festeggiano come noi, né più né meno, il Natale e la Pasqua, dando più importanza (penso ancora ai Roma sloveni) al Capodanno, che per loro è più importante del Natale. Ossia festeggiano le nostre feste, ma ne reinterpretano la funzione.
Generalmente noi siamo abituati a considerare la magia dei Nomadi come frettolose e occasionali "letture" della mano. Invece vorrei sapere se, proprio all'interno del gruppo, si pratica o comunque si crede alla magia, al soprannaturale.
E' sempre difficile fare una distinzione netta tra credenze magiche e religiose. Quindi io rubricherei questa domanda in credenze magico-religiose. Tutti gli Zingari che io ho conosciuto sono ferventi credenti, il che non implica che siano credenti come noi vorremmo o come qualcuno di noi vorrebbe. Tutti credono in esseri o potenze soprannaturali, tutti, siano essi cattolici, musulmani o ortodossi. Presso molti gruppi vi è la credenza su quello che loro chiamano il "rispetto" per i morti. Per cui attuano comportamenti tesi a salvaguardare la memoria di un morto, e questo può comprendere il non pronunciare più il suo nome, il bruciare la carovana appena uno muore, il non mangiare più il piatto preferito del morto, ecc. L'insieme di queste credenze e pratiche caratterizza e distingue le singole comunità le une dalle altre.
Ho parlato con dei Nomadi che raccontavano della "lettura" del caffè...
Sì, questa è una pratica comune ai gruppi provenienti dal Sud della Jugoslavia. La "lettura" del caffè è comune anche fra i non zingari del Sud della Jugoslavia.
In conclusione vorrei che lei ci desse un giudizio sulle molteplici rappresentazioni degli Zingari nel cinema e nella letteratura. Secondo lei sono espressioni puramente folkloristiche, queste, che quindi mistificano un po' ciò che è la vera anima del popolo nomade, oppure possono essere considerati lavori attendibili e non banalmente oleografici?
Sinteticamente: potrei dire che il 99% della produzione artistica e letteraria ci mostra uno zingaro stilizzato, che non ha assolutamente niente a che fare con la realtà zingara. Vi sono però alcune opere in cui gli autori hanno cercato di rappresentare la realtà pur tenendo presente la vena artistica. Penso per esempio all'ultimo film di Kusturiza: la realtà che lui ha tentato di descrivere si avvicina molto alla realtà "vera".
Invece queste forme stilizzate, come lei ha detto prima, in che cosa consistono?
Consistono in un amalgama di stereotipi negativi e positivi di forma un po' ameboide, diciamo così, che si tramandano nella letteratura occidentale di generazione in generazione a partire dal '400. Ad esempio la Zingara che legge il futuro, quando non sono tante le comunità in cui le Zingare effettivamente leggono il futuro; lo Zingaro sporco e ladro, stereotipo negativo; oppure lo Zingaro amante della libertà e Figlio del Vento, quando è molto difficile dire che gli Zingari siano "figli del vento", liberi come il vento. Voglio dire che la libertà individuale all'interno della comunità certo c'è, ma, nella comunità, l'importante è la coesione interna: vi è sempre la ricerca dell'unanimità.
Sempre a questo proposito, volevo chiederle se la concezione di vita, la scansione del tempo ai ritmi della filosofia di vita, alla libertà che abbiamo appena nominato, si differenzia e in cosa dalla nostra? Abbiamo parlato di libertà, di una mitica libertà che forse, tutto stimato, non esiste?
La libertà non esiste? No. Per loro la libertà esiste nel momento in cui continua la distinzione tra Zingari e non zingari. Ciò significa che tutte le attività di una comunità sono tese al mantenimento della comunità stessa. La libertà è questa, il fare, come dicono loro, romané e non gagikané, da Zingari e non da non zingari. All'interno di questa filosofia c'entra naturalmente la visione del tempo, che è particolare. Un tempo che non è scandito da tappe precise come normalmente da, noi è scandito.
In che senso? A parte magari il fatto che noi possiamo tenere la nostra agenda, con i nostri appunti, con i nostri orari e appuntamenti, in che consiste questa differenza?
Consiste in questo: ogni persona vuole essere padrona del proprio tempo, di amministrare la propria giornata. Il che implica normalmente che cosa? Il rifiuto del lavoro salariato, ad esempio. Perché tutti gli Stati hanno avuto problemi nei loro tentativi di proletarizzare gli Zingari? Dal momento che il lavoro salariato impone un ritmo che "ruba" il tempo, gli Zingari non l'hanno mai accettato o l'accettano sporadicamente e soltanto temporaneamente. In Italia questo fenomeno è generalizzalo. Studi condotti nell'Europa dell'Est su Zingari proletarizzati a forza dalle autorità, dimostrano che questa tensione al mantenimento della padronanza del proprio tempo persiste. Le tattiche messe in pratica sono diverse, prima fra tutte quella dell'assenteismo, ossia quello che dai non zingari è considerato assenteismo.
Come considera, da un punto di vista culturale, i tentativi di alcune associazioni di solidarietà di trovare un posto di lavoro ai Nomadi?
Dipende. Se questi tentativi vengono fatti insieme agli interessati, va bene. Perché bisogna sempre partire da questo. Bisogna vedere poi se gli interessati chiedono un posto di lavoro per far piacere agli amici delle associazioni, oppure se ci credono veramente. Le convinzioni sul lavoro salariato, ma anche qui non bisogna generalizzare, variano. Perché so che tanti gruppi del Sud della Jugoslavia, abituati negli ultimi decenni ad avere un minimo di lavoro salariato, lo accettano abbastanza volentieri. Altri meno. Quello che io penso sia più consono per loro fare, o proporre, sarebbe di agevolare al massimo l'ottenimento delle licenze di commercio. Perché lo Zingaro, normalmente e prima di tutto, è un commerciante. Questo è lo Zingaro...
Per quanto riguarda il recupero della materia prima esistono dei problemi? Per esempio il costo del rame?
Sì e no, nel senso che se uno Zingaro decide veramente di fare il lavoro di sbalzare il rame, lo compra, lo cerca. Se lo vuole veramente fare. Ma il problema è che non bisogna esagerare l'importanza dell'artigianato. Io vedo tante associazioni che a volte, per difendere gli Zingari nei confronti dei non zingari, caricano l'importanza dell'artigianato all'interno delle comunità. Anche i gruppi che fanno artigianato privilegiano non tanto il lavoro dei metalli, ma lo smercio del proprio lavoro. Un valore diverso. Perché la tendenza è sempre quella di porsi come dei partners commerciali nei nostri confronti. Questa filosofia economica può anche sconfinare da un lato in attività illegali per noi, o, dall'altro, in attività che sono vissute come illegali da loro. Ad esempio il lavoro salariato. Perché per molti di loro vendere la propria forza lavoro è considerato alla stregua di essere derubati dagli altri, dai non zingari.
E' tutto relativo, quindi...
Ah, guardi, le assicuro che se si guarda il mondo dal punto di vista di una comunità zingara, ci si accorge che tutto è davvero relativo.
tratto dal sito
http://www.albertomelis.it/fondazione%20piasere.htm