Si potrebbe anche far notare che Profumo si accorge che l’Irc non ha più molto senso perché vi è una massiccia presenza di figli di immigrati di religione diversa (che un tempo avrebbero chiamato acattolici!). Chissà se qualcuno lo ha avvertito che protestanti o ebrei sono in Italia da secoli prima che nascesse lo Stato italiano: pochi anni fa, questi alunni potevano essere al massimo «esonerati» e oggi non «avvalersi».
Tra le innumerevoli reazioni alla proposta del ministro, quella prevalente è: la religione a scuola non si tocca; le radici giudaico-cristiane sono l’anima dell’Italia (per qualcuno dell’Europa); non è la scuola italiana che deve tener conto della presenza delle religioni o culture degli immigrati, sono loro che si devono adeguare; il pericolo in agguato è il relativismo morale. Bisognerebbe almeno far notare che i frutti di queste radici (che includono tra i Comandamenti il non rubare) comprendono le varie tangentopoli nonché le inaccettabili ruberie personali nella regione Lazio (per non dire di altre, dalla Lombardia alla Calabria alla Sicilia…).
Di una cosa bisogna ringraziare il ministro: aver comunque provocato una discussione pubblica su di un argomento ritenuto da quasi tutti marginale, salvo quegli eterni rompiscatole dei valdesi o dei comitati per la laicità.
Nel merito la nostra posizione è chiara: occorre distinguere fra educazione alla fede e studio del fatto religioso o, come sostiene l’Associazione 31 Ottobre, di «religioni nella storia».
La prima deve restare compito delle famiglie e delle chiese, compresa la cattolica che non può delegare alla scuola pubblica ciò che non sa fare in proprio, salvo poi prendere i soldi pubblici per le sue scuole private e farsi pagare gli stipendi degli insegnanti di Irc dallo stato, che ora li ha addirittura assunti in ruolo, unici con il posto sicuro fra i tanti precari.
Lo studio del fatto religioso (anche ateo) e del suo intreccio con gli altri aspetti della storia umana deve avvenire nella scuola pubblica e soltanto una scuola laica può organizzare questa conoscenza critica che eviti i due estremi del confessionalismo e della pretesa oggettività. Ma non si capisce la società medievale senza la teologia di S.Tommaso, né la modernità senza la riforma protestante, né il fondamentalismo islamico senza il Corano.
Il vero problema è: quali insegnanti e con quale preparazione universitaria? E che fare alla materna e alle elementari? Se mai la proposta di Profumo andasse avanti, nell’immediato sarebbero probabilmente utilizzati gli attuali insegnanti di Irc, facendoli frequentare un corso per approfondire la conoscenza delle religioni, magari in modo comparativo, ignorando i conflitti e evidenziando solo gli elementi comuni per sfociare in un generico insegnamento morale (di impronta inevitabilmente cattolica, come in parte succede già oggi).
Marco Rostan
riforma.it è il Settimanale delle Chiese Evangeliche Battiste, Metodiste e Valdesi
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