Prelevo dal blog di Giorgio Amico, Vento Largo, il seguente articolo su Pierre Bourdieu, uno dei sociologi più importanti del nostro tempo.
Nato nel 1930 nel Sud Ovest della Francia da una famiglia d’origini modeste, Pierre Bourdieu raggiunge Parigi nel 1951 per frequentare l’Ecole normale supérieure dove si confronterà con il mondo borghese e intellettuale della capitale.
Terminati gli studi filosofici, nel ’55 parte per l’Algeria dove, oltre ad essere assistente all’università d’Algeri, condurrà le sue prime ricerche sulle trasformazioni sociali nel Paese nordafricano. Nel ’61 rientra in Francia e dopo aver insegnato alla Sorbona e all’Università di Lille, diventa direttore di studi all’Ecole des hautes études sciences sociales. È anche l’anno in cui pubblica insieme a Jean-Claude Passeron il suo primo lavoro importante, Les Héritiers, in cui analizza la scuola e la trasmissione della cultura nella società divisa in classi.
Per Bourdieu, infatti, l’origine sociale degli studenti è il più importante fattore di differenziazione, più per motivi culturali che economici. A casa loro i figli dei quadri superiori apprendono la cultura naturalmente, «come per osmosi», grazie all’ambiente familiare. Per i figli delle classi sfavorite, invece, la scuola rimane l’unica via d’accesso alla cultura. La scuola sarà allora democratica solo se riuscirà a farsi carico di questa ineguaglianza di partenza. Nel ’65 pubblica, insieme a Luc Boltanski, Robert Castel e Jean-Claude Chamboredon, Un art moyen, saggio che mette in luce le norme sociali che regolano la pratica della fotografia nei differenti milieu. E’ anche il periodo in cui Bourdieu è sotto l’ala protettrice di Raymond Aron che gli affida la codirezione del Centro europeo di sociologia.
Nel ’68 i due rompono e Bourdieu fonda il suo Centro di sociologia europea. Gli avvenimenti di quell’anno lo lasceranno scettico e vi dedicherà un’analisi solo nel 1984 (Homo academicus). Nel ’70, sempre insieme a Passeron, pubblica La Reproduction in cui torna sui temi de Les Héritiers e descrive i meccanismi della selezione sociale attraverso la scuola. Se nella società dell’Ancient Régime si trasmetteva un titolo o uno statuto e nella società borghese un’eredità o un capitale, la Repubblica, secondo Bourdieu, ha introdotto, in nome dell’uguaglianza di tutti, un nuova barriera di classe: quella della cultura trasmessa attraverso i diplomi. In questi anni l’obiettivo principale di Bourdieu è fondare una propria scuola sociologica e per questo moltiplica l’attività del suo Centro e nel ’75 fonda la rivista Actes de la recherche en sciences sociales. Il ’79 è l’anno della consacrazione. Dopo Un art moyen, Bourdieu era tornato ad analizzare la dominazione nelle pratiche culturali in L’Amour de l’art, ma è nel suo capolavoro La Distinction. Critique sociale du jugement che la sua analisi è sviluppata completamente.
Il sottotitolo del libro allude alla Critica del giudizio di Kant, secondo il quale il senso del bello si spiegherebbe attraverso un giudizio trascendentale e soggettivo, cioè attraverso un buono o cattivo gusto personale. Per Bourdieu invece il gusto è implicato nella società e con questa ha a che fare. Non si amano gli stessi prodotti artistici in milieu differenti, così come gli stessi prodotti sono socialmente marchiati. Il gusto è inoltre segno di prestigio e piacerà una tale musica o una tal altra a seconda della più o meno accentuata preoccupazione di distinguersi.
Lo stesso anno della Distinction Bourdieu riceve la cattedra di sociologia al Collège de France, ma l’ascesa sarà segnata anche da una serie di rotture con i suoi più stretti collaboratori tra cui gli stessi Passeron e Boltanski. Negli anni Ottanta, mentre il suo successo cresce anche all’estero, soprattutto negli Stati Uniti dove terrà numerose lezioni, Bourdieu applica le sue analisi, tra l’altro, al campo linguistico (Ce que parler veut dire).
L’économie des échanges linguistiques), alla scuola (La Noblesse d’Etat) e alla filosofia (L’ontologie politique de Martin Heidegger). Nell’89 presiede una commissione di riflessione sui contenuti dell’insegnamento per conto di François Mitterrand, mentre nel 1992 pubblica il celebre Les règles de l’art. Genèse et structure du champ littéraire in cui propone una socio-analisi che ricolloca l’opera di Flaubert nel campo letterario francese della fine del XIX secolo, allora in piena costituzione. Il ’93, anno di acuta crisi sociale, è l’anno in cui vede la luce il monumentale La misère du monde.
Sotto la direzione di Bourdieu, ventitre sociologi vi hanno raccolto interviste con i più vari personaggi del panorama sociale: lavoratori immigrati, disoccupati, infermieri, abitanti della banlieue, poliziotti, studenti, etc. L’intento è quello di portare alla luce una miseria che non è solo una «miseria di condizione», ma una miseria più moderna, «di posizione», nella quale l’aspirazione alla felicità si scontra con impedimenti che sfuggono: una violenza nascosta prodotta dai «verdetti scolastici, del mercato del lavoro o immobiliare, dalle aggressioni insidiose della vita professionale».
Portare alla coscienza i meccanismi che rendono la vita dolorosa «non risolve, ma permette a quelli che soffrono di scoprire la possibilità d’imputare la loro sofferenza a cause sociali e sentirsi così discolpati». Inizia qui la stagione più impegnata di Bourdieu. Tra lavoro accademico ed editoriale (pubblica fra gli altri Raisons pratiques, Sur la télévision, Méditations pascaliennes, La Domination masculine, Langage et pouvoir symbolique), partecipa all’appello degli intellettuali in sostegno degli scioperanti in occasioni del movimento sociale del ’95.
Nel ’98 è a fianco dei disoccupati che occupano l’Ecole normale supérieure e lancia sulla stampa una crociata contro gli intellettuali, i giornalisti, i «saggisti di corte» e, attraverso loro, il neoliberalismo. Con José Bové e i responsabili del movimento Attac incoraggia la costituzione di una rete di forze critiche e progressiste per lottare contro la globalizzazione economica. Il 24 gennaio 2002, quello che è stato uno dei più grandi intellettuali dell’epoca contemporanea, si spegne a Parigi.
Lu. Se.
(Da: L'Unità del 24 gennaio 2012)
mercoledì 25 luglio 2012
martedì 24 luglio 2012
Una bambina nel Lager. La testimonianza diretta di Trudi Birger
Una bambina nel Lager
“Ho sognato la cioccolata per anni” di Trudi Birger è un romanzo autobiografico, in cui l’Autrice racconta la personale e tragica storia di vita. Questo libro è consigliato a chiunque tenta di fare memoria dei drammi personali e mondiali che si sono consumati prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, “Per Non Dimenticare” gli orrori dei conflitti armati nella storia e per costruire contesti collettivi di dialogo, accoglienza e soprattutto pace.
http://www.peacelink.it/pace/a/36632.html
http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437
A-RIVISTA ANARCHICA propone: Una bambina nel Lager. La testimonianza diretta di Trudi Birger
A-RIVISTA ANARCHICA presenta:
“HO SOGNATO LA CIOCCOLATA PER ANNI”
Libro di Trudi Birger
Recensione di Laura Tussi
Trudi ha trascorso la propria infanzia inizialmente nel ghetto di Kovno e poi nel campo di concentramento e di sterminio di Stutthof in Polonia.
La storia narrata in questo libro è incentrata sul rapporto intenso fra Trudi e sua madre, grazie a cui riusciranno entrambe a salvarsi.
Dal ghetto di Kovno, Trudi e sua madre furono trasferite sui treni per il viaggio di deportazione, in condizioni igieniche terribili, senza cibo e acqua.
Non conoscevano la precisa destinazione del viaggio, ma tutti sapevano che si trattava di un campo di concentramento.
“Ho sognato la cioccolata per anni” di Trudi Birger è un romanzo autobiografico, in cui l’Autrice racconta la personale e tragica storia di vita. Trudi Birger, sopravvissuta agli orrori dell’Olocausto, alla fine della guerra si è trasferita a Gerusalemme, dove ha vissuto con la sua numerosa famiglia.
L’Autrice, deprivata e derubata della giovinezza, ha scelto di dedicarsi ai bambini più poveri di ogni etnia, cultura e religione, fino alla sua morte nel 2002.
Trudi Birger con grandissima modestia, consegna a tutta l’umanità un libro che tramanda gli orrori dell’Olocausto, della guerra, raccontando delle personali radici etniche e culturali, della vicenda di una madre e di una figlia che, all’interno del dramma, giurano a se stesse di essere persone migliori nella speranza di un domani di pace, di dialogo e di accoglienza tra genti, culture e minoranze.
La storia di una bambina che viene strappata dalla quotidianità di Francoforte, per trovarsi presto rinchiusa, come un animale in gabbia, nel ghetto di Kovno, in attesa di essere reclusa nel campo di concentramento e di sterminio di Stutthof. La storia di una bambina, armata solo della propria innocenza, che si lega alla madre e a tutto ciò che rappresenta, per la memoria dell’intero popolo ebraico.
Questo libro è consigliato a chiunque tenta di fare memoria dei drammi personali e mondiali che si sono consumati prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, “Per Non Dimenticare” gli orrori dei conflitti armati nella storia e per costruire contesti collettivi di dialogo, accoglienza e soprattutto pace.
Da questa lettura, nella testimonianza diretta di deportazione, comprendiamo che l’odio, la guerra, il razzismo ingenerano morte, annientamento e distruzione.
La pace, la fratellanza, l’accoglienza e il rispetto dell’altro sono il pensiero e il valore che vuole trasmettere Trudi, in quanto vittima, nel suo racconto.
Note:
http://www.arivista.org/
mercoledì 18 luglio 2012
UNA LETTERA DELLA MAMMA DI FEDRCIO ALDOVRANDI
Cari amici,
I poliziotti condannati per aver picchiato e ucciso mio figlio 18enne Federico Aldrovandi non andranno in carcere e sono ancora in servizio. C'è un solo modo per evitare ad altre madri quello che ho dovuto soffrire io: adottare in Italia una legge contro la tortura.
La morte di mio figlio non è un'eccezione: diversi abusi e omicidi commessi dalle forze dell'ordine rimangono impuniti. Ma finalmente possiamo fare qualcosa: alcuni parlamentari si sono uniti al mio appello disperato e hanno chiesto di adottare subito una legge contro la tortura che punirebbe i poliziotti che si macchiano di questi crimini. Per portare a casa il risultato però hanno bisogno di tutti noi.
Oggi è il compleanno di mio figlio e vorrei onorare la sua memoria con il vostro aiuto: insieme possiamo superare le vergognose resistenze ai vertici delle forze dell'ordine e battere gli oppositori che faranno di tutto per affossare la proposta. Ma dobbiamo farlo prima che il Parlamento vada in ferie! Vi chiedo di firmare la petizione per una legge forte che spazzi via l'impunità di stato in Italia e di dirlo a tutti - la consegnerà direttamente nelle mani del Ministro dell'Interno non appena avremo raggiunto le 100.000 firme:
http://www.avaaz.org/it/italy_against_torture_patrizia/?bacptbb&v=16106
Federico era già ammanettato quando i poliziotti lo hanno picchiato così forte da spaccare due manganelli e da mettere fine alla sua giovane vita. Dopo anni di vero e proprio calvario, la Corte di Cassazione li ha condannati per eccesso colposo a tre anni e mezzo, ma i poliziotti dovranno scontare solo 6 mesi senza farsi neanche un giorno di carcere a causa dell'indulto e incredibilmente sono ancora in servizio. L'impunità succede spesso in casi come questo, perchè il governo non ha ancora adottato un reato preciso e quelli esistenti cadono spesso in prescrizione.
La perdita di mio figlio mi ha quasi distrutto, ma sono determinata a cambiare il sistema. I difensori dei diritti umani ritengono che una legge che adotti la Convenzione Onu contro la tortura, che l'Italia ha ratificato nel 1989 e che non ha mai rispettato, garantirebbe alle vittime italiane della tortura e della brutalità dello stato un corso veloce della giustizia e sanzioni appropriate, da accompagnare alla riforma per la riconoscibilità dei poliziotti. Ma ancora più importante, metterebbe fine una volta per tutte all'impunità che garantisce che oggi i poliziotti siano al di sopra della legge.
L'Italia non è il Sudan. Non c'è alcuna ragione per cui il nostro sistema giudiziario provi a mettere sotto silenzio reati commessi dalle forze dell'ordine come violenze, stupri e omicidi, dal massacro alla Diaz al G8 di Genova alle recenti uccisioni come quella di Stefano Cucchi, Giuseppe Uva e Aldo Bianzino. Per favore UNITEVI a me e insieme costruiamo un appello assordante per una legge forte per fermare la tortura e per far espellere gli agenti responsabili di questi crimini odiosi dalle nostre forze dell'ordine - firma sotto e dillo a tutti i tuoi amici:
http://www.avaaz.org/it/italy_against_torture_patrizia/?bacptbb&v=16106
Nessuno potrà restituirmi mio figlio, e oggi non potrà festeggiare il suo 25° compleanno con lui. Ma insieme possiamo ripristinare la giustizia e aiutare a prevenire la sofferenza che ho dovuto provare io per la perdita di un figlio portato via dallo stato ad altre madri e ad altre famiglie.
Con speranza e determinazione,
Patrizia Moretti, madre di Federico.
Più informazioni
L'appello perchè ciò che è accaduto a Federico Aldrovandi non succeda mai più (Giustizia per Aldro)
http://www.giustiziaperaldro.it/
Caso Aldrovandi, sentenza definitiva. Condannati i quattro poliziotti (La Repubblica)
http://bologna.repubblica.it/cronaca/2012/06/21/news/aldrovandi_sentenza_cassazione-37630821/
In Italia la tortura non è reato (Il Fatto quotidiano)
http://www.radicali.it/rassegna-stampa/lettera-tortura-italia-non-reato
Incontrerà il Ministro Cancellieri ma non posso perdonare i poliziotti (dal blog dei genitori di Federico Aldrovandi)
http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/federico_aldrovandi/2012/07/07/perdono/
Uno dei poliziotti condannati insulta su Facebook la mamma di Federico Aldrovandi (Corriere della Sera)
http://www.corriere.it/cronache/12_giugno_25/aldrovandi-querela-insulti-facebook-poliziotti_64562480-bebd-11e1-8494-460da67b523f.shtml
Morire di carcere: dossier 2000-2011 (Ristretti Orizzonti)
I poliziotti condannati per aver picchiato e ucciso mio figlio 18enne Federico Aldrovandi non andranno in carcere e sono ancora in servizio. C'è un solo modo per evitare ad altre madri quello che ho dovuto soffrire io: adottare in Italia una legge contro la tortura.
La morte di mio figlio non è un'eccezione: diversi abusi e omicidi commessi dalle forze dell'ordine rimangono impuniti. Ma finalmente possiamo fare qualcosa: alcuni parlamentari si sono uniti al mio appello disperato e hanno chiesto di adottare subito una legge contro la tortura che punirebbe i poliziotti che si macchiano di questi crimini. Per portare a casa il risultato però hanno bisogno di tutti noi.
Oggi è il compleanno di mio figlio e vorrei onorare la sua memoria con il vostro aiuto: insieme possiamo superare le vergognose resistenze ai vertici delle forze dell'ordine e battere gli oppositori che faranno di tutto per affossare la proposta. Ma dobbiamo farlo prima che il Parlamento vada in ferie! Vi chiedo di firmare la petizione per una legge forte che spazzi via l'impunità di stato in Italia e di dirlo a tutti - la consegnerà direttamente nelle mani del Ministro dell'Interno non appena avremo raggiunto le 100.000 firme:
http://www.avaaz.org/it/italy_against_torture_patrizia/?bacptbb&v=16106
Federico era già ammanettato quando i poliziotti lo hanno picchiato così forte da spaccare due manganelli e da mettere fine alla sua giovane vita. Dopo anni di vero e proprio calvario, la Corte di Cassazione li ha condannati per eccesso colposo a tre anni e mezzo, ma i poliziotti dovranno scontare solo 6 mesi senza farsi neanche un giorno di carcere a causa dell'indulto e incredibilmente sono ancora in servizio. L'impunità succede spesso in casi come questo, perchè il governo non ha ancora adottato un reato preciso e quelli esistenti cadono spesso in prescrizione.
La perdita di mio figlio mi ha quasi distrutto, ma sono determinata a cambiare il sistema. I difensori dei diritti umani ritengono che una legge che adotti la Convenzione Onu contro la tortura, che l'Italia ha ratificato nel 1989 e che non ha mai rispettato, garantirebbe alle vittime italiane della tortura e della brutalità dello stato un corso veloce della giustizia e sanzioni appropriate, da accompagnare alla riforma per la riconoscibilità dei poliziotti. Ma ancora più importante, metterebbe fine una volta per tutte all'impunità che garantisce che oggi i poliziotti siano al di sopra della legge.
L'Italia non è il Sudan. Non c'è alcuna ragione per cui il nostro sistema giudiziario provi a mettere sotto silenzio reati commessi dalle forze dell'ordine come violenze, stupri e omicidi, dal massacro alla Diaz al G8 di Genova alle recenti uccisioni come quella di Stefano Cucchi, Giuseppe Uva e Aldo Bianzino. Per favore UNITEVI a me e insieme costruiamo un appello assordante per una legge forte per fermare la tortura e per far espellere gli agenti responsabili di questi crimini odiosi dalle nostre forze dell'ordine - firma sotto e dillo a tutti i tuoi amici:
http://www.avaaz.org/it/italy_against_torture_patrizia/?bacptbb&v=16106
Nessuno potrà restituirmi mio figlio, e oggi non potrà festeggiare il suo 25° compleanno con lui. Ma insieme possiamo ripristinare la giustizia e aiutare a prevenire la sofferenza che ho dovuto provare io per la perdita di un figlio portato via dallo stato ad altre madri e ad altre famiglie.
Con speranza e determinazione,
Patrizia Moretti, madre di Federico.
Più informazioni
L'appello perchè ciò che è accaduto a Federico Aldrovandi non succeda mai più (Giustizia per Aldro)
http://www.giustiziaperaldro.it/
Caso Aldrovandi, sentenza definitiva. Condannati i quattro poliziotti (La Repubblica)
http://bologna.repubblica.it/cronaca/2012/06/21/news/aldrovandi_sentenza_cassazione-37630821/
In Italia la tortura non è reato (Il Fatto quotidiano)
http://www.radicali.it/rassegna-stampa/lettera-tortura-italia-non-reato
Incontrerà il Ministro Cancellieri ma non posso perdonare i poliziotti (dal blog dei genitori di Federico Aldrovandi)
http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/federico_aldrovandi/2012/07/07/perdono/
Uno dei poliziotti condannati insulta su Facebook la mamma di Federico Aldrovandi (Corriere della Sera)
http://www.corriere.it/cronache/12_giugno_25/aldrovandi-querela-insulti-facebook-poliziotti_64562480-bebd-11e1-8494-460da67b523f.shtml
Morire di carcere: dossier 2000-2011 (Ristretti Orizzonti)
sabato 7 luglio 2012
NOTA SULLA DIAZ
La Corte di Cassazione ha confermato, poco fa, la sentenza di appello che aveva condannato, nel 2010, poliziotti e dirigenti di polizia ad altissimo livello per la "macelleria messicana" perpetrata nell'indimenticabile notte dell'estate 2001, alla conclusione del g8 di Genova e dei tragici fatti che avevano contrassegnato quei giorni.
Giorni che furono giudicati come il momento più grave di "sospensione della democrazia" mai avvenuta in Occidente.
Il reato più grave e più odioso è stato quello dell' aver fabbricato, da parte delle cosiddette "forze dell'ordine" prove false, tese a giustificare e provocare il massacro.
Nel frattempo alcuni fra i condannati di oggi sono andati avanti compiendo mirabolanti carriere.
E' necessaria una mobilitazione immediata da parte di tutte le forze effettivamente democratiche finalizzata al raggiungimento di due obiettivi:
1) L'allontanamento immediato dei condannati da qualsivoglia posto di responsabilità nell'apparato dello Stato;
2) La riapertura di una riflessione sul piano politico, in modo da recuperare davvero la memoria storica di quei giorni per rinnovare la ricerca di responsabilità in alti gradi della struttura dello Stato, addirittura nell'attuale formazione di governo e di copertura politica di tutte le azioni repressive portate avanti in quei giorni, da esponenti politici che, adesso, per ironia della sorte si collocano - addirittura - come alleati di un futuro ipotizzato schieramento di centro - sinistra. Ci riferiamo, tanto per essere chiari, alla presenza, in quel frangente, di deputati dell'ex-AN, fra i quali l'ex-segretario del partito (e del MSI, diretto erede dei repubblichini di Salò) Gianfanco Fini, all'interno del centro operativo dei carabinieri all'interno del forte di San Giuliano.
Fatti concreti che non debbono essere dimenticati e che non possono essere giustificati in alcun tempo e da alcuna ragione di opportunità politica.
Franco Astengo
Nota mia:
tutti i responsabili della 'macelleria messicana' dovrebbero chiarire la loro posizione. Non solo Fini ma anche Scajola, Maroni e Caselli, tanto per fare nomi.
Giorni che furono giudicati come il momento più grave di "sospensione della democrazia" mai avvenuta in Occidente.
Il reato più grave e più odioso è stato quello dell' aver fabbricato, da parte delle cosiddette "forze dell'ordine" prove false, tese a giustificare e provocare il massacro.
Nel frattempo alcuni fra i condannati di oggi sono andati avanti compiendo mirabolanti carriere.
E' necessaria una mobilitazione immediata da parte di tutte le forze effettivamente democratiche finalizzata al raggiungimento di due obiettivi:
1) L'allontanamento immediato dei condannati da qualsivoglia posto di responsabilità nell'apparato dello Stato;
2) La riapertura di una riflessione sul piano politico, in modo da recuperare davvero la memoria storica di quei giorni per rinnovare la ricerca di responsabilità in alti gradi della struttura dello Stato, addirittura nell'attuale formazione di governo e di copertura politica di tutte le azioni repressive portate avanti in quei giorni, da esponenti politici che, adesso, per ironia della sorte si collocano - addirittura - come alleati di un futuro ipotizzato schieramento di centro - sinistra. Ci riferiamo, tanto per essere chiari, alla presenza, in quel frangente, di deputati dell'ex-AN, fra i quali l'ex-segretario del partito (e del MSI, diretto erede dei repubblichini di Salò) Gianfanco Fini, all'interno del centro operativo dei carabinieri all'interno del forte di San Giuliano.
Fatti concreti che non debbono essere dimenticati e che non possono essere giustificati in alcun tempo e da alcuna ragione di opportunità politica.
Franco Astengo
Nota mia:
tutti i responsabili della 'macelleria messicana' dovrebbero chiarire la loro posizione. Non solo Fini ma anche Scajola, Maroni e Caselli, tanto per fare nomi.
lunedì 2 luglio 2012
NON SONO SPARITO...
non sono sparito e neppure andato in vacanza. Sto meditando: ogni tanto succede anche a me. Sto facendo anche un sacco di altre cose...ma sto anche pensando come trasformare questo blog...abbiate pazienza...
a presto
Giuliano
Iscriviti a:
Post (Atom)